KADAR, Jan
Kadár, Ján (propr. János)
Regista cinematografico slovacco, d'origine ungherese, nato a Budapest il 1° aprile 1918 e morto a Los Angeles il 1° giugno 1979. Raggiunse la notorietà insieme a Elmar Klos con pochi film di grande spessore, tra cui Obchod na korze (1965; Il negozio al corso), premiato nel 1966 con il primo Oscar nella storia del cinema cecoslovacco. Il giovane K. si dedicò agli studi giuridici all'Università di Bratislava e contemporaneamente alla fotografia in modo così professionale da abbandonare i corsi universitari, spostandosi poi a Praga per collaborare con gli studi cinematografici di Barrandov. Dal 1947 lavorò come assistente in alcuni documentari ed esordì come regista con Katka (1950, Caterina) ‒ storia di una giovane contadina slovacca che lascia i campi per la fabbrica ‒, un film che, secondo la censura, oscurava i valori nazionali. Intimorito da quell'accoglienza, K., insieme a Klos che aveva conosciuto a Barrandov, affrontò il secondo lungometraggio, Únos (1952, Il sequestro), storia di un aereo cecoslovacco sottratto dai nemici. I due registi pagarono il tributo all'estetica socialista anche con Hudba z Marsu (1955, Musica da Marte) e Tam na konečné (1957, Laggiù al capolinea). La svolta avvenne con Tři přání (1958, Tre desideri): dietro l'apparenza di una favola (un giovane può chiedere al destino tre desideri da realizzare) si nasconde la critica a un sistema socialista che non permette di sognare. Tři přání, accusato di 'visione borghese' della vita, fu la principale vittima alla Conferenza sulla cinematografia di Banská Bystrica (1959) dove vennero denunciati quei film che si allontanavano dall'estetica ždanoviana: fu ridistribuito solo nel 1964, ma era ormai un'opera datata. Il primo grande successo di K. e Klos fu Smrt si řiká Engelchen (1963; La battaglia di Engelchen), sul tema dell'eroismo. Un soldato si agita nel suo letto d'ospedale: rimarrà invalido o riacquisterà la salute? È servito il suo eroismo? La società per cui molto sangue si è versato è migliorata? Il film risulta inquietante anche grazie a un taglio narrativo stringente che poggia sul flashback e ricorda Hiroshima, mon amour (1959) di Alain Resnais. In Obžalovaný (1964; L'accusato), uscito in periodo di Nová Vlna, si condanna il culto della personalità, l'obbligo all''autodenuncia pubblica' anche se innocenti, attraverso la figura di un capo fabbrica, Kudrna. Questi, eroe di guerra, deve difendersi da alcuni compromessi cui i fatti lo hanno obbligato: il processo non intende vedere le circostanze, ma solo la colpa del singolo che non ha obbedito alla legge. Echi kafkiani, una feroce critica ideologica e un racconto ancora una volta montato con l'uso dei flashback, fecero di Obžalovaný uno dei manifesti preparatori del nuovo corso cecoslovacco. Fu tratto dall'omonima novella di L. Grosman il capolavoro Obchod na korze, che, pur parlando del nazifascismo slovacco, infligge un duro colpo a qualunque tipo di intolleranza e di fanatismo ideologico. È l'impatto nel 1942 delle leggi razziali in una piccola cittadina slovacca: il mite falegname Tonio, grazie al cognato gerarca fascista e a una gretta moglie assetata di denaro, si trova a dover 'arianizzare' il negozio di una vedova ebrea. Combattuto tra vigliaccheria e momenti di coraggio, atti decisi e dipendenza dall'alcol, causerà involontariamente la morte della vedova e si impiccherà nel negozio, mentre gli ebrei della città vengono tutti deportati. Il film, che oltre all'Oscar raccolse una messe di premi, ben rendeva l'idea della propagazione del fascismo e del razzismo in modo naturale e indolore nella vita di persone tranquille e normali mentre la vita continua il suo regolare corso. Con quest'opera K. e Klos sperimentarono, dal punto di vista cinematografico, nuove forme sintattiche: l'incipit della storia viene affidato a une plongée in panoramica sulla cittadina; più volte si usa lo zoom per creare suspense e, infine, nella chiusa, per tre volte la camera gira e impazzita nel negozio con Tonio ogni volta scoperto rattrappito su una sedia o in un angolo, sudato e ormai deluso di sé, in un sorta di soggettiva della coscienza o dell'etica. L'explicit, fotograficamente sovraesposto, di lui e della vedova, mano nella mano, in abiti da sposi, che saltellano correndo al ralenti in una sorta di marcetta nuziale, è un chiaro inno alla libertà. Dopo l'Oscar, Hollywood propose ai due registi una collaborazione, ma l'invasione sovietica del 1968 bloccò ogni progetto e K. e Klos decisero di girare, tratto da un romanzo dell'ungherese L. Zilahy, Hrst′ plna vody ‒ Adrift (1971; Nuda dal fiume), film che, a causa dell'espatrio del regista, fu montato in un secondo momento negli Stati Uniti. K., stabilitosi a Los Angeles (mentre Klos era rimasto a Praga), firmò nel 1970 The angel Levine (tratto da un romanzo di B. Malamud) e il toccante Lies my father told me (1975). Suo ultimo contributo fu il serial televisivo Freedom road (1979; La strada della libertà), con protagonista il pugile Mohammed Alì.
J. Žalman, Cinema e cineasti in Cecoslovacchia, Praha 1968; P. Hames, The Czechoslovak new wave, Berkeley 1985.