La riforma della riscossione e la recente disciplina
L’agente della riscossione, che prende il posto del concessionario concludendo così un percorso di riforma avviato sin dal 1986, data la sua prossimità istituzionale all’Agenzia delle Entrate, partecipa a pieno titolo all’esercizio della funzione impositiva, con poteri e responsabilità ormai omogenei a quelli degli enti impositori. Autore di numerosi atti impositivi, suscettibili di impugnativa davanti alle commissioni tributarie, purché anteriori all’esecuzione forzata in senso stretto, l’agente trae la sua legittimazione dalla consegna del ruolo di riscossione, titolo esecutivo. La riforma del 2010, tuttora in cantiere, trae le conseguenze del nuovo assetto istituzionale, sopprimendo in taluni casi l’iscrizione a ruolo, sostituita da un affidamento del credito di carattere essenzialmente interno caratterizzato da maggiore semplicità. La notificazione dell’atto di accertamento, in tali casi, viene a cumulare anche le funzioni di titolo esecutivo e di precetto, giustificando così direttamente l’avvio delle procedure di riscossione coattiva.
La riforma tributaria degli anni settanta del secolo scorso aveva solo in parte interessato la riscossione, la cui struttura organizzativa e funzionale rimaneva sostanzialmente invariata, affidata nelle imposte dirette alla iscrizione a ruolo (titolo esecutivo) e al passaggio del (solo) diritto di esercitare il credito così formalizzato dall’ente impositore all’«esattore», soggetto di natura privata incaricato di provvedere al realizzo del credito e comunque obbligato ad anticiparne l’importo in favore del primo; e nelle imposte indirette alla ingiunzione fiscale, che consentiva allo stesso ufficio dell’amministrazione finanziaria di procedere al recupero del credito. Nel contempo, la rilevanza ormai prevalente che anche nella riscossione venivano ad assumere gli adempimenti spontanei del contribuente, rispetto alla riscossione coattiva, poneva le premesse per una sostanziale inefficienza della gestione degli esattori, con bassa percentuale di somme riscosse e altrettanto bassa qualità del rapporto con il debitore, la cui tutela era attenuata da una serie di norme derogatorie rispetto al diritto comune. Due grandi riforme hanno infatti interessato il settore: nel 1986/88, si è avuto il passaggio dalle esattorie al sistema dei concessionari della riscossione, che restavano comunque pur sempre società private, legate in genere al mondo delle aziende di credito, con tendenziale generalizzazione della riscossione a mezzo ruolo, e nel 1998/99 una seconda riforma, che ha inciso soprattutto sui rapporti interni tra concessionario e ente impositore, cercando di modernizzare il ruolo del primo e nel contempo di sveltire le procedure di riscossione coattiva. Costante restava, in ogni caso, la frattura tra l’azione impositiva affidata agli uffici impositori, caratterizzata da regole (e da tempistica) sostanzialmente pubblicistiche, e quella svolta dal concessionario, che agiva nella logica sostanzialmente privatistica del recupero del credito, fruendo di termini in larga parte prescrizionali1.
