La Harpe, Jean-François de
Critico letterario francese (Parigi 1739 - ivi 1803). Figlio di un nobile svizzero decaduto, rimase orfano all'età di dieci anni e venne fatto studiare da una comunità di religiose nel collegio di Harcourt. Incline alle lettere fin da ragazzo (alcune poesie satiriche contro i suoi istitutori gli procurarono gravi punizioni), pubblicò presto dei versi: Les Héroïdes (1759) e Poésies fugitives (1762), che però non ebbero successo. Nel 1763 gli fu rappresentata una tragedia, Warwick, accolta favorevolmente e che ottenne l'approvazione calorosa di Voltaire cui La H. la dedicò. Altre tre tragedie, invece, caddero.
Legato a Voltaire, di cui fu fedele seguace tanto da esser soprannominato " le singe de Voltaire ", soggiornò a Ferney prima di essere incaricato della critica letteraria e teatrale nel " Mercure ". Un altro dramma, Mélanie ou la Religieuse (1770), non fu rappresentato a causa dell'argomento analogo a quello del romanzo di Diderot, allora non ancora edito. Dopo altri insuccessi teatrali, La H. iniziò, nel 1786, al Lycée, una nota scuola libera parigina, quel corso di letteratura che lo rese famoso e che portò avanti fino al 1798, con la parentesi della rivoluzione, della quale egli fu dapprima fervente partigiano per le sue convinte idee illuministiche. Ma, finito in prigione come sospetto nell'aprile del 1794, fece poi oggetto della sua violenta polemica coloro che erano stati i suoi idoli. Tornò alla vita pubblica dopo il 18 brumaio continuando a polemizzare negli stessi corsi del Lycée in cui modificò il primitivo atteggiamento di pensiero scagliandosi contro l'indirizzo filosofico della critica, pur difendendo il principio classicista dell'universalità del Bello, con un evidente arretramento rispetto alle precedenti posizioni. Il Cours de littérature ancienne et moderne, sostanzialmente ancorato all'estetica del secolo XVII, concerne tutti i generi letterari dalle origini all'epoca dell'autore e si svolge per analisi minuziose delle opere al fine di darne un giudizio imparziale. Venne pubblicato nel 1799 in nove volumi cui si aggiunsero postumi altri due: Philosophie du XVIIIe siècle (1805). Oltre a una copiosa Correspondance littéraire (1774-89) indirizzata al granduca di Russia, La H. pubblicò un Éloge de Voltaire (1780) e la Prophétie de Cazotte, che Voltaire ritiene il suo capolavoro. Tradusse Svetonio e Camōes.
La H. ebbe occasione di occuparsi di D. a proposito della mediocre traduzione dell'Inferno fatta da Moutonnet de Clairfons (1776). Tale scritto, Sur une traduction de la D.C. du D. par M. Moutonnet (apparso prima in " L'Année littéraire " V [1776] 90 ss.; poi raccolto in Littérature et critique, 1778), è fortemente polemico e testimonia apertamente dei pregiudizi che il classicismo ancora imperante aveva nei confronti di Dante. Dinanzi alla simpatia che i preromantici nutrivano per il nostro poeta, La H. si chiede: " Que penser donc de... cette admiration aveuglement extatique, par laquelle ils se cachent ou veulent se cacher les vices monstrueux et multipliés de ces productions de tems barbares, si prodigieusement surpassées dans les siècles du génie et du goût? Nell'Éloge de Racine (1772), La H. scaglia infatti le sue frecce contro chi preferisce " la nature brute " alla " nature perfectionnée ".
Solo e unico merito che riconosce a D. è quello " d'avoir contribué à fixer et à épurer le langage ". Meno polemico nel successivo Cours de littérature, egli afferma: " Le Dante et Milton connaissaient les anciens, et s'ils se sont fait un nom avec des ouvrages monstrueux, c'est parce qu'il y a dans ces monstres quelques belles parties, exécutées selon les principes ". Così sull'episodio di Ugolino dichiara che " ce tableau est d'une effrayante énergie, et offre des coups de pinceau sublimes " e ammette che soltanto D. e Petrarca salvarono l'Italia da una totale barbarie durante il Medioevo.
Bibl. - G. Peignot, Recherches historiques, bibliographiques et littéraires sur la vie et les ouvrages de M. de La H., Digione 1820; A. Sainte-Beuve, Causeries du lundi, V, Parigi 1852.