STELLINI, Jacopo
Nacque a Cividale del Friuli il 27 aprile 1699 da Mattia Rodaro, nato nel 1655, e da Adriana Piccini; il cognome Stellini, usato spesso anche dal padre, deriva dal nome della nonna Stella Rotar. Della famiglia non si sa molto: Mattia era sarto come la moglie, che morì a 73 anni nel 1743. Jacopo ebbe due sorelle: Maddalena, sposa di Sebastiano Muschione (la cui figlia, Adriana, commissionò con il marito Giacomo Peretti un ritratto del filosofo) e Stella.
Studiò presso i padri somaschi di Cividale con il maestro di retorica Gaspare Leonarducci; nel 1718 vestì l’abito religioso e l’anno successivo entrò a Venezia nella congregazione con i voti solenni. Oltre a teologia con Ottavio Visconti, studiò ebraico (con Francesco Birone), greco (con Giacomo Patrussa), latino e matematica nel seminario patriarcale di Venezia. Dal 1722, anno dell’ordinazione sacerdotale, fu maestro di retorica ai chierici della Casa della Salute a Venezia e dal ’24 al ’27 insegnò presso l’Accademia dei nobili alla Giudecca; Giovanni Emo, senatore e mecenate, lo prese allora come consigliere ed educatore dei figli Pietro, Alvise e Angelo.
Il 6 marzo 1739, a seguito della morte di Giacomo Giacometti, con la prolusione Oratio habita in Gymnasio Patavino (pubblicata lo stesso anno dal seminario) entrò come professore ordinario di filosofia morale all’Università di Padova.
Piccolo, «brutto della bruttezza di Socrate» (Mabil, 1811, p. 2), oppresso da fastidi di stomaco e intestino, senza denti, pur non dotato di particolari doti oratorie riusciva ad appassionare studenti e uditori – fra cui anche Giacomo Casanova – che accorrevano alle sue lezioni. Trascorse la sua esistenza fra l’Università e le mura del convento di S. Croce. Sebbene schivo e non desideroso di onori, conobbe fama e successo, come testimoniano anche gli elogi scritti immediatamente e ancora qualche decennio dopo la morte; fu uomo coltissimo, di garbata conversazione e curioso di diverse discipline, dalla musica, alla filologia alle scienze che studiava con passione, come risulta anche dalle lettere.
La sua opera più importante, De ortu et progressu morum atque opinionum ad mores pertinentium specimen – edita presso Simone Occhi nel 1740 e volgarizzata nel corso dell’Ottocento a cura di Lodovico Valeriani (1806, 1820, 1829), nel 1816 a cura di Melchiorre Spada – gli valse il raffronto con Giambattista Vico, valorizzato nel Novecento da Benedetto Croce; in vita uscirono anche le Dissertationes IV nel 1764 presso l’editore Comino di Padova. Sempre a Padova nel 1778-79 vennero pubblicati, a cura di Girolamo Barbarigo C.R.S., gli Opera omnia dall’editore Penada, che fra il 1781 e il 1784 stampò anche i 6 volumi delle Opere varie curati da Antonio Evangeli C.R.S.; questi mise mano anche alle numerose e arruffate carte manoscritte lasciate da Stellini, ora conservate presso il liceo classico di Udine a lui intitolato dal 24 novembre 1875.
Le opere che hanno suscitato maggiore dibattito sono quelle che trattano di morale e pedagogia (non a caso questi scritti vennero tradotti dal latino lungo tutto l’Ottocento), ma Stellini si occupò anche di diritto, psicologia, matematica; l’amore per la poesia e la conoscenza straordinaria delle lingue antiche e moderne gli permisero di attendere a traduzioni e componimenti poetici.
Di modeste origini, si trovò a Venezia e poi a Padova calato in un ambiente ricco di fermenti scientifici e metodologici, che approfondiva con letture e studio continui; se la sua eccezionale cultura venne apprezzata da Francesco Algarotti a Cesare Cantù a Pietro Giordani, l’originalità della prospettiva filosofica venne invece dopo la sua morte pian piano ridimensionata fino a lasciare il posto a un interesse prevalentemente storico. Nel corso del Novecento vi sono stati però autori che hanno rivalutato la sua filosofia, come ad esempio Giuseppe Rensi, riconoscendo la cifra dell’etica stelliniana nella ricerca dell’idea del bene comune e sociale avvicinando proprio su questo aspetto la figura di Stellini a quella di Gian Domenico Romagnosi che al filosofo friulano dedicò pagine importanti nell’opera L’antica morale filosofia, in cui sottolineava l’aristotelismo riformato di Stellini.