1.1 Analisi delle principali modifiche dal 2005 al 2006
Per una serie di ragioni e di coincidenze, i nodi vengo al pettine in modo eclatante nell’anno 2005, per effetto della giurisprudenza e del legislatore. Quanto alla prima, in quell’anno la Corte costituzionale conclude, con la sent. 15.7.2005, n. 280, un lungo percorso evolutivo, parallelo a quello condotto dalla Corte di Cassazione, e viene ad affermare la necessità di un termine decadenziale non più riferito all’attività meramente interna di formazione del ruolo esecutivo, quanto direttamente alla notifica della cartella di pagamento, che è l’atto riproduttivo del ruolo con il quale il debitore viene informato della avvenuta formazione del titolo esecutivo. La disciplina di legge che, con immediatezza, attua la sentenza (novellando, in primo luogo, l’art. 25 d.P.R. 29.9.1973, n. 602) sancisce così la saldatura della formazione e della notificazione del ruolo, prevedendo che il diritto del creditore sia azionato nel rispetto di un unico termine decadenziale applicabile sia alle iscrizioni a ruolo «da dichiarazione», sia a quelle derivanti dalla definitività dell’atto impositivo presupposto (avviso di accertamento, soprattutto). In coerenza con tale saldatura, solo due mesi dopo, con l’art. 3 d.l. 30.9.2005, n. 203, viene disegnata una riforma organizzativa di ampia portata, che elimina sostanzialmente nella riscossione dei tributi erariali la figura del concessionario privato, per sostituire ad essa quella dell’«agente» della riscossione, interpretata da un gruppo di società, a vario titolo destinato a subentrare ai concessionari, caratterizzate dalla proprietà pubblica: nasce così «Riscossione S.p.A.», che ben presto diventa «Equitalia S.p.A», holding il cui capitale è detenuto per il 51% dall’Agenzia delle Entrate e per il 49% dall’INPS. La mediazione dell’iscrizione a ruolo resta ferma, quale anello di congiunzione tra «accertamento» (in senso lato) del credito tributario, e «riscossione» del medesimo: ma evidentemente l’interlocutore del contribuente debitore è ormai sempre una struttura di matrice pubblica, che agisce secondo una tempistica e regole che devono essere comuni a quelle delle fasi precedenti della funzione impositiva: d’altra parte, con grande lungimiranza lo Statuto dei diritti del contribuente aveva sancito (art. 17 l. n. 212/2000) la piena applicabilità delle garanzie statutarie anche all’(allora) concessionario della riscossione. La trasformazione del concessionario della riscossione in «agente», diretta emanazione di società di proprietà pubblica, non poteva non produrre effetti significativi sul versante della stessa disciplina della riscossione coattiva. Viene così ripreso e potenziato quel disegno di ampliamento dei poteri preliminari alla vera e propria fase di esecuzione forzata, che già aveva trovato espressione, nel 1999, con il potenziamento del cd. fermo amministrativo di beni mobili. Lo scopo perseguito dal legislatore – che, pur mutando le maggioranze parlamentari e i governi, prosegue nell’opera di riforma della riscossione secondo un approccio sorprendentemente bipartisan – è quello di creare un sistema di informazioni tale da consentire la agevole conoscenza, da parte dell’agente della riscossione, di beni da assoggettare ad esecuzione forzata; ma, quando la presenza di tali beni – e, tra essi, soprattutto i crediti – emerge, la disciplina mira piuttosto a creare forme di «pressione » sul debitore, che favoriscano il pagamento, magari in forma rateizzata. Le procedure di pignoramento e vendita, soprattutto mobiliare, si rivelano infatti spesso improduttive, lente e costose, mentre ad es. il blocco di un credito del contribuente verso la pubblica amministrazione può convincere il contribuente stesso della necessità di «sbloccare» la somma. In tale ottica, vengono così potenziati i poteri conoscitivi dell’agente, che ha accesso sostanzialmente illimitato alle informazioni dell’anagrafe tributaria e anche dell’archivio dei rapporti finanziari; viene previsto il blocco dei pagamenti di tutte le p.a., superiori a 10.000 euro, se non preceduti da una veloce ricognizione informatica presso Equitalia circa la insussistenza di crediti iscritti a ruolo nei confronti del creditore della p.a. (art. 48 bis d.P.R. 29.9.1973, n. 602): viene potenziato il pignoramento presso terzi, che può essere effettuato mediante ordine diretto al terzo di pagare le somme dovute direttamente nei confronti dell’agente della riscossione (art. 72 