A un ventennio di distanza dalla dissoluzione sovietica, i paesi rivieraschi del Mar Caspio (Turkmenistan, Azerbaigian, Russia, Iran e Kazakistan) non sono riusciti a raggiungere un compromesso sullo status legale da attribuire al bacino. Regolato in passato dai trattati siglati tra Unione Sovietica e Iran nel 1921 e nel 1940, lo status del Caspio e, dunque, la titolarità sulle sue risorse off-shore, è divenuto oggetto di contesa all’indomani del 1991.
Lo status del Caspio e la conseguente suddivisione delle sue acque tra i paesi rivieraschi sfugge infatti alla codifica del diritto internazionale marittimo - in base al quale il Caspio non sembra rientrare appieno nella categoria di ‘mare’, né in quella di ‘lago’. In quest’ultimo caso, per la determinazione delle frontiere marittime si applicherebbe infatti il diritto internazionale consuetudinario, lasciando spazio all’accordo tra gli stati. La connotazione di ‘mare’ implicherebbe, di converso, l’applicazione del principio della ‘linea mediana’, in base al quale la frontiera sarebbe data dalla linea costituita da tutti i punti equidistanti dalle coste. Nell’impossibilità di ricorrere all’ausilio del diritto internazionale, l’unica strada percorribile per fissare la divisione del letto e della superficie del Caspio tra i paesi rivieraschi è quella di un accordo tra essi, reso difficile dalle diverse posizioni degli attori coinvolti. Se, infatti, Russia, Azerbaigian e Kazakistan favoriscono la suddivisione secondo il principio della ‘linea mediana’ - che garantirebbe loro una porzione maggiore del Mare - il Turkmenistan, pur accettando il principio della necessità di divisione del Caspio, rimane in disaccordo con l’Azerbaigian circa la titolarità dei rilevanti giacimenti, che finirebbero sotto la sovranità azera sulla base di una rigida applicazione del principio della linea mediana. Sul versante opposto dello spettro negoziale rimane invece l’Iran, cui l’applicazione del principio della linea mediana lascerebbe la porzione più piccola e povera di risorse del Caspio. Consequenzialmente Teheran, contraria a stabilire zone di competenza nazionale esclusiva, favorisce la cosiddetta soluzione del ‘condominio’, in base alla quale le risorse del bacino sarebbero condivise tra i paesi rivieraschi che ne dividerebbero i proventi. Unica alternativa sarebbe, per l’Iran, una suddivisone in parti uguali del letto e della superficie del Mare.
In mancanza di una soluzione condivisa - nel 2011 è fallito il terzo summit indetto tra i paesi rivieraschi per redigere una ‘Convenzione sul Caspio’ - Azerbaigian, Russia e Kazakistan hanno concluso tre trattati bilaterali per definire i rispettivi confini, stabilire i diritti di cui ciascuno stato gode al loro interno e i doveri cui esso sarebbe soggetto nei confronti degli altri paesi. Benché Turkmenistan e Iran, ribadendo la necessità di una soluzione condivisa, ritengano tali accordi nulli, lo scenario di una rete di cooperazione rafforzata, basata sulla conclusione di trattati bilaterali, appare come il più percorribile in vista di una, seppur parziale, risoluzione dell’annosa questione dello status legale del Caspio.