LAPIDAZIONE (dal lat. lapidatio "il gettar pietre")
È un gettito di pietre contro qualcuno da parte di più persone, specialmente a scopo di supplizio, ma non senza il concorso di altri motivi.
La lapidazione si trova diffusa nell'antichità presso Egiziani, Sabei, Persiani, Ebrei, popoli dell'Asia Minore, Macedoni, Greci, Italici, Galli, Lugitani, ecc.; nel Medioevo specialmente presso i popoli germanici; e sopravvive fino a oggi nella tradizione popolare (lapidazione in effigie di Venizelos in Grecia nel 1917). Sia come sfogo d'ira improvviso di una folla, sia come pena capitale codificata (p. es. negli antichi diritti germanici), la lapidazione è praticata su: parricidi e simili (Lusitani; i cadaveri dei parricidi nelle Leggi di Platone; Ebrei); adulteri (antichi Messicani; Ebrei, cfr. Giovanni,, VIII, 5 segg.); fattucchieri e fattucchiere (Ebrei; Italici, cfr. Orazio, Ep., V, 97 segg.); ossessi e posseduti da demonî (Gesù, cfr. Giovanni, XI, 8; VIII, 48-59); tiranni (Coes a Mitilene, Falaride ad Agrigento); nemici in guerra (i Focesi fatti prigionieri dagli Etruschi alleati con i Cartaginesi); traditori della patria; violatoti di precetti e costumi sacrali (il re che usciva īuori dalla reggia presso i Sabei; chi deliberatamente entrava nell'ἄβατον di Zeus Lykaios in Arcadia; presso gli Ebrei il violatore del ḥerem anche se era un animale, Esodo. XIX, 13, cfr. XXI, 29); rei di lesa religione (Dioniso nelle Baccanti di Euripide, V, 356; presso gli Ebrei gli adoratori degli astri e degl'idoli, i violatori del sabato, i bestemmiatori, cfr. la lapidazione di Stefano, Atti, VII, 58 segg., e di Paolo a Iconio e a Listra, Atti, XIV, 5 e 18, cfr. II Corinzî, XI, 25); gli apostati (Ebrei), eresiarchi (Pietro il fondatore dei Messaliani, Costantino-Silvano dei Pauliciani, Basilio dei Bogomili) e scomunicati (lapidazione del cadavere di Manfredi).
L'uccisione (supplizio) del lapidato non è il momento essenziale della lapidazione, tanto è vero che talvolta essa è praticata sui cadaveri. Il fatto che la lapidazione ha Luogo assai spesso fuori della città (Ebrei; Lusitani; Leggi di Platone cit.; anche il pharmakós a Massalia era lapidato extra pomoeria) e che il cadavere del lapidato è poi portato fuori del confine (Leggi di Platone; cfr. l'esumazione e traslazione del cadavere di Manfredi) indicano invece come essenziale il motivo dell'espulsione. Esso è specialmente visibile nella lapidazione dei pharmakoí, individui sui quali si caricavano simbolicamente tutti i malanni collettivi dell'annata per liberarne la città. Il motivo di scaricare la comunità dalla sacralità perniciosa di cui l'ha infettata la cattiva azione commessa dal lapidato si rivela specialmente nei casi in cui alla lapidazione debbono partecipare tutti i membri della comunità (Ebrei: Levit., XXIV, 16; Deuter., XVII, 7; Giosuè, VII, 25; nelle Leggi di Platone: tutti i magistrati in rappresentanza dell'intera città; Palamede lapidato ab exercitu universo, Igin, Fab., 105; sul cadavere di Manfredi, secondo Benvenuto da Imola, singuli de exercitu Caroli iecerunt singulum lapidem).
Bibl.: R. Pettazzoni, Studi e materiali di storia delle religioni, I (1925), pp. 1-65; R. Hirzel, Die Strafe der Steinigung, in Abhandlungen der sächsischen Gesellschaft der Wissenschaften, phil.-hist. Klasse, XXVII (1909), pp. 233-266; K. von Amira, Die germanischen Todesstrafen, in Abhandl. d. bayer. Akad., XXXI, iii (1922).