La beatificazione di piazza e il concertone del 1° maggio
Al funerale di Giovanni Paolo II, spentosi il 2 aprile 2005 e sepolto nelle grotte vaticane l’8, il movimento dei Focolari si rese protagonista di una iniziativa di forte impatto mediatico: uno striscione zelante – «santo subito» – ripetuto in molti angoli di piazza S. Pietro, dispiegato per attirare lo sguardo globale delle telecamere, si proponeva come una audace sintesi, compiuta proprio attorno alla figura del pontefice.
Da un lato, la rivendicazione del valore della vox populi, ancorché organizzata dal movimento dei Focolari di Chiara Lubich, nel riconoscimento delle virtù esemplari nella Chiesa latina, dall’altro il futuro mediatico della ‘fama di santità’ che già il pontificato wojtyliano aveva esplorato, e in mezzo il ritorno, in modo originale, della questione della possibile glorificazione di personaggi come i papi, ai quali la dottrina della Chiesa di Roma attribuisce da subito un titolo (Santo Padre) che fino a tutto il 19° secolo aveva limitato a pochissimi casi eccezionali la questione della beatificazione o canonizzazione dei successori di Pietro. L’antichità cristiana infatti riservava al culto popolare dei confessori e dei martiri il compito di riconoscere la santità dei vescovi e dei fedeli: e in questo modo i pastori della sede di Pietro e Paolo sono entrati nei racconti e nella liturgia della Chiesa di Roma; almeno fino a Martino I (m. 655), il cui culto nasce per aver patito l’ostilità, fino all’esilio e alla condanna a morte, dell’imperatore bizantino Costante II. Coi franchi i papi santi diventano ‘icone’ internazionali, ma questo panorama cambia con i riformatori gregoriani dell’11° secolo, per i quali la santità del papa non è qualcosa da accertare ma è data, a fondamento del potere del pontefice, ‘per i meriti di Pietro’. Eppure, mano a mano che il diritto fa del papa il centro di un monarcato al quale spetta il potere di riconoscere la santità degli altri e di proclamarla, di definirla, la santità del papa si rarefà e diventa l’oggetto di un sogno – il papa angelico – che avrà in Celestino V (1209/1210-96) l’ambivalente icona di un distacco dallo standard. E dopo la Riforma la questione di se e come beatificare o canonizzare i predecessori diventerà un problema: Benedetto XIV (1675-1758), il ‘papa dei dotti’, ferma la canonizzazione di Innocenzo XI (1611-89) per evitare di creare precedenti laceranti, dopo la beatificazione e la canonizzazione di Pio V (1504-72) che era sembrata una eccezione meritata e ineguagliabile fra il 1672 (a un secolo dunque dalla morte del papa domenicano) e il 1712.
Questa scelta di prudenza rimarrà fino al 20° secolo, quando un papato privo del potere temporale, e dunque ‘ridotto’ a immagine, si misura con una nuova attesa di santità, propria e altrui. Pio XII (1876-1958) decide negli anni Cinquanta di esaltare in due papi non troppo lontani nel tempo le sue repressioni teologiche, elevando Pio X (1835-1914) – beatificato nel 1951 e canonizzato tre anni dopo – a modello della propria lotta alla nouvelle théologie, e Innocenzo XI (1611-89), beatificato nel 1956, a simbolo della crociata contro i nuovi turchi del comunismo. Giovanni XXIII (1881-1963) sogna la sua riconciliazione patriottica nella beatificazione di Pio IX (1792-1878) che non farà. Paolo VI (1897-1978), sollecitato da vescovi polacchi, italiani e brasiliani a una canonizzazione conciliare del predecessore, incatena l’una all’altra le cause Roncalli e Pacelli. E Giovanni Paolo II (1920-2005), comprensibilmente, porta agli altari nel 2000 Giovanni XXIII in coppia con Pio IX. Benedetto XVI riprende la causa di Pacelli, firmando l’eroicità delle virtù, insieme a quella del predecessore a Natale del 2009. Atto singolare, quest’ultimo, perché chiude la fase istruttoria d’un processo accelerato al massimo nel quale è stata concessa la deroga, di cui il papa è titolare, sia al tempo di attesa prescritto per l’avvio di una causa nella Chiesa di Roma sia alle norme sullo studio delle carte sulla persona e l’età wojtyliana, disperse in migliaia di archivi di tutto il mondo. In modo da poter arrivare nel 2011, sesto anniversario della morte di Karol Wojtyla, alla beatificazione celebrata il 1° maggio. Data contestuale alla festa dei lavoratori, ma scelta per motivi liturgici dato che in quella domenica del tempo pasquale proprio Giovanni Paolo II aveva fissato la festa della ‘divina misericordia’, una devozione predicata da suor Faustina Kowalska, una religiosa polacca morta nel 1938 e canonizzata nel 2000. La cerimonia di beatificazione di papa Wojtyla è stata presieduta personalmente da Benedetto XVI, che invece, recuperando un uso antico, non aveva più voluto solennizzare con la propria presenza le beatificazioni d’altri: e in quella circostanza Ratzinger, che del beato è stato la controfigura teologica, ha disegnato un ritratto del predecessore molto interessante.
