SPAUR, Johann Baptist
– Nacque a Bolzano il 10 ottobre 1777, secondogenito di Johann Nepomuk e di Maria Anna dei conti Wolkenstein-Trostburg.
Il padre aveva ricoperto la carica di Landeshauptmann, cioè di governatore, nella provincia austriaca del Tirolo, dove la famiglia, di rango comitale e titolare di varie giurisdizioni feudali, era insediata ai vertici della società locale almeno dal XII secolo. Gli Spaur, divisi in vari rami, avevano espresso tra basso Medioevo ed età moderna molti esponenti di rango, tra i quali innumerevoli alti prelati, alcuni principi vescovi di Trento e di Bressanone, numerose figure che avevano presieduto il governo tirolese, in un’epoca durante la quale esso era stato indiscusso appannaggio del ceto aristocratico locale, che lo affidava di volta in volta a un rappresentante delle famiglie più in vista. Quella degli Spaur era, dunque, una dinastia di profilo regionale; ma il matrimonio di Johann Nepomuk con una Wolkenstein-Trostburg ne sancì, a metà Settecento, l’approdo a una cerchia più elevata dell’aristocrazia del Sacro Romano Impero, quella direttamente gravitante attorno alla corte di Vienna e ai sovrani.
Johann Baptist venne destinato dal padre a una carriera di alto funzionario e assolse gli obblighi preliminari a essa inerenti. Studiò, dunque, diritto prima a Innsbruck, poi a Vienna, dove in quei decenni – che coincisero con l’apogeo dell’attività riformatrice di un sovrano come Giuseppe II – accanto all’educazione giuridica tradizionale il corpo docente era tenuto a impartire corsi di cameralistica, ovvero di quella scienza di polizia nella quale veniva individuato il presupposto per un incisivo intervento statale in ambiti della vita associata sin lì affidati all’autogoverno delle élites nobiliari ed ecclesiastiche locali.
Appena ventiduenne, una volta terminati gli studi a Vienna, Spaur iniziò una carriera da pubblico funzionario, percorrendo in seguito passo per passo le tappe che, in capo a qualche decennio, l’avrebbero portato a raggiungere i ranghi più elevati della burocrazia imperiale. Entrato in servizio come praticante non retribuito nel 1799 presso l’Ufficio fiscale dell’Austria superiore, l’anno dopo venne trasferito, con la stessa mansione, presso il Gubernium di Innsbruck, dove, nel 1803, ottenne per la prima volta una retribuzione, ricoprendo la carica di concepista. Nel 1805, appena prima che l’ex Repubblica di San Marco entrasse a far parte del Regno d’Italia napoleonico, Spaur venne trasferito a Venezia, e nella città lagunare, confluita a fine Settecento nei domini di casa d’Austria, ricoprì brevemente le funzioni di segretario di governo. Nel 1807, con la stessa funzione, venne destinato al governo dell’Austria Inferiore, ovvero della regione di Vienna. Nella capitale imperiale avrebbe poi, negli anni seguenti, compiuto un ulteriore tratto del proprio cursus honorum, prima, nel 1811, come consigliere di governo, poi come Stadthauptmann di Vienna, una carica paragonabile a quella di prefetto, in forza della quale fu per quasi un decennio il primo rappresentante del potere esecutivo nella città. Nel 1826 tornò a Innsbruck, con il rango di consigliere aulico, nella veste di funzionario statale di quella stessa carica di capo del governo provinciale che una generazione prima suo padre aveva ricoperto in quanto rappresentante del ceto aristocratico regionale.
Aveva sposato, nel frattempo, nel 1815, Amalia dei conti Bissingen-Nippenburg, figlia di Cajetan Bissingen, che in quegli anni, in quanto governatore dell’Austria Inferiore, era il suo diretto superiore gerarchico. Grazie a questo matrimonio si consolidò l’ascesa degli Spaur all’interno del rango superiore dell’aristocrazia asburgica, quello dal quale venivano selezionati, attingendo generalmente dal bacino dei figli cadetti, gli altissimi funzionari destinati a rappresentare il potere centrale viennese nelle varie circoscrizioni regionali in cui l’Impero era suddiviso.
