BIANCHINI, Liberio
Poche le notizie che di lui ci restano e inadeguate per la delineazione di un preciso profilo biografico. Stando al Memorabilium sacri Ordinis Servorum B. M. V. breviarium edito dal Piermei (IV, Romae 1934, p 187; cfr. anche III, ibid. 1931, p. 286), dovrebbe esser nato a Roma: è ricordato infatti come "Liberius Blanchinius Romanus". Secondo il Mazzuchelli (Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 1190 s.), ricoprì "con riputazione" molte cariche nell'Ordine servita e fu notevole predicatore. Maestro in teologia, il B. fu, tra gli anni 1600 e 1602, parroco di S. Maria in Via a Roma. Nel 1607 era socio provinciale della provincia mantovana: con questa qualifica firmò la prefazione all'opera composta insieme con altri serviti contro Paolo Sarpi. Appartenne all'Accademia degli Insensati di Perugia con il nome di "L'Addormentato" (Rime di Francesco Coppetta ed altri Poeti Perugini scelte con alcune Note di Giacinto Vivoli, I, Perugia 1720, p. 147; alla stessa Accademia appartennero anche altri due estensori dell'opera contro il Sarpi: A. Vivolo e V. Seta). Morì a Casalmaggiore (Cremona) il 1º aprile del 1613: era allora priore provinciale della provincia mantovana.
In Memorabilium... breviarium (IV, pp. 188-189) si dà del B. un giudizio lapidario, ma positivo: "morum suavitate, doctrina ac dicendi copia praestans". E il Mazzuchelli ne pone in rilievo la "perizia nella teologia, nella sacra erudizione, e [lo] zelo a favore dell'autorità Pontificia" (p. 1190).
Quanto alla sua produzione letteraria, P. Mandosio afferma (Bibl. Romana, II, Romae 1692, p. 310) che il B. aveva composto opere teologiche di carattere controversistico e una serie di prediche, ai suoi tempi manoscritte in varie librerie dei serviti. Ma se il nome del B. viene ancora ricordato è per la sua partecipazione alla stesura della Difesa delle censure publicate da N. S. Paolo Papa V nella causa de' Signori Venetiani,fatta da alcuni Theologi della Religione de' Servi,in risposta alle Considerationi di fra' Paolo da Venetia dello stesso Ordine. Et al Trattato dell'Interdetto de' sette Theologi, pubblicata in Perugia "appresso gli Academici Augusti" nel 1607. La Difesa delle censure si inserisce nella cosiddetta "guerra delle scritture" che divampò tra i fautori dei buoni diritti della Repubblica di Venezia e i sostenitori delle immunità ecclesiastiche al tempo dell'interdetto lanciato da Paolo V contro Venezia. Tra i secondi si schierò l'Ordine dei serviti, anche per mostrare pubblicamente quanto riprovasse l'operato del Sarpi: nel 1606 era apparsa a Perugia infatti l'Apologia contra le considerazioni di Fra Paolo Sarpi di Lelio Baglioni e, nel 1607, con la Difesa delle censure, fu pubblicata a Rimini la Confutatio duorum tractatuum di Angelo Maria Sermarini e, a Bologna, vennero stampate le De ecclesiastica immunitate disputationes sex di Agostino Vigiani. I teologi impegnati nella Difesa delle censure son tutti elementi di un certo valore per le cariche da essi ricoperte nell'Ordine: accanto al B., il cui nome compare all'ultimo posto in calce alla prefazione, si trovano Antonio Vivolo da Corneto (che venne poi eletto generale del capitolo del 1609), Deodato Ducci da Borgo San Sepolcro, procuratore generale, Valerio Seta, veronese, provinciale della Marca Trevigiana, Dionigio Bucherelli, reggente dell'Annunziata di Firenze, e Cristoforo Galgani di Siena, noto predicatore. Non possediamo alcun elemento che possa consentire una puntualizzazione del contributo specifico apportato dai singoli teologi