bis d.P.R. n. 602/1973, cit.); viene favorita ed estesa la possibilità di compensazione a favore dell’Agenzia delle entrate, attraverso la messa a disposizione dell’agente della riscossione delle somme richieste a rimborso dal contribuente che sia nel contempo debitore di somme iscritte a ruolo (art. 28 ter d.P.R. n. 602/1973, cit.); quando queste ultime sono superiori a 25.000 euro, si prevede che l’agente della riscossione possa esercitare gli stessi poteri istruttori, compresi quelli di accesso e ispezione, che il d.P.R. 29.9.1973, n. 600 riconosce agli enti impositori, al fine di prendere conoscenza di beni e crediti da sottoporre ad esecuzione forzata (art. 35, co. 25 bis, d.l. 4.7.2006, n. 223). Questa accentuata amministrativizzazione della riscossione coattiva, che interessa principalmente la fase anteriore all’esecuzione forzata, ma che in realtà tocca anche il pignoramento, sempre meno dipendente dal giudice, trova un coerente sviluppo processuale nella novella che, ponendo fine ad incertezze giurisprudenziali di notevole portata pratica, inserisce nell’elenco di atti impugnabili davanti al giudice tributario anche le cosiddette misure cautelari del fermo amministrativo sui beni mobili e dell’ipoteca sugli immobili, che stanno diventando il vero fattore dissuasivo vincente per le società del gruppo Equitalia2.
1.2 (Segue) le modifiche introdotte dal 2007 al 2009
Nel triennio, la normativa sulla riscossione si completa e si perfeziona attraverso ulteriori modifiche che vanno, ancora, nella direzione indicata in precedenza. Si segnala, peraltro, l’attribuzione all’agente della riscossione della competenza a decidere sulle istanze di rateazione (in tal senso è novellato l’art. 19 d.P.R. n. 602/1973, cit.) e il favor legislativo verso questa soluzione consensuale, che viene incentivata prevedendo un massimo di settantadue rate mensili, e liberalizzando la richiesta, che ormai può essere presentata, anche senza offrire particolari garanzie, in qualunque momento utile della procedura (sia o meno iniziata l’esecuzione forzata). Salvo una serie di ritocchi, più o meno rilevanti, alle diposizioni emanate negli anni precedenti, il triennio si segnala per una serie di profili complementari rispetto al tema della riscossione coattiva, e tra essi meritevoli di particolare segnalazione sono in particolare due, dovuti all’art. 27 d.l. 29.11.2008, n. 185: a) da un lato, il legislatore si preoccupa di potenziare le misure cautelari di carattere patrimoniale anteriori all’iscrizione a ruolo: a tale scopo, viene estesa e potenziata la procedura di cui all’art. 22 d.lgs. n. 472/1997, che consente il sequestro di beni mobili, compresa l’azienda, e l’ipoteca; b) dall’altro, le prime incisive misure di contrasto alla prassi delle indebite compensazioni in sede di versamento unitario (modello F24), risalenti già al 2004, sono completate: viene così regolato su basi più definite un nuovo atto impositivo – l’avviso di recupero di crediti d’imposta – che consente di disconoscere appunto le indebite compensazioni senza dover procedere alla rettifica delle dichiarazioni annuali; viene chiarito, in tale contesto, la natura non direttamente esattiva dell’avviso di recupero, che trova il suo esito in sede di riscossione, in caso di mancato pagamento spontaneo, solo dopo l’iscrizione a ruolo. Nel periodo considerato sono importanti pure alcuni segnali giurisprudenziali di assoluto rilievo, che sono indubbiamente influenzati dal – ma contribuiscono nel contempo a condizionare il – nuovo assetto sistematico che si va formando: a) la Corte Costituzionale dà piena legittimazione pubblicistica all’attività dell’agente della riscossione, affermando in modo perentorio che gli obblighi di motivazione e di informazione di cui all’art. 7 dello Statuto del contribuente debbono essere indicati anche negli atti dal medesimo emanati (cartelle di pagamento, ma il principio appare estensibile a tutti gli atti)3; b) la Corte di Cassazione – sent. 25.7.2007, n. 16412 – riconosce che, nelle controversie tributarie scaturenti da atti della riscossione, pur essendo l’amministrazione finanziaria titolare del diritto a contraddire, è validamente incardinato il giudizio con la notifica all’agente della riscossione che abbia emanato l’atto impugnato; è poi onere dell’agente stesso, ai sensi dell’art. 39 d.lgs. n. 112/1999, effettuare la chiamata in causa dell’ente impositore, in difetto della quale il primo risponderà direttamente dell’esito della lite4.
