CARACCIOLO, Landolfo (Landulfus Caraczulus de Neapoli)
Nacque a Napoli nel sec. XIII.
Nobile cavaliere, discendente da una delle più rinomate famiglie napoletane, il C. apparteneva al ramo dei Caracciolo Pisquizi, distaccatosi da quello principale nella seconda metà del secolo XIII. Era nipote del notaio pontificio Berardo Caracciolo (morto nel 1293) e in conseguenza anche del di lui fratello Gregorio, al quale Carlo I d'Angiò dopo il 1266 restituì le località di Pisciotta e di Gifone nel Principato, feudi confiscati da Federico II al suocero di Gregorio, Bartolomeo di Alicio, dopo la rivolta di Capaccio. Poiché il notaio Berardo era attivo presso la Curia pontificia già al tempo di Innocenzo IV, è molto probabile che questo ramo dei Caracciolo fosse tra gli avversari di Federico II nell'ultimo decennio del suo regno. Anche per questo motivo è impossibile che il C. sia da identificarsi con l'omonimo Landolfa Caracciolo, vicario imperiale nell'alta Valdarno nel 1249-50.
La prima notizia sicura relativa al C. risale al 1267: nell'agosto di quell'anno, a Viterbo, si fece garante dei patti nuziali, conclusi da Gregorio Caracciolo, relativi al matrimonio di Berardello Caracciolo, nipote di Gregorio, con la figlia di Giovanni da Procida, Beatrice. Grazie all'intervento dello zio, il notaio pontificio Berardo, nell'autunno del 1268 il C. fu nominato giustiziere degli scolari e dei dottori dell'università di Napoli per l'anno 1268-69, con uno stipendio di venti once. Carlo I lo riconfermò in questa carica anno per anno fino al 1283-84; dopo di lui, durante tutto il periodo della dominazione angioina, nessun altro avrebbe tenuto il giustizierato per un periodo altrettanto lungo.
Dopo le riforme attuate e promulgate da Carlo I nel 1266, il giustiziere era "la suprema autorità dello Studio". Concedeva le lauree e faceva prestare giuramento in nome del re ai professori. A lui spettava tutta la giurisdizione civile e criminale su questi, sui ripetitori, studenti e tutti gli altri membri dell'università. I rappresentanti di ognuna delle tre nazioni, che, secondo i desideri di Carlo I, dovevano studiare nello Studio napoletano - regnicoli, italiani e ultramontani -, erano i suoi assessori. Come giustiziere il C. aveva anche il compito di tutelare le libertà dei professori e degli studenti e di impedirne gli abusi. Stabiliva i balzelli sui generi alimentari venduti nei mercati cittadini e controllava il prezzo degli affitti richiesti agli studenti. Insieme con i professori dell'università e, nelle discipline giuridiche, con i giudici della Magna Curia, presiedeva gli esami per il conseguimento della "licentia docendi" (si ha notizia di esami sostenuti alla sua presenza in logica, grammatica e ambedue i diritti per gli anni 1271, 1275 e 1283), e conferiva a nome del re il "magistratus" o "conventus", un compito che solo dopo le riforme di Carlo II sarebbe passato al gran cancelliere del Regno.
Nell'ottobre del 1272 toccò al C. di mediare un conflitto tra i ripetitori, i quali si accusavano a vicenda di accaparrarsi gli studenti. Nel giugno del 1274, dopo una rimostranza dei "populares" di Napoli, fu incaricato di ridurre il numero dei dipendenti dell'università, cresciuto a quanto pare troppo rapidamente, riportandolo a quello esistente al tempo di Federico II. Infatti, a causa dell'esenzione di cui essi godevano, gli oneri fiscali erano diventati troppo gravosi per la popolazione. Il C. si trovò spesso in conflitto con i mercanti, visto che insieme con alcuni consiglieri stabiliva i balzelli sugli alimentari per ogni mercato, ma anche con gli appaltatori delle imposte, conflitti nei quali re Carlo fu varie volte costretto a intervenire. Il re gli ordinò anche controlli sulle frequenze alle lezioni per impedire che dei privilegi studenteschi approfittassero persone che non erano studenti. Quando il C. interpretò in senso troppo stretto un decreto regio del gennaio 1274 che vietava di ammettere all'insegnamento persone prive della "licentia docendi" rilasciata dal re, nel dicembre del 1275 lo accusarono presso il re alcuni ripetitori di grammatica, tra i quali i maestri Oliviero e Guglielmo Lombardo da Milano, per aver loro impedito l'insegnamento. Il C. ebbe l'ordine di permettere ai ripetitori di fare lezione a loro discrezione, visto che non erano stipendiati dallo Stato e non avevano dunque altre entrate oltre quelle provenienti dalla loro attività didattica. L'ultima notizia diretta, relativa al giustizierato del C., è un'ordinanza di Carlo I del dicembre 1283, con la quale fu incaricato di conferire, insieme con i professori di diritto e i giudici della Magna Curia, dopo gli esami richiesti, la "licentia docendi" ai chierici Landolfo Vulcano ePandolfo d'Arco, rispettivamente in diritto canonico e in diritto civile.
