La Rivoluzione scientifica: i domini della conoscenza. Pascal e l¿horror vacui
Pascal e l’horror vacui
Il principio-assioma dell’horror vacui, sviluppato a partire dalla Fisica aristotelica, era basato su una concezione antropomorfica della Natura, che le attribuiva emozioni e stati d’animo umani, tra cui una ripugnanza congenita per il vuoto all’interno della realtà fisica; questa avversione induceva la Natura ad adoperarsi affinché non potesse mai prodursi il vuoto. I commentatori arabi di Aristotele, al contrario di quelli greci, produssero un gran numero di argomentazioni e di prove sperimentali contro la possibilità del vuoto. Nell’ambito della filosofia scolastica la tesi fu accolta nei suoi presupposti, ma non nelle sue conseguenze, che implicavano l’affermazione di un limite alla potentia Dei absoluta; si negava, poi, che il vuoto potesse essere prodotto dalle ‘forze naturali’. L’horror vacui fu contestato già a partire dalla metà del XVI sec., mentre le idee innovative sul vuoto e sulla pressione dell’aria iniziarono a essere discusse nel XVII secolo. Isaac Beeckman fu tra i primi a ipotizzare l’esistenza della pressione atmosferica e del vuoto in Natura e, nel 1626, scoprì la relazione tra la pressione e il volume dell’aria.
L’esistenza del vuoto e della pressione dell’aria, al centro di un fecondo dibattito che coinvolse ricercatori, filosofi naturali e scienziati europei – Galilei, Baliani, Hobbes, Descartes, Torricelli, Mersenne, Boyle, Hooke, Roberval, Gassendi, Kircher, ecc. –, costituisce la base teorica del Traitez de l’équilibre des liqueurs et de la pesanteur de la masse de l’air di Pascal, pubblicato postumo, nel 1633. Attraverso prove sperimentali, egli giunge alla formulazione del principio secondo cui in un fluido in equilibrio la pressione intorno a un punto è la stessa in tutte le direzioni. Conclude, inoltre, che esiste un’analogia tra i fenomeni prodotti dalla pressione dei liquidi e quelli dovuti alla pressione dell’aria: l’interazione tra l’aria e i fluidi negli esperimenti barometrici può essere spiegata seguendo i principî dell’idrostatica, per cui il peso dell’aria risulta una spiegazione sufficiente per tutti gli effetti tradizionalmente attribuiti all’horror vacui. La teoria esposta da Pascal dimostra poi che l’idrostatica può essere ricondotta, in ultima analisi, alla meccanica generale.
Le tesi pascaliane si sviluppano, oltre che su un preciso impianto teorico, attraverso l’utilizzazione e la successiva delegittimazione dei diversi fenomeni precedentemente considerati a sostegno dell’horror vacui. Pascal ricorre a tale espediente con l’intento di colpire alle fondamenta un principio cardine della filosofia della Natura aristotelica che connotava l’aria come ‘elemento leggero’. Le tradizionali prove sperimentali a favore dell’orrore del vuoto – le due lastre di marmo perfettamente levigate, il mantice e la ventosa, la siringa, la bottiglia piena d’acqua capovolta in un recipiente contenente acqua, il sifone immerso nell’acqua – sono svuotate del loro precedente contenuto teorico e ripresentate come prove a sostegno della pressione atmosferica.
Il mantice
La difficoltà di aprire un mantice sigillato fu spiegata con l’horror vacui a partire dalle Subtilissimae quaestiones super octo physicorum libros Aristotelis di Buridano e da Giovanni di Jandun. Pascal spiega il fenomeno in questi termini: «Per spiegare in che modo il peso della massa dell’aria sia la causa della difficoltà che avvertiamo nell’aprire un mantice, nel quale l’aria non possa penetrare, mostrerò un’analoga resistenza provocata dalla pressione dell’acqua [...]. Di conseguenza, applicando questa regola generale all’aria, in particolare, si vedrà chiaramente che se un mantice è chiuso in modo che l’aria non vi possa in alcun modo penetrare, la pressione della massa dell’aria sovrastante non ci consentirà di aprirlo senza avvertire una resistenza » (Traitez de l’équilibre, pp. 84-86).
