LIBIA
(XXI, p. 57; App. I, p. 790; II, II, p. 196; III, I, p. 990; IV, II, p. 333)
La riforma costituzionale del 1977 mutò il nome dello stato in Repubblica Araba Libica Socialista Popolare (Ǧamāhīriyya), investendo del potere il Congresso generale del popolo. La L. rivendica da tempo una fascia di territorio (striscia di Ūzū) attualmente sotto la sovranità del Ciad; la controversia è culminata in azioni militari (1987-88; v. oltre: Storia), prima che i paesi coinvolti decidessero di rimettere il giudizio alla Corte Internazionale di Giustizia (1990).
Alle 46 circoscrizioni amministrative attuali il censimento del 1984 attribuisce una popolazione complessiva di 3.637.488 ab. (aumentata a 4.000.000 secondo le stime del 1990), con una densità media di circa 2 ab./km2. La crescita demografica (superiore al 60% rispetto alla rilevazione del 1973) è sostenuta da un forte saldo naturale positivo, che si aggira sul 2,5% annuo. Per tutti gli anni Settanta si sono aggiunte cospicue correnti migratorie, che hanno portato in L. oltre 580.000 lavoratori stranieri (in particolare Arabi e Turchi) richiamati dallo sforzo d'industrializzazione e dai programmi di lavori pubblici. Più tardi, alcune difficoltà economiche e contrasti nelle relazioni internazionali hanno indotto il governo libico a espellere parte di tali contingenti.
La popolazione urbana è in notevole espansione, soprattutto nell'area della Grande Tripoli, che aduna ormai circa 1.000.000 di ab., e nell'agglomerato di Bengasi, che ne accoglie quasi 500.000. Oltre a questi due capisaldi dell'apparato produttivo e della rete degli scambi, la fascia mediterranea annovera altri sette centri tra i 20.000 e i 50.000 ab., tra cui emergono Misurata (Miṣurātah) e al-Bayḍā'; nell'interno solo Sabhā si colloca a tali livelli. Per riequilibrare tanto predominio del popolamento costiero (e anche per motivi strategici), dal 1987 è stato avviato il trasferimento dei poteri amministrativi da Tripoli a Hūn, piccolo centro posto 650 km a sud-est della vecchia capitale.
Condizioni economiche. − La notevole dipendenza dalla rendita petrolifera ha generato ritardi nell'attuazione dei piani di sviluppo quando − negli anni Ottanta − i prezzi del greggio sono calati e lo sfruttamento delle risorse è stato più contenuto. Burrascose relazioni politiche con alcuni paesi industrializzati e con gli stati confinanti hanno inoltre comportato boicottaggi economici e difficoltà nell'accesso alle tecnologie essenziali per lo sviluppo. I programmi governativi assegnano grande importanza all'agricoltura, che impegna ora solo il 15% degli occupati e fornisce meno del 2% del prodotto nazionale lordo. La riforma agraria varata nel 1969 ha insediato 15.000 nuovi proprietari, ma non ha frenato in alcun modo l'esodo dalle campagne. Agli inizi degli anni Novanta è stato completato il primo stadio di ambiziosi progetti per estendere i perimetri irrigui, ora assai esigui, attingendo le acque dai profondi strati acquiferi sahariani e trasferendole nell'area sirtica e nella regione di Bengasi.
Nonostante gli sforzi, le produzioni ristagnano: nel 1990 il raccolto di cereali ha superato di poco i 3 milioni di q e quelli di datteri e agrumi hanno dato circa un milione di q ciascuno; dalle olive non si sono ottenuti più di 210.000 q di olio. Risultati più confortanti hanno dato le colture di pomodori (2,2 milioni di q), quelle di patate e di alcuni ortofrutticoli. Gli investimenti nel comparto dell'allevamento hanno consentito di portare a 250.000 capi i bovini, a 6,8 milioni gli ovini e i caprini, a 193.000 i cammelli; notevoli risultati sono stati conseguiti soprattutto nel comparto degli animali da cortile, nella prospettiva di accrescere la disponibilità di carne e uova. Nel complesso, comunque, si calcola che il settore agricolo garantisca appena il 20÷30% del fabbisogno alimentare del paese.
Il comparto degli idrocarburi assicura tuttora il 97% delle esportazioni con un introito che nel 1990 è stato stimato a 9 miliardi di dollari; la sua incidenza sul prodotto nazionale lordo tende, però, a calare intorno al 30%. La produzione petrolifera ha raggiunto, sempre nel 1990, i 67,2 milioni di t l'anno (erano 50 nel 1988); per sostenere il valore delle vendite, una parte crescente del greggio viene trattata nelle raffinerie oggi operanti (circa venti). Un impianto di liquefazione presso Marsa Brega consente di avviare verso l'estero consistenti quantità di gas (estratto in 7 miliardi di m3 nel 1989). Soprattutto in prossimità dei terminali petroliferi sono state costruite numerose fabbriche chimiche.
È in via di realizzazione nei dintorni di Misurata un impianto che dovrebbe produrre 1 milione di t l'anno di acciaio a partire dal minerale ferroso dei giacimenti scoperti a Wādī al-Šāṭī', circa 900 km a sud della costa mediterranea. In grande espansione appare l'industria del cemento (3 milioni di t nel 1988), che sostiene con numerosi impianti (il maggiore è presso Homs) il notevole programma di edilizia residenziale e di opere pubbliche.
L'apparato industriale è destinato a potenziamenti e a diversificazioni via via che giungono a compimento gli ambiziosi programmi formulati dal governo libico, che ha anche rivolto grande attenzione alