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La 'neutralità' della Svizzera tra passato e presente

di Marino Viganò - Il Libro dell'Anno 2015
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Marino Viganò

La ‘neutralità’ della Svizzera tra passato e presente

Nel 500° anniversario di una delle più cruente battaglie del Rinascimento, politici e storici si dividono sulle ricadute per la Confederazione: avvio della ‘neutralità elvetica’ o arretramento di una piccola potenza?

Opera del Maestro dell'Antifonario

Inutile cercare la località di Marignano sulle carte da quando, nel 19° secolo, si ripropone la sua antica denominazione di Melegnano. Tuttavia, se non nella geografia, nella storia di 2 nazioni – Francia e Svizzera – il nome della cittadina, a sud-est di Milano, rimane saldamente registrato da 500 anni.

Da quando, cioè, per quasi 2 giorni, il 13 e il 14 settembre 1515, un esercito francese e uno confederato si affrontano nella pianura fra San Donato, Zivido di San Giuliano e appunto Melegnano, dando origine a uno degli scontri più sanguinosi della prima fase delle Guerre d’Italia (1494-1559): 6000 caduti francesi e 10.000 svizzeri su circa 30.000 combattenti dell’una e 25.000 dell’altra armata. La vittoria delle armi di Francesco I di Valois-Angoulême riconsegna alla Francia il ducato di Milano, perduto dal predecessore Luigi XII di Valois-Orléans nel 1512, e marca per i Cantoni della Confederazione la fine della recente età di concorde impegno militare in Lombardia.

Esso, a lungo non coordinato, era stato avviato un secolo avanti con infiltrazioni nelle terre settentrionali del Milanese: l’acquisto di Bellinzona a opera dei Cantoni Uri e Sottoselva nel 1419, poi loro sottratta dai Visconti nel 1422; l’occupazione urana della Leventina (1439) e l’annessione de jure della valle (1480); la dedizione della valle di Blenio a Uri (1495) al tempo degli Sforza. Scacciato dai francesi Ludovico il Moro, era toccato a Luigi XII, nuovo duca di Milano, dare agli urani, per allearseli, la val Riviera (1499) e subire la secessione di Bellinzona, consegnatasi a Sottoselva, Svitto, Uri (1500). Dopo inconcludenti assedi svizzeri di Lugano (1501) e di Locarno (1503), il re – impantanato nel Napoletano – s’era quindi rassegnato a cedere de jure Blenio e Bellinzona, lasciando calare sin presso il lago Verbano i confini tra la Confederazione e il Milanese (1503). Era stata poi la Lega Santa antifrancese di Giulio II a sollecitare altre imprese svizzere: il Chiasserzug (1510) e il Winterzug (1511) avevano portato a brevi occupazioni di Varese e alla minaccia su Milano, subito rientrate per l’improvvisazione di spedizioni condotte solo da alcuni Cantoni, in stato d’inferiorità rispetto alle forze di Luigi XII, con mire limitate più a bottinare che ad ampliare l’espansione in Lombardia.

Obiettivo ripreso, però, col Pavierzug (1512), che vedeva i Cantoni inseguire una politica infine unanime entro una potente coalizione antifrancese con imperiali, pontifici, castigliano-aragonesi e veneziani. Posto sul trono milanese Massimiliano Sforza figlio del Moro, alla Confederazione elvetica – cresciuta dagli 8 Cantoni Sottoselva, Svitto e Uri (1291), Lucerna (1332), Zurigo (1351), Glarona e Zugo (1352) e Berna (1353) a 12 Cantoni, con Friburgo e Soletta (1481) e Basilea e Sciaffusa (1501) – era stato facile ottenerne l’Ossola, la Valmaggia, il Locarnese e il Luganese (1512), e da qui prendere de facto Valtravaglia, Valcuvia e Mendrisiotto (1513), assoggettando la Lombardia intera, occupata dalle proprie guarnigioni, a ingorde taglie. Insorto il ducato come prevedibile al ritorno delle forze di Luigi XII, solamente grazie alla levata ancora concorde di 12.000 uomini gli svizzeri erano riusciti a prevalere all’Ariotta, nel Novarese, a prezzo di soli 1500 caduti contro 7000 francesi su 16.000 (6 giugno 1513); ristrutturandosi, all’adesione di Appenzello, in lega dei 13 Cantoni (1513).

