BENASSAI, Latino
Appartenente a una nobile famiglia lucchese, nacque nel 1488. Intrapresa la carriera ecclesiastica, si trasferì a Roma; non è da escludere che fosse parente di quel Ventura Benassai senese, tesoriere di Alessandro VI caduto poi in disgrazia, dal quale fu forse introdotto negli ambienti di Curia, dove percorse una rapida e brillante carriera: un ruolo della corte di Leone X degli anni 1514-1516 ce lo presenta come cameriere del papa, mentre in un documento del 12 luglio 1516 viene qualificato anche come canonico della basilica di S. Pietro (Biblioteca Apostolica Vaticana, cod. Ferrajoli 424, c. 144 r).
Nello stesso 1516 il papa si servì del suo giovane cameriere per una delicata missione diplomatica alla corte di Francesco I, dove il nunzio Ludovico di Canossa si mostrava incapace di superare le difficoltà che impedivano la stipula di un trattato di alleanza tra le due corti.
Francesco I aveva mandato suoi ambasciatori a Roma col compito di convincere Leone X ad accettare clausole onerose e umilianti che lo avrebbero legato strettamente alla corte di Francia. Si trattava in particolare di inserire nel trattato il duca di Ferrara, fedele alleato del cristianissimo, ma vassallo infedele della Santa Sede, e di restituirgli Modena e Reggio, tenute in quel momento dal papa. Leone X teneva moltissimo al trattato con la Francia, ma sulla questione del duca di Ferrara era assolutamente intransigente. Le trattative si protrassero lungamente senza che il Canossa potesse riuscire a rimuovere Francesco I dalle sue posizioni.
Insoddisfatto dell'opera svolta dal nunzio, il papa decise di mandare in Francia un uomo di sua piena fiducia che potesse controllare il Canossa e collaborare con lui. Il compito, precipuo del B. era di sforzarsi e con ogni diligentia, senza rompere el filo, di condurre questa capitulazione.... sanza fare mentione di Ferrara" (I manoscritti Torrigiani, p. 250). Pur di ottenere partita vinta su questo punto il B. poteva offrire a Francesco I le somme raccolte per la crociata, da lui tanto insistentemente richieste, 100.000 ducati per quattro anni, previa promessa di restituirli prima in caso di una spedizione contro il Turco. Il B. doveva trattare infine una terza questione di interesse diretto e personale dello stesso Leone X: il matrimonio di Lorenzo de' Medici duca di Urbino, "in una fia dil qu. duca Valentino, che è in Franza, molto rica, over in una fia dil re di Navara" (Sanuto, XXIII, col. 269), a condizione che il cristianissimo "provengha al duca o d'una bona dote o d'una entrata ferma d'un XII mila ducati d'oro l'anno, per potere tenere come si conviene una tale Madama, et fare honore a Sua Maestà ... " (I manoscritti Torrigiani, p. 253).
Recatosi in Francia, il B. si mise al lavoro con solerzia, riuscendo presto a introdursi con notevole abilità a corte dove si procurò amicizie e appoggi influenti ("il Gran contestabile e il gran maistro è fati amici di domino Latino orator dil papa, e questo perché voriano dal papa la ligation di Franza per suo fradelo dil gran maistro" : Sanuto, XXIII, col. 440).
Sulla questione dei duca di Ferrara le due parti si mostravano però irremovibili e l'abilità del giovane diplomatico fu messa a dura prova. Il B. certo procedeva, ma con fatica e lentezza, con grave disappunto del papa che aveva sperato in un sollecito disbrigo della faccenda. Il 10 febbr. 1517 il cardinale de' Medici scrisse al B. in termini piuttosto risentiti: "Et perché ne la capitulatione ordinata non era altra difficoltà che questo articulo di Ferrara, vi fu dato commissione per la nostra de' XII passato che promettessi et iurassi, pensando che paressi loro (como era) ad sufficientia; et non achadeva che voi perdessi questo tempo di aspectare altro mandato da N.S. di stipulare costì le altre cose, perché, fermo el punto di Ferrara, era fermo el tucto. Pare a N.S. che molto male habbiate interpretato la mente sua ad credere che habbi mandato voi, messer Latino, costì, per dare la lunga; perché se il Cristianissimo non faceva difficultà dove non la havea ad fare, ogni cosa sarià ferma et conducta; et non saresti stato mandato per allungare" (I manoscritti Torrigiani, p. 371).