1.3 Le modifiche del 2010 e la concentrazione della riscossione nell’accertamento
Il percorso sinteticamente descritto nei paragrafi che precedono trova il suo compimento nelle misure introdotte dal d.l. n. 78/2010, ed in particolare: 1) dall’art. 29, che assegna all’avviso di accertamento, in materia di imposte sui redditi, IVA e IRAP, la natura di titolo esecutivo, a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla notificazione dell’avviso stesso, abolendo l’iscrizione a ruolo quale fase intermedia preliminare all’avvio della riscossione coattiva; 2) dall’art. 31, che stabilisce il divieto di effettuare compensazioni ex art. 17 d.lgs. n. 241/1997, da versamento unificato, in presenza di debiti iscritti a ruolo per imposte erariali e non pagati, superiori a euro 1.500, consentendo però nel contempo di provvedere al pagamento di tali debiti mediante utilizzo dei crediti vantati dal contribuente/debitore5. Per realizzare quanto previsto sub 1), il contenuto e gli effetti dell’avviso di accertamento sono incrementati, nel senso che l’atto deve contenere anche l’intimazione a pagare quanto indicato (l’intero, in caso di mancato ricorso; la percentuale prevista dalle disposizioni sulla riscossione frazionata, in caso di ricorso alla commissione tributaria) entro il termine previsto per la presentazione del ricorso. Le misure, peraltro, inizialmente previste con decorrenza 1.7.2011, sono state poi incisivamente attenuate e posticipate, nella decorrenza, al 1 ottobre 2011.
Il tumultuoso percorso evolutivo dell’ultimo quinquennio può dirsi dunque caratterizzato da una accentuata «amministrativizzazione » dei compiti dell’agente della riscossione, il quale agisce attraverso poteri di indagine modellati su quelli degli enti impositori6, è competente ad emanare atti impositivi di diversa natura ed efficacia, anche di carattere discrezionale, svolge funzioni normalmente affidate al giudice nelle procedure esecutive di diritto comune nell’ambito di poteri autotutela esecutiva che gli consentono di realizzare l’espropriazione dei beni del debitore senza particolari condizionamenti esterni, e restando oltretutto in larga parte immune da controlli giurisdizionali di carattere immediato. Sul piano concreto, la strategia legislativa mira a incentivare, quanto più possibile, l’effettivo realizzo del credito tributario (ma, non si dimentichi, l’agente in realtà porta ad esecuzione qualsiasi pretesa passi per l’iscrizione a ruolo, quindi è chiamato a riscuotere crediti di diversa natura, tra i quali spesso i crediti previdenziali accompagnano quelli di natura strettamente tributaria). Scaduti i sessanta giorni concessi al debitore per provvedere al pagamento di quanto iscritto a ruolo, l’eventuale persistenza dell’inadempienza determina da un lato la possibilità di ottenere rateizzazioni anche abbastanza ampie – anche se onerose – e dall’altro la possibilità di ricorrere a tutta una serie di misure «cautelari» che però, piuttosto che una funzione di garanzia in senso classico, che appare inutile tenuto conto della immediata possibilità di accedere all’esecuzione forzata sin dal sessantunesimo giorno, sembrano avere il fine di indurre il debitore a provvedere «spontaneamente » al pagamento; particolarmente efficaci si rivelano, a tal fine, più che i poteri di indagine in senso ampio, misure specifiche quali: l’accesso ai dati bancari, la compensazione o il pignoramento sui rimborsi, il blocco dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, e soprattutto il fermo di beni mobili registrati e l’ipoteca sui beni immobili: senza dimenticare che la normativa comunque consente all’agente della riscossione il ricorso a strumenti di diritto privato quali azioni surrogatorie, revocatorie, e di carattere conservativo. Tutto ciò può avvenire, ed avviene, dopo la notifica della cartella di pagamento, e solo in caso di decorso inutile di un anno l’agente della riscossione è chiamato a notificare un nuovo atto di sollecito, definito intimazione di pagamento (art. 50 d.P.R. n. 602/73, citato). La sanzione penale, prevista – art. 11 d.lgs. 10.3.2000, n. 74 – per la sottrazione fraudolenta di beni al fisco, completa un quadro che non lascia molti spiragli al debitore, salva la concessione di un ragionevole lasso di tempo per adempiere.