Quel successo sfumava però già 2 anni dopo, alla calata di Francesco I, non per l’esito di Marignano, ma per l’antefatto. I dissidi su un espansionismo non più condiviso erano rivelati dalla firma dei capitani di Berna, Friburgo e Soletta del trattato di Gallarate (8 settembre 1515) con clausola di resa, per un milione di corone, delle ultime annessioni; inoltre, la battaglia cui erano sospinti da Matthäus Schiner, vescovo di Sion, titolare del pingue feudo di Vigevano, sanciva i dissensi tra i confederati, parte dei quali rientrava a Bellinzona già la vigilia.

Respinto da Glarona, Svitto e Uri, poi riconfermato (a Ginevra il 7 novembre 1515) da Appenzello, Berna, Friburgo, Glarona, Lucerna, Soletta, Sottoselva, Zugo e rifiutato da Basilea, Sciaffusa, Svitto, Uri e Zurigo, il trattato di Gallarate veniva infine sostituito dalla pace ‘perpetua’ di Friburgo (29 novembre 1516), nella quale con formula ambigua la Francia lasciava in pegno ai Cantoni le conquiste del 1512-13, salvo un futuro riscatto, e questi s’impegnavano a fornirle i temibili mercenari sperimentati proprio a Marignano, accettando una sorta di ‘protettorato’ francese sulla Confederazione, perdurato sino al 1792.

All’approssimarsi del 500°, la Svizzera ha visto aprirsi su quel passato una diatriba soltanto in apparenza inattuale. Semplificando, gli storici rinfacciano alle destre di mitizzare con il motto ex clade salus («dalla disfatta la salvezza», ricordando la dura ma salutare sconfitta del 1515) una neutralità che pretendono nata allora e che considerano salvifica, mentre quei circoli accusano gli avversari di demolire il ‘valore fondante’ della neutralità per contrapporgli un europeismo letale per le tradizioni svizzere. L’asprezza del confronto ha senz’altro contribuito alla popolarità del tema: il Tages Anzeiger, secondo quotidiano elvetico, col ‘pesce’ del 1° aprile 2015 – incentrato sulla collocazione della vera data della battaglia al 13 settembre 1513 in seguito a «nuovi studi» – ha suscitato reazioni unanimi di incredulità su una vicenda, è evidente, ormai interiorizzata. Ma il fronteggiarsi di posizioni estreme ha finito pure per marginalizzare la storiografia più ponderata, basata sulle fonti e il raffronto a livello internazionale delle risultanze delle indagini.

Stando a queste, Marignano non segna affatto l’avvio di una ‘neutralità’, anacronistica già nel termine: truppe svizzere sono a fianco dell’Impero nell’assedio di Milano francese del 1516; il Canton Berna si annette, col soccorso di Friburgo e del Vallese, il Vaud sabaudo nel 1536; la fornitura di mercenari alla Francia a tutto somiglia fuorché all’equidistanza.

Vero, però, che la Confederazione come tale mai più scenderà in campo dal 1515, chiudendosi in una prassi di guardinga diffidenza verso l’Europa dilaniata da guerre: ciò anche in conseguenza dell’ulteriore spaccatura inserita nella compagine cantonale dalla Riforma del 1522 e dall’insofferenza dei ceti esclusi dal governo e dalle pensioni, sfociate in 5 guerre ‘di religione’ (Kappel 1530 e 1531, Villmergen 1656 e 1712, Sonderbund 1847) e in rivolte di campagne e baliaggi contro città e Cantoni sovrani (1653, 1723, 1755, ecc.).

Marignano insomma, definita secondo Francesco Guicciardini «battaglia dei giganti» da Gian Giacomo Trivulzio, protagonista milanese della vittoria, in ammirazione equanime di vinti e vincitori, avrebbe valore simbolico nella storia della Svizzera per essere spartiacque fra il suo consolidamento e l’assestamento nel concerto europeo. Affermatasi, s’è accennato, solo nella scia di grandi potenze, dal 1512, con ambizioni unitarie di dominio in terre transalpine, fuori dell’altopiano tedescofono genuinamente elvetico, la Confederazione d’ancien régime in breve sperimenta – relegata alle guarnigioni, detestata per la fiscalità, abbandonata dai suoi alleati – l’inadeguatezza a reggere, da sola, il sofisticato Milanese.

