Conrad, Joseph
La vita come viaggio
Joseph Conrad, vissuto tra la seconda metà dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento, fu uno scrittore di lingua inglese, sperimentatore di molte forme narrative, ma famoso soprattutto per i suoi racconti di viaggio e di mare. Suo merito è l'aver trasformato il romanzo d'avventura da lettura di pura evasione in opera letteraria completa
Nato in Polonia nel 1857 ‒ il suo nome originario era Józef Teodor Konrad Korzeniowski ‒ Joseh Conrad prestò per vent'anni servizio in Marina (prima in quella francese e poi in quella inglese) e di quell'esperienza fece il tema delle sue opere letterarie più importanti. Nel 1886 acquisì la cittadinanza inglese. Morì a Bishopsbourne nel 1924.
Nei suoi scritti il viaggio, sebbene riferito a territori reali, come l'Oriente e l'Africa, è anche viaggio simbolico: è conoscenza concreta del mondo ma è anche avventura nel profondo della mente umana. L'immagine del mondo di Conrad è segnata da una profonda crisi di certezze: è la crisi dell'Occidente riguardo alla propria superiorità morale e culturale sulla quale l'imperialismo britannico aveva fondato la sua legittimazione, soprattutto nell'epoca del suo apogeo ottocentesco coinciso con il regno della regina Vittoria.
Joseph Conrad scrisse in inglese, che non era la sua lingua madre, mai pienamente controllato nella comunicazione orale ma straordinariamente lavorato nella pagina scritta.
Il contributo più innovativo di Conrad per il romanzo moderno fu l'invenzione del narratore Marlow, trasformato da pura voce narrante in personaggio dotato di un nome e di una storia propria, interna alla trama del racconto. Narratore non più giovane, segnato dalla coscienza del tempo, Marlow rappresenta lo stesso Conrad, che nel raccontare le sue storie ricrea il proprio passato attraverso il filtro della memoria. Tuttavia in Lord Jim (1900) e in Cuore di tenebra (1902) la memoria non segue un percorso lineare, non recupera una dimensione 'oggettiva' dei fatti; la realtà che fa emergere è quella della coscienza contorta e tormentata del narratore-protagonista.
L'esperienza di Lord Jim è permeata dal senso di colpa, sempre riemergente, per aver abbandonato la nave di cui era capitano nel momento in cui stava per affondare con il carico di passeggeri di cui era responsabile.
In Cuore di tenebra il ruolo della memoria è più complesso e problematico, poiché coinvolge l'essenza del narrare, mostrata esplicitamente come inganno. Il romanzo racconta di un viaggio all'interno del continente africano verso le sorgenti del fiume Congo, del quale Marlow è insieme protagonista e narratore. Scopo iniziale del viaggio è il progetto, economico e concreto, di ritrovare uno stimato mercante d'avorio misteriosamente scomparso nel cuore dell'Africa nera, Kurtz. Ma nella sua narrazione Marlow manipola la verità, pertanto è colpevole di inganno sul piano della morale.
In Cuore di tenebra la ricerca di Kurtz porta a un contatto profondo con il corpo sconosciuto dell'Africa. L'esplorazione di un territorio reale si tramuta quindi in inchiesta sulle dinamiche del colonialismo, che affiora nei sui risvolti aggressivi e brutali. Per un altro verso, però, il viaggio tortuoso lungo il fiume Congo conduce a un'inchiesta esistenziale sulla natura umana, fino a toccare l'enigma del male: un male profondo, metafisico.
Kurtz, che l'Occidente celebra come eroe, appare sempre più un essere ambiguo, inafferrabile, mostruoso, corrotto dall'Africa che lui stesso si era adoperato per corrompere con la propria voracità commerciale. Marlow, dopo averlo ritrovato gravemente malato, entra con lui in uno strano rapporto di intimità e ne raccoglie le ultime, tremende parole all'atto della tragica morte: "L'orrore, l'orrore".
Partecipe di questa terribile esperienza, Marlow si scopre contagiato dall'energia demoniaca di Kurtz e del suo mondo di tenebra, tanto da arrivare a esaltarlo come eroe del male. Ma a questo punto è lo stesso Marlow che diventa un enigma, per sé stesso e per il lettore. Tornato in patria si scopre trasformato in grande mistificatore e come falso testimone ci lascia alla fine della storia, gettando dubbi sull'affidabilità dell'intero racconto. Cade così l'immagine autorevole del narratore ottocentesco come testimone del vero, sulla quale il romanzo coloniale aveva costruito il consenso alla sua credibilità morale.