2.1 La tutela contro gli atti dell’agente della riscossione
In tale contesto, si può dire che la struttura del processo tributario abbia sostanzialmente retto l’urto della domanda di tutela crescente avverso atti dell’agente della riscossione rispetto ai quali il ruolo dell’ente impositore appare spesso marginale e comunque sfumato. Inserendo tra gli atti impugnabili davanti alle commissioni tributarie il fermo dei beni mobili e l’ipoteca, che le sezioni unite della Corte di cassazione avevano ritenuto di competenza del giudice ordinario, il legislatore ha, sul piano della concreta operatività, creato i presupposti per poter discutere davanti al giudice competente per materia non soltanto le questioni che ineriscono alla legittimità degli atti dell’agente, ma anche le eventuali questioni di merito, non precedentemente sottoposte allo stesso giudice per carenza di notifica degli atti impugnabili più propriamente impositivi. Sul piano ordinamentale, il riparto di giurisdizione tra commissioni tributarie e giudice ordinario, disegnato dall’art. 2 d.lgs. n. 546/1992, ha trovato una base solida con l’attribuzione alle prime della giurisdizione sugli atti di riscossione coattiva che, ancorché successivi alla notificazione della cartella di pagamento, siano comunque anteriori all’avvio dell’esecuzione forzata. Sicché restano attribuiti alle commissioni i ricorsi avverso cartelle di pagamento, intimazioni di pagamento, fermi, ipoteche, rifiuti totali o parziali di rateazione, disposti dall’agente della riscossione, mentre il pignoramento, per quanto attuato unilateralmente dall’agente della riscossione7, resta di competenza del giudice ordinario, nei limiti in cui siano proponibili azioni immediate di tutela, ex artt. 615 e 617 c.p.c. Il processo tributario si arricchisce di nuove controversie che opportunamente sono assegnate al giudice cui la materia è riservata, il che appare oltretutto assai coerente con la nuova omogeneità funzionale che si manifesta nell’azione impositiva tra compiti dell’ente impositore e compiti dell’agente della riscossione. Restano poche zone d’ombra, in parte chiarite dalla giurisprudenza: che assegna rilevanza sostanziale alla successione degli atti, stabilendo la portata invalidante della carenza dell’atto presupposto, rispetto a quello consequenziale (la sequenza di legge non è dunque surrogabile, a meno che non sia il debitore a scegliere la via dell’opposizione diretta anche all’atto presupposto successivamente conosciuto); così come resta incerta la giurisdizione, quando l’omessa notifica di una serie di atti con sequenziali obblighi il debitore contribuente ad opporsi avverso atti già appartenenti all’esecuzione forzata, senza aver ricevuto in precedenza la notificazione degli atti suscettibili di impugnazione davanti al giudice tributario. Resta poi la perplessità quando l’atto di riscossione esprime contestualmente pretese tributarie e non, perché il giusto rigore della giurisprudenza costituzionale costringe ad affermare un concorso di giurisdizioni diverse tutte competenti a sindacare il medesimo atto di riscossione8.
