LACCHE
Con lo stesso nome lacca (dal persiano lāk, ind. lākh "lacca rossa") si designano tre prodotti fra loro diversi e cioè: il succo lattiginoso ottenuto dalla Rhus vernicifera D. C., la cosiddetta lacca del Giappone; la sostanza colorante nota col nome di lacca rossa; e dei colori insolubili ottenuti fissando stabilmente una sostanza colorante organica, naturale o sintetica, sopra una sostanza generalmente inorganica agente da supporto.
Lacca del Giappone.
La Rhus vernicifera D.C., dalla quale è tratta la lacca del Giappone, è un albero della famiglia delle Anacardiacee coltivato nel Giappone e ivi denominato Urushi-no-ki. Esso può raggiungere 10 m. d'altezza e circa 40 centimetri di circonferenza. Cresce allo stato spontaneo o coltivato solo nella zona temperata del Giappone e non oltrepassa al sud la latitudine di Tōkyō: la zona della sua più vasta e intensa coltura si trova nella parte settentrionale dell'isola Honshū. Somiglia alquanto nell'aspetto all'ailanto (Ailanthus glandulosa) e contiene il prodotto nei canali secretori del libro. Preferisce i terreni un po' umidi, si moltiplica per getti o più spesso per semi. Lo sfruttamento della pianta comincia verso i dieci anni e la raccolta ogni anno dura da aprile a ottobre. Il succo si ha incidendo la parte inferiore del tronco (ogni albero di 8-10 anni ne dà gr. 25-55); ha la consistenza del miele, colore grigiastro, odore poco marcato. La lacca raccolta in primavera è più liquida di quella raccolta in autunno; il prodotto migliore si ha nelle giornate calde d'agosto. Poiché il liquido raccolto contiene spesso frammenti di corteccia e detriti, è depurato per filtrazione a pressione attraverso sacchetti di cotone o di canapa: diventa allora pastoso (poi solido), omogeneo, di color bruno. Viene in commercio in fusti da 30 kg., in tavolette o mattonelle, ben protette dall'azione dell'aria e della luce.
La lacca del Giappone è composta dal cosiddetto acido urushico, miscuglio di varie sostanze da cui dipendono le sue proprietà, da acqua, da sostanze gommose e dalla laccasi, enzima del gruppo delle ossidasi, dalla cui azione dipende l'indurimento: le prime qualità contengono 75-85% di acido urushico, le ultime meno del 60%. È solubile in parte nei comuni solventi delle resine, e anche un po' nell'acqua. Esposta all'aria, imbrunisce ed essicca formando una pellicola lucente, inattaccabile, a differenza di altre vernici, dai solventi organici, dagli acidi e dagli alcali.
La lacca del Giappone è usata come vernice di qualità. Impastata con olî essiccativi e con colori macinati, costituisce varî tipi di lacche colorate (v. sotto). Numerose e disparatissime sono le sostanze adoperate a tale scopo. Le più usate sono la gomma gutta per i gialli trasparenti, il fiele e l'olio per i gialli ambrati; il cinabro o il perossido di ferro per i rossi; la polvere d'oro o di rame per i gialli d'oro, quella d'argento per i bianchi argentati; il solfuro giallo d'arsenico per i gialli verdi, che divengono intensi con l'aggiunta dell'indaco; lo zafferano per il rosso carminio; il carbone, la limatura di ferro nell'aceto per i neri.
Prodotti simili alla lacca del Giappone, ma di qualità meno pregiata, si ottengono da altri alberi della famiglia Anacardiacee: quella della Cina è fornita dalla Rhus succedanea L., quella del Tonchino dalla var. Dumountieri Pierre della stessa specie, la lacca del Cambogia è il prodotto della Melanorrhea laccifera Pierre, mentre quelle di Birmania e del Siam sono secrete dalla Melanorrhea usitata Wall.
