DONNE, John
Poeta e predicatore inglese, nato a Londra nel 1573, morto ivi il 31 marzo 1631. Appartenente a famiglia che al cattolicesimo aveva dato e continuava a dare zelatori e martiri, in un'epoca in cui trionfava la Riforma, si vide preclusa la carriera di cortigiano e non poté conseguire un grado all'universìtà. Ciò nonostante il D. giunse presto al dubbio e alla tolleranza. In una delle sue satire, scritta fra il 1594 e il 1597, egli ci dà l'impressione di chi cerchi di orientarsi in una universa oscillazione di dogmi e di dottrine contrastanti. Nel 1592 si fece iscrivere come studente di diritto a Lincoln's Inn e, dotato di cospicui mezzi di fortuna, fece per qualche tempo vita di società, si mescolò coi begli spiriti della taverna della Sirena, e scrisse versi d'amore originalissimi (pubblicati postumi a Londra nel 1633), ora colorati di cinico sprezzo, ora arditamente sensuali, ora vibranti d'ardore spirituale, se pur concettosi. Tempra d'avventuriero, partecipò alla spedizione del conte d'Essex (1596) contro le coste spagnole. Il matrimonio segreto (dicembre 1601) con Anne More, nipote di sir Thomas Egerton, di cui il D. era divenuto segretario, gli procurò licenziamento e prigionia; e sebbene più tardi, confermata la validità delle nozze, egli si riconciliasse col suocero, la sua posizione economica, scossa anche dalla precedente vita dispendiosa, non si risollevò. Dovette umiliarsi in lettere e in suppliche a chiedere soccorso in nome delle piaghe della propria fortuna; cominciò intanto a soffrire d'una nevralgia reumatica la quale si aggravò con gli anni. Della sua abilità di legista e di polemista si valse Thomas Morton per combattere cattolici e ricusanti; ma il D., benché si occupasse di questioni religiose, era allora dalla religione lontanissimo, come ci attestano il Progresse of the Soule (1601) e il Biathanatos (1608), quest'ultima un'apologia del suicidio, opere entrambe improntate di quello scetticismo e di quel pessimismo proprî di un'età in cui l'influsso del Montaigne dominava. Per attrarre l'attenzione del re, scrisse due opere polemiche contro i cattolici, lo Pseudo-Martyr e il Conclave Ignatii (1611; in questo, sotto forma di un'immaginaria visita all'Inferno, il D. satireggia S. Ignazio e Machiavelli); compose anche poesie d'occasione, come i famosi Anniversaries per commemorare la quindicenne figlia del ricco sir Robert Drury, da cui il D. s'attendeva, e infatti ebbe, appoggio. Finalmente Giacomo I, che vedeva nel D. la stoffa d'un dotto ministro e d'un vigoroso predicatore, lo sollecitò a entrare nella carriera ecclesiastica. Il D. fu ordinato nel gennaio 1615 e ben presto fu nominato cappellano di corte. Tutti gli sforzi del D., che era entrato nel sacerdozio più che altro per motivi d'ordine pratico, si diressero ora a vincere il sentimento d'aridità interiore. Nelle sue prediche dall'eloquenza tenebrosa e folgorante (famosa l'ultima intitolata Death's Duel), egli diede larga parte a considerazioni sulla morte e sul peccato; nelle poesie religiose che compose in occasione della morte della moglie nel 1617 (Holy Sonnets) e negli anni seguenti, spira una semplicità nuova e l'accorato senso d'aridità interiore si esprime in accenti così alti, che presso alcuni il D. è potuto passare per un mistico. Nel 1621 fu nominato decano di S. Paolo a Londra, e quella gloria a cui egli aspirava da giovane, con tutta la sete d'un uomo del Rinascimento, l'ottenne da vecchio non attraverso imprese guerresche e cariche di stato, ma attraverso la carriera ecclesiastica. Vissuto in un periodo di transizione, voleva diventare un cortigiano, un eroe del Cinquecento, e fu invece un eroe del Seicento, un predicatore.
Al D. è toccata una sorte simile a quella del Marino e del Góngora; la sua poesia ammirata e imitata dall'età che fu sua, ricordata in tempi di razionalismo e di classicismo solo come esempio del modo in cui un poeta non debba scrivere, è tornata in onore presso i moderni. Essa è d'un carattere squisitamente cerebrale, ove l'elemento logico s'intreccia curiosamente con la fantasia ingenua, creando una peculiare atmosfera che fu definita "metafisica" (dal Dryden e dal Dottor Johnson). Per questo suo carattere il D. è stato raccostato ai poeti medievali italiani (Guinizelli, Cavalcanti), con la differenza però che in lui non troviamo un tentativo sistematico, un pensiero centrale: i suoi, anziché convincimenti, sono divertimenti metafisici. Il gusto che egli prova non è quello della ricerca della verità, ma bensì dell'esercizio dell'ingegno. Anche il D. predicatore, come il D. poeta, si serve della cultura medievale in cui era versato, ma il cardine della sua fede è diverso: la sua religione non è la religione d'un uomo del Medioevo, ma d'un uomo del Seicento: a base più psicologica che metafisica. Nelle liriche è soprattutto notevole la rara immediatezza, la felicità piena di passione e d'impeto, la mossa travolgente dell'inizio: ma questo impeto di solito è smorzato subito da un anticlimax di natura raziocinativa. Alla natura il D. contrappone il suo mondo cerebrale, agli elementi sensuali - musica e colorito - la geometrizzazione logica e l'astruseria, alla mitologia e alle veneri dello stile, le immagini e i tropi desunti dall'esperienza cotidiana e dalle cognizioni scientifiche. Fra le poesie vanno ricordate specialmente The Good-morrow, The Sunne-rising, Aire and Angels, The Extasie, The Funerall, A Nocturnal upon S. Lucies Day, Twicknam Garden e l'elegia The Autumnal. Come esempio di concettismo (wit) famosa The Flea, che fu esaltata dai contemporanei.
Edizioni: The Poems of J. Donne, a cura di H. J. Grierson, Oxford 1912, voll. 2; editio minor, senza le note, 1929. Delle prediche, dieci furono ripubblicate dalla Nonesuch Press a cura di G. Keynes (Ten Sermons), nel 1923. Un'ottima scelta di Donne's Sermons, a cura di L. P. Smith Oxford 1919. Un'utile edizione comprensiva, ma non critica, è quella curata da J. Hayward, The Complete Poetry and Selected Prose of J. Donne, Londra 1929. Per le edizioni antiche A Bibliography of the Works of Dr. John Donne, del Keynes, Cambridge 1914.
Bibl.: I. Walton, The life of John Donne, Londra 1658 (inclusa poi nel volume di Lives, 1670, spesso ristampato); E. Gosse, The Life and Letters of John Donne, Londra 1899, voll. 2; M. Ramsay, Les doctrines médiévales chez Donne, Oxford 1917; E. Simpson, A study of the Prose Works of John Donne, Oxford 1924; M. Praz, Marinismo e Secentismo in Inghilterra, Firenze 1925 (con molte poesie tradotte in italiano); P. Legouis, D. the Craftsman, Parigi 1928; G. Williamson, The D. Tradition, Cambridge mass. (U. S. A.) 1930.