Reisz, Karel
Critico, regista e produttore cinematografico ceco, di famiglia ebrea, nato a Ostrava il 21 luglio 1926 e morto a Londra il 25 novembre 2002. Autore tra i più rappresentativi del cinema inglese, fu uno dei registi più significativi del Free Cinema. Il suo percorso artistico, partito dalla critica cinematografica, si sviluppò attraverso il documentario di inchiesta sociale, il film di denuncia e il racconto biografico, caratterizzandosi per un'intensa ricerca stilistica mai fine a sé stessa, e per una carica trasgressiva e un gusto corrosivo che appaiono sempre funzionali al soggetto trattato. Nel 1953 pubblicò The technique of film editing, uno dei più importanti saggi teorici sull'estetica del montaggio cinematografico, di cui nel 1968 uscì una seconda edizione con la collaborazione di Gavin Millar (su cui si basa la trad. it. del 1983). Con Morgan, a suitable case for treatment (Morgan, matto da legare), R. vinse nel 1966 il Premio speciale al Festival di Locarno.
Rifugiatosi nel 1938 in Inghilterra, inserito con il fratello dai genitori (scomparsi poi ad Auschwitz) in un convoglio di bambini in fuga dalle persecuzioni razziali, R. partecipò alla fase finale della Seconda guerra mondiale nella sezione cecoslovacca della RAF. Nel dopoguerra rientrò in patria, ma il sentimento di estraneità provato lo fece ritornare in Inghilterra dove, compiuti gli studi alla facoltà di Scienze naturali dell'Emmanuel College della Cambridge University, si divise tra l'insegnamento e l'attività di critico cinematografico, svolta sulle riviste "Sequence" e "Sight and sound". Nei primi anni Cinquanta diventò programmatore del National Film Theatre, la sala londinese dove nel 1956 venne presentato un programma di cortometraggi che comprendeva i lavori di Lindsay Anderson e Lorenza Mazzetti oltre alla sua opera d'esordio, finanziata dal British Film Institute, Momma don't allow, un documentario d'inchiesta su un jazz club frequentato da giovani proletari londinesi, realizzato nel 1955 con Tony Richardson. R. entrava nella storia del Free Cinema; ma prima di tornare alla regia svolse un'intensa attività di produttore, che lo portò a collaborare più volte con Anderson. Nel 1959 realizzò quindi We are the Lambeth boys, un documentario, prodotto dalla sezione cinematografica della Ford Motor Company, incentrato su un club di ragazzi della periferia londinese.I toni irriverenti e provocatori, che nei documentari rimanevano latenti, emersero con forza nel primo lungometraggio di finzione, Saturday night and Sunday morn-ing (1960; Sabato sera, domenica mattina), adattamento del romanzo di A. Sillitoe. Il film, che avviò la collaborazione di R. con l'attore Albert Finney, si segnalò per il realismo con cui viene tratteggiato il senso di disperata insoddisfazione del protagonista, un operaio di Nottingham, oltre che per l'inaspettato successo di pubblico. Ciò spinse la coppia Reisz-Finney a progettare un film sulla vita di Ned Kelly, un bandito australiano del 19° sec., che però non venne realizzato. I due abbandonarono comunque le atmosfere legate alla contemporaneità in Night must fall (1964; La doppia vita di Dan Craig), che narra la cupa vicenda di un giovane cameriere, schizofrenico e omicida, ricostruita con registro narrativo in cui si miscelano le forme del dramma familiare con quelle del thriller. R. avviò così la sua singolare 'trilogia della devianza', misurandosi per la prima volta con il problema relativo alla rappresentazione delle dinamiche autodistruttive dell'io diviso. Lo stesso motivo ritorna infatti, rielaborato in chiave tragicomica, in Morgan, a suitable case for treatment, il cui protagonista è un giovane ribelle (ben interpretato da David Warner), immerso in un immaginario mondo animalesco, che cerca invano di salvare il suo matrimonio con una ragazza borghese (Vanessa Redgrave) e finisce rinchiuso in manicomio. La trilogia fu completata da Isadora (1968), vivido ritratto di Isadora Duncan ‒ la celebre danzatrice che aveva cercato di rivoluzionare il balletto classico ‒ costruito sulla contrapposizione di due grandi sequenze narrative, l'una senza intreccio, che racconta gli ultimi giorni di un'artista in crisi, l'altra che ripercorre una vita scandita dalla trasgressione di tutti i codici, esistenziali e artistici (Cattini, 1985, p. 50).
Anche a causa dell'insuccesso commerciale di Isadora, cui contribuirono i pesanti tagli apportati dalla produzione in fase di montaggio, R. rimase inattivo per qualche tempo. E non ebbero esito migliore i due film che realizzò negli anni Settanta, The gambler (1974, 40.000 dollari per non morire), storia di un giocatore d'azzardo, e Who'll stop the rain? (1978; I guerrieri dell'inferno), tratto dal romanzo di R. Stone, che affronta in chiave metaforica i 'fantasmi' della guerra del Vietnam. All'inizio degli anni Ottanta, tuttavia, con The French lieuten-ant's woman (1981, La donna del tenente francese), R. tornò al successo internazionale, grazie a una convincente messa in scena del romanzo di J. Fowles basata sulla sceneggiatura di Harold Pinter; trasponendo la storia d'amore su un set cinematografico, dove trionfa il lieto fine proprio mentre la relazione sentimentale tra i due attori (interpretati da Jeremy Irons e Meryl Streep) si esaurisce, il film riproduce infatti la doppia soluzione narrativa che caratterizza il romanzo. Nel successivo Sweet dreams (1985), raccontò invece con eleganza, in uno stile quasi rarefatto, la vita della cantante country Patsy Cline (ben interpretata da Jessica Lange). Nel 1990 realizzò un nuovo thriller psicologico, Everybody wins (1990; Alla ricerca dell'assassino), che fu la sua ultima opera per il grande schermo. Va ricordato inoltre il televisivo Act without words (2000), da S. Beckett.
A. Cattini, Karel Reisz, Firenze 1985; Free Cinema e dintorni, a cura di E. Martini, Torino 1998, pp. 111-16 e passim.