L'Eta dei Lumi: matematica. La teoria della musica
La teoria della musica
Nel XVIII sec. la musica non ebbe particolare spicco come oggetto d'indagine scientifica. In effetti la ricerca sul suono musicale condotta nel Settecento appare assai modesta in confronto allo straordinario sviluppo che la distinse nel Seicento ‒ secolo durante il quale personaggi come Galileo Galilei, Francis Bacon, René Descartes, Marin Mersenne, Christiaan Huygens, John Wallis e Isaac Newton apportarono contributi fondamentali all'acustica musicale ‒ o anche ai grandiosi risultati ottenuti nell'Ottocento da Hermann von Helmholtz (1821-1894), che fondò e sviluppò quasi da solo il campo della psicologia dei suoni. Ciononostante, gli scienziati dell'Illuminismo portarono a compimento un lavoro di grande importanza in ambito musicale, lavoro che potremmo meglio definire come un'opera di consolidamento e di formalizzazione. Gli scienziati della Natura risolsero molti dei problemi riguardanti la fisica della propagazione del suono che il Seicento aveva lasciato aperti e, nel contempo, fornirono una descrizione matematica più rigorosa della meccanica delle vibrazioni dalle quali dipende la produzione del suono. Comunque, questi studiosi apportarono forse il loro contributo più fecondo nel settore della teoria della musica; in quest'ambito il loro lavoro di ricerca ebbe un ruolo di sorprendente importanza nello sviluppo della teoria armonica e nella pratica del temperamento settecentesche.
Lo studio dei problemi acustici collegati alla musica era stato uno degli argomenti prediletti dalla filosofia naturale del Seicento. Durante questo periodo fecondo, gli scienziati avevano affrontato numerosi problemi riguardanti il suono musicale, fra cui le questioni relative alla sua natura e propagazione, al comportamento di una corda vibrante e dell'aria nei tubi sonori, alla velocità e all'amplificazione del suono, alla natura della consonanza musicale e al fenomeno dei suoni armonici. Eppure, nonostante tutto questo lavoro ricco di risultati, gli strumenti matematici e i modelli meccanici necessari per trattare e unificare questi problemi acustici in modo soddisfacente non furono sviluppati prima del XVIII secolo.
Lo scienziato francese Joseph Sauveur (1653-1716) fu il primo a studiare l'acustica musicale in maniera sistematica. Sebbene avesse un evidente difetto di udito, Sauveur si specializzò nello studio del suono e coniò il nome di acoustique per questo nuovo settore di studio. In numerosi scritti presentati all'Académie Royale des Sciences, egli fu in grado di consolidare i diversi risultati a cui erano approdati i predecessori del XVII sec., e di definire, nel contempo, una lista dei problemi che avrebbero dovuto impegnare le successive generazioni di scienziati. Fra i molti contributi di Sauveur si annoverano: l'invenzione di metodi precisi per determinare la frequenza; la definizione dei limiti dell'udito umano; la creazione della prima scala logaritmica completa per calcolare le divisioni dell'ottava; un sistema originale di temperamento musicale; alcune proposte per nuovi sistemi di solfeggio e di notazione musicale; osservazioni accurate riguardanti i suoni armonici (sons harmoniques) delle canne d'organo; infine, una teoria che metteva in correlazione questi armonici al timbro sonoro.
Uno dei più importanti argomenti di ricerca nella fisica del Settecento, che presentava implicazioni sia nella meccanica razionale sia nella teoria musicale, era quello della corda vibrante. Nella sua ricerca, Sauveur fu in grado di migliorare la formula di Mersenne che metteva in relazione la massa, la lunghezza e la tensione della corda con la frequenza fondamentale della sua vibrazione. Egli però non riuscì a risolvere il problema della forma fondamentale di vibrazione della corda, sia perché interpretava in maniera errata la meccanica della vibrazione medesima, sia perché non possedeva gli strumenti matematici necessari. Soltanto nel 1713 Brook Taylor (1685-1731) fu in grado di dimostrare, mediante il calcolo, che il movimento di una corda vibrante è sinusoidale. Egli, infatti, mostrò che il rapporto fra la curvatura della corda in un punto qualsiasi è proporzionale alla sua distanza dall'asse e che quindi l'accelerazione (forza di riequilibrio) di un qualsivoglia punto sulla corda sarà direttamente proporzionale alla sua curvatura. Tuttavia, il problema delle armoniche superiori, sul quale tanto si erano concentrati Mersenne, Descartes e Sauveur, non poteva essere spiegato con la formula di Taylor; questa infatti poteva essere applicata esclusivamente alla frequenza fondamentale della corda.