L'arte della lacca nell'Estremo Oriente. - L'uso della lacca in Oriente, limitato dapprima a quello di una semplice vernice protettiva del legno, venne un po' alla volta esteso a tutte le applicazioni corrispondenti alla nostra odierna tinteggiatura ad olio, e da ultimo alla fabbricazione di speciali opere d'arte, delle quali costituì la materia principale. Ne venivano coperte fin dai tempi più remoti le pareti dei templi buddhisti; se ne coprivano anche le statue. L'interesse europeo per le lacche è naturalmente più vivo per quegli oggetti d'uso o di decorazione che è possibile procurarsi da noi: seggiole, tavoli, letti, paraventi, coppe, vassoi, scatole, foderi di sciabole, servizî per incenso; sono ricercatissime le scatoline per medicamenti, gli astucci e così via.
Questi oggetti hanno tutti un nucleo o un'ossatura ch'è per lo più di legno leggiero (magnolia o cedro), spesso estremamente sottile, le cui imperfezioni eventuali e le giunture vengono rivestite e mascherate accuratamente con applicazioni di una carta speciale (fabbricata con la corteccia della Broussonetia papyrifera) o anche di seta, o di sfilacci di canapa, fissati con un mastice composto per lo più di colla di riso, argilla, polvere di mattone o di porcellana. Su questo nocciolo o scheletro, asciugato perfettamente e pomiciato con cura meticolosa, si cominciano ad applicare, con un pennello di capelli, gli strati di lacca. Ogni strato dev'essere lasciato seccare in ambiente chiuso, umido oscuro, privo di polvere, a temperatura di circa 30°. Viene poi levigato accuratissimamente con polvere impalpabile di pomice o di carbone per prepararlo a ricevere lo strato successivo. Il disseccamento è assai lungo, e non deve in alcun modo essere abbreviato con gli espedienti usati a tale scopo, se si vuol trarre dalla materia tutto il suo rendimento. Il numero degli strati varia da un minimo di tre a un massimo di diciotto o venti, ed è in generale più vicino al massimo che al minimo. Se la loro applicazione fu eseguita con delicata accuratezza, lo splendore della superficie ottenuta può già costituire il pregio dell'oggetto, anche senza l'ulteriore sua decorazione.
Questa si fa generalmente per mezzo della pittura, liscia o in rilievo. Sul fondo di lacca il pittore traccia un abbozzo per lo più in bianco di piombo, oppure ricalca il disegno con una punta di legno. Poi lo dipinge, con colori macinati ad olio vegetale (il più usato è quello di camelia) e diluiti con lacca. La vischiosità della materia rende la pittura oltremodo difficile e penosa, richiedendo una straordinaria abilità e leggerezza di mano per conservare al disegno la finezza. Inoltre, il lavoro dev'essere eseguito senza ritocchi. Se si sbaglia, si lava tutto con sapone e si ricomincia. Dopo seccata a perfezione, la pittura viene ricoperta con parecchi strati di vernice trasparente, a intervalli tali da garantirne il rispettivo perfetto essiccamento. L'oro si applica in foglia o in polvere sopra un mordente, o anche in lamine, con la tecnica dell'incrostazione. Le lacche vengono anche incrostate con lamine di altri metalli, di avorio, di madreperla; decorate con pezzi di corallo, di conchiglie colorate. Ve ne sono con rilievi scolpiti, con intagli a giorno praticati sulla lacca vergine o sul legno prima della laccatu̇ra, con graffiti lineari accentuati d'oro o riempiti di colore.
Vi sono poi le cosiddette lacche cancellate (suri hagashi dei Giapponesi), la cui decorazione consiste in sottili velature di rosso qua e là evanescenti su fondo nero. Altre debbono il loro speciale carattere e il loro incanto alla sovrapposizione di strati di varî colori, con effetti in trasparenza di venature, ondulazioni, nuvole, arabeschi fantasiosi. Risorse vastissime, che hanno offerto alla fantasia orientale il modo di sbizzarrirsi nelle più impensate, raffinate, geniali combinazioni decorative, creando capolavori.