Nella scelta precedente la battaglia, il cui influsso in ciò è nullo, di tenersi solo alcune valli lombarde limitanee pur di uscire indenni – e carichi di denari – dall’avventura italiana, si riassumono la portata limitata del fatto d’armi in sé di Marignano, il crollo del destino di «nuovi Romani» vagheggiato nel 1507 per gli svizzeri da Machiavelli e l’esplicito ammettere i limiti politico-militari del proprio paese, troppo disomogeneo per ambizioni troppo grandi.

Mappa battaglia di Marignano/Melegnano
Allegoria della campagna di riconquista del Milanese

Neutralità ‘attiva’ o fine della neutralità?

di Vincenzo Piglionica

La neutralità – nella sua complessa concettualizzazione – è parte integrante della storia elvetica e valore radicato nella coscienza dei cittadini svizzeri. Tale principio affonderebbe le sue radici nella battaglia di Marignano del 1515 ma è nel Congresso di Vienna della Restaurazione post-napoleonica che esso trova un’esplicita statuizione anche a livello internazionale, allorché si riconosce che «la neutralità e l’inviolabilità della Svizzera e la sua indipendenza da qualsiasi influenza straniera sono nell’interesse di tutta l’Europa». Una neutralità permanente, volontaria – a cui pertanto la Svizzera potrebbe rinunciare – e armata, implicante cioè la piena capacità di difesa contro qualsiasi aggressore. La neutralità elvetica è apparsa comunque notevolmente flessibile, in quanto ‘mezzo’ per perseguire degli scopi e non ‘fine’: nel corso del Novecento, la Svizzera è passata così da una neutralità ‘differenziata’ dopo la conclusione della Prima guerra mondiale – aderendo per esempio alla Società delle Nazioni e dichiarandosi disponibile a partecipare alle sanzioni economiche – a una successiva neutralità ‘integrale’, a cui – oltre alla mancata partecipazione a iniziative e coalizioni militari – si associava anche la decisione di non aderire (quanto meno non subito) alle principali organizzazioni internazionali. Tale dinamismo concettuale è apparso ancor più evidente con la fine della Guerra fredda: statuendo nelle diverse occasioni la piena compatibilità di un più accentuato impegno sulla scena internazionale con il principio di neutralità, la Svizzera ha partecipato a sanzioni stabilite dall’ONU contro alcuni paesi (Iraq, Haiti, Libia, Iugoslavia), alla Partnership for peace della NATO, ha aderito alle Nazioni Unite nel 2002, ha preso parte a missioni di peacekeeping. Dunque una neutralità relativizzata, considerata ‘attiva’ dai suoi sostenitori ma duramente criticata dai detrattori, che parlano apertamente di fine di uno dei principi fondativi della storia elvetica. In un mondo sempre più interconnesso, Berna ha inoltre dovuto rinunciare a un suo cardine come il segreto bancario – di cui le rivelazioni dedotte dalla lista Falciani hanno messo ulteriormente a nudo le distorsioni – e sganciato il franco dall’euro, rispetto al quale era stata fissata una soglia minima di cambio a 1,20 franchi. Se gli svizzeri sono ancora legati alla neutralità del loro paese – il 95% si è detto favorevole secondo una rilevazione pubblicata nel 2015 – questa non può configurarsi come un pericoloso isolamento.

I protagonisti

- Francesco I di Valois, re di Francia (Cognac 1494 - Rambouillet 1547). Figlio di Carlo conte d’Angoulême, ebbe in appannaggio il ducato di Valois; nel 1514 sposò Claudia, figlia del re di Francia e il 1º gennaio 1515 successe sul trono di Francia a Luigi XII. La campagna per la riconquista del Milanese, dopo la battaglia di Marignano, si concluse con la pace di Noyon (1516), che assegnò il Milanese alla Francia. Ma il tentativo di succedere a Massimiliano I nell’Impero fallì e fu