Le ventose
Il fenomeno delle ventose trova le sue prime spiegazioni nella Philosophia di un commentatore arabo di Aristotele, al-Ġazālī: «Attraverso la suzione, l’aria è attratta e, con l’aria, viene attratta anche la pelle dell’uomo al quale si voglia applicare la ventosa; in effetti, se questa non fosse attratta, si produrrebbe il vuoto, cosa che non può accadere» (Philosophia Algazelis, p. 242).
La causa dell’attrazione della pelle da parte delle ventose viene così individuata da Pascal: «Così le ventose succhiano la carne e formano una tumefazione. L’aria della ventosa, infatti, rarefatta dal fuoco di una candela, diminuisce di volume raffreddandosi quando il fuoco si spegne, e succhia la carne, per riempire lo spazio che essa lascia libero, allo stesso modo in cui, nell’esempio precedente, attirava l’acqua» (Traitez de l’équilibre, p. 81).
Le superfici levigate
La difficoltà di separare due superfici combacianti e perfettamente levigate fu impiegata come prova dell’horror vacui da Lucrezio nel De rerum natura, da Ruggero Bacone, dai maestri di Coimbra e, nel XVII sec., da Galileo Galilei nei Discorsi: «E prima il vedersi, quando ne piaccia, due lastre di marmo, di metallo o di vetro e squisitamente spianate pulite e lustre, che, posata l’una sopra all’altra, senza veruna fatica se gli si muove sopra strisciando (sicuro argumento che nissun glutine le congiugne), ma che volendo separarle, mantenendole equidistanti tal repugnanza si trova, che la superiore solleva e si tira dietro l’altra e perpetuamente la ritiene sollevata, ancorché assai grossa e grave, evidentemente ci mostra l’orrore della natura nel dover ammettere, se ben per breve momento di tempo, lo spazio voto che tra di quelle rimarrebbe avanti che il concorso delle parti dell’aria circostante l’avesse occupato e ripieno. Vedesi anco, che quando bene tali due lastre non fussero esattamente pulite, e perciò che i lor contatto non fusse esquisito del tutto, nel volerle separar lentamente niuna renitenza si trova fuor di quella della sola gravità; ma in un alzamento repentino l’inferior pietra si solleva, ma subito ricade, seguendo solamente la sovrana per quel brevissimo tempo che basta per la distrazzione di quella poca d’aria che s’interponeva tra le lastre, che non ben combaciavano, e per l’ingresso dell’altra circunfusa. Tal resistenza, che così sensatamente si scorge tra le due lastre, non si può dubitare che parimente non risegga tra le parti di un solido, e che nel loro attaccamento non entri al manco a parte e come causa concomitante» (EN, VIII, p. 59).
La spiegazione di Pascal dello stesso fenomeno è molto diversa: «Si considerino infatti due corpi levigati in diretto contatto; tenendo con la mano quello sopra si abbandoni a se stesso quello che gli aderisce al di sotto: si deduce, in base all’esperienza precedente che quest’ultimo deve rimanere sospeso; infatti l’aria viene a trovarsi in contatto con esso dal disotto e non dal disopra, non avendo alcuna possibilità di penetrare fra di essi, e non può giungere alla faccia con cui sono a contatto. Si ricava pertanto, per effetto generale del peso di un qualsiasi fluido, che la pressione dell’aria deve spingere questo corpo verso l’alto facendolo aderire all’altro». (Traitez de l’équilibre, pp. 87-88).
Si veda anche La Rivoluzione scientifica: i domini della conoscenza. Corpi, materia e spazio