Storia. - La lacca si usava comunemente in Cina al principio della dinastia Han (206 a. C.-25 d. C.). Sono stati scoperti nel 1910 residui, di quest'epoca, di coperchi di vasi, laccati di rosso. Nel sec. IV d. C. è stato ideato un processo per la verniciatura delle statue, detto della lacca secca (chia chu). Consiste nel rivestire la stoffa tesa sopra un'armatura di legno con una successione di verniciature di lacca. Talvolta si faceva invece un modello di creta rivestita di stoffa; tolta la creta quando la lacca era asciutta, si ottenevano statue leggerissime. Questo metodo è stato praticato in Cina fino al sec. XIV. Così è stata ottenuta la statua dorata di un Buddha del Museo dell'università di Filadelfia. Tra le statue di legno laccate e dorate assai antiche è notevole il Buddha del Museo Pigorini in Roma (riprodotto in vol. VIII, tav. XIII, p. 32). Oggetti di lacca di uso domestico erano adoperati in Corea verso il 670 d. C.
Gli storici dell'arte cinese considerano arcaiche le lacche della dinastia T'ang (618-906 d. C.); da allora in poi l'arte continuò a perfezionarsi, senza interruzione. Sono famose le antiche lacche intagliate rosso-brune di Fu-chow; altre fabbriche sorsero nel Che-kiang durante la dinastia mongola, intagliate in alto rilievo. Al principio della dinastia Ming si fabbricarono nel Kiang-si lacche incrostate di madreperla. Le antiche lacche destinate all'uso del palazzo imperiale durante la dinastia Sung (960-1268 d. C.) sono molto solide, ed erano talvolta rafforzate da una rete interna di fili di rame. Già fin da allora i Cinesi adoperavano per decorare la lacca polvere d'oro, foglie d'oro e varî colori: i Cinesi erano giunti da molti secoli alla stessa ricchezza di tinte che i Giapponesi raggiunsero soltanto nel sec. XIX. I tesori conservati nel Shō-so-in, a Nara, sono ora considerati in gran parte di origine cinese o influenzati dall'arte cinese. Un nuovo impulso all'arte della lacca fu dato dalla creazione della fabbrica del palazzo imperiale di Pechino nel 1680, la quale lavorò senza interruzione fino al 1795. Da essa provengono la maggior parte degli oggetti di lacca scolpita che si trovano nei musei d'Europa.
Le lacche dipinte di Canton, prodotte fin dal sec. XIV, si sono diffuse in Europa specialmente nei secoli XVIII e XIX. Sono più eleganti le lacche dipinte di Fu-chow, che continuano a prodursi. Sono pure notevoli le lacche moderne di Cheng-tu nel Sze-chwan. Fin dal principio del sec. XIII i Cinesi esportavano lacche nell'Arcipelago Indiano, in Giappone, India, Persia e fino alla Mecca.
I Giapponesi importarono l'arte della lacca dalla Cina attraverso la Corea, e la portarono a maggiore perfezione e raffinatezza. I loro più antichi oggetti del genere sono tuttora conservati nei templi e consistono per la maggior parte in reliquiarî o custodie di scritti sacri, con decorazioni a fiori, uccelli, emblemi buddhisti. Nel sec. XI s'incontrano le prime figure di santi; nel XlII cominciano ad apparire le incrostazioni in oro e conchiglie. Ma una storia della lacca tipicamente giapponese non si può fare prima del tempo di Yoshimasa (1449-1471), uno degli ultimi shōgun della famiglia Ashikaga. Sotto di lui Kōami, Sōami e i loro seguaci diedero a quest'arte un nuovo indirizzo. Con loro cominciano le lacche d'oro in rilievo, e i fondi di avventurina, divenuti in seguito comuni. Artisti cinesi vennero in Giappone a studiare i nuovi procedimenti. Fu tutto un risveglio e un impulso vigoroso, che sostenuto dalle vaste possibilità di impiego offerte dalla costruzione di palazzi e castelli portò la produzione alle più alte vette nel sec. XVII e nel XVIII. Kōetsu e il suo allievo Sōetsu ebbero larga rinomanza; alla loro scuola si formò, come laccatore, il pittore Kōrin (morto nel 1716), originale e genialissimo artista, specialmente e giustamente famoso per i suoi inarrivabili fondi d'oro opaco. Ritsuō (1663-1747) creò le applicazioni di rilievi in lacca su fondi di legni naturali, continuate dal suo allievo Hanzan. Alla stessa epoca furono celebri i Koma e i Kajikawa, specializzati nella lacca nera e arancione con decorazioni in oro. Kyūhaku Koma trovò i fondi cangianti in rosso e oro. A Masanari Shiomi e a Yamamoto Shunshō dobbiamo lo stile togidashi, consistente in disegni delicatissimi ricavati su fondi oscuri per via di successivi pulimenti. Nello scorso secolo operò Shibata Zeshin, le cui lacche dorate reggono il confronto con le antiche; egli ci lasciò memorie assai interessanti per la storia della lacca. La produzione odierna sfrutta i modelli del passato dei quali non può reggere al confronto, neppure come solidità, a causa anche dell'esecuzione affrettata.