Stellini fu infatti debitore al pensiero dello Stagirita, che però ripensava alla luce della filosofia inglese (in modo particolare Thomas Hobbes, John Locke e Bernard de Mandeville) e francese (segnatamente Étienne Bonnot de Condillac, la cui prima edizione italiana del Trattato delle sensazioni del 1803 contiene una lettera stelliniana) mettendo a fuoco una visione equilibrata del rapporto uomo-mondo, senza eccessi materialistici. Padova d’altronde non era luogo di metafisica dogmatica e Stellini conobbe a fondo Isaac Newton e Gottfried Wilhelm von Leibniz, trattò della storia naturale e di molti aspetti della scienza dell’epoca, che intrecciò alla riflessione sulle teorie morali; adottò il metodo newtoniano deducendo le conseguenze note in base all’esperienza, valorizzando sempre il documento umano e l’osservazione empirica. Per questa impostazione venne accusato di sensismo, anche se in realtà la sua morale va intesa come pratica di vita e criterio di valutazione degli uomini, rivelando la dimensione operativa della sua filosofia tutta volta, vichianamemte, alla valorizzazione del divenire e del progresso umano. Un aspetto interessante della riflessione di Stellini è la centralità assunta dal corpo come strumento dello spirito, evidenziata non solo nelle opere, ma anche in prospettiva biografica nelle numerose lettere in cui riferisce sulle condizioni del suo stomaco, sulle conseguenze del freddo prolungato, sui benefici del latte caldo: a Stellini preme la ricerca dell’equilibrio – cioè della felicità – sia mentale sia fisico, perché l’uomo va considerato nella complessità delle sue relazioni dinamiche, lontano da ogni forma di rigore stoico. Da questo nucleo teorico si svolge la sua riflessione, caratterizzata dall’intendere i principi morali semplici e invariabili, posti nella mente dell’uomo forgiata da quella divina, la quale contiene in sé le leggi di tutto l’universo. La ragione umana è però soggetta a corruzione e per evitare la decadenza sono centrali l’osservazione diretta e il metodo induttivo. Da questo punto di vista diventano importanti la riflessione pedagogica e il processo educativo, in cui il maestro insegna all’allievo sia come adattarsi all’ambiente sia come sviluppare in modo armonico e organico le proprie facoltà.
Morì a Padova a seguito di un ictus il 27 marzo 1770; fu sepolto nella chiesa di S. Croce. Due lapidi ricordano il filosofo friulano: una nella chiesa, ai piedi dell’altare maggiore; la seconda nel convento di S. Croce.
Oltre alle edizioni già citate, si vedano: Opere scelte filosofiche e poetiche, Udine 1827; Etica volgarizzata da F. Bottini, Venezia 1843; Della filosofia morale, trad. di C. Frediani, Firenze 1846; Opere di filosofia morale e civile, trad. di F. Mestica, Macerata 1849; Dell’educazione, trad. di E. Micheli, Siena 1877; Opere scelte, Udine 1927; Scritti filosofici, a cura di A. Rocco, Milano 1942.
P. Caronelli, Elogio di Giacopo Stellini C.R.S., Venezia 1784; P. Cossali, Elogio di J. S., Padova 1811; L. Mabil, Lettere stelliniane, Milano 1811 (poi I-II, Padova 1832); F. Croce, Elogio di Giacopo Stellini detto il 18 novembre nel solenne riaprimento del C.R. Liceo di Porta Nuova in Milano, Milano 1816; G.D. Romagnosi, L’antica morale filosofia esposta quanto alla peripatetica dal Zanotti, alla stoica e pitagorica da vari greci; aggiuntavi la delineazione di quella di J. S., Milano 1831; G. Montanelli, Ragionamenti intorno alle dottrine morali di J. S., Pisa 1833; A. Podrecca, Della patria di J. S. e del suo sistema di morale, Padova 1871; V. Zanon, Iacopo Stellini. Studi e ricerche, Cividale 1895; F. Luzzato, Contributo agli studi stelliniani, Udine 1898; Id., La morale sociale di J. S., Bologna 1899; L.F. Ardy, J. S., Udine 1899; E. De Goetzen, L’opera di J. S., in Archivio di storia della filosofia italiana, III (1934), pp. 231-254; F. Deva, L’educazione nella filosofia morale di J. S., Torino 1957; E. Garin, Storia della filosofia italiana, III, Torino 1966, pp. 1023-1029; A. Toso, J. S. filosofo friulano, Udine 1970; Il Liceo classico “Jacopo Stellini”. Duecento anni nel cuore del Friuli, a cura di F. Vicario, Udine 2010 (in partic. S. Perini, Vita di J. S., pp. 205-210; M. Venier, Aspetti letterari e filologici nell’opera di J. S., pp. 211-219); S. Perini, J. S., in Dizionario biografico dei friulani (con ampia bibliografia), http://www.dizionariobiograficodeifriulani.it/stellini-iacopo/ (22 febbr. 2019).