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CASP, Jaume de

di Fabio Troncarelli - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 21 (1978)
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CASP, Jaume de (Jacme, Joanne, Giacomo)

Fabio Troncarelli

Ignote sono le origini del C.: il cognome sembrerebbe suggerire, che provenisse, lui o la sua famiglia, dalla città di Casp, in provincia di Saragozza; il de Marinis in ogni caso lo definisce "catalano" (La biblioteca, I, p. 11). Il C. svolse la sua attività nel Regno di Napoli, al servizio di Alfonso I d'Aragona. La mancanza totale di notizie a suo riguardo ci impedisce di precisare se egli si trovasse già a Napoli prima della venuta del re Alfonso o se vi fosse stato chiamato dopo la conquista del Regno da parte dell'Aragonese.

La sua presenza a corte, comunque, ci viene segnalata per la prima volta nel 1446: in una nota, conservata tra i registri delle spese della Tesoreria aragonese (Cedole), alla data del 20 ottobre di quell'anno, si trova una ordinanza di donativo in favore del C., definito colla qualifica di "... dela libreria del Senyor Rey" (de Marinis, II, p. 229 n. 31). Il dono, viene specificato, aveva il valore di un "... rocin de pel alatza, que de manament del dit present mes de Octubre, fou donat graciosament a Johan Anthoni Caldora patge del dit Senyor" (ibid.). L'indicazione "dela libreria" lascia intendere che il C. non occupava allora la carica di bibliotecario, ma che era, in quel momento, soltanto un aiutante, un coadiutore del "... librer de Senyor rey", che era ancora il famoso Tommaso Aulesa, assunto nel 1441, cinque anni prima del Casp. La conferma di questa posizione subalterna del C., agli inizi della sua carriera, ci viene dalla nota delle spese del 30 settembre del 1450 per il pagamento degli stipendi al personale della biblioteca (gli stipendi si riferiscono, tuttavia, al mese di agosto dello stesso anno): Tommaso Aulesa percepiva uno stipendio di ventotto ducati e quattro tarì; la medesima somma era pagata a Gabriel Ell Tadell, indicato con la qualifica di "scriptor", e a Jaume Torres, canonico di Valencia; al C. e ad altri due impiegati era assegnato un salario di ventun ducati e tre tari, di un terzo inferiore rispetto a quello di chi occupava posti più importanti. Altre note di spese, del 27 febbraio, del 23 luglio e del 3 novembre dei 1451, ci mostrano che per tutto quell'anno la posizione del C. rimase immutata: egli continuò infatti a ricevere sempre la medesima somma come stipendio. Dello stesso anno (16 luglio) è inoltre la notizia di una donazione del valore di tre ducati elargitagli "... per coni li eran deguts ... per les despeses dela libreria" (ibid., II, p. 234 n. 52). In realtà, la posizione del C. non dovette essere così modesta e secondaria come le note di pagamento relative a questo periodo potrebbero far supporre. Come già al primo bibliotecario di Alfonso I, Luís Cescases, il quale, oltre alla carica di bibliotecario, aveva ricoperto, tra l'altro, anche l'incarico, ben più importante, di ambasciatore del re al concilio di Basilea (dicembre del 1441 e 1443), così anche al C. dovettero essere assegnati compiti politici di un certo rilievo. Nel privilegio concessogli il 27 settembre del 1452 il C. viene infatti deiinito "...fideli familiari et de nostra libreria..."; viene ricordata in termini altamente elogiativi la sua "... fide, prudentia, sufficentia et legalitate..." nell'assolvere altri incarichi, come quello di "... coadiotoris sive Subactarii penes inagistrum. iustitiarum regni huius Siciliae...", e quello di "... regenteni magnam Curiam vicarie ac actorum notarium eiusdem Curie" (ibid., II, p. 234 n. 85).

In riconoscimento di questa sua attività, il re gli concesse la nomina di notaio a vita degli "Atti della magna Curia", con una remunerazione annua di quattro once, con il privilegio di essere esonerato dall'ufficio occupato nella biblioteca, e con la facoltà di trovarsi per questo un sostituto "idoneum et probuni".

Nonostante questa concessione, il C. non abbandonò il suo posto: il 15 settembre 1453 troviamo infatti un'ordinanza di pagamento in suo favore per la somma di un ducato e tre tarì, come rimborso per la spesa di viaggio sostenuta per portare al re due oggi non identificabili "boly de Senecha". Nell'ottobre del 1455 ricevette ancora dal re, in ricompensa dei suoi servigi nella biblioteca, una pezza, che misurava dieci canne, fatta di "perpinyan comun" (ibid., II, p. 238 n. 131). Va rilevato che in quest'occasione il C. è indicato come "librer", segno questo evidente di un suo avanzamento di grado. In quel periodo il favore del re non dovette mancargli: del novembre dello stesso anno è infatti un'altra donazione a suo favore, piuttosto notevole, comprendente una pezza di tipo fiorentino di color nero, di due canne e quattro palmi di lunghezza; una pezza blu di tre canne e quattro palmi dello stesso tipo ed un'altra vermiglia di tre canne e quattro palmi del tipo di "Barchinona" (ibid., II, p. 239 n. 140);inoltre nel dicembre dello stesso anno gli venne concessa una pezza di velluto carminio per fame un vestito (ibid., n. 146). Dopo questa data non si sa più nulla del C., di cui ignoriamo anche l'epoca della morte. Non pare che il C. abbia svolto attività letterarie.

Fonti e Bibl.: Regesto della cancell. aragonese di Napoli, Napoli 1951, p. s; T. de Marinis, La biblioteca napol. dei re d'Aragona, I, Milano 1947, pp. 11 s.; II, ibid. 1952, pp. 229, 231, 234, 238 s.

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caspio càspio (o caspo) agg., ant. o letter. – Del mar Caspio (lat. mare Caspium), che si riferisce al mar Caspio (v. la voce prec.): dal lito vermiglio a l’onde caspe (Petrarca).
càspita
caspita càspita interiez. [alterazione eufem. di parola triviale]. – Esclamazione di meraviglia, talora d’impazienza e di leggero risentimento: c.!, questa non me l’aspettavo!; c.!, come ho fatto a non accorgermene? ◆ Dim. scherz. caspiterétta,...
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