Il problema delle armoniche superiori e quindi, implicitamente, della meccanica della corda vibrante nella sua interezza, poté essere compreso a fondo soltanto in seguito a un'intensa attività di ricerca, condotta da numerosi scienziati continentali verso la metà del XVIII secolo. In effetti, questo argomento fu al centro del più acceso dibattito di quel periodo: la cosiddetta 'controversia della corda vibrante', che avrebbe coinvolto personaggi come d'Alembert, Euler, Daniel Bernoulli, Lagrange e Giordano Riccati. Una delle questioni al centro della discussione era la messa a punto di un modello concettuale secondo il quale una corda che vibrasse seguendo la formula di Taylor potesse generare simultaneamente numerosi suoni più acuti in relazione armonica. Già nel XVII sec. una dimostrazione di Wallis aveva reso noto che una corda vibrante può assumere differenti forme (o 'modi') di vibrazione in relazione alle divisioni della corda in parti aliquote. Nel 1747, Daniel Bernoulli fu in grado di mostrare come questi vari modi potevano essere sovrapposti mediante lo sviluppo di una serie trigonometrica. In seguito, Euler riuscì a formalizzare il lavoro di Bernoulli, sebbene d'Alembert continuasse a optare per una posizione più conservatrice. Il problema della corda vibrante e delle sue armoniche superiori avrebbe potuto meritare soltanto una piccola nota a piè pagina nella storia della musica del Settecento, se il fenomeno delle armoniche superiori non fosse stato prescelto da numerosi musicisti come base naturale dell'armonia tonale. Le prime sei armoniche superiori corrispondono infatti ai suoni della triade maggiore; per esempio, la serie ideale di armoniche superiori di una corda che suona un do1 produce: do2, sol2, do3, mi3, sol3, che si possono ridurre, con la duplicazione dell'ottava, alla triade maggiore do-mi-sol. Il compositore francese Jean-Philippe Rameau (1683-1764), con estrema coerenza, scelse gli armonici naturali del corps sonore come fondamento del suo sistema armonico, che conobbe un grande prestigio e sostegno fra molti scienziati dell'Académie e fra i philosophes. D'Alembert in particolare divenne uno dei più accesi difensori di Rameau, sebbene in seguito questi fosse caduto in disgrazia, e si prodigò per diffondere le sue teorie armoniche redigendone un riassunto, pubblicato nel 1752, che riscosse notevole successo. Nella teoria di Rameau, la fondamentale della corda vibrante costituiva l'origine delle varie armoniche da essa generate, il che permetteva allo stesso Rameau di modellare la successione temporale dei fondamentali degli accordi in una composizione musicale utilizzando un "basso fondamentale" fittizio.
Inoltre, la relazione fra la pratica della musica tonale e il fenomeno acustico delle armoniche superiori costituì l'oggetto di un contenzioso che si protrasse per tutto il XVIII secolo. Per esempio, Daniel Bernoulli osservò che alcuni sistemi vibranti (come le campane o le sbarre metalliche) possono emettere armoniche superiori discordanti quando vengono colpite, indebolendo quindi la pretesa ontologica per cui il corps sonore di Rameau era all'origine delle proporzioni armoniche nella musica. In seguito, Riccati e Ernst Florens Friedrich Chladni (1756-1827) confermarono le osservazioni di Bernoulli; il secondo con esperimenti sistematici condotti con lamine vibranti. Inoltre, Rameau fu costretto a tracciare una linea arbitraria in corrispondenza del sesto armonico del suo corps sonore, altrimenti il settimo armonico dissonante (che corrisponde approssimativamente a una settima minore molto diminuita) avrebbe alterato la stabilità consonante dei primi sei. Mentre numerosi scienziati ‒ fra i quali Euler, Chladni e Matthew Young (1750-1800) ‒ ritenevano che questo settimo armonico potesse servire da base per un sistema di accordatura corretto, molti teorici della musica ‒ con le notevoli eccezioni di Giuseppe Tartini (1692-1770) e Johann Philipp Kirnberger (1721-1783) ‒ ritenevano che l'intervallo in questione fosse troppo diminuito per avere qualsivoglia valore a livello musicale.
