LIBERTÀ
. Diritti di libertà e delitti contro le libertà politiche (XXI, pp. 49 e 53). - Lo stato democratico riconosce all'uomo una somma di diritti che ne garantiscono l'esistenza morale e fisica, stabilendo per l'attività dello stato limiti, tutelati da guarentigie, che si risolvono tecnicamente in diritti subbiettivi dei singoli, rivolti contro l'ingerenza dello stato, e non già contro altri soggetti. La costituzione italiana regola i diritti di libertà.
Il primo e maggiore di questi è l'uguaglianza, che determina in maniera precisa la posizione costituzionale del singolo. La regola che "tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge" (art. 3 costituzione) pone un principio fondamentale di struttura e di organizzazione dello stato. In tal modo la legge, o l'atto amministrativo, che vi deroghi, deve ritenersi incostituzionale.
Affermata, con il principio di uguaglianza, la posizione dell'individuo nell'ordinamento giuridico, dev'essere protetta la persona. L'art. 13 della costituzione, sul presupposto che "la libertà personale è inviolabile", garantisce al singolo il diritto di libertà dalla detenzione, dalle ispezioni, dalle perquisizioni personali e da qualsiasi altra restrizione della libertà personale; la garanzia naturalmente non è assoluta, ma cede di fronte ad un atto motivato dell'autorità giudiziaria, nei casi e nei modi previsti dalla legge. Ciò dimostra che lo scopo della tutela personale sta nella protezione dagli arbitrî dell'esecutivo. Per contemperare però il principio comune con le giuste esigenze dell'ordine pubblico, si concede all'autorità di pubblica sicurezza di adottare provvedimenti provvisorî, limitati nella loro efficacia a 48 ore complessivamente: se entro tale periodo l'autorità giudiziaria, subito informata, non accorda la sua convalida, interviene de iure la revoca, che elimina ogni effetto. La stessa carcerazione preventiva, quando ammessa, non può eccedere i termini fissati nel massimo dal legislatore ordinario. Anche il principio sancito dall'art. 25 della costituzione, per cui nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso, più che in una semplice garanzia processuale si risolve in un vero diritto di libertà, che salvaguarda l'individuo non solo dalle inframmettenze degli organi esecutivi, ma anche nei confronti del legislatore ordinario. Per quel che concerne il trattamento sanitario, che può venire obbligatoriamente imposto, il testo costituzionale fissa oggi il limite invalicabile del rispetto della persona umana (art. 32). A necessario complemento del diritto di libertà personale, è previsto il diritto di integrità della persona, la quale non deve subire violenze fisiche o morali, anche se sottoposta legittimamente a restrizioni di libertà.
Il singolo deve poter poi liberamente esplicare la sua attività lecita. A questo principio si collegano le libertà di domicilio, di soggiorno, circolazione, emigrazione, di scelta del lavoro, di iniziativa economica, e le libertà patrimoniali. L'art. 14 della costituzione pone la regola dell'inviolabilità del domicilio, che si sostanzia nel divieto di ispezioni, perquisizioni e sequestri, fuori dei casi e modi stabiliti dalla legge. Le stesse ingerenze dovute a cause di interesse collettivo prevalente, come le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali, debbono rispettare le norme delle leggi apposite. La libertà di soggiorno e locomozione comprende il diritto di fissare la propria residenza o il domicilio in un luogo qualsiasi del territorio nazionale e di circolare in esso, come pure di uscirne e di rientrarvi, fatti salvi i divieti previsti dalla legge per categorie determinate di persone (cittadini sotto leva) o per zone particolari (luoghi infetti, zone fortificate). Anche il diritto di emigrazione è riconosciuto (art. 35) e non può essere limitato se non nell'interesse generale. Non si considera motivo sufficiente a comprimere la libertà di soggiorno il reato politico commesso all'estero da uno straniero, donde il divieto di estradizione per tale causa.
