Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Unica delle Repubbliche baltiche di lingua e etnia non europea, l’Estonia, con una popolazione di quasi un milione e mezzo di abitanti e una superficie di 45 mila chilometri quadrati, confina con la Russia a Sud e ad Est e con la Lettonia a sud mentre è bagnata a Nord-Ovest dal golfo di Finlandia e dal Mar Baltico. Parte dell’Impero russo fino al 1918, poi indipendente, in seguito al patto Ribbentrop-Molotov, diventa una Repubblica sovietica ed entra a far parte dell’URSS nel 1940. Occupata dai tedeschi nel 1941-1944, rimane annessa all’URSS fino al 1991, poi l’apertura del Paese, la rapida democratizzazione e la crescita economica la portano a far parte, nel 2004, della NATO e dell’UE.
Il desiderio di autonomia estone, già fortemente sviluppato nel Diciannovesimo secolo, non è spento né dalla reazione zarista alle manifestazioni di coscienza nazionale né dalle campagne ottocentesche di “russificazione”. La rivoluzione russapermette di organizzare un’assemblea popolare a Maapäev che, nonostante l’occupazione tedesca, il 24 febbraio 1918 dichiara l’indipendenza del Paese riconosciuta dalla Russia con il trattato di Tartu nel 1920. Nello stesso anno è adottata una Costituzione. L’anno seguente l’Estonia è ammessa nella Società delle Nazioni.
Grazie all’indipendenza, le scuole estoni si moltiplicano rapidamente e inizia la riforma fondiaria, con la riduzione dei grandi appezzamenti di terra in piccoli lotti. Nel 1934 il Primo ministro, Konstantin Päts scioglie il Parlamento e bandisce i partiti politici; sarà eletto presidente nel 1938. Mentre le varie fazioni politiche si interrogano su come agire, la firma del Patto Ribbentrop-Molotov permette alla Russia di inviare 25 mila soldati nel Paese e di guadagnare crescente influenza nella vita politica. Il Partito Comunista Estone, eletto con il 90 per cento dei voti nel 1940, dichiara l’Estonia una Repubblica Socialista Sovietica il 21 luglio e chiede l’annessione all’URSS.
Durante la seconda guerra mondiale, nel 1941, l’Estonia viene occupata dalle truppe tedesche che operano un vero e proprio sterminio della popolazione, soprattutto quella ebrea; il Paese diventa un campo di battaglia nello scontra fra l’URSS e la Germania. Porti, linee ferroviarie, industria pesante e popolazione ne risentono fortemente. Nel settembre 1944 le forze sovietiche riprendono il controllo dell’Estonia e allora, temendo per la propria sorte e per quella del Paese, più di 70 mila estoni fuggono all’estero.
L’industria estone viene ricostituita per essere inquadrata nell’economia pianificata sovietica mentre, per scongiurare il rischio di un movimento nazionalista, più di 20 mila persone collegate al movimento di resistenza antisovietica vengono deportate nel 1949. L’anno successivo è il partito ad essere purgato e ai membri originari subentrano estoni educati a Mosca.
La morte di Stalin (1953) porta maggiore libertà e la vicinanza linguistica e geografica con la Finlandia permette contatti più intensi con l’Occidente rispetto a quanto avviene nelle altre Repubbliche baltiche.
Gli anni Ottanta e la politica di Michail Gorbacëv (1931-) segnano una svolta positiva per l’opposizione estone, che si può organizzare e formare il Fronte Popolare Estone nel 1988, il partito dei Verdi e il Partito Nazionale Estone Indipendentista. Nel 1988 il Consiglio Supremo Estone passa una dichiarazione di sovranità, seguita nel 1989 da una legge che restituisce all’estone lo status di lingua ufficiale e da una legge che prevede i requisiti di residenza per i votanti e i candidati alle elezioni nazionali. Il 23 agosto 1989 le tre Repubbliche baltiche riescono ad attirare l’attenzione internazionale sul loro desiderio di indipendenza con una catena umana di 600 km da Tallin a Vilnius.
Le elezioni di marzo 1990 vedono la vittoria del Fronte Popolare e Edgar Saavisar diviene primo ministro, fino alla mozione di sfiducia del 1992. Nel maggio dello stesso anno, in seguito a un referendum nel quale il 77,8 percento della popolazione vota per l’indipendenza, la Repubblica di Estonia viene ripristinata, l’occupazione sovietica è dichiarata illegale e i simboli nazionali estoni sono recuperati.
La dichiarazione di indipendenza del 20 agosto 1991 viene riconosciuta dall’URSS il 6 settembre. Comincia una serie di rapide riforme economiche, politiche e sociali che portano il paese ad essere ammesso nel Consiglio d’Europa nel 1993 e nel WTO nel 1999. La naturalizzazione dei non estoni, con le successive leggi, giudicate eccessivamente selettive dall’opinione pubblica internazionale, risulta un problema per la popolazione russa, che rappresenta circa un quarto della popolazione dell’Estonia, e porta a ulteriori tensioni con la Russia.
Il 31 agosto 1994, le ultime truppe russe lasciano l’Estonia, che può cominciare trattative con la NATO, della quale diviene membro nel 2004. Il 1° maggio dello stesso anno l’Estonia entra a far parte dell’Unione Europea.