Infine, bisognava risolvere il problema della triade minore. Dato che la musica tonale occidentale si fonda su due triadi consonanti di base, quella maggiore e quella minore, e che la serie delle armoniche superiori genera esclusivamente la triade maggiore, Rameau ebbe l'idea di cercare una serie 'aritmetica' reciproca nelle subarmoniche di una corda vibrante. Egli fu aiutato in questa ricerca da un altro accademico, Jean-Jacques Dortous de Mairan (1678-1771), il quale aveva tentato di spiegare la propagazione del suono in analogia con la teoria corpuscolare della trasmissione della luce di Newton. Secondo Mairan, se si concepisce l'aria come un medium composto da numerosi minuscoli corpuscoli di forma differente, ciascuno dei quali vibra a una frequenza distinta, è possibile spiegare le armoniche superiori e la serie aritmetica delle subarmoniche come conseguenze naturali di una risonanza simpatetica. Sebbene nel 1737 Rameau si appoggiasse alle idee di Mairan per affermare che anche la triade minore era generata naturalmente, come la triade maggiore, d'Alembert riuscì a confutare in maniera definitiva il lavoro di Mairan in numerosi articoli apparsi sull'Encyclopédie. Rameau fu perciò obbligato a ricorrere all'analogia e all'inferenza per spiegare il ruolo della triade minore nella pratica compositiva.
Sebbene la teoria musicale del XVIII sec. riservasse, com'è intuibile, un ruolo preminente alla serie delle armoniche superiori, anche altri fenomeni acustici allora oggetto d'indagine ebbero applicazioni in quest'ambito. Per esempio, Jean-Baptiste Romieu (1723-1766), membro dell'Académie des Sciences di Montpellier, pubblicò nel 1751 uno studio pionieristico sui "suoni di combinazione" (o "suoni di differenza") dimostrando che un terzo suono risultante in proporzione armonica poteva essere udito al di sotto di intervalli suonati secondo determinati rapporti. Anche se l'esistenza empirica di queste combinazioni di suoni era nota già da lungo tempo a molti musicisti, il celebre violinista Tartini fu l'unico a utilizzare il fenomeno del "terzo suono" come fondamento acustico della sua teoria, che egli contrappose al corps sonore di Rameau.
Un altro tema della ricerca scientifica del XVIII sec. che aveva interessanti risvolti in ambito musicale era la relazione fra lo spettro dei colori e la scala diatonica. Newton aveva già osservato in precedenza, nei suoi studi sull'ottica, che i rapporti degli intervalli che comprendono le sette note della scala maggiore mostrano una sorprendente corrispondenza con i seni degli angoli dei sette colori dello spettro rifratti da un prisma. Questa corrispondenza stimolante fu energicamente portata avanti durante tutto il XVIII sec. da personaggi quali Nicolas Malebranche (1638-1715) e Mairan, per non citare gli innumerevoli scrittori e poeti che furono ispirati da questa analogia sinestetica, come Voltaire, Alexander Pope e Goethe. Anche se Georges-Louis Leclerc de Buffon (1707-1788) confutò nettamente questa corrispondenza nel 1743, Louis-Bertrand Castel (1688-1757), gesuita e seguace della filosofia cartesiana, procedette alla costruzione di un clavecin oculaire, che mostrava meccanicamente vari colori nel momento in cui le note corrispondenti venivano suonate alla tastiera.
Una delle questioni più rilevanti della teoria musicale concerne la natura della consonanza musicale. Cos'è che infonde ad alcuni intervalli, come l'ottava, la quinta giusta o la terza maggiore, una sonorità così piacevole, in rapporto alle dissonanze come la seconda o il tritono? E inoltre, è possibile graduare con precisione gli intervalli a seconda del loro valore di consonanza? Tali questioni erano state molto studiate nel Seicento, in particolare da Descartes e Mersenne. Sulla base della conoscenza delle vibrazioni della corda e della propagazione del suono che si aveva all'epoca, si riteneva generalmente che la qualità della consonanza fosse determinata dalla coincidenza delle vibrazioni fra due singole frequenze di altezza. Più due frequenze sono 'coincidenti', più l'intervallo è consonante, mentre, al contrario, più i rapporti di due frequenze sono fuori fase, più gli intervalli che ne risultano sono dissonanti. In sostanza, quindi, la teoria della consonanza basata sulla 'coincidenza' offriva una spiegazione meccanicistica relativamente intuitiva per le consonanze che i pitagorici avevano individuato nei rapporti semplici fra le parti di una corda. Già nel XVII sec., tuttavia, gli scienziati iniziarono a riscontrare numerose difficoltà nella teoria della consonanza basata sulla coincidenza, una delle quali, tutt'altro che trascurabile, era il fatto che molte consonanze, fatta eccezione per l'ottava, nella pratica erano temperate, il che eliminava proprio quelle corrispondenze che si supponeva fossero alla base della percezione della consonanza.