Bibl.: P. Pelliot, Les statues en laque sèche dans l'ancien art chinois, in Journ. Asiat. (1923), I, pp. 181-207; P. Filippo Bonanni, Trattato sopra la vernice detta comunemente cinese, Roma 1720; L. Lecomte, Nouveaux mémoires sur l'état présent de la Chine, I, Parigi 1697, p. 253; E. F. Strange, Catalogue of Chinese Lacquer of the Victoria and Albert Museum, Londra 1925; M. Gonse, L'art japonais, Parigi 1883; S. W. Bushell, L'Art Chinois, Parigi 1910, pp. 142-157; O. Münsterberg, Chinesische Kunstgeschichte, II, Esslingen, 1912, pp. 435-446. Numerosi articoli di critici giapponesi, sulla storia della lacca, sono nella rivista Kokka, Tōkyō 1899, 1902, 1922, ecc. Sulla lacca giapponese v. Stewart Dick, Arts et métiers de l'Ancien Japon, riveduto da R. Petrucci, Bruxelles 1914, pp. 121-135.
Lacca rossa.
La lacca rossa (ingl. Lac dye) è una sostanza colorante ricavata dalle stesse incrostazioni che costituiscono la gomma lacca (v. gommoresine). Di uso antichissimo in Oriente, fu introdotta verso il 1790 in Inghilterra. Si ottiene sia concentrando le acque di lavaggio della manipolazione della gomma lacca in grani, sia trattando con carbonato di sodio caldo la gomma lacca in bastoni ed evaporando la soluzione. Ha proprietà tintorie analoghe a quelle della cocciniglia: le tinte ottenute con sali di stagno hanno però meno intensità e vivacità, sebbene siano più resistenti alla luce. Un miscuglio di lacca rossa e di cocciniglia era usato per la preparazione delle classiche uniformi scarlatte degl'Inglesi.
Il principio colorante contenuto nella lacca rossa fu studiato a fondo da R. E. Schmidt nel 1885-1886, e isolato sotto forma di acido laccainico, che ha grande analogia con l'acido carminico (v. cocciniglie, X, p. 662), ma è diverso chimicamente.
Lacche (prodotti chimici).
Sono, come si è detto, colori insolubili ottenuti fissando stabilmente una sostanza colorante organica, naturale o sintetica, sopra una sostanza generalmente inorganica, agente da supporto.
I coloranti naturali di origine animale o vegetale costituirono per molto tempo l'esclusivo materiale di partenza per la preparazione delle lacche. Così dalla cocciniglia si preparava la cosiddetta lacca fiorentina, dal chermes lo scarlatto veneziano; dal cotino e dal legno del Brasile, lacche brune giallastre; dal quercitrone e dalla clorofilla, lacche verdi, ecc.; dall'indaco e dal campeggio lacche azzurre, e così via. Dei numerosi coloranti naturali, solo un gruppo assai limitato viene ormai, però, impiegato nella preparazione delle lacche. La maggior parte è sostituita da materie coloranti sintetiche (v. coloranti, sostanze).