La nomina di Spaur, nel 1827, a governatore del Veneto – la regione che all’epoca della Restaurazione, insieme alla Lombardia, formava la più turbolenta delle componenti italiane dell’Impero, il Regno lombardo-veneto – rappresentò un ulteriore traguardo di una carriera di successo, durante la quale, seguendo un tragitto rigidamente formalizzato, e scandito da quella che i contemporanei erano soliti chiamare ‘la legge del calendario’, egli aveva consolidato la propria formazione professionale, al punto da essere ritenuto ormai politicamente maturo per assolvere una funzione di altissima responsabilità. Era entrato nella carriera burocratica a ventidue anni. Quando, nel 1827, Spaur giunse a Venezia, che già aveva conosciuto a inizio Ottocento, ne aveva cinquanta e aveva speso ormai oltre la metà della propria vita al servizio dell’amministrazione imperiale.
Fu governatore del Veneto dal 1827 al 1840 e poi, senza soluzione di continuità, governatore della Lombardia dal 1840 al marzo del 1848. Con i suoi complessivi ventuno anni passati al vertice dell’una o dell’altra delle regioni del Lombardo-Veneto, Spaur fu probabilmente l’alto funzionario imperiale di più lunga permanenza in servizio nelle province italiane.
Tuttavia, non è nella sua figura di pluridecennale responsabile del governo civile del Lombardo-Veneto che venne identificato allora dai contemporanei – così come lo è ancora spesso oggi dalla storiografia – il volto prevalente del potere austriaco nelle province italiane. A incarnare quest’ultimo, infatti, sono semmai personaggi portati dal proprio ruolo a esporsi maggiormente in senso repressivo, come i giudici Antonio Mazzetti e Antonio Salvotti, che diressero le inquisizioni seguite al tentativo di rivolta milanese del 1821, o il capo della polizia milanese Carlo Giusto Torresani, che la diresse negli anni Quaranta o, ancora, il feldmaresciallo Johann-Joseph-Franz-Karl Radetzky, che nei primi anni Cinquanta governò con il pugno di ferro il Regno che aveva riconquistato con le armi. Spaur, viceversa, che nel corso del suo lungo soggiorno nel Lombardo-Veneto, pur senza giungere a dominarla perfettamente, acquisì una notevole confidenza con la lingua italiana, nella quale scrisse di proprio pugno una parte della corrispondenza d’ufficio, fu uomo in primo luogo di mediazione.
I suoi carteggi d’ufficio degli anni Trenta ce lo mostrano intento a impostare una autonoma rotta di navigazione tra le pressioni contrastanti provenienti, per un verso, dai dicasteri viennesi, dalle autorità di polizia e dal viceré; per l’altro dal mondo delle élites notabilari venete, intente a ricavarsi i propri spazi di manovra all’interno delle Congregazioni provinciali e centrale, gli organi di rappresentanza cetuale del Regno, nei quali era possibile valorizzare i ristretti margini di autogoverno che l’ordinamento imperiale accordava alle province italiane.
Nel 1840 la strategia di avvicinamento di Spaur alle alte sfere della società veneta culminò nella stipulazione delle nozze della sua figlia maggiore, Clementine, con il conte Alvise Mocenigo, rampollo di una delle famiglie più in vista della città lagunare, la quale nel corso dei secoli precedenti aveva dato a Venezia diversi dogi.
In quella occasione, una delle pubblicazioni celebrative dell’evento, dopo aver ripercorso la galleria degli antenati della sposa, offriva un’ampollosa immagine a tutto tondo del governatore, elencandone gli innumerevoli titoli d’onore: «membro degli Stati dell’Austria inferiore e del Tirolo, gran croce dell’ordine imperiale austriaco di Leopoldo, cavaliere dell’Ordine dei Gioanniti e di quello Pontificio di Cristo, consigliere intimo e ciambellano attuale di S.M.I.R.A.», nonché «uomo di [...] nobile animo» e di «svegliato ingegno», comprovato dalla sua afferenza come socio onorario «alle I.I. R.R. Accademie di belle arti in Vienna e Venezia», alle «Società economiche di Vienna e della Carniola» e all’«Ateneo di Venezia» (Cicogna, 1840, p. 22).