La libertà di scelta delle proprie occupazioni sta ad indicare che il dovere del lavoro, di cui all'art. 4 della costituzione, non potrà essere di norma tradotto nella forma del lavoro coatto, proprio dei paesi totalitarî. Il principio della libertà dell'iniziativa economica (art. 41 costituzione) si connette strettamente con quello del mantenimento del diritto di proprietà (art. 42). Nel primo caso il diritto del singolo non può spingersi al punto da produrre un contrasto con l'utilità sociale, ovvero un danno alla sicurezza, libertà e dignità umane. Anche la proprietà, come necessaria integrazione dell'uomo, è riconosciuta e protetta dalle ingerenze dell'esecutivo, ma si devolve alla legge di garantirne la funzione sociale e la universale accessibilità; è consentito inoltre l'esproprio per motivi di interesse generale, salvo sempre congruo indennizzo. Limiti particolari possono incontrare, in quanto tali, le imprese private monopolistiche o attinenti a servizî pubblici essenziali (art. 43) e la proprietà terriera (art. 44).
Un altro fondamentale gruppo di diritti di libertà concerne il pensiero e la sua manifestazione: appartengono a questa categoria i diritti di libertà di coscienza, di culto, di parola, di stampa, di insegnamento, ecc. Il diritto di professare la propria fede, in forma individuale o associata, di propagandare la religione, di esercitarne privatamente o pubblicamente il culto, è dichiarato e protetto dall'art. 19 della costituzione con il solo vincolo inerente ai riti contrarî al buon costume, che sono vietati. Il successivo art. 20 stabilisce, contro i principî delle leggi eversive del secolo scorso, che le associazioni o istituzioni ecclesiastiche o a fini di religione e di culto, non debbono, solo a causa della loro natura, subire speciali pesi fiscali né riduzioni di capacità.
La libertà di parola ha assunto ai giorni nostri eccezionale importanza per l'uso della radio. Poiché le trasmissioni richiedono imponenza di impianti che rendono quasi impossibile ogni concorrenza, chi disponga di questo mezzo gode de facto di un monopolio di propaganda. Ciò non potrebbe ammettersi in un paese democratico; tuttavia la norma costituzionale, se esprime chiaramente il principio che "tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto, ed ogni altro mezzo di diffusione", tace sulle concrete applicazioni. Solo il diritto di stampa è accuratamente regolato nelle sue particolarità. L'art. 21 della costituzione vieta l'autorizzazione preventiva e la censura per la stampa, si intende anche, e particolarmente, per quella periodica. Per quest'ultima occorre la registrazione presso la cancelleria del tribunale. Contro il prepotere dell'esecutivo, il diritto di stampa viene garantito consentendo il sequestro dei periodici agli ufficiali di polizia giudiziaria solo in caso di assoluta urgenza e impossibilità di tempestivo intervento delle autorità giurisdizionali, che però debbono convalidare in ogni caso il provvedimento entro le 48 ore successive all'emanazione. Il sequestro è ancora ammesso, su atto motivato dell'autorità giudiziaria, per i delitti specificati dalla legge sulla stampa. Logicamente e strutturalmente connessa alle precedenti è la libertà di insegnamento (art. 33). L'insegnamento non è, e non può essere, nello stato democratico, monopolio dello stato, ma lo stato deve vigilare affinché di questo delicato diritto non si abusi. Il libero insegnamento, dice la costituzione, deve peraltro esercitarsi "senza oneri per lo stato". Il medesimo scopo di garanzia di libera esplicazione della vita morale dell'individuo sta alla base del diritto di libertà e segretezza della corrispondenza, e in genere di ogni forma di comunicazione (art. 15). Solo l'autorità giudiziaria, e con atto motivato, potrà provvedere per casi singoli e con le garanzie di legge.