Secondo il gruppo di provenienza, le lacche di coloranti sintetici si distinguono come segue:
1. Lacche di nitro e nitroso composti. - Tra le più importanti è il giallo naftolo S (sale sodico dell'acido 1-ossi-2.4-dinitronaftalina-7-solfonico), che serve, precipitato come sale di bario su allumina, per lacche gialle. Malgrado le sue caratteristiche di mediocre solidità viene impiegato anche mescolato con altri colori per lacche brillanti verdi e si usa per carte patinate, per colori grafici e per vernici a olio. Tra i derivati contenenti il gruppo nitroso è applicato il verde naftolo B (1-nitroso-2-naftolo) che dà lacche verdi con sali ferrici. Sono pure impiegate le lacche dei corrispondenti acidi solfonici e servono per vernici a olio e specialmente nella stampa sulla carta per la loro buona solidità. Non sono però applicabili con calce per la loro insufficiente resistenza agli alcali, che scomporrebbero il complesso ferrico.
2. Lacche di coloranti azoici. - Sono molto numerose e, dato il basso prezzo e la brillantezza dei toni, hanno acquistato notevole importanza. Fra i primi prodotti applicati è il rosso litolo R che dal 1890 ha conservato la sua importanza. Sono da ricordare pure l'arancio II ottenuto da acido solfanilico e β-naftolo; l'arancio litolo solido RL da 2-4 dinitroanilina e β-naftolo; il rosso luce solido RL da metanitro-para-toluidina e β-naftolo; il rosso per lacca P da acido paranitroanilina-orto-solfonico e β-naftolo; il ponceau G. da acido xilidinsolfonico e β-naftolo; il bordeau per lacca B da β-naftilamina e acido β-ossinaftoico.
3. Lacche dello stilbene. - Il più importante derivato di questa classe è la lacca gialla di crisofenina G. Seguono poi il giallo stilbene 3G e il giallo stilbene G o giallo polare. Le lacche di questi composti sono solide alla calce e sono molto usate in miscele con verde naftolo per colori brillanti per carta e per inchiostri grafici.
4. Lacche del gruppo del pirazolone e dell'acido acetacetico. - Sono lacche gialle interessanti per la loro ottima solidità alla luce. Tra esse accenneremo al giallo solido luce 3G; al pigmento giallo cromo L, alla tartrazina, e a quelli usati in commercio col nome di gialli Hansa.
5. Lacche di coloranti basici del di- e trifenilmetano. - Malgrado la loro scarsa solidità sono impiegate da molto tempo per la loro eccezionale brillantezza. Specialmente quando sono fissate su terre colorate (terra verde) acquistano maggiore solidità alla luce. Particolarmente noti per questo uso sono il verde malachite ed il verde brillante.
Alcune lacche complesse con acido fosforico in combinazione coi metalli volframio e molibdeno recentemente messe in commercio dalla I.G. Farbenindustrie con la denominazione di colori "Fanal" superano notevolmente per caratteristiche di solidità e brillantezza le lacche prodotte coi coloranti azoici e vengono largamente impiegate per inchiostri grafici. Le lacche più importanti di questa classe derivano dall'aurammina, dal verde malachite e verde brillante, dal blu brevettato, dalla fucsina, dal violetto metile, dal blu vittoria, delle eosine e dalla rodammina.
6. Lacche di coloranti azinici, ossiazinici e tiazinici. - Sono applicate quelle rosse delle safranine, quelle blu del blu Nilo e blu di metilene.
7. Lacche della chinolina. - È applicato il giallo chinolina che serve per lacche verdastre e trasparenti impiegate per attenuare lacche verdi.
8. Lacche di coloranti allo zolfo. - Solo la primulina è usata e un suo derivato solfonico il giallo Sulfon R.
9. Lacche di indaco e indigoidi. - L'indaco e i suoi alogeni derivati vengono oggi raramente impiegati nella pittura all'acquerello. Maggiore interesse offrono i derivati del tioindaco come i pigmenti rossi e i violetti usati per carta e colori grafici.