2.2 Riflessi sui profili soggettivi del processo tributario
L’acquisita omogeneità, e la tendenziale unificazione funzionale dell’azione impositiva sebbene ancora ripartita tra ente impositore e agente della riscossione, non possono ovviamente non determinare conseguenze anche sul processo, ed in particolare sulla legittimazione passiva, di ardua identificazione quando la tutela del contribuente si manifesta contro atti della riscossione emanati dall’agente ma si fonda – anche – su motivi che riguardano l’azione impositiva anteriore all’iscrizione a ruolo. La giurisprudenza più recente, pur non del tutto persuasiva, sancisce anche nel processo tributario il ruolo di sostituto processuale dell’agente della riscossione rispetto all’ente impositore, onerando il primo della chiamata in causa del secondo, sotto pena di dover rispondere, in mancanza, delle conseguenze della lite9. Ciò significa che, di fronte ad un atto impugnabile proveniente dall’agente della riscossione, il destinatario può ricorrere alla commissione tributaria senza porsi troppi problemi sulla legittimazione passiva e sulla effettiva riferibilità delle censure dedotte in ricorso, come se l’Amministrazione che gli si contrappone fosse a tutti gli effetti unitaria. Sia pure episodicamente, la giurisprudenza afferma principi coerenti e importanti: che l’agente della riscossione deve comunque ritenersi vincolato a rispettare il giudicato favorevole al debitore, ancorché non fosse presente in giudizio; che la sentenza favorevole al debitore, ancorché non definitiva, rende comunque non più giustificate le misure cautelari: e su questa linea lo stesso legislatore precisa, novellando l’art. 49 d.P.R. n. 602/1973, che l’obbligo di portare ad esecuzione il titolo esecutivo non è assoluto, tutte le volte in cui l’agente della riscossione venga informato che l’iscrizione a ruolo è stata cassata in virtù di sentenza o di provvedimento di autotutela della stessa amministrazione.
L’entrata in vigore del d.l. n. 78/2010 (convertito con modificazioni nella l. 30.7.2010, n. 176) lascia aperte alcune questioni problematiche.
3.1 Accertamento esecutivo e tutela cautelare
La concentrazione della riscossione nell’accertamento, pur apparendo perfettamente coerente con il percorso di riforma sviluppatosi negli anni precedenti, suscita enorme – e talora ingiustificata – reazione di allarme nell’opinione pubblica. La mancanza di un atto «ponte», quale la cartella di pagamento, e l’assorbimento nell’atto di accertamento delle funzioni di titolo esecutivo e precetto, rendono il momento della notifica dell’accertamento assolutamente centrale, sia per la produzione degli effetti giuridici, sia per consentire una tutela nel merito prima che gli atti di aggressione patrimoniale siano avviati10. È ovvio che la riforma trova equilibrio solo presupponendo una capacità delle commissioni tributarie di poter esaminare con immediatezza la domanda cautelare, che ormai è destinata ad accompagnare la maggior parte dei ricorsi sin dal momento della presentazione. Ma l’art. 29 del d.l. n. 78/2010 non valuta adeguatamente l’impatto delle innovazioni sulle prassi giudiziarie, che segnalano tradizionalmente un grande ritardo nella trattazione delle istanze cautelari11. Appare poi poco trasparente la fase di affidamento del «credito» accertato dall’ufficio dell’Agenzia delle entrate all’agente della riscossione, fase che la persistente duplicità dei soggetti non riesce ad eliminare, ma solo a rendere meno formale di quanto accadesse con il ruolo; e così resta una fase della procedura in cui il contribuente, ad es. per le rateazioni, non sa bene se può presentare l’istanza all’agente della riscossione che ha la precedenza; così come resta in ombra la metodologia da seguire rispetto ad eventuali condebitori solidali. Insomma, una riforma fisiologica e in definitiva giustificata12 non riesce a creare una disciplina accettabile, proprio per la mancata valutazione di tutte le possibili implicazioni, che la norma cerca di risolvere con la sola semplice sostituzione di un unico atto complesso (l’accertamento, ovvero, in caso di rideterminazione della pretesa, un apposito atto recettizio ad hoc assimilabile ad un «vecchio» avviso di liquidazione13) alla coppia di atti sinora necessari per tradurre in acquisizione concreta delle somme pretese l’attività accertativa.
