L'avventura
(Italia/Francia 1959, 1960, bianco e nero, 140m); regia: Michelangelo Antonioni; produzione: Cino Del Duca/ Société Cinématographique Lyre; soggetto: Michelangelo Antonioni; sceneggiatura: Michelangelo Antonioni, Elio Bartolini, Tonino Guerra; fotografia: Aldo Scavarda; montaggio: Eraldo da Roma; scenografia: Piero Paletto; costumi: Adriana Berselli; musica: Giovanni Fusco.
Anna e Claudia sono in procinto di partire per una crociera tra le isole della Sicilia. Anna mostra alcuni segni di inquietudine; distratta e distante, ha un breve diverbio con il padre, un ricco e anziano ambasciatore. Le ragazze raggiungono Sandro, fidanzato di Anna, la cui lontananza non sembra averle procurato nessuna emozione. Impossibile comprendere i veri sentimenti della ragazza, celati da una serie di atteggiamenti contraddittori. Dopo averlo schernito, esibendo un algido distacco, Anna fa l'amore con Sandro. Claudia osserva la finestra del loro appartamento dal cortile. I tre raggiungono un gruppo di amici su uno yacht. Anna dimostra sempre più esplicitamente il suo distacco e il suo disagio interiore. Si getta improvvisamente dallo yacht, poi allarma l'intera compagnia affermando di aver visto un pescecane. Giunti a Lisca Bianca, Anna improvvisamente scompare. Iniziano le ricerche. Giunge anche il padre della ragazza con i carabinieri, ma Anna non si trova. Sandro e Claudia, nel frattempo, scoprono un'attrazione reciproca che occultano agli occhi degli amici. A Taormina, Claudia trova alloggio in una pensione; nessuno chiede più notizie di Anna. Alcuni fatti anodini emergono in tutta la loro potenziale enigmaticità. Una bella ragazza blocca il traffico nel centro cittadino, attirando una folla di curiosi, e Sandro tra di loro. Sandro rovescia una boccetta di inchiostro su alcune carte, provocando le ire del giovane proprietario. La vita ricomincia il suo corso, tra feste, concerti, brindisi. Una sera, Sandro si reca a un party e corteggia una giovane donna già incontrata a Messina. Claudia lo raggiunge e lo vede abbracciato alla ragazza. Giunge il mattino. Sandro ora è solo, su una panchina. Claudia si avvicina e allunga una mano sulla sua spalla.
Presentato al Festival di Cannes nel 1960, dove viene fischiato dal pubblico e divide la critica (pur ottenendo il Premio speciale della giuria), L'avventura è un film di cruciale importanza nella filmografia di Michelangelo Antonioni e per lo stesso cinema italiano. Esempio perfetto della lotta tra pensiero e capitale che caratterizza il vero cuore di tenebra del cinema, realizzato tra mille difficoltà economiche (produttori che saltano, mancanza di fondi), logistiche (il film viene interrotto per mesi, Antonioni resta fermo con la troupe sullo scoglio di Lisca Bianca per giorni, senza mezzi di sussistenza), meteorologiche (mare in tempesta, trombe d'aria) e infine censorie, L'avventura si segnala come momento tra i più alti di quella 'modernità' cinematografica che proprio in quegli anni conoscerà il suo apogeo. Modernità che trova la sua pietra angolare nell'approccio alla struttura narrativa e nella riflessione sulla forma cinematografica.