Il suo trasferimento a Milano, nel 1840, rappresentò il riconoscimento, da parte dell’imperatore, di quella capacità di interazione con le élites italiane che egli aveva rafforzato durante il soggiorno a Venezia e che era ora chiamato a mettere in pratica nell’assai più problematico scenario del capoluogo lombardo. Anche nella città ambrosiana Spaur si dimostrò uomo del dialogo, tanto sul piano delle relazioni personali, quanto su quello istituzionale. Arricchì nel 1844 la propria rete di parentele nel mondo dell’aristocrazia del Regno, quando la seconda figlia, Therese, convolò a nozze con il marchese Arturo Pallavicini, bel nome della nobiltà lombarda. Ma, soprattutto, negli stessi anni affiancò all’attività di governo quella di promotore di alcune delle istituzioni civili e culturali nelle quali fu possibile provare a sperimentare una pragmatica sinergia tra le spinte filantropiche e liberaleggianti della società civile locale e il perseguimento, da parte del governo, di una idea di ‘pubblico bene’, le cui radici affondavano nella tradizione riformatrice giuseppina: i conservatori della puerizia, l’Istituto per i ragazzi abbandonati, il Patronato per i carcerati e liberati dal carcere, l’Istituto per l’assistenza a vedove e orfani dei medici e dei chirurghi, la Scuola di paleografia, l’Accademia fisio-medico-statistica.
Nel febbraio del 1847 la sua relazione ricognitiva inviata ai dicasteri aulici fu determinante ai fini della designazione del nuovo arcivescovo di Milano, l’italiano Carlo Bartolomeo Romilli, il cui ingresso in città – dove avrebbe rilevato il ruolo sin lì assolto dall’austriaco Karl Cajetan Gaisruck – rappresentò l’occasione per una manifestazione di giubilo collettivo da parte dei milanesi, nella quale viene individuato uno dei momenti di avvio di quello stato di effervescenza patriottica, che sarebbe poi sfociato nell’insurrezione del marzo del 1848.
La carta del contenimento pacifico delle insofferenze antiaustriache della popolazione Spaur la giocò anche nelle prime fasi delle Cinque giornate, sforzandosi di intavolare trattative con alcuni dei leader della rivolta. Ma, di fronte al precipitare degli eventi, il 17 marzo fu costretto ad abbandonare in tutta fretta Milano, insieme al viceré, mentre le sue carrozze venivano sequestrate dagli insorti per farne barricate. Fu il suo congedo dalla vita pubblica.
Morì a Innsbruck, dove si era ritirato a vita privata, pochi anni più tardi, il 1° novembre 1852.
Fonti e Bibl.: E. Cicogna, Personaggi illustri della tirolese famiglia dei conti di Spaur richiamati alla memoria per celebrare le nozze Mocenigo-Spaur, Venezia 1840; C. von Wurzbach, Biographisches Lexicon des Kaiserthums Oesterreich, XXXVI, Wien 1878, ad vocem; M. Meriggi, Amministrazione e classi sociali nel Lombardo-Veneto (1814-1848), Bologna 1983, ad ind.; P. Lorenzetti, Catene d’oro e Libertas Ecclesiae. I cattolici nel primo Risorgimento milanese, Milano 1992, pp. 181-183; M. Meriggi, Milano borghese. Circoli ed élites nell’Ottocento, Venezia 1992, ad ind.; B. Mazohl-Wallnig, Österreichischer Verwaltungsstaat und administrative Eliten im Königreich Lombardo-Venetnien 1815-1859, Mainz 1993, ad ind.; E. Tonetti, Governo austriaco e notabili sudditi. Congregazioni e municipi nel Veneto della Restaurazione (1816-1848), Venezia 1997, ad ind.; F. Della Peruta, Milano nel Risorgimento. Dall’età napoleonica alle Cinque giornate, Milano 1998, ad indicem.