3.2 Crisi economica e riscossione: i passi indietro del 2011
I timori per la concentrazione della riscossione nell’accertamento si innestano poi su una più generale insofferenza dei debitori iscritti a ruolo per le prassi di Equitalia, ritenute aggressive e spesso non ispirate, come dovuto, ad un principio di ragionevolezza e di proporzionalità. Un tessuto economico sofferente ormai quanto meno dal 2008 vive come soprusi quella che in realtà non è che la nuova, sorprendente efficienza che il nuovo sistema e la nuova disciplina assicurano: abituati a una prassi in cui le imposte dovute vengono magari accertate, ma sempre riscosse in tempi e quantità «blandi», i contribuenti soffrono soprattutto le misure propedeutiche all’esecuzione forzata, quei mezzi di pressione, quale il fermo degli automezzi, che non sono propri dei creditori di diritto comune. In verità, viene meno una rendita di posizione assicurata dalla possibilità di sottrarsi al pagamento delle imposte, proprio nel momento in cui la liquidità appare un problema enorme per una grande quantità di imprese, non sempre e non soltanto di piccole dimensioni. La reazione «politica» del legislatore consiste da un lato nel limitare il ricorso alle misure cautelari dell’agente della riscossione, e nel valorizzare le esigenze di tempestiva informazione del contribuente, e dall’altro però in un clamoroso passo indietro che non solo vanifica il tentativo di rendere più snella e rapida la riscossione, ma determina una situazione per certi versi peggiore del 2010. Infatti si prevede (essenzialmente con il d.l. 13.5.2011, n. 70) che, con la proposizione del ricorso, l’efficacia esecutiva dell’atto di accertamento resti automaticamente sospesa per almeno 180 giorni: la riscossione frazionata, sulla base dell’accertamento, viene ridotta dalla metà ad un terzo, tornando alla quantità di riscuotibile in essere oltre venti anni fa; mentre la dottrina manifestava invece dubbi, una volta bilanciata la tutela cautelare, sulla stessa opportunità di frazionare la riscossione. Ed infine, la stessa entrata in vigore della nuova disciplina viene differita al 1.10.2011 ad opera del d.l. 6.7.2011, n. 98.
1 V. Falsitta, Funzione vincolata di riscossione dell’imposta e intransigibilità del tributo, in Comelli- Glendi (a cura di), La riscossione dei tributi, Padova, 2010, 1 ss.; Magliaro, Evoluzione dell’istituto della riscossione tributaria: cenni storici e spunti ricostruttivi, in Magliaro (a cura di), Il fattore “R”; la centralità della riscossione nelle manovre di finanza pubblica, Trento, 2007; Boletto, Il ruolo di riscossione nella dinamica del prelievo delle entrate pubbliche, Milano 2010; Carinci, La riscossione a mezzo ruolo nell’attuazione del tributo, Pisa, 2008; Coppa, La prescrizione del credito tributario, Torino, 2006.
2 La modifica all’art. 19 d.lgs. 31.12.1992, n. 546, è apportata dal d.l. 4.7.2006, n. 223. Per tutti, si vedano Del Federico, L’efficacia della riscossione e le misure cautelari, in Magliaro (a cura di), Il fattore, cit., 41; Basilavecchia, Nuovi assetti della riscossione e tutela giurisdizionale, ivi, 1985; Cannizzaro, Il fermo dei beni mobili registrati e l’ipoteca nella fase di riscossione dei tributi, Roma, 2011.
