KARAKORUM (voce tibet. "pietre nere"; A. T., 93-94)
Elevata zona montuosa dell'Asia, che si stende, per circa 400 km. di lunghezza, da 74° ½ a 78° circa di long. orient. da Greenwich, fra il Himālaya e il K'uen-lun occidentale. Può considerarsi limitata a sud della valle dell'Indo (quota minima 1400 m. circa), a nord dagli alti corsi dello Yarkand e dell'Oprang, e da alcuni loro affluenti, a ovest dal Hunza e ad oriente dall'alta valle dello Shayok. L'orografia della regione è assai complicata, non avendosi vere catene, come alcuni vogliono ammettere, ma tutt'al più un allineamento ONO.-ESE. delle cime maggiori, lungo lo spartiacque, o in sua prossimità, tra il bacino dell'Indo e quello interno del Tarim. Il versante settentrionale è molto più breve di quello meridionale; verso occidente la zona montuosa del Karakorum si continua nel Hindu-kush. Molte cime superano 7000 m., alcune 8000 m. Queste ultime si raccolgono in vicinanza dell'alto Baltoro, uno dei maggiori ghiacciai di cui la regione è ricca, e sono: K2 (o Godwin Austen), 8611 m.; Broad Peak, 8270 m.; Hidden, 8068 m.; Gasherbrum, 8035 metri. A oriente di questo gruppo di cime massime troviamo ancora quote di 7471 m. (Teram Kangri) e 7391 m.; a occidente di 7287 m. (Kailasa), 7772 m. (Kanjut), 7495 m., 7347 m. Anche a sud dell'allineamento principale molte cime superano 7000 m. (Rakipushi, 7788 m.). Tra i corsi, per notevole tratto subparalleli, dell'Indo e dello Shayok corre la catena del Ladakh, con varie cime intorno a 6000 m. L'elevazione complessiva della regione non risulta soltanto dalle grandi altezze delle cime, ma anche dalla notevole altitudine delle valli, molte delle quali stanno al disopra di 3000 m., e dei valichi.
Nella costituzione dei monti del Karakorum hanno il predominio potenti masse di graniti e di gneiss, associati talora ad altri tipi di scisti cristallini; gli gneiss sono attraversati frequentemente da filoni granitici. Una copertura di rocce sedimentarie, in parte metamorfosate, doveva un tempo ricoprire le masse gneissico-granitiche, ma ora è ridotta ad affioramenti di limitata estensione, tranne nel versante settentrionale e nella zona più orientale, verso gli altipiani del Tibet. Quarziti e scisti del Paleozoico costituiscono in parte la catena del Ladakh e affiorano nell'alta valle dello Shayok, in fasce dirette da NO. a SE. Una zona sedimentaria assai potente si estende da Shigar ad Askole, proseguendo poi verso N. e NO., in mezzo alle rocce cristalline, e anche alcune cime, pure elevatissime, attorno al Baltoro, sono costituite da tali rocce sedimentarie (calcari spesso saccaroidi, calcescisti e scisti ardesiaci, brecce, ecc., di età carbonico-triassica). Nella zona prossima agli altipiani tibetani si ha una serie di terreni più ricca, che va dal Paleozoico al Cretacico (non però senza discontinuità). Il Permo-carbonico è rappresentato specialmente da scisti nerastri, il Triassico da calcari e calcari dolomitici, con intercalazioni scistose, il Giurassico anche da calcari-marnosi. Lungo l'Indo affiora, in stretta fascia sulla destra del fiume, la serie eocenico-cretacea del Ladakh.