alla Difesa delle censure, e quindi neppure del Bianchini. Per questo non possiamo che enunciare un giudizio globale sull'opera stessa, di cui i sei teologi portano la responsabilità in solido. Intanto va detto che l'opera non dà tutto quanto il titolo promette: vi manca infatti la confutazione del Trattato dell'Interdetto dei sette teologi veneti, che non fu mai stampata; certamente perché una confutazione da parte romana, ritenuta insuperabile, era stata fatta dal Bellarmino e da P. Comitolo, oltre che dal Baglioni. L'intento di mostrare a Paolo V che "se uno, o due di quest'ordine hanno offesa la Santa Sede Apostolica, gli altri tutti sono a lui ubbidientissimi, e disposti a spargere il sangue, et esporre la vita in difesa della sua autorità e del suo honore" - come si dice nella prefazione - si tocca con mano lungo tutto il corso dell'opera: gli autori sono portati infatti a estendere sino ai limiti del pensabile la potestà pontificia, così che le argomentazioni sono ispirate a un massimalismo estremo, che supera di gran misura le posizioni dello stesso Bellarmino. A p. 40 si legge, per esempio, che l'affermare che il papa "non ha giuridittione, se non in cose spirituali e nulla in cose temporali", "è errore e bestemmia d'Heretici"; come "è dottrina d'Heretici" "l'arrogarsi Prencipe laico la giuridittione sopra i Chierici" (p. 153). Gli estensori della Difesa delle censure ritengono vera la proposizione che il papa abbia "direttamente pienissima potestà, e giuridittione sopra tutti i Prencipi del mondo" (p. 40) e nel cap. XII si afferma di nuovo che il papa, oltre a essere "vero, e Sommo Sacerdote, vicario di Cristo, supremo Pontefice", è "Rettore di Santa Chiesa, e di tutto il Mondo" (p. 290). Precedendo il Pallavicino, che porrà alla fine di ogni parte della Istoria del Concilio di Trento un "catalogo degli errori" compiuti dal Sarpi nella corrispondente trattazione della Istoria, i seiteologi serviti raggruppano in un elenco le "bugie più manifeste" (trentuno) desunte dalle Considerationi del Sarpi. In complesso si tratta di un lavoro estremamente polemico, in cui i sei teologi cercano di sgominare il "Sinistro Consigliere" o, come semplicemente e più spesso il Sarpi è chiamato, "l'Avversario", senza nascondere la speranza che egli "ravveduto, e pentito si getti a' piedi del Santissimo Pontefice, ove truovi perdono del suo fallo; e acquisti a se salute, e alla sua Madre Religione allegrezza" (p. 304).
Anche se si può pensare che quest'opera non rispecchi fedelmente le idee dei sei teologi, in quanto esse potrebbero qui apparire maggiorate, non sembra si possa fare a meno di considerare questi ultimi, e quindi anche il B., come impregnati di spirito controriformistico. Basta vedere come è stato formulato il titolo del capitolo III: "Si spiega il secondo proposito, che i Canoni, Concilij, e Decreti Pontificij obligano, e particolarmente quanto all'Immunità Ecclesiastica" (p. 31).
Bibl.: Annalium sacri Ordinis Fratrum Servorum B. Mariae Virginis a suae institutionis exordia centuriae quatuor, a cura di A. Giani, Lucae MDCCXXI, p. 420 1 F; F. Scaduto,Stato e Chiesa secondo fra Paolo Sarpi e la coscienza pubblica durante l'interdetto di Venezia del 1606-1607, Firenze 1885, pp. 220-221; B. Ulianich,Sarpi e i Gallicani: primi appunti, in P. Sarpi,Lettere ai Gallicani, a cura di B. Ulianich, Wiesbaden 1961, pp. XIV-XXXVII; B. Ulianich, P. Sarpi,il generale Ferrari e l'Ordine dei Serviti durante le controversie veneto-pontificie, in Studi in onore di A. Pincherle, II, Roma 1967, pp. 582-645.