Oltre alla sua attività nello Studio il C. fu eletto, nel 1270, anche tra i sindaci dell'Università dei militi di Napoli. In tale veste nel marzo di quell'anno venne incaricato di riscuotere un donativo di 100 once presentato al re da tutto il ceto cavalleresco e di consegnarlo alla Camera. Nel 1272 Carlo I fece confiscare dal giustiziere competente le parti di un feudo del C. sito nei pressi di Aversa, che erano state alienate, per restituirgliele. Quando invece il C. occupò alcuni possedimenti del defunto nobile francese Galeotto di Fleury, Carlo I nel 1278-79 lo invitò a consegnarli al tutore feudale competente.
Nel 1288 il legato pontificio, il cardinal vescovo di Sabina Gerardo Bianchi, reggente del Regno insieme con il conte Roberto di Artois, affidò al C. il giustizierato del Principato Ultra. Egli entrò in carica, succedendo a Gui d'Alemagne, il 9 nov. 1288, e fu sostituito il 30 sett. 1289 da Pierre de Cadro.
Mentre teneva la carica di giustiziere fece revocare, per incarico del maestro giustiziere del Regno Lodovico del Monti, la sentenza di bando contro il cittadino di Airola Corrado di Consia, e restituirgli i beni già confiscati. Gli fu affidata anche la protezione della signora di Fragneto Monforte, Isolda, vedova di Guillotto di Sant'Angelo.
Morì poco tempo dopo essere stato sostituito nella carica di giustiziere. Il rendiconto della sua attività fu presentato ai maestri razionali a Napoli il 7 marzo 1290 dal figlio Bernardo.
Fonti e Bibl.: Arch. dell'Abbazia di Montevergine, Perg. 2460 (1289, luglio); G. Del Giudice, Codice dipl. del regno di Carlo I e II d'Angiò, I, Napoli 1863, pp. 250-270; II, 1, ibid. 1869, pp. 76 s. n. 11; Les registres de Nicolas III, a cura di J. Gray-S. Vitte, Paris 1898-1938, n. 1090; A. Potthast, Reg. Pontif. Roman. ..., II, Berlin 1875, n. 21731; R. Filangieri, I registri della cancell. angioina..., 2 ed., I, Napoli 1963, p. 267; 1 ed., Napoli 1951-1971, 11, pp. 101-110; 111, pp. 31, 242, 274; IV, pp. 88, 154; V, p. 55; VI, pp. 129, 220 s.; VII, p. 190; IX, pp. 17, 87 s.; XI, pp. 33, 100, 189; XIII, pp. 4, 77, 86 s., 186; XIV, p. 9; XV, p. 3; XVI, pp. 42 s., 107 s.; XVIII, pp. 36, 103 s.; XIX, p. 138; XXI, pp. 5, 85, 296; XXX, pp. 6, 8; G. Mongelli, Abbazia di Montevergine. Regesto delle pergamene, III, Roma 1957, p. 146 n. 2460; F. de Pietri, Cronol. della famiglia Caracciola, Napoli 1605, pp. 14 s., (con identific. erronea con l'altro Landolfo); G. G. Origlia, Istoria dello Studio di Napoli, I, Napoli 1753, pp. 142 s., 197; G. M. Monti, L'età angioina, in Storia della Università di Napoli, Napoli 1924, pp. 30 s., 38, 43; F. Scandone, I comuni del Principato Ultra..., in Samnium, VII (1934), p. 251; XXX (1957), pp. 43, 49; F. Fabris, La geneal. della famiglia Caracciolo, a cura di A. Caracciolo, Napoli 1966, tav. II (con indic. errate); F. Scandone, L'alta valle del Calore, VII, 1, Napoli 1970, pp. 240 s. n. 17.