3 C. cost., ordd. 9.11.2007, n. 377 e 28.2.2009, n. 59.
4 Si veda poi, in chiave dialettica con la sentenza, l’interessante circolare 17 luglio 2008, n.51/E, dell’Agenzia delle entrate.
5 Basilavecchia, Percorso a ostacoli per la compensazione, in Corr. Trib., 2010, 2659; Lovecchio, Divieto di autocompensazione in presenza di ruoli scaduti tra chiarimenti e questioni aperte, in Corr. Trib., 2011, 1198; Marcheselli, Difficoltà applicative e dubbi di costituzionalità dei limiti alla autocompensazione, in Corr. Trib., 2010, 3848.
6 Comelli, L’ampliamento dei poteri di indagine attribuiti agli agenti della riscossione: profili sistematici, in Comelli-Glendi (a cura di), La riscossione, cit., 107.
7 Secondo una disciplina ritenuta costituzionale da C. cost., ord. 28.11.2008, n. 393.
8 Sul tema, si veda per tutti il saggio di Randazzo, I confini della giurisdizione tributaria sul versante della riscossione e dell’esecuzione forzata tributaria, in Basilavecchia, Tabet (a cura di), La giurisdizione tributaria nell’ordinamento giurisdizionale, Bologna, 2009, 49.
9 Più ampiamente Basilavecchia, L’agente della riscossione come parte del processo tributario, in Comelli-Glendi (a cura di), La riscossione, cit., 197.
10 Quanto la riforma tocchi una sensibilità diffusa, e quanto ciò sia dovuto in parte ad emotività e in parte all’eccessiva rapidità della riforma concepita, è testimoniato dall’interesse che l’argomento suscita: oltre al Convegno di Sanremo del 3 e 4 giugno 2011, organizzato dalla Fondazione Uckmar nell’ambito dei «venerdì» della «Rivista diritto e pratica tributaria» (gli atti, già consultabili sul sito della fondazione, sono in corso di pubblicazione in apposito quaderno della rivista: ai fini del tema qui trattato, di particolare interesse le relazioni di La Rosa, Carinci, Fransoni), sono previsti un quaderno della «Rivista di diritto tributario » e un numero speciale del «Corriere tributario», tutti dedicati alla riscossione dei tributi. In particolare, sulla concentrazione della riscossione nell’accertamento, Glendi, Notifica degli atti «impoesattivi» e tutela cautelare ad essi correlata, in Dir. prat. trib., 2011, I, 481; Carinci, Prime considerazioni sull’avviso di accertamento «esecutivo» ex d.l. n. 78 del 2010, in Riv. dir. trib., 2011, I, 159; Giovannini, Riscossione in base al ruolo e agli atti di accertamento, in Rass. trib., 2011, 22.
11Sul tema, in senso decisamente critico delle prassi di molte delle commissioni tributarie, Basilavecchia, L’immediatezza nella trattazione dell’istanza cautelare, in Riv. dir. trib., 2008, I, 637.
12 Con la creazione di un agente della riscossione che è diretta emanazione dei principali enti creditori di tributi e contributi, erano evidentemente poste le premesse per semplificare una procedura, quale quella di formazione e di consegna dei ruoli, caratterizzata da un risalente formalismo, non più coerente con la prossimità e con la omogeneità di natura dei soggetti cui sono affidate le due fasi della funzione impositiva: Basilavecchia, La riscossione dei tributi, in Rass. Trib., 2008, I, 22. Altro aspetto importante è che anche nell’ambito della riscossione si diffondono soluzioni concordate, o veri e propri accordi, tra debitore da un lato e agente della riscossione, e/o ente impositore, dall’altro: il tema è oggetto della recente monografia di Guidara, Indisponibilità del tributo e accordi in fase di riscossione, Milano 2010, alla cui rilevante bibliografia si rinvia.
13 Rinaldi, Profili ricostruttivi della liquidazione d’imposta, Trieste, 2000.