Costruito come una sorta di "giallo alla rovescia" (G. Fink), L'avventura condensa nei suoi 140 minuti una feroce analisi della borghesia affidata a una narrazione implosa, tesa a declinare il vuoto degli spazi naturali fissati dalla macchina da presa. Una narrazione la cui causalità dimora assente, incrinata da un evento imprevisto e inspiegabile come la scomparsa di Anna. Emerge tutta la riflessione dell'Antonioni teorico e critico cinematografico, frutto degli anni passati come redattore e collaboratore della rivista "Cinema": si delinea qui in tutta la sua evidenza l'assimilazione e la critica di una forma cinematografica vicina al neorealismo. Antonioni circoscrive, ma soprattutto rinnova questa esperienza cinematografica attraverso alcune scelte filmiche: su tutte l'attenzione posta sul paesaggio, non solo evocativo ma caricato di significati metaforici, con particolare evidenza nel rapporto tra figura umana (il termine personaggio ci sembra in Antonioni sospetto) e paesaggio naturale. Il regista concretizza questo rapporto di portata matematica, algebrica, attraverso inquadrature lunghe e il posizionamento preciso della figura nell'ambiente, un ambiente che finisce per sovrastarla. Nella prima parte del film, nel paesaggio lunare di Lisca Bianca, Antonioni filma la roccia, le asperità del terreno, gli scogli: come un agrimensore misura la distanza tra la figura umana e questo materiale grezzo, duro, inanimato. L'uso della panoramica delimita lo spazio, segna i limiti, certifica una zona circondata dal mare. Le immagini 'documentarie' delle insenature lavorate dalle onde contengono la cifra del film, ne sono la veduta esplosa e la 'figura nel tappeto': sono insomma la faglia metaforica, la ferita in cui il film trova il suo centro che manca, sepolto tra fatti opachi e quotidiani. La sparizione di Anna non è altro che la ferita che incrina il film: la plongée sull'insenatura a picco sul mare, scossa dalle onde, declina questo istante fatale. Antonioni realizza dunque, attraverso un'attenta riflessione sulla tecnica cinematografica, un film in cui forma e contenuto finiscono con il collimare perfettamente. L'evanescenza della figura umana, la sua sparizione nel paesaggio, vengono esplicitate e amplificate attraverso la precisione di alcune dissolvenze incrociate: non si tratta solo di un espediente narrativo di ordine temporale, appare precisa la scelta di annullare nel bianco dell'inquadratura ogni azione, di far evaporare l'immagine attraverso la gradazione dei grigi, fino all'annullamento completo. Stessa attenzione è portata al suono in presa diretta: il rumore delle onde infrante sugli scogli sommerge i dialoghi, assumendo un carattere 'panico' in grado di annullare la presenza della voce umana.
La seconda parte del film non è altro che una sorta di glossa, che tenta di fare luce non tanto sulle motivazioni della scomparsa ma sulle sue origini, sulle basi in cui un evento simile ha potuto aver luogo: nello spazio di una tragicomica ronde borghese. Film di estrema crudeltà, L'avventura presenta figure mediocri, vacue, instabili e grottesche. Forse, come già segnalava Carmelo Bene, Michelangelo Antonioni è il più grande autore comico del cinema italiano? È forse tempo di prendere sul serio quest'affermazione?
Interpreti e personaggi: Monica Vitti (Claudia), Gabriele Ferzetti (Sandro), Lea Massari (Anna), Dominique Blanchar (Giulia), Renzo Ricci (padre di Anna), James Addams (Corrado), Esmeralda Ruspoli (Patrizia), Lelio Luttazzi (Raimondo), Giovanni Petrucci (Goffredo), Dorothy De Poliolo (Gloria Perkins), Jack O'Connell (vecchio dell'isola), Angela Tomasi di Lampedusa (principessa), Enrico Bologna, Franco Cimino, Giovanni Danese, Rita Molè, Renato Pinciroli, Vincenzo Tranchina.
J. Doniol-Valcroze, Le facteur rhésus et le nouveau cinéma, in "Cahiers du cinéma", n. 113, novembre 1960.
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G. Fink, Antonioni e il giallo alla rovescia, in "Cinema nuovo", n. 162, marzo-aprile 1963.
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Sceneggiatura: 'L'avventura' di Michelangelo Antonioni, a cura di T. Chiaretti, Bologna 1960.