Può sembrare perciò piuttosto sorprendente che nel Settecento Euler abbia propugnato una versione assai elaborata della teoria della coincidenza. Nel Tentamen novae theoriae musicae del 1739, egli propone un algoritmo strettamente quantitativo per graduare con precisione la piacevolezza o "dolcezza" (suavitas) di una qualsiasi combinazione di note. Il metodo di Euler consiste essenzialmente nell'esprimere un intervallo o un accordo nei termini dei suoi numeri primi (i quali in pratica si rivelarono essere 2, 3 o 5). Dopo aver sottratto uno a ogni numero primo, si effettua la somma dei risultati, e la si aumenta di uno. Il numero che ne risulta esprime il gradus suavitatis relativo del rispettivo intervallo o accordo, che può essere confrontato con qualsiasi altra combinazione di altezze. Facciamo un semplice esempio di questo metodo. Le frequenze di una triade maggiore chiusa do-mi-sol possono essere espresse numericamente come 4:5:6. I fattori minimi primi necessari a produrre questi rapporti sono 2, 2, 3, 5. Dopo aver sottratto uno da ciascuno di questi numeri primi, sommiamo i risultati, quindi aggiungiamo nuovamente uno, e otterremo un livello di nove (1+1+2+4=8+1=9). Euler scrisse pagine di tabelle nelle quali analizzava e graduava i vari intervalli e accordi impiegando questo algoritmo. In maniera analoga, egli poteva graduare la rispettiva dolcezza della successione di due accordi qualsiasi. Egli usò anche il suo sistema basato sui numeri primi per ideare formule efficaci, mediante le quali si potevano analizzare le varie scale musicali, i generi cromatici e i modi. In effetti Euler fu tanto audace da generare, mediante il suo sistema, nuovi accordi e modi che offrì alla riflessione dei musicisti. "I musicisti di talento sono così presi dal comporre nuove opere", egli spiegò, "che non si preoccupano di aumentare il numero dei modi […]. Sembra che la causa di questo stia nel fatto che i veri principî dell'armonia fino a ora non erano conosciuti, e per via di tale mancanza lo studio della musica è stato coltivato solamente attraverso l'esperienza e la consuetudine" (Tentamen, p. 100).
Per quanto il sistema di classificazione di Euler fosse efficiente, bisogna dire che dal punto di vista musicale esso non aveva molto senso. Possiamo comprendere quest'affermazione se prendiamo un accordo dissonante come la combinazione sol-re-la (la cui proporzione è 4:6:9). Poiché i numeri primi di questo accordo sono 2, 2, 3, 3, il suo gradus suavitatis è allora 7 (1+1+2+2=6+1=7). Nessun musicista, però, potrebbe condividere l'idea che una sospensione di nona dissonante sia più consonante della triade maggiore. Peggio ancora, il sistema di Euler non prendeva in considerazione l'identità dell'ottava, che è una premessa fondamentale della teoria armonica settecentesca. In tal modo, secondo Euler, le duplicazioni di ottava in un accordo avrebbero necessariamente aumentato il suo grado di dissonanza, anche se in pratica i musicisti avrebbero considerato la funzione dell'accordo fondamentalmente immutata (in effetti, intorno alla metà del secolo, la questione dell'identità dell'ottava divenne il tema di un'accesa disputa fra Euler e Rameau). Infine, il sistema di Euler si basava sull'accordatura pura di tutti gli intervalli, il che, nel contesto della pratica del temperamento settecentesca, era un ideale del tutto impraticabile.
