Forgiatasi nel pieno della contrapposizione bipolare, la relazione tra Pakistan e Stati Uniti è sempre stata caratterizzata da fasi di avvicinamento e da altrettante prese di distanza, spesso in coincidenza con il mutare degli interessi statunitensi nello scacchiere dell’Asia meridionale.
Il primo trattato di alleanza tra Pakistan e Usa è del 1954 e s’inscriveva nel pieno del clima della Guerra fredda, con la necessità statunitense di contenere la possibile espansione sovietica nell’Asia centro-meridionale. Dello stesso periodo sono inoltre le adesioni di Islamabad a due alleanze di difesa filo-occidentali nella regione, vale a dire la Southeast Asia Treaty Organization (Seato) e la Central Treaty Organization (Cento).
Gli anni Sessanta e i primi anni Settanta, con le due guerre indo-pakistane e il rischio incombente di una corsa agli armamenti nucleari nel subcontinente indiano, portarono alla scelta americana di un taglio unilaterale della relazione e alla conseguente chiusura dei finanziamenti erogati generosamente da Washington negli anni precedenti.
L’invasione sovietica dell’Afghanistan del dicembre 1979 obbligò la Casa Bianca a una decisa inversione di tendenza, trasformando il Pakistan nel più naturale e prezioso alleato nell’intento di ostacolare l’Unione Sovietica. Dopo il 1989, collassata la rigidità degli allineamenti bipolari, le relazioni sono tornate a vivere un altro decennio di relativa distanza, con gli Usa che decisero nuovamente di condizionare appoggio politico e aiuti economici all’abbandono da parte del Pakistan del suo programma nucleare.
Ma sarà ancora l’invasione dell’Afghanistan, questa volta a opera degli Stati Uniti nel 2001, a marcare l’ennesimo cambio di temperatura tra Washington e Islamabad, rendendo di nuovo necessaria la collaborazione logistica e operativa di quest’ultimo: una collaborazione che nel 2004 porterà l’amministrazione Bush a inserire il Pakistan nella lista dei ‘Major Non-Nato Ally’.
L’importanza della rinnovata partnership è stata infine riconfermata anche con la nuova presidenza Obama e in particolar modo da quando gli strateghi di Washington hanno elaborato la cosiddetta strategia dell’Af-Pak, che esprime tanto la nuova volontà di unificare dal punto di vista operativo i due versanti della Linea Durand (il confine tra Pakistan e Afghanistan), quanto la consapevolezza dell’impossibilità, per l’Alleanza atlantica, di conseguire alcun successo duraturo in Afghanistan senza una stretta collaborazione da parte di Islamabad.
Insieme agli aiuti militari e finanziari, il Pakistan ha così visto aumentare anche le pressioni degli Usa per un suo impegno più stringente nella lotta contro il terrorismo islamico. Un impegno che non può più permettersi di compiere alcun distinguo tra talebani afghani, talebani pakistani, terroristi di al-Qaida o altri gruppi estremisti operanti nelle regioni di confine, né di alimentare, come spesso in passato, l’idea di un Pakistan impegnato, con una mano, ad appoggiare Washington nella lotta contro il terrorismo globale e con l’altra a finanziare gruppi jihadisti operanti nella regione, convinto della loro utilità strategica in funzione anti-indiana.
Gli Usa, inoltre, sono oggi sempre più persuasi della necessità che i loro aiuti finanziari non possano essere destinati solo a scopi militari (e quindi venir utilizzati ancora una volta da Islamabad principalmente in funzione di deterrente anti-indiano), ma debbano essere impiegati anche per rilanciare l’economia nazionale e migliorare lo stato sociale pakistano, completando dunque, parallelamente all’offensiva militare, l’opera di sradicamento dell’estremismo islamico, che trova terreno fertile in regioni povere, degradate e con alti tassi di disoccupazione.
Le relazioni tra Washington e Islamabad sono costantemente sotto i riflettori del dibattito pubblico pakistano e il forte antiamericanismo diffuso nella società diventa un argomento rilevante nella competizione politica nazionale. Un sentimento, quello dell’antiamericanismo, alimentato dalle reiterate ingerenze degli Usa nelle dinamiche politiche pakistane (come per esempio nella richiesta di una comune gestione dell’arsenale nucleare di Islamabad, soprattutto in caso di attivazione di procedure d’emergenza), dalle frequenti operazioni militari che travalicano il confine tra Afghanistan e Pakistan, condotte tramite l’utilizzo dei cosiddetti droni (velivoli senza pilota impiegati dalla Cia per attacchi mirati contro i terroristi), e dal sospetto destato dalle strette relazioni diplomatiche che Washington intrattiene con l’India. A tali sospetti si è raggiunto l’imbarazzo provocato dalla vicenda dell’uccisione di Osama Bin Laden nel maggio del 2011. L’operazione che ha portato alla morte del leader di al-Qaida è stata infatti condotta da forze speciali statunitensi presso Abbottabad, città a circa cinquanta chilometri da Islamabad. Il fatto che il terrorista più ricercato dagli Stati Uniti si nascondesse proprio in territorio pakistano ha destato sospetti circa l’effettiva collaborazione del Pakistan nella lotta al terrorismo, cosi come la mancata informazione preventiva dell’azione da parte statunitense ha creato malumori presso il governo di Islamabad. L’episodio, tuttavia, non ha compromesso la cooperazione tra i due paesi, che continua ad essere fondamentale nella strategia antiterroristica di Washington.