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Kirgizistan
Il Kirghizistan, paese centroasiatico senza accesso al mare e prevalentemente montuoso, rappresenta per collocazione geografica una cerniera naturale tra l’Asia centrale e la Cina.
Dopo le repubbliche baltiche, il Kirghizistan è stato il primo paese ex sovietico ad abbandonare la forma di governo presidenziale in favore di una parlamentare, a seguito delle sommosse popolari che nell’aprile 2010 hanno costretto l’ex presidente Kurmanbek Bakiev all’esilio in Bielorussia. Il rovesciamento di Bakiev – accusato dai rivoltosi di corruzione e di derive autoritarie – ha rappresentato la fine della parabola iniziata nel 2005 con la ‘Rivoluzione dei tulipani’ kirghisa, cronologicamente l’ultima delle ‘rivoluzioni colorate’ che hanno interessato lo spazio post-sovietico a partire dal 2003. Proprio in Bakiev, infatti, il popolo kirghiso aveva riposto, con le elezioni presidenziali del luglio 2005, le speranze di rinnovamento dopo un quindicennio caratterizzato dal potere autoritario di Askar Akaev, primo presidente del Kirghizistan dopo il conseguimento dell’indipendenza dall’Unione Sovietica.
Le ferite aperte dalla rivoluzione del 2010 sono però tutt’altro che rimarginate. Nonostante l’approvazione di una nuova Costituzione nel giugno 2010, il parlamento, eletto nell’ottobre dello stesso anno, resta infatti debole e frammentato. Non soltanto il 60% dei voti espressi alle elezioni è stato destinato a partiti che non hanno superato la soglia di sbarramento del 5%, ma, soprattutto, la formazione che ha raccolto la maggioranza relativa dei voti è stata il partito Ata-Zhurt (‘Madrepatria’), compagine composta da sostenitori dell’ex presidente Bakiev. Il governo, attualmente guidato dal primo ministro Almazbek Atambaev, uno dei leader socialdemocratici del movimento anti-Bakiev, si fonda dunque sul sostegno di una coalizione che include i suoi naturali oppositori dell’Ata-Zhurt.
I disordini della primavera del 2010 hanno avuto pesanti ripercussioni anche sull’economia kirghisa, la più piccola per dimensioni tra tutti gli stati ex sovietici e con un livello di pil pro capite migliore, nella regione, soltanto di quello del Tagikistan. Il Kirghizistan dispone infatti di scarse risorse naturali, tra cui le maggiori sono l’oro (che costituisce più di un terzo delle sue esportazioni) e l’acqua. Le abbondanti risorse idriche hanno permesso al paese di avviare importanti progetti idroelettrici e restano moneta di scambio sul piano energetico: il Kirghizistan permuta infatti i diritti all’utilizzo a valle delle acque che effluiscono dal suo territorio con carbone e gas, provenienti dal Kazakistan e dall’Uzbekistan.
Sul piano delle relazioni internazionali, il paese resta ancora sul filo di un difficile equilibrio tra gli interessi russi e quelli statunitensi nell’area centro-asiatica. Nel 2001 Bishkek ha infatti concesso agli Usa l’utilizzo dell’aeroporto di Manas come scalo per raggiungere l’Afghanistan, mentre nel 2002 è stata concessa alla Russia una base a Kant. Il governo succeduto a Bakiev ha triplicato l’affitto della base di Manas e oggi sembra rivolgersi in misura crescente al vicino russo per ottenere garanzie per la propria sicurezza.
Un attore di crescente rilevanza per le relazioni internazionali del Kirghizistan è la Cina, con la quale Bishkek ha chiuso di recente in maniera definitiva alcune dispute di confine e ha rafforzato i legami sul piano commerciale. Sul piano regionale, i confini ereditati dall’Unione Sovietica e, in particolare, la tripartizione della fertile e densamente popolata valle di Fergana tra Kirghizistan, Uzbekistan e Tagikistan, sono costante motivo di tensione tra i tre paesi.