Se l'ambizioso trattato di Euler costituisce un esempio di come un matematico brillante possa avventurarsi ingenuamente in un terreno che palesemente non gli è familiare, altri scienziati dell'epoca concepirono teorie fisiche più plausibili per spiegare la consonanza. Il francese Pierre Estève (1720-1779 ca.), per esempio, pubblicò nel 1751 la Nouvelle découverte du principe de l'harmonie, un trattato pionieristico sulla musica, nel quale avanzava l'idea che la vera causa della consonanza potesse risiedere nella concordanza degli armonici fra i vari costituenti fondamentali di una data sonorità. La teoria di Estève del combat des harmoniques fu sviluppata da Antoine Suremain de Missery (1767-1852) nella sua Théorie acoustico-musicale (1793), e anticipò la teoria della consonanza di Helmholtz, di circa cento anni successiva, sebbene né Estève né Missery sospettassero nulla circa i battimenti fra gli armonici superiori. Gli sforzi di Tartini di derivare tutti i rapporti musicali fondamentali (incluse, chiaramente, tutte le consonanze) analizzando un circolo iscritto con vari seni e tangenti ebbero minor fortuna, e furono decisamente respinti da Riccati.
Durante il Settecento, i musicisti e gli scienziati continuarono a confrontarsi con i problemi concernenti l'accordatura e il temperamento, come avevano fatto nei secoli precedenti. La questione era divenuta assai più pressante a causa del rapido diffondersi del clavicembalo (e in seguito, nell'arco del secolo, del pianoforte) e del consolidarsi di un linguaggio tonale comune, radicato in un sistema di tonalità maggiori e minori trasponibile su ciascun grado della scala cromatica.
Il problema essenziale della teoria settecentesca dell'accordatura era sostanzialmente lo stesso di quella del secolo precedente, ossia come conciliare la preferenza che molti musicisti nutrivano per le consonanze pure ("giuste") con l'esigenza pratica, avvertita dai suonatori di strumenti a tastiera, di una scala cromatica di note che potesse essere suonata in varie tonalità. Tuttavia, ciò che contraddistingue gli sforzi compiuti nel Settecento per risolvere questo problema è il rigore con il quale veniva effettuato il calcolo dei differenti temperamenti; calcolo che comportava, in genere, la misurazione di intervalli piccolissimi, annotati tramite il linguaggio logaritmico introdotto per la prima volta da Sauveur. I teorici della musica e i musicisti, esprimendo i loro calcoli mediante i logaritmi, potevano comparare e valutare i vari temperamenti con una precisione senza precedenti. Com'è ovvio, era inevitabile che la maggior parte delle proposte, per la loro complessità matematica e per la loro sottigliezza musicale, rimanessero astratte e potessero difficilmente essere applicate nella pratica. Sarebbe però un errore liquidare completamente questi tentativi. Al contrario di quanto sostengono molti storici, non è possibile descrivere la teoria e la pratica dell'accordatura settecentesche semplicemente come il trionfo del temperamento equabile (nel quale il comma pitagorico discordante è distribuito egualmente fra tutti i dodici semitoni dell'ottava). Fino alla fine del secolo vi furono molti musicisti e scienziati che difesero con vigore le virtù dei vari generi di temperamenti mesotonici e irregolari.
Qualsiasi musicista che volesse accordare uno strumento secondo il temperamento equabile si troverebbe di fronte a una difficoltà di natura pratica: è pressoché impossibile accordare un clavicembalo a orecchio secondo il temperamento equabile, senza introdurre qualche irregolarità nell'ampiezza dei semitoni. I musicologi contemporanei sono generalmente concordi nel sostenere che, probabilmente, persino Johann Sebastian Bach (1685-1750) non avesse temperato il suo clavicembalo in maniera strettamente 'equabile', ma piuttosto secondo un 'buon' temperamento, ottenuto aumentando gradatamente l'ampiezza degli intervalli, man mano che si procede verso le regioni cromatiche. Un accordatore che voglia stabilire una divisione assolutamente eguale dell'ottava deve poter sentire e contare con precisione i vari battimenti degli intervalli stabiliti ad altezze fissate. Nel Settecento, però, a dispetto delle proposte di Sauveur, non vi era alcun criterio comunemente accettato per fissare le altezze. Soltanto nel 1749 il matematico di Cambridge Robert Smith (1689-1768) poté aggirare in parte questo problema, calcolando le frequenze dei battimenti per intervalli posti a sei differenti altezze e a una distanza totale di 60 centesimi (cents). Chiaramente, per calcolare le divisioni uguali dell'ottava era molto più semplice tracciare divisioni geometriche su una corda tesa, come quella di un monocordo (cosa che veniva fatta da lungo tempo dai costruttori di strumenti a corde dotati di tasti). Ancora una volta, però, ciò non era di alcun aiuto pratico a un clavicembalista che volesse accordare il suo strumento, il quale, invece, avrebbe dovuto seguire un numero di procedure empiriche per ottenere un'approssimazione del temperamento equabile.