La regione è profondamente incisa da valli, i cui fondi stanno 3000 e anche 4000 m. sotto le cime; queste ultime hanno in genere forma piramidale, a causa della natura delle rocce prevalenti e del frequente raddrizzamento dei banchi. Intenso è il disfacimento meteorico delle rocce, specialmente per le frequenti oscillazioni della temperatura attorno allo zero; i fianchi sono quasi sempre molto ripidi e quindi nudi e rocciosi, in altri casi la roccia viene nascosta da un manto detritico. Grandiose sono alcune gole scavate nel granito. La regione è oggi sede d'intenso sviluppo glaciale, ma nel Quaternario i ghiacciai furono anche maggiori, sì da riempire, nei momenti di maggiore espansione, tutte le valli per andare a confluire nel grande ghiacciaio della valle dell'Indo. Si ebbero quattro fasi di espansione, d'importanza via via decrescente. L'ultima è però da compararsi solo con uno stadio della glaciazione alpina; essa ha lasciato morene numerose assai addentro nelle valli. I caratteri di queste ultime risentono fortemente dell'azione glaciale; sono frequenti valli laterali sospese su quelle principali, e anche rilievi intravallivi. Presso i fondi vallivi si hanno spesso terrazze formate in antichi depositi morenici o alluvionali, o grandi conoidi allo sfocio delle valli minori. Sembra derivi da antiche morene deposte sui fianchi il materiale (anche con grandi blocchi) trascinato dalle frequenti e rovinose colate di fango.
Il clima, nel Karakorum, data la posizione interna e il riparo offerto dall'antistante catena himalayana, è continentale e nel complesso rigido, a causa della forte elevazione. Le precipitazioni sono scarsissime nelle valli, non così probabilmente sulle creste ove cadono sempre in forma di neve. Il limite delle nevi risulta comunque elevato, e sempre di più procedendo dalle grandi valli dell'Indo e dello Shayok (dove è inferiore a 5000 m.) verso la linea delle massime cime, lungo la quale raggiunge e supera i 6000 m. d'altezza; s'innalza anche, contemporaneamente, verso SE., cioè verso gli altipiani del Tibet. Molti e grandiosi sono i ghiacciai - nell'insieme si possono dire i maggiori all'infuori di quelli delle regioni polari e subpolari - per la forte elevazione media della regione. Hanno lunghe lingue pochissimo inclinate, alimentate da affluenti numerosi che vi sboccano quasi ad angolo retto (tipo di ghiacciai detto "himalayano"), e circondate da erte pareti spesso prive o povere di neve e di ghiaccio. La superficie della lingua è molto accidentata (caratteristiche le "guglie di ghiaccio", alte talora anche alcune diecine di metri), in conseguenza della forte ablazione estiva, e ricca di morene. Numerosi i laghetti glaciali presso le sponde. È anche abbastanza frequente il caso di lingue che sbarrano la valle maggiore in cui sboccano (ad es. i ghiacciai dell'alto Shayok), con formazione di laghi, i quali svuotandosi talora improvvisamente dànno luogo a violente inondazioni. Il massimo sviluppo dei ghiacciai si ha sul versante meridionale, presso lo spartiacque e le massime cime. Il più orientale dei grandi ghiacciai (Rimu) manda parte delle sue acque all'Indo (per lo Shayok) e parte a N., nel bacino del Tarim (per mezzo dello Yarkand). I ghiacciai più estesi sono i seguenti:
Dei corsi d'acqua del Karakorum sono perenni quelli alimentati da ghiacciai; essi hanno imponenti piene estive per la forte fusione del ghiaccio. Sono molto scarse le sorgenti comuni, relativamente abbondanti, invece, quelle termali. I fiumi maggiori sono lo Shayok, il Nubra, il Saltoro e lo Shigar.
La regione è straordinariamente povera di vegetazione, in gran parte anzi nuda del tutto. Mancano veri boschi; la vegetazione arborea è rappresentata da pini, betulle, cedri, ma specialmente da salici e ginepri, a cui nelle aree coltivate si aggiungono i pioppi. I ginepri si spingono all'altezza di quasi 4000 m. Anche veri prati sono scarsi; più frequenti presso le fronti dei ghiacciai, e se ne trovano lembi sui fianchi delle vallate, ai lati delle lingue glaciali.