10. Lacche dei coloranti dell'antrachinone. - Analogamente al loro impiego nella tintura delle fibre tessili, nell'industria dei pigmenti si usano pure i tre gruppi di sostanze coloranti derivanti dall'antrachinone e cioè: a) coloranti a mordente; b) coloranti acidi; c) coloranti al tino dell'antrachinone.
a) Il maggiore interesse in questo campo è ancora offerto dall'alizarina e dai suoi derivati. Le lacche di alizarina comprendono i toni dal giallo al blu e sono caratteristiche per la loro ottima solidità. Vengono particolarmente impiegate per usi grafici e nella pittura artistica. L'alizarina dà con sali di stagno una lacca gialla; con sali di alluminio una lacca rossa; con sali di cromo lacca granato, con sali di ferro lacca violetta, ecc. Un suo nitroderivato è l'arancio d'alizarina che con sali di cromo dà una lacca arancio-rosso. Il derivato chinolinico dell'alizarina, il blu alizarina S con mordenti di cromo dà una lacca blu molto solida. Il verde di alizarina S, isomero del precedente, con sali di nichel e di manganese dà lacche di un bel colore verde, solidissime.
Le lacche rosse di alizarina hanno completamente sostituito le vecchie lacche della robbia e del carminio.
b) I coloranti acidi dell'antrachinone sono limitatamente applicati in quei casi in cui sono richieste lacche solidissime alla luce, essendo il loro prezzo ancora troppo elevato. Le più frequentemente usate sono quelle derivanti dal blu di antracene S.W.X., quelle del blu di alizarina SE. e del blu di alizarina B. (rispettivamente blu Elio solido B.L. e S.L.); questi ultimi sono acidi solfonici della diamminoantrarufina.
c) Anche i coloranti al tino dell'antrachinone, chiamati generalmente con nomi diversi a seconda delle ditte produttrici (coloranti indantrene, antinolo, ecc.), hanno trovato finora un impiego assai limitato come pigmenti. Generalmente i pigmenti appartenenti a questo gruppo non hanno un forte potere coprente e possono servire soltanto per scopi speciali ove siano richieste garanzie assolute di solidità alla luce, alle intemperie, agli agenti chimici. Sotto tale riguardo questi pigmenti possono competere con i migliori pigmenti inorganici, che di solito presentano una solidità assoluta.
Teoria della formazione delle lacche. - Secondo C. Liebermann e S. Kostanecki la proprietà caratteristica dell'alizarina e dei suoi derivati di dare lacche con i metalli come alluminio, ferro, cromo, ecc., è dovuta alla presenza dei due gruppi ossidrilici in posizione orto (1-2) del gruppo antrachinonico.
Questa regola fu precisata da A. Werner, il quale ha provato che la formazione di lacche dipende dalla posizione di un gruppo salificabile rispetto a gruppi coordinati atti a legarsi con atomi metallici per originare sali complessi. La teoria di Werner fu adottata da Baudisch anche per i coloranti azoici che, secondo le ricerche di questo autore, originerebbero pure, coi metalli, complessi molecolari metallorganici.
La formazione della lacca è da paragonarsi come fenomeno alla tintura delle fibre tessili. Le reazioni chimiche e fisiche di questi processi conducono a combinazioni colorate irreversibili dovute all'esistenza di certi gruppi nella molecola del colorante. Nel caso più semplice ad esempio, come dalla precipitazione di un colorante solubile contenente gruppi acidi salificabili per aggiunta di sali metallici (cloruro di bario o acetato di piombo e altri), risulta una combinazione insolubile del colorante coi relativi metalli; nel caso di coloranti basici, opera invece, l'aggiunta di sali acidi, come tartaro emetico, o anche l'azione di certi acidi organici, come l'acido tannico, l'acido salicilico, o infine anche un colorante di natura acida, metodo però quest'ultimo che viene impiegato solo raramente per applicazioni speciali. Teoricamente la formazione della lacca è più complessa di quanto sembrerebbe a priori, partecipando reazioni secondarie degli altri gruppi molecolari con i substrati in presenza dei quali viene precipitata la lacca. Cosi nella tintura della lana, la fibra, ossia il substrato, rappresenta più o meno un sistema omogeneo che fissa il colorante in parte per saturazione di suoi gruppi anfoteri con i relativi gruppi basici o acidi del colorante, in parte per assorbimento dovuto alla sua struttura colloidale. La precipitazione delle lacche viene influenzata anche dalla struttura eterogenea ed eteroedispersa dei substrati.
