Vermeer, Jan
Il pittore di un mondo silenzioso
Jan Vermeer, pittore olandese del Seicento, è un abile maestro nel calibrare luci e ombre. I suoi dipinti ci mostrano scene di vita domestica, senza l’enfasi dei grandi racconti storici o mitologici: come se fossero fotogrammi, colgono attimi impercettibili della vita vissuta dai personaggi, nell’intimità di una stanza
La pittura di Jan Vermeer (conosciuto anche come Vermeer van Delft) sembra essere lo specchio limpido di una vita serena e silenziosa. Ma si tratta di una quiete solo apparente, perché le sue figure assorte comunicano un senso di mistero e di attesa, che induce l’osservatore a proiettare le proprie inquietudini e gli studiosi a cercare significati simbolici nascosti.
La vita di Vermeer, trascorsa interamente nella città di Delft – dove nasce nel 1632 – sullo sfondo delle sanguinose guerre di religione divampate nelle Fiandre e nell’Olanda, è poi tutt’altro che tranquilla. Anche i rapporti familiari non dovevano essere semplici: un nonno materno avventuriero e falsario, un matrimonio contrastato con la cattolica Catharina Bolnes che gli fa abbandonare la fede calvinista e gli dà numerosi figli, un suocero violento, un cognato con cui è sempre in causa e infine negli ultimi anni anche disavventure economiche.
Vermeer, al contrario di Rembrandt, predilige l’illuminazione naturale. I suoi dipinti sono ambientati in interni domestici e le sue figure sono spesso ritratte vicino a una finestra, intente a scrivere lettere, a pesare gioielli o a bere vino. La luce è solare, soffusa e atmosferica. Prende corpo mediante un sottile pulviscolo dorato che entra nella stanza, ricopre i volti delle persone, le superfici degli oggetti e irradia un senso di tranquillità. A volte appare in improvvisi contrasti sugli oggetti immersi nella penombra, per farne risaltare un particolare valore simbolico come i gioielli (simbolo di vanità), la bilancia (simbolo di giustizia) o la brocca (simbolo di moderazione). Altrove, invece, sfoca i contorni delle forme in primo piano o si frantuma in puntini luminosi, disposti in superficie in modo simile a una costellazione. Le opere di Vermeer, con questi effetti ottici, sembrano fotografare direttamente la realtà, alla maniera delle istantanee.
Per questo si è pensato che il pittore di Delft sia stato uno dei pionieri della camera oscura. Questo strumento ottico, antenato della macchina fotografica (fotografia), cattura l’immagine esterna attraverso un foro praticato in una parete e la proietta capovolta sulla parete opposta. Attraverso un sistema di lenti e di specchi, l’immagine è proiettata su una superficie piana e fornisce al pittore una traccia per rappresentare con fedeltà i rapporti di grandezza fra gli oggetti e i giochi di luce e ombra.
Vermeer muore nel 1675, lasciando pesanti debiti alla moglie e ai figli. Caduto nell’oblio per molti anni, viene riscoperto verso la metà dell’Ottocento. I suoi ammiratori sono i giovani pittori seguaci dell’impressionismo, che cercano di riprodurre sulla tela la realtà come viene percepita dall’occhio umano nelle diverse condizioni atmosferiche. La luce naturale di Vermeer e lo studio dei suoi effetti sono considerati precedenti importanti per i loro esperimenti sull’impressione visiva.
Da allora la fama del pittore è andata sempre crescendo insieme al valore delle sue opere, che hanno raggiunto quotazioni vertiginose, ragione per cui al pittore sono stati spesso attribuiti molti dipinti, rivelatisi in seguito dei clamorosi falsi, talvolta acquistati ed esposti in importanti musei.
Per comprendere appieno i dipinti di Vermeer bisogna considerare il loro carattere simbolico. Molti dei suoi quadri sono da interpretare come critica dei vizi: una categoria assai importante nella pittura olandese e fiamminga. In questo genere moralistico, solitamente, si cercava di educare con leggerezza, mettendo in scena comportamenti sconvenienti per esortare all’onestà. Spesso tuttavia il significato celato resta oscuro, come nel caso della Ragazza col turbante, il dipinto più famoso di Vermeer. Ma è proprio questo a creare quell’alone di mistero che circonda ancora le opere del maestro.