Gran parte del Karakorum vero e proprio è abitato dai Balti, affini, come i Machnopa confinati a un piccolo tratto della valle dell'Indo, ai Dardi, e quindi Indoeuropei. La parte occidentale (Leh, Valle Nubra) è invece abitata dai Ladaki, che presentano maggiori caratteri mongoloidi. Disabitata è la zona dell'alto Shayok, dove si spingono talora nomadi Ciangpà (Tibetani). La popolazione risulta straordinariamente rada, se la riferiamo all'intero territorio; però le sole zone abitate sono i fondi delle valli, e pure di queste vanno eccettuati i tronchi più alti. Nelle zone effettivamente abitate si possono raggiungere e anche superare 100 ab. per kmq. La popolazione è in grandissima parte agricola, e vive insediata in piccoli centri, posti generalmente su conoidi o su terrazze, allo sbocco di valli laterali, allo scopo di avere acqua per irrigazione. Le colture, senza irrigazione, non sarebbero possibili, per la grande scarsezza di precipitazioni. Le aree coltivate sono saltuarie e costituiscono vere oasi in mezzo alla generale nudità. Predomina la coltura dei cereali (specialmente di una specie di orzo), accompagnati da alcuni alberi fruttiferi, fra i quali il più abbondante e più diffuso è l'albicocco. Il limite superiore delle colture segue quello degl'insediamenti umani permanenti, i quali si spingono ad altezze massime sempre superiori procedendo dalle valli maggiori verso l'interno, e anche procedendo da occidente a oriente. Nella valle dell'Indo sotto Suru detto limite è inferiore a 3000 m., nelle valli laterali supera anche 3500 m., presso gli altipiani tibetani raggiunge i 4000 m. (per salire ancora verso SE.). Gli albicocchi si spingono fino a circa 3500 m. Una sola carovaniera importante tocca il territorio del Karakorum, ma solo nella sua parte più orientale; essa mette in comunicazione la valle dell'Indo con il Turkestan, da Leh, per il Passo del Karakorum (5575 m.). Un tempo gl'indigeni utilizzavano però anche altre vie più dirette, attraversando i grandi ghiacciai, tra i quali gli stessi Syachen e Baltoro.
L'esplorazione del Karakorum si è iniziata soltanto da poco più di un secolo, con i viaggi di W. Moorcroft e G. Trebeck, nella parte orientale (Leh, alto Shayok e Valle Nubra), nel 1820-22 (l'indiano Izzet Ullah aveva percorso in parte questa zona nel 1812, lasciandone un giornale di viaggio). A G.T. Vigne (1835-38) si debbono estesi itinerarî, spinti fino ai grandi ghiacciai, nelle valli Shigar, Basha, Saltoro, Kundos, Shayok; il botanico H. Falconer percorse nel 1838 la Valle Braldo giungendo presso la fronte del Baltoro. Del 1847-48 sono i viaggi di Th. Thomson e di H. Strachey, entrambi della commissione per la delimitazione dei confini col Tibet, nella parte orientale della regione; il secondo, per la Valle Nubra, raggiunse il Syachen. A. Schlaginhweit nel 1856 percorse le valli Shigar e Braldo, penetrando sul Baltoro, e le valli Hushe, Kundos, Nubra, Shayok. A. Godwin Austen, topografo, visitava nel 1861 diversi dei grandi ghiacciai, Baltoro, Punma, Biafo, Chogo Lungma, Kero Lungma. Con queste esplorazioni, dovute a ottimi e fedeli osservatori, anche se non sempre preparati scientificamente, la regione poteva dirsi conosciuta nelle grandi linee. Poco noti rimanevano però i grandi ghiacciai, e quasi sconosciuto il versante settentrionale. Ma lo Younghusband attraversava due volte, nel 1887 e 1889, il Karakorum, proveniendo da nord, per la valle Shagsam e il Baltoro (Passo Mustagh).