Fabbricazione. - La fabbricazione delle lacche non è normalmente curata dall'industria delle materie coloranti, ma da fabbriche speciali, che da quella ritirano materie coloranti e prodotti intermedî. Ciò è anche fatto per assicurare maggiore perfezione di lavorazione. Naturalmente il procedimento di lavorazione varia secondo il materiale di partenza.
Così la fissazione della materia colorante sul substrato può avvenire per assorbimento meccanico o per combinazione chimica. Nel primo caso si ricorre generalmente a sostanze assorbenti, come il solfato di bario, l'allumina e la silice precipitate: la mescolazione si fa a mezzo di mescolatori a palette o di rulli. Nel secondo caso, se si parte da materia colorante di natura acida, si tratta di solito la soluzione di tale sostanza con solfato basico di alluminio e poi con cloruro di bario, cosicché la lacca insolubile di bario formatasi precipita insieme al substrato (solfato di bario). Se il colorante è di natura fenolica, si precipita con un sale metallico che si comporti, rispetto ad esso, come un mordente e dia alla lacca stabilità rispetto a detergenti (p. es. l'alizarina con idrato di alluminio); se si parte da materie coloranti di natura basica, si precipita con acido tannico, talvolta insieme a tartaro emetico, oppure con resine, proteine, saponi, o infine con acido fosfo-volfranico o fosfo-molibdenico.
Le lacche vanno in commercio in pasta e in polvere, o in pani, ecc. Le paste hanno un contenuto variabile di sostanza secca a seconda degli usi.
Usi - Le lacche si adoperano moltissimo nella pittura, specie ad acquerello, nella decorazione, per la preparazione d'inchiostri da stampa e litografia, di carte da parati e dipinte, di vernici a olio, per la stampa dei tessuti; per colorare cere, saponi, grassi, ecc.
Per alcuni usi le lacche richiedono una preparazione speciale. Così le lacche per la verniciatura decorativa delle pareti (colori a calce) si mescolano con calce spenta oppure con una soluzione di silicato di sodio e una corrispondente aggiunta di substrati, come gesso, carbonato di calcio, magnesia. Le lacche per la verniciatura di superficie varie (legno, cartone, metalli, masse plastiche, ecc.) sono impastate con sostanze adesive vegetali o animali. I requisiti di solidità per questi scopi sono mediocri, però occorre una resistenza sufficiente agli alcali per le vernici a base di caseina. Per rendere lavabili tali superficie si aggiungono al colore preparato emulsioni di gomma lacca o cere. Anche per la pittura ad acquerello si usano mescolanze simili. Le lacche per smalti e vernici a olio vengono mescolate di solito con solfato di bario oppure con litopone o bianco di titanio per aumentarne il potere coprente. Ugualmente si fa per le lacche impiegate per vernici alla nitrocellulosa, che recentemente hanno acquistato un interesse speciale per la verniciatura a spruzzo delle automobili, del cuoio, ecc. Lo stato di suddivisione di queste lacche deve essere finissimo e il loro peso specifico assai basso per evitare sedimenti nella vernice preparata.
Bibl.: H. Wagner, Die Körperfarben, Stoccarda 1928; H. Wolff, Taschenbuch für die Farben und Lackindustrie, Berlino 1929; C. A. Curtis, Künstliche organische Pigmentfarben, u. ihre Anwendungsgebiete, Berlino 1929.
V. tavv. XXXIII-XXXVI e tav. a colori.