Bentham, Jeremy
Economista, giurista e filosofo (Londra 1748 - ivi 1832), fu tra i maggiori esponenti dell’utilitarismo e contribuì, grazie all’ispirazione illuminista della sua opera, all’apertura della teoria economica verso la rivoluzione marginalista. Diede prova di grandi abilità intellettuali già dall’infanzia, frequentando il Queen’s College di Oxford a soli 12 anni, dove conseguì il Bachelor’s degree nel 1763 e il Master’s degree nel 1766.
Abbandonò presto la professione di avvocato ma rimanendo interessato agli studi giuridici pubblicò Comment on the commentaries (1774) e A fragment on government (1776), dove criticò i commentaries di W. Blackstone sul sistema legislativo inglese e la teoria alla base del common law. In entrambe le opere sono già presenti i fondamenti della teoria utilitarista, che porterà allo sviluppo dell’etica consequenzialista, in opposizione a quella deontologica. Le azioni devono essere giudicate non buone o cattive in sé (etica deontologica), ma nello specifico contesto in cui avvengono e in considerazione delle conseguenze che provocano. Tale visione fu condensata da B. nell’espressione, in parte mutuata da C. Beccaria, secondo la quale «la più grande felicità per il più grande numero [di persone] è la misura del giusto e dello sbagliato» (➔ benessere sociale, funzione del).
La teorizzazione del felicific calculus (l’aritmetica morale) lo condusse ad assumere una posizione distante dal laissez faire (➔), che si concretizzò nel ruolo attribuito al legislatore. A questo veniva riconosciuto il potere di utilizzare il felicific calculus sulla base della valutazione dei comportamenti degli individui, motivati dal loro interesse personale (la diversità tra interessi individuali e collettivi era alla base dell’impossibilità per B. di accettare il lassez faire come massimizzatore della felicità sociale totale), e di intervenire per modificare tali comportamenti, al fine di creare un’armonia fra gli interessi individuali e quelli collettivi. Tuttavia, in tale sforzo di correzione, il legislatore si avvaleva di mezzi idonei a quantificare piaceri e sofferenze dei singoli, secondo una scala unidimensionale, con la possibilità di sommarli algebricamente senza considerare le differenze individuali nelle percezioni. L’approccio di B., nella concezione del valore delle scelte individuali, lo distanzia sostanzialmente dall’approccio marginalista, sebbene la sua idea illuminista lo abbia condotto a essere tra i più illustri teorizzatori dell’utilitarismo. Tra le sue opere: Short review of the declaration (1776); Introduction to principles of morals and legislation (1789); Defence of usury (1787); Traité de législation civile et pénale (1802); Punishment and rewards (1811); The influence of natural religion upon the temporal happiness of mankind (1822), scritto con G. Grote; Deontology or the science of morality (1834).