Il papa tedesco, che aveva perdonato e tentato di riconciliare con nuove concessioni in materia liturgica gli scismatici lefebvriani scomunicati da Wojtyla, ha valorizzato il legame fra il Concilio Vaticano II e l’ultimo dei papi di Roma, che ne era stato l’ultimo padre.
Benedetto XVI, che aveva preso le distanze in modo nettissimo dal cerimoniale entusiastico delle cerimonie di massa, ha concesso alla piazza lo spazio che questa si era presa: e la stessa città di Roma, invasa da una fiumana di pellegrini, ha ripreso sotto gli occhi delle telecamere la fisionomia che aveva nel funerale di Giovanni Paolo II o nel Giubileo dell’anno 2000, quasi rioccupata da una enorme e pacifica massa di devozione che, come spesso accadeva nel papato wojtyliano, è stata letta come un dato di valore. In realtà, la prossimità fra la cerimonia di beatificazione, la celebrazione del royal wedding del principe di Galles Henry con Kate, e la successiva notizia dell’uccisione di Osama bin Laden ha imposto un confronto assai indicativo che dovrebbe spostare l’attenzione sui contenuti dell’evento, più che sui numeri: il matrimonio dell’erede dei Windsor ha infatti avuto nel Regno Unito un numero di presenze in strada ben superiore a quelle viste a Roma e ha totalizzato fra i 19 e i 26 milioni di telespettatori, con picchi del 92,4% di share, mentre in Germania è stato seguito da quasi 10 milioni di persone (68%), da 4 milioni in Spagna (54%), da 8,6 milioni in Italia (68,3%),da 9,3 milioni in Francia (75,6%), che tutti insieme non battono i 42 milioni di indiani sintonizzati sul matrimonio di Londra.
La beatificazione di Giovanni Paolo II, che sembra sia stata seguita da due milioni di presenti e dovrebbe aver avuto circa lo stesso pubblico del concertone del 1º maggio, ha totalizzato in Italia fra i 5,2 e i 7,5 milioni di telespettatori, per uno share del 53%. Negli Stati Uniti l’annuncio di Barack Obama riguardo la morte di Osama bin Laden, arrivato alle 11,35 della sera del 1° maggio, ha raggiunto grazie alla televisione ben 56,5 milioni di telespettatori, cioè più del doppio del matrimonio di Londra e molto sopra la cerimonia di Roma.
Santo subito?
Il pur rapido processo di beatificazione di papa Giovanni Paolo II è lungi dallo stabilire un record. Ancora oggi, la canonizzazione più veloce dell'intera storia della Chiesa cattolica rimane quella di Antonio da Padova, fatto santo nel 1232, a un anno dalla morte, a opera di papa Gregorio IX.
Libri di Giovanni Paolo II
Con Vittorio Messori,Varcare la soglia della speranza, 1994.
Dono e mistero. Nel 50° del mio sacerdozio, 1996.
Trittico romano. Meditazioni, 2003.
Alzatevi, andiamo!, 2004.
Memoria e identità, 2005.
Beatificazione
beatificazióne s. f. [der. di beatificare; cfr. lat. tardo beatificatio -onis «azione beatificante, benedizione»]. – Atto con cui il pontefice dichiara che un servo di Dio può essere venerato pubblicamente come beato, e la relativa funzione religiosa; differisce dalla canonizzazione, della quale è un preliminare. Il processo, o causa di beatificazione, è il procedimento col quale l’autorità ecclesiastica valuta i titoli richiesti per proclamare beato un defunto.
Da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI
La beatificazione di Giovanni Paolo II a opera del suo successore è stata in un certo senso l’ultimo (in ordine di tempo) di una serie di ‘eventi’ mediatici e di folla generati dal carisma personale del pontefice polacco: tra i più notevoli vanno segnalati il Giubileo del 2000, in particolare la Giornata mondiale della gioventù conclusasi nella spianata di Tor Vergata, e gli stessi funerali solenni dell’aprile 2005, ai quali hanno partecipato un’enorme quantità di persone oltre a un gran numero di delegazioni internazionali provenienti da ogni parte del mondo. Eventi del genere si sono notevolmente diradati durante il pontificato di Benedetto XVI, che peraltro è stato caratterizzato da una serie di controversie, tra cui quelle legate agli scandali connessi alla diffusione della pedofilia nel clero, fenomeno contro cui l’attuale papa si era battuto già prima della sua elezione; anche gli sforzi fatti per il dialogo interreligioso, inclusi quelli volti a ‘reintegrare’ i cattolici più tradizionalisti, non sono sempre stati coronati dal successo. Tuttavia, più ancora di questi episodi, ha forse contato la scarsa propensione del nuovo papa alla celebrazione di cerimonie di massa.