eletto Carlo V d’Asburgo. Contro questi nel 1521 Francesco iniziò la guerra che durò per tutta la sua vita. A Pavia il 24 febbraio 1525 cadde prigioniero. Trasferito a Madrid, firmò un gravoso trattato di pace che, appena libero, rinnegò per stringere la Lega Santa col papa e i principi italiani. Non mancarono tentativi di composizione, anche con accordi matrimoniali: nella pace di Crépy (1544), l’ultima da lui firmata, si stipulava il matrimonio fra il duca di Orléans, Carlo, e la figlia o la nipote di Carlo V. Nella lunga lotta, giovandosi di una diplomazia di prim’ordine, aveva cercato di sfruttare il malcontento dei principi italiani e tedeschi, minacciati dalla ‘monarchia universale’ di Carlo V. All’interno instaurò l’assolutismo regio. Fu splendido mecenate, protettore di Leonardo, Cellini,

Rabelais, Erasmo, e raccolse nel castello di Fontainebleau pitture e statue antiche, trasferite poi al Louvre.

- Massimiliano Sforza, duca di Milano (Milano 1493 - Fontainebleau 1530). Figlio di Ludovico il Moro, visse alla corte imperiale dopo la rovina del padre (1499) e nel 1512 riottenne il ducato di Milano, riconquistato ai francesi: il congresso di Mantova glielo riconfermò. Ma per soddisfare le pretese delle truppe occupanti, specie degli svizzeri (che di fatto governavano il ducato), Massimiliano dovette imporre tasse, creando malcontento nella popolazione. Costretto a rinchiudersi a Novara per l’invasione dei franco-veneziani (1513), fu salvato dagli svizzeri nella battaglia dell’Ariotta. Le necessità finanziarie della guerra gli imposero la rinuncia in favore dei milanesi al diritto di riscuotere alcune importanti entrate e alla nomina delle magistrature cittadine: evento decisivo per la storia di Milano. Dopo la

sconfitta subita nella battaglia di Marignano, si ritirò in Francia.

Ritratto di Francesco I

Cronologia della storia elvetica

- 1291. In funzione antiasburgica, i rappresentanti dei Cantoni di Uri, Svitto e Sottoselva siglano un patto in cui giurano di unire le forze per difendere la pace e si promettono reciproca assistenza: si tratta del Giuramento del Grütli, ritenuto il primo atto di fondazione della Confederazione elvetica.

- 1353. Alla Confederazione si aggiungono Lucerna, Zurigo, Zugo, Glarona e Berna.

- 1481. Si uniscono i Cantoni di Friburgo e Soletta.

- 1499. Nella guerra sveva, i confederati hanno la meglio sulle truppe asburgiche. Con la successiva pace di Basilea, viene sancita l’indipendenza de facto della Confederazione.

- 1513. La Confederazione conta 13 membri. La sua struttura resterà invariata fino al 1798.

- 1515. Battaglia di Marignano. Nasce il ‘mito’ della neutralità elvetica.

- 1648. Pace di Vestfalia dopo la Guerra dei Trent’anni. L’indipendenza della Confederazione viene formalmente riconosciuta.

- 1798-1803. La Confederazione viene occupata dalle truppe francesi e nasce la Repubblica elvetica. Dopo alcuni scontri nel 1803, riconosciuto il fallimento del modello, interviene Napoleone e viene ristabilita la Confederazione.

- 1815. Nel Congresso di Vienna il numero dei Cantoni elvetici passa a 22, e viene riconosciuta la neutralità e l’inviolabilità della Svizzera.

- 1847. Guerra del Sonderbund: i Cantoni conservatori e cattolici si ribellano a quelli liberali e protestanti, maggioranza della Confederazione. Il conflitto civile si risolve con la vittoria delle forze confederali sui ribelli.

- 1848. Viene promulgata la Costituzione elvetica, su cui si fonda lo Stato confederale svizzero. Si ispira alla Costituzione statunitense e fa proprie le idee della Rivoluzione francese.

- 1914. Nella Prima guerra mondiale la Svizzera è neutrale.

- 1939. Nella Seconda guerra mondiale la Svizzera è neutrale.

- 1971. Con un referendum, gli elettori svizzeri (solo maschi) approvano il riconoscimento alle donne dei diritti di voto e di eleggibilità.

- 2002. Tramite referendum, gli elettori si pronunciano a favore dell’adesione della Svizzera all’ONU.

Vedi anche
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