ANDRÉS, Juan (1740-1817)
Valenziano di nascita, ma italiano di spirito e cultura, è il più dotto fra i gesuiti spagnuoli che, in seguito all'espulsione (1767) dalla Spagna, si rifugiarono in Italia e vi si dedicarono alle cose nostre. Nato a Planes il 15 febbraio 1740, fece i suoi primi studî nel Collegio dei Gesuiti di Valenza e, quindicenne appena, entrò nell'Ordine. Tenne cattedra di retorica nell'Accademia di Gandía, di filosofia a Fermra, dove, nel '73, pubblicò in latino il prospetto delle sue lezioni. Fu parecchi anni a Mantova in casa del conte Bianchi, e, nel '74, prese parte a un concorso bandito dall'Accademia di quella città, sopra un tema di fisica. Fra il '75 e il '91 viaggiò per la penisola; fu bibliotecario a Parma, quindi nominato prefetto della Biblioteca reale di Napoli, finché, perduta la vista, si ritirò a Roma, dove morì il 13 gennaio 1817. Modesta ma operosa fu la sua vita; amico dei maggiori eruditi nostri, quali il Tiraboschi e il padre Zaccaria, ne seguì l'indirizzo, propugnando l'utilità degli studî metodici, delle ricerche d'archivio e di biblioteca, della paleografia e della diplomatica. Contro il Tiraboschi scrisse una lettera sulle cause del secentismo (Lettera... al sig.r Comm. Fra Gaetano Valenti Gonzaga... sopra una pretesa cagione del corrompimento del gusto ital. nel sec. XVII, Cremona, 1776); ma, a differenza di altri religiosi spagnuoli, che polemizzarono su quell'argomento, egli lo fece con dottrina e urbanità. Sarebbe impossibile menzionare qui tutti i suoi lavori a stampa di svariato argomento, elencati accuratamente dai biografi e da Backer e Sommervogel (Bibliothèque, I, pp. 341-350): accenneremo solo ai più importanti e caratteristici.
L'opera sua principale è quella che vide la luce in Parma, dal 1782 al 1789, in sette grossi volumi: Dell'origine, de' progressi e dello stato attuale d'ogni letteratura, e da lui ristampata in seguito con aggiunte e correzioni, che furono poi comprese in un ottavo volume dell'edizione principe (Parma 1822): lavoro di vastissime proporzioni, notevole per la larghezza dell'informazione e per lo spirito di volgarizzazione che lo informa; ma, per la stessa ampiezza del disegno, l'autore fu troppo spesso obbligato a contentarsi di un'erudizione di seconda mano e a sfiorare soltanto argomenti di somma importanza. Gli si può rimproverare, infatti, soprattutto quell'esagerazione all'enciclopedismo o, com'egli dice, "universalità di cultura", ch'egli sostenne fosse una delle principali cause del ritardo del progresso scientifico (Dissertazione sopra la scarsezza dei progressi delle scienze in questo tempo, Ferrara 1799).
Degni di menzione sono anche il Saggio della filosofia di Galileo (Mantova 1775), in cui sono esposti sistematicamente i principî scientifici del grande fisico nostro ed è a lui rivendicata la gloria di primo riformatore del metodo d'investigazione comunemente attribuito a Bacone; il Catalogo dei codici mss. della famiglia Capilupi di Mantova (Mantova 1797); l'eccellente edizione delle epistole latine e italiane inedite di Antonio Augustin (Parma 1804) e gli Anecdota graeca et latina ex mss. codicibus Bibliothecae Regiae Neapolitanae deprompta (Napoli 1816). Particolare rilievo meritano infine i cinque volumetti di Cartas familiares... á su hermano dándole noticia del viaje que hizo á varias ciudades de Italia (Madrid 1786-1793), ai quali è di utile complemento un sesto (Carta... dándole noticia de la literatura de Vienna (Madrid 1794), ricco di notizie riguardanti l'Italia e i suoi rapporti letterarî con l'Austria. Queste lettere sono di lettura piacevole e istruttiva e ci offrono un quadro fedele e colorito della vita intellettuale italiana sul cadere del Settecento.
Bibl.: A. A. Scotti, Elogio stor. letto nell'Acc. Ercolanese (Napoli 1817); Vaccolini, nelle Biogr. del Tipaldo, IV, pp. 262-264; M. Menéndez y Pelayo, Hist. de las ideas estéticas, III, p. II, pp. 105-120; V. Cian, L'immigrazione dei Gesuiti spagn. in Italia, Torino 1895, pp. 15-31.