Intanto una nuova nube venne ad oscurare i rapporti già tanto tesi fra le due corti: nel gennaio del 1517 Francesco Maria Della Rovere iniziò una campagna militare per riacquistare il ducato d'Urbino senza essere minimamente disturbato dal Lautrec, governatore di Milano. La Curia reagì violentemente sollecitando un intervento immediato di Francesco che il B. riuscì ad ottenere con la più viva soddisfazione del papa: "la diligentia et sollecitudine vostra è suta molto grata a N.S.", scrisse il cardinale de Medici Pii febbraio (ibid., p. 373).
Finalmente, ai primi di marzo, il B. concluse la sua missione in Francia e tornò a Roma. Il cardinal de' Medici ne scrisse il 12 marzo al Canossa con tono piuttosto soddisfatto (ibid., p. 380). Nell'aprile successivo il trattato venne ratificato dalle due corti che avevano raggiunto un accordo: il duca di Ferrara veniva escluso dal trattato, ma Leone X s'impegnava a restituirgli Modena e Reggio entro sette mesi dal ritorno della normalità nel ducato di Urbino. Lo stato attuale della documentazione non consente di stabilire fino a che punto la conclusione di questo compromesso fosse opera del B., il quale però vi ebbe sicuramente parte rilevantissima.
In premio dei servizi resi il B. fu nominato datario apostolico, ma la morte sopraggiunta improvvisamente stroncò all'inizio una carriera quanto mai promettente. Il 6 apr. 1518 l'oratore veneziano a Roma annunziò "la morte di domino Latino ... datario dil papa, zovene di anni 30" (Sanuto, XXV, col. 348).
Come ogni buon diplomatico pontificio, il B. ebbe sicuramente cultura umanistica: lo lascia supporre una lettera latina senza data a lui indirizzata da Iacopo Giunti, nella quale si discorre delle orazioni di Cicerone (Biblioteca Apostolica Vaticana, Reg. Lat., 2023, c. 185). I suoi dispacci dalla Francia sono da considerare perduti.
Fonti e Bibl.: Sommario della relaz. di Roma di Marino Giorgi, 17 marzo 1517, in Relazioni degli ambasc. veneti al Senato, a cura di E. Alberi, s. 2, III, Firenze 1846, p. 46; I manoscritti Torrigiani donati al R. Archivio centrale di Stato di Firenze, a cura di C. Guasti, in Arch. stor. ital., s. 3, XX (1874), pp. 244-2-55, 367-380; M. Sanuto, Diarii..., XXIII, Venezia 1888, ad Indicem (sub voce Latino); XXV, ibid. 1889, col. 348; Il ruolo della corte di Leone X (1514-1516), a cura di A. Ferraioli, Roma 1911, p. 12; A. Pieper, Zur Entstehungsgesch. der ständigen Nuntiaturen, Freiburg i. B. 1894, p. 265; W. Friedensbur, Ein Rotulus Familiae Papst Leo's X, in Quellen und Forsch. aus italienischen Archiven und Bibliotheken, VI (1903), p. 68; A. Schulte, Die Fugger in Rom. 1495-1523, I, Leipzig 1904, p. 265; P. Richard, Origines de la nonciature de France. Débuts de la représentation permanente sous Léon X, in Revue des questions histor., XLI (1906), pp. 133 s.; L. v. Pastor, Storia dei papi, IV, I, Roma 1919, pp. 105, 352.