I viaggi nella regione si erano intanto fatti più frequenti, molto meno fruttuosi però dal punto di vista scientifico e dell'esplorazione. Ma nel 1892, con la spedizione di M. Conway, s'inizia la metodica esplorazione dei grandi ghiacciai, con scopi alpinistici e scientifici a un tempo. ll noto alpinista inglese esplorò i ghiacciai della regione di Hunza e Nagar, quindi l'Hispar, passando da questo nel Biafo, e visitando poi il Baltoro. Su questo pure operò la spedizione Eckenstein-Guillarmod nel 1902. Nel 1898 s'iniziava la feconda attività dei Workman, americani, con l'esplorazione (1899) del Biafo e di un gruppo di vette situate tra Shigar e Askole; nel 1902-03 esploravano il Chogo Lungma e inoltre minori ghiacciai vicini, il Kero Lungma e l'Ho Lumba. Nel 1908, provenendo da Hunza, passano per l'Hispar nel Biafo, nel 1911-12 visitano le valli Saltoro, Hushe e Kundos, esplorandone alcuni ghiacciai e penetrando nel Syachen, che rilevarono (il ghiacciaio era stato raggiunto nel 1909 dal Longstaff). Del 1909 è la spedizione italiana di S. A. R. il Duca degli Abruzzi al Baltoro, che fu percorso e rilevato; fu anche tentata l'ascesa del K2 e conquistato il "record" di altezza raggiunta dall'uomo con mezzi proprî sulla montagna, detenuto per varî anni. Un'altra spedizione italiana, la massima fra tutte quelle dirette al Himālaya occidentale e al Karakorum, operò nella regione nel 1913-14: la spedizione De Filippi. Itinerarî estesissimi furono percorsi dal geografo-geologo della spedizione, G. Dainelli. Fu esplorato e rilevato il ghiacciaio Rimu, scoprendo le sorgenti del fiume Yarkand. Nel dopoguerra l'esplorazione del Karakorum è stata ripresa, e ancora largo è stato il contributo italiano, con le spedizioni di S. A. R. il Duca di Spoleto (ghiacciai Baltoro e Punma, Valle Shagsam sul versante settentrionale) nel 1929 e di G. Dainelli (traversata dal Syachen al Rimu) nel 1930. Dell'ultimo decennio sono inoltre da ricordarsi i viaggi dei coniugi olandesi Visser, e l'esplorazione di una parte del versante nord, per opera del maggiore Mason (1926).
V. tavv. XI e XII.
Bibl.: Risultati vastissimi ha riportato la spedizione italiana De Filippi (1913-14), nel campo della fisica terrestre, meteorologia, geografia fisica e umana, geologia, antropologia, botanica, ecc., sì che i grossi volumi dei suoi Resultati scientifici (Bologna 1924) costituiscono ormai il fondamento della conoscenza della regione. Dei 15 volumi previsti, 9 hanno già visto la luce. In essi è anche raccolta la bibliografia; basti qui ricordare: W. Moorcroft e G. Trebeck, Travels in the Himalayan Provinces, ecc. Londra 1841; G. T. Vigne, Travels in Kashmir, Ladak, Iskardo, ecc., Londra 1842; Th. Thomson, Western Himalaya and Tibet, Londra 1852; H. Schlagintweit, Reisen in Indien und Hochasien, Jena 1869-1880; R. Lydekker, Geology of Part of Dardistan, Baltistan ecc., Rec. Geol. Survey of India, XIV, 1881; W. M. Conway, Climbing and exploration in the Karakoram-Himalayas, Londra 1894; K. Oestreich, Die Täler der Nordwestliche Himalaya, in Paterm. Mitt. Ergänz., 155 (1906); F. B. e W. H. Workman, In the Iceworld of Hymalaya, Londra 1900; id., Icebounds Heights of the Mustagh, Londra 1908; id., The call of the snowy Hispar, Londra 1910; id., Two Summers in the Icewilds of Eastern Karakoram, Londra 1917; S. G. Burrard e H. Hayden, A sketch of the Himalayas, ecc., Calcutta 1907-08; De Filippi, La spedizione [di S. A. R. il Duca degli Abruzzi] nel Karakoram e nell'Himalaya occidentale, Bologna 1912. Inoltre, per la narrazione delle altre spedizioni italiane: F. De Filippi, Storia della spedizione scientifica italiana nell'Himalaia, ecc., Bologna 1924; G. Dainelli, Paesi e genti del Caracorùm, Firenze 1924; Aimone di Savoia Aosta, Duca di Spoleto, Spedizione nel Karakoram, in Boll. R. Società geogr. ital., 1930; G. Dainelli, Il mio viaggio nel Tibet occidentale, Milano 1932.