A necessario complemento delle libertà di pensiero, segue il gruppo delle libertà concernenti le manifestazioni della vita collettiva: di riunione, di associazione, di sciopero. Il diritto di riunione non tutela le riunioni private, quelle che per essere tenute in un locale chiuso non sono accessibili a tutti, e pertanto sono garantite dall'inviolabilità del domicilio. Il principio affermato nella costituzione sancisce il diritto dei cittadini di radunarsi pacificamente e senz'armi (art. 17); se la riunione avviene in luogo aperto al pubblico (teatro, stadio) non occorre formalità alcuna, mentre se avviene in luogo pubblico (strada, piazza) necessita preavvisarne l'autorità. Questa ha potere di porre il suo divieto solo per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica. La libertà di associazione, caratterizzata dalla permanenza dello scopo, concerne quelle non aventi fine di lucro. Il diritto è operante senza bisogno di autorizzazione, purché gli scopi non siano vietati ai singoli dalla legge penale; inoltre, come limite assoluto, sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare. Divieti particolari possono essere imposti dalla legge per l'iscrizione a partiti politici di magistrati, ufficiali delle forze armate in servizio permanente effettivo, funzionarî di polizia, diplomatici, ecc. Anche il diritto di sciopero, esplicitamente riconosciuto (art. 40), viene subordinato nella sua realizzazione alle norme della legge ordinaria.
Di un limitato "diritto di resistenza" è poi possibile parlare sulla base dell'art. 4 del decr. legisl. luog. 14 settembre 1944, n. 288, che consente rimangano impuniti i reati di oltraggio, violenza o minaccia ad un pubblico ufficiale o ad un corpo politico amministrativo o giudiziario, quando "il pubblico ufficiale, o l'incaricato di un pubblico servizio, ovvero il pubblico impiegato abbia dato causa al fatto... eccedendo con atti arbitrarî i limiti delle sue attribuzioni". È così ben chiaro che il diritto di resistenza non si pone come mezzo di difesa contro la legge, ma solo contro le ingerenze indebite dei titolari degli uffici preposti all'esecuzione delle norme.
In materia di delitti contro le cosiddette libertà politiche, cioè contro l'esercizio dei diritti di partecipazione attiva alla vita dello stato, l'ordinamento vigente poggia ancora, in linea di massima, sull'art. 294 cod. pen., il quale punisce coloro che frappongono ostacoli all'esercizio di un diritto politico, o vogliono far assumere a detto esercizio una direzione determinata. Importanza notevole, in tema di difesa della libertà, assume il regolamento, della repressione del neofascismo. Così il decr. legisl. luog. 26 aprile 1945, n. 195, e la legge 3 dicembre 1947, n. 1946 puniscono prendendo a giustificazione gli intenti liberticidi - coloro che promuovono o ricostituiscono un partito fascista o vi aderiscono o che esplicano attività fascista "impedendo od ostacolando con atti di violenza o di minaccia l'esercizio dei diritti civili e politici dei cittadini", e la restaurazione, con mezzi violenti, dell'istituto monarchico.
Mentre i principî qui esposti valgono in via generica per la categoria dei diritti politici nel complesso, il diritto di voto trova una tutela specifica nelle leggi apposite. Il titolo VI della legge 7 ottobre 1947, n. 1058, prevede i reati concernenti la compilazione delle liste elettorali, tra i quali i maggiori si riferiscono ad iscrizioni od omissioni illegittime. Il T. U. 5 novembre 1948, n. 26, al titolo VI, riguarda invece i reati relativi al procedimento elettorale vero e proprio: offerte, promesse e somministrazioni di beni o vantaggi, per ottenere firme di presentazione di candidature; reati commessi mediante violenze, minacce (sull'elettore od un suo congiunto) o mediante raggiri, artifizî o mezzi comunque illeciti, per lo scopo di cui sopra o per influenzare l'elettore nella sua scelta o per provocare l'astensione dal voto. Le pene sono aggravate se si tratta di fatti commessi nell'esercizio e con abuso delle proprie funzioni, da pubblici ufficiali, incaricati di pubblici servizî, ministri di qualsiasi culto, persone investite di pubblici poteri o funzioni; così pure nel caso che si sia fatto uso delle armi, o che vi sia il concorso di più di 5 o 10 persone, a seconda dei casi.
Altre norme tutelano specificatamente, con reclusione e multa, la libertà delle riunioni di propaganda, l'affissione di manifesti o stampati, la regolarità dello svolgimento delle operazioni di voto.