Kosovo
<kò->. – Il 17 febbraio 2008 il K., già provincia autonoma della Serbia all’interno della Iugoslavia (Stato federale ridenominato nel 2003 Unione statale di Serbia e Montenegro e poi divisosi nel 2006 in due stati distinti, la Serbia e il Montenegro), ha proclamato unilateralmente la propria indipendenza con il nome ufficiale di Repubblica del Kosovo. Questo atto giungeva a conclusione di oltre un decennio di conflitti tra gli albanesi del K., che costituivano la grande maggioranza della popolazione nella provincia medesima, e le autorità federali serbe decise a contrastare con ogni mezzo la secessione del K.: nel 1990, infatti, il presidente serbo Slobodan Milošević aveva annullato l’autonomia della provincia cancellando tutte le libertà tradizionalmente accordatele e dando inizio a una sistematica discriminazione e persecuzione della componente albanese. Mentre cresceva la protesta pacifica della popolazione del K., a far precipitare lo scontro era stata la comparsa sulla scena dell’Esercito di liberazione del K. (UÇK), una fazione estremista che attuava una strategia politica terrorista contro i serbi. A causa del continuo moltiplicarsi di episodi di violenza da entrambe le parti che vedevano drammaticamente coinvolta la popolazione civile del K., e dopo il fallimento di un tentativo negoziale, nel marzo 1999 scattavano i bombardamenti della NATO contro la Serbia senza l’avallo delle Nazioni Unite per il veto imposto nel Consiglio di sicurezza da Russia e Cina. All’inizio di giugno Belgrado accettava il piano di pace proposto dai paesi del G8, cui seguì la risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza che segnava la fine dei bombardamenti della NATO e il riconoscimento dell’integrità territoriale e della sovranità dell’allora Iugoslavia, all’interno della quale si prevedeva l’autonomia del K.: dopo pochi giorni una missione internazionale sotto comando NATO, l’UNMIK (United Nations interim administration mission in Kosovo), entrava in K. dove però non cessavano gli scontri tra forze serbe e militanti dell’UÇK. Il clima di tensione nella provincia, dove non mancarono vendette degli albanesi nei confronti delle minoranze serbe e rom e scontri con le forze militari internazionali, rimaneva alto. Tra il 2002 e il 2006, durante la presidenza di Ibrahim Rugova, storico rappresentante degli albanesi del K. e leader delle forze politiche moderate della Lega democratica (LDK), la situazione rimaneva in delicato equilibrio ma alla sua morte, nel 2006, tornavano a farsi sentire le voci più intransigenti con le due parti arroccate sulle rispettive posizioni: la richiesta di indipendenza albanese non veniva accolta dai serbi, i quali erano decisi a concedere solo uno statuto di autonomia. Le elezioni legislative del novembre 2007 vedevano il successo, sulla più moderata LDK, del Partito democratico del K. (PDK), formazione nella quale erano confluiti molti militanti e comandanti dell’UÇK, tra cui il nuovo primo ministro H. Thaçi, di cui era nota la ferma intenzione a dichiarare in tempi brevissimi l’indipendenza del Kosovo. Infatti, il 17 febbraio 2008 il Parlamento kosovaro dichiarava unilateralmente la sua indipendenza dalla Serbia, decisione accolta da forte contrarietà e proteste di piazza a Belgrado. Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna e Albania riconoscevano il nuovo Stato già il giorno successivo (seguiti in questa decisione dalla maggioranza degli stati dell’UE), mentre contraria all’indipendenza si dichiarava la Russia, tradizionale alleato della Serbia, e anche la Spagna. In attesa di una soluzione pacifica e congiunta che vedesse partecipe anche la Serbia, una missione dell’UE, EULEX (European union rule of law mission in Kosovo), veniva dispiegata in K. in affiancamento alla missione UNMIK già presente sul territorio, e un Gruppo di supervisione internazionale sul K. (ISG, International steering group) veniva chiamato a valutare il cammino verso l’indipendenza del nuovo Stato, per evitare anche che la minoranza serba nel K. settentrionale subisse discriminazioni e violenze. Nel giugno 2008 entrava in vigore la costituzione redatta dal parlamento kosovaro che nel rispetto della cultura delle minoranze indicava l’albanese e il serbo lingue ufficiali dello Stato. Nell’aprile 2011, dopo l’annullamento della precedente elezione da parte della Corte costituzionale per la mancanza del numero legale, il parlamento kosovaro eleggeva alla presidenza del Paese Atifete Jahiaga, appoggiata da una larga coalizione di forze e accolta con favore dalla comunità internazionale. Il 2012 si apriva, in un clima di attesa a Pristina e con qualche preoccupazione nella comunità serba vittima di alcuni episodi di violenza, con la dichiarazione dell’ISG sulla possibile conclusione della supervisione internazionale, in previsione di una piena indipendenza del K. accettata anche dallo Stato serbo.