LASSISMO
. Si può considerare il lassismo come stato di coscienza, e come sistema morale.
1. Come stato di coscienza è ciò che i teologi moralisti chiamano coscienza lassa, volgarmente detta coscienza senza scrupoli. Consiste in una disposizione abituale dell'animo, che per futili motivi giudica non essere comandata o proibita un'azione, almeno sotto colpa grave, quando invece la presunzione è tutta in favore della legge. Molteplici sono le cause di questo stato di coscienza. Anzitutto l'ambiente in cui si vive - famiglia, scuola, ecc. - privo di sentimenti morali e religiosi profondamente radicati: onde, per sottrarsi a principî teoreticamente ammessi, si suol dire che la pratica è diversa dalla teoria. Altra causa è l'assenza abituale di riflessione, per cui si formano giudizî falsi, sia nell'ordine speculativo sia nel pratico. Inoltre la violenza delle passioni, che rendono proclivi alla condiscendenza verso di esse; l'abitudine della colpa stessa, che fa diventare questa come una seconda natura.
2. Come sistema di morale ha la sua origine nella deficienza della cognizione della legge.
Secondo i teologi cattolici la legge naturale e la positiva, sia questa divina o umana, è la regola primaria della moralità delle azioni umane. Ma la legge deve essere conosciuta, e quando è conosciuta con certezza morale, nessun dubbio sulla sua obbligatorietà. La difficoltà però sorge quando è dubbia la sua esistenza. In tal caso esiste o no l'obbligo di osservarla.
A questa domanda si diedero diverse risposte, da cui trassero origine diversi sistemi di morale. Si disse che se non si è almeno moralmente certi della non esistenza della legge, si è obbligati ad osservarla: è il tuziorismo rigido. Altri risposero che per non essere obbligati ad osservare la legge dubbia è necessario che la non esistenza della legge sia probabilissima: è il tuzsorismo mitigato. Altri, ancora, che non si è obbligati ad osservare la legge quando la sua non esistenza sia più probabile della sua esistenza: è il probabiliorismo. Altri che per non essere obbligati basta che le ragioni in favore della non esistenza della legge siano egualmente probabili che le ragioni in favore della sua esistenza: è l'epiprobabilismo. Per altri non si è obbligati ad osservare la legge se in favore della sua non esistenza si dà una vera e solida probabilità anche se sia più probabile l'esistenza della legge: è il probabilismo moderato. Per altri infine la legge non obbliga quando in favore della sua non esistenza si ha un motivo anche solo debolmente probabile: è il sistema del lassismo.
Il lassismo, come sistema vero e completo di morale, non fu sostenuto da nessun teologo. Ci furono, specialmente nell'epoca della casistica, autori di teologia morale proclivi ad abbracciare opinioni giudicate comunemente dai teologi come rilassate, e che furono poi condannate; ma altro è che queste opinioni fossero veramente lasse, e altro che i suddetti autori le adottassero come tali; essi invece le adottavano giudicandole, sebbene falsamente, probabili. Basti citare il Caramuel, cisterciense, che da S. Alfonso de' Liguori è detto il principe dei lassisti. La Chiesa condannò apertamente il lassismo. Innocenzo XI (decreto del S. Uffizio, 2 marzo 1679) tra altre proposizioni riprovate, al n. 3 condannò pure quella che riferisce il principio del lassismo: in genere, quando si agisce affidati a una probabilità sia intrinseca sia estrinseca, benché tenue, purché non si esca dai confini della probabilità, si opera sempre prudentemente.
I principali autori condannati dalla Chiesa per le loro opinioni troppo benigne in fatto di obbligazioni morali furono: Giovanni Sánchez (morto nel 1624, prete spagnolo, da non confondersi con l'omonimo gesuita Tommaso, morto nel 1649); i teatini Marco Vidal, Angelo Maria Verricelli, Zaccaria Pasqualigo, Diana (morto nel 1663); il trinitario padre Leandro (morto nel 1663); i gesuiti Bauny (morto nel 1649), Tommaso Tamburini (morto nel 1675), Mattea de Moya (morto nel 1684), conosciuto anche sotto lo pseudonimo di Amadeus Guimenius; il cisterciense Caramuel (morto nel 1682). Anche l'opera Illustriores disquisitiones del domenicano Vincenzo Candido fu accusata di lassismo all'Inquisizione e, benché non messa all'Indice, fu disapprovata dal generale dell'ordine.
Quelli però che nel sec. XVII più soggiacquero all'accusa di lassismo furono i gesuiti, e attorno ad essi si svolse per molti decennî la cosiddetta "Querela del lassismo". La recente Compagnia di Gesù, con la sua straordinaria espansione, aveva suscitato contro di sé moltì nemici, specialmente in centri universitarî. D'altra parte alcuni autori gesuiti meritarono certamente la taccia di lassismo per alcune proposizioni in realtà rilassate. Tuttavia sarebbe ingiustizia accusare di lassismo l'insegnamento morale dell'intera Compagnia, anche solo di quell'epoca. Basti ricordare in contrario che il generale Tirso González (1687-1705) fu un ardente propugnatore del tuziorismo.
Oltre alle opinioni rilassate di vari autori gesuiti, servì pure di ansa all'accusa il fatto che essi in genere erano seguaci del probabilismo: per i rigoristi il probabilismo era già rilassatezza della morale cristiana. I giansenisti di Francia e Belgio attribuirono ai gesuiti la condanna dell'Augustinus di Giansenio (v.), risposero quindi attaccando l'insegnamento morale dei gesuiti, e presentandosi difensori della vera morale cristiana. Nel 1643 uscì a Parigi un libello anonimo, Théologie morale des jésuites, extraite fidèlement de leurs livres, ma fu condannato dal parlamento di Bordeaux, il 2 settembre 1644, "perché ripieno di calunnie, di menzogne e di ingiurie", e nel 1681 comparve nell'Indice. Un grande aiuto fu recato ai giansenisti dal Pascal con le sue celebri Lettere Provinciali, nelle quali, dalla 4ª apparsa il 25 febbraio 1656, alla 18ª uscita il 24 marzo 1657, intraprese un'aspra campagna contro la morale rilassata - come egli la chiama - gesuitica. Non si puo negare che il Pascal condanni con ragione qualche proposizione sostenuta da gesuiti, quali il padre Airault e il padre Bauny; in gran parte però egli giudica attraverso il velo della passione (v. casistica; pascal).
Oltre agli autori sopra citati, nel sec. XVII altri di minore importanza si trovavano in città universitarie e scuole teologiche con tendenze lassiste: specialmente nella prima metà di quel secolo il lassismo teorico poté costituire per la Chiesa un pericolo reale, esagerato da alcuni, da altri troppo ingenuamente negato. L'intervento però della Chiesa, con le condanne di Alessandro VII il 24 settembre 1665 e il 18 marzo 1666, e di Innocenzo XI il 2 marzo 1679, oppose un argine al pericolo; tanto più facilmente in Francia ove, sia per il gallicanismo, sia per il giansenismo, si piegava piuttosto verso il rigorismo.
Bibl.: V. la voce Laxisme, in Dict. de Théologie catholique, IX, i.