Eppure, si dice che Smith, come la gran parte dei suoi colleghi matematici nel Settecento, prediligesse in ultima analisi un tipo di temperamento mesotonico. è possibile che gli scienziati fossero poco interessati alla praticità offerta, a livello musicale, dal temperamento equabile o dalle sue forme approssimate; si può anzi sospettare che essi trovassero molto più stimolante l'irresistibile sfida matematica costituita dalla teoria del temperamento, e tentassero di massimizzare il numero e il grado degli intervalli puri nell'arco di una scala cromatica di dodici note. Non è sorprendente, quindi, trovare proposte di varie specie di temperamento mesotonico negli scritti di numerosi matematici settecenteschi, fra i quali ricordiamo i già citati d'Alembert e Riccati, e poi Thomas Salomon, Conrad Henfling, William Jackson, Jean Gallimard, William Jones, Johann Heinrich Lambert, Gaspard-François-Clair-Marie Riche de Prony e Thomas Young.
Un gran numero di questi scienziati propugnava diverse varietà di accordature nelle quali si manteneva il più possibile la purezza della maggior parte delle terze e delle seste, a discapito delle quarte e delle quinte. Chiaramente, il problema era scegliere le terze e le seste da mantenere pure, e stabilire in che misura gli altri intervalli dovessero essere temperati. Una delle varietà più comuni (e più antiche) di questo tipo di accordatura era quella cosiddetta del 'temperamento del quarto di comma', nel quale il comma sintonico (81/80) è diviso in quarti, e ciascun quarto è distribuito in un ciclo di quattro successive quinte perfette (come nel ciclo delle quinte da do-sol-re-la-mi). La terza maggiore (do-mi) che ne risulta dovrebbe essere pura, ossia in rapporto 5/4. Nel XVIII sec., Smith nell'opera Harmonics or the philosophy of musical sounds (1749) e Gallimard nell'Arithmétique des musiciens (1754) difesero apertamente il temperamento a 1/4 di comma. Tuttavia, gli scienziati calcolarono e propugnarono altre varietà di distribuzioni che potevano 'massimizzare' il numero degli intervalli giusti o quasi giusti. Perciò, Sauveur propose un temperamento a 1/5 di comma, mentre Riccati ne prediligeva uno a 3/14 di comma. Il famoso costruttore di organi Gottfried Silbermann (1683-1753), tuttavia, riteneva che un temperamento a 1/6 di comma fosse la distribuzione ottimale, mentre Kirnberger propendeva per un temperamento straordinario a 1/2 di comma. Le varie specie di temperamenti 'irregolari' o 'circolari' erano di maggiore utilità pratica per i musicisti, ma erano allo stesso tempo più difficili da realizzare in modo preciso. Sostanzialmente essi implicavano il temperamento graduale degli intervalli che consentiva transizioni dolci verso intervalli e tonalità cromatiche senza fratture o intervalli stonati (detti 'del lupo').
Dato che ciascun sistema di accordatura di una scala cromatica deve richiedere qualche compromesso, non ci si sorprenderà che alcuni scienziati abbiano tentato di aggirare questo problema proponendo divisioni dell'ottava che andassero oltre i normali dodici semitoni. Queste divisioni multiple risalgono già al Rinascimento, periodo nel quale il compositore e teorico Nicola Vicentino (1511-1576) aveva proposto, con la sua opera L'antica musica ridotta alla moderna prattica (1555), una divisione dell'ottava in 31 parti, che gli consentiva di suonare sul suo 'archicembalo' un gran numero di intervalli giusti. Tuttavia, gli scienziati del Settecento non furono meno ambiziosi nel costruire e nel valutare altri modi di divisione dell'ottava. Tra questi, la proposta avanzata da Sauveur di dividere l'ottava in 43 parti uguali, chiamate merides, che si avvicina molto alle divisioni ricavate dal temperamento a 1/5 di comma. Furono proposte anche altre divisioni, inclusa una in 36 parti calcolata da Johann David Berlin nel 1767, e una in 55 note effettuata da Romieu, la quale era pressoché equivalente a un temperamento a 1/6 di tono, con il tono intero diviso in 9 parti uguali. è superfluo rimarcare come queste divisioni dell'ottava, insieme ai molti raffinati temperamenti mesotonici, fossero sovente più calcoli astratti che proposte dotate di utilità pratica per i musicisti.