La Francia e le tasse: la rivolta di Cyrano
La pressione fiscale imposta da François Hollande alle famiglie francesi ha avuto il suo picco mediatico nella
‘ribellione’ di Gérard Depardieu, ma la lotta all’evasione ha rischiato di travolgere il governo con lo scandalo di Jérôme Cahuzac, il ministro preposto alla lotta alla frode fiscale che aveva un conto segreto in Svizzera.
Dieci miliardi in più a carico delle famiglie nella finanziaria 2013, aumenti su sigarette e birra: il fisco è stato protagonista del primo anno della presidenza Hollande. E a colpire l’opinione pubblica, in Francia e nel mondo, è stata soprattutto una delle idee simbolo della sua politica: la tassa del 75% sulla parte di reddito che supera il milione di euro l’anno, diventata il cuore della battaglia ‘antiricchi’ affidata al ministro del Budget, Jérôme Cahuzac.
Quella tassa è stata poi dichiarata incostituzionale e quindi trasferita dai singoli alle aziende, ma intanto, prima ancora di essere applicata, ha occupato per mesi il dibattito francese: «Prova dell’odio di classe della sinistra al potere», secondo l’opposizione di centrodestra; «In un momento di crisi economica per tutti, è semplicemente giusto che anche i più facoltosi si sacrifichino», ribatteva il governo. A fare scalpore è stato, soprattutto, il caso di Gérard Depardieu, grande attore e gloria nazionale, che per sfuggire al fisco francese ha preferito mettere in vendita il suo lussuoso palazzo parigino per prendere la residenza a Néchin, in Belgio, a pochi chilometri dalla Francia e dai suoi temibili esattori. L’addio alla Francia del Cyrano de Bergerac non è piaciuto al primo ministro Jean-Marc Ayrault, che ha parlato di «gesto miserabile». Depardieu, allora, ha reagito scrivendo una durissima lettera aperta al Journal du Dimanche: «Me ne vado, restituisco il passaporto e la tessera della Sicurezza sociale, della quale non mi sono mai servito. Non abbiamo più la stessa patria, io sono un vero europeo, un cittadino del mondo, come mio padre mi ha sempre insegnato». Depardieu ha ricordato di avere pagato al fisco francese l’equivalente di 145 milioni di euro in 45 anni e di avere dato lavoro a 80 persone. «Non sono né da lodare né da criticare, ma rifiuto la parola ‘miserabile’». Per settimane la Francia si è divisa in pro e contro Depardieu, i colleghi Catherine Deneuve e Fabrice Luchini lo hanno difeso, mentre la sinistra lo accusava di tradire la patria proprio nel momento della difficoltà.
Tra coloro che criticavano Depardieu c’era anche il ministro incaricato della lotta alla frode fiscale, ossia Jérôme Cahuzac, che un giorno ha fatto pure lo spiritoso: «Sono contento per il cinema belga». Poco tempo dopo Cahuzac ha perso il sorriso: lui, il responsabile del bilancio dello Stato, l’uomo che tuonava contro gli evasori e si permetteva di fare del sarcasmo su Depardieu, veniva accusato di tenere un conto segreto in Svizzera. Da quando il giornale on-line Mediapart ha tirato fuori la storia, Cahuzac si è dedicato a smentirla nei modi più solenni e decisi. Guardava negli occhi amici, intervistatori e persino il presidente della Repubblica per ripetere «Tutte calunnie, sono innocente», oppure «Chi macchia il mio onore verrà trascinato in tribunale!». Eppure non c’era modo di ignorare quella registrazione telefonica in cui si riconosceva un imbarazzato Cahuzac parlare del suo conto alla UBS di Ginevra («Non la più imboscata delle banche», si lamentava al telefono). Un nastro messo on-line da Mediapart e ascoltato da migliaia di francesi per 4 mesi, finché il ministro ha finito per confessare sul suo blog: «Per una ventina d’anni ho avuto un conto in Svizzera. Sono devastato dal rimorso».
L’affare Cahuzac ha finito per fare dimenticare il caso Depardieu (che nel frattempo aveva accettato il passaporto russo messogli a disposizione da Vladimir Putin). L’attore, come altri ricchi francesi, per esempio il miliardario Bernard Arnault, ha cominciato le pratiche per spostare la residenza fiscale all’estero ma tecnicamente non ha commesso reati; il ministro, sì. Dalla nomina del 16 maggio 2012 e fino al 19 marzo 2013, giorno delle dimissioni offerte «per difendere l’onore», la Francia ha avuto un ministro del Bilancio che lanciava severe campagne contro i paradisi fiscali e allo stesso tempo teneva i soldi tra Svizzera e Singapore. Uno scandalo che ha rischiato di travolgere lo stesso François Hollande: il presidente è apparso in televisione non per annunciare altre tasse, ma per mostrare ai francesi di essere in collera quanto loro.
Operazione trasparenza fra buone intenzioni e compromessi
L‘affaire Cahuzac’ e le ammissioni dell’ex ministro del Budget dopo le prime smentite hanno richiamato l’attenzione in Francia sulla necessità di imporre maggiore trasparenza negli ambiti politico, economico-finanziario e bancario. Nell’aprile 2013, François Hollande ha dichiarato che le banche francesi avranno l’obbligo di pubblicare ogni anno l’elenco delle loro filiali in tutti i paesi e di indicare la natura delle loro attività, rendendo così più difficile nascondere operazioni effettuate nei paradisi fiscali. Hollande ha inoltre annunciato l’intenzione di istituire un ufficio centrale di lotta contro la frode e la corruzione a cui affiancare anche una speciale ‘procura finanziaria’. L’operazione trasparenza ha avuto il suo picco simbolico nella pubblicazione on-line dei patrimoni dell’intera compagine di governo, in attesa dell’approvazione di una legge che imponga il medesimo obbligo ai parlamentari. Al riguardo, è stato raggiunto un compromesso: i parlamentari depositeranno all’inizio del mandato la loro dichiarazione patrimoniale, segnalando ogni modifica sostanziale della loro situazione, ma i documenti saranno esclusivamente consultabili presso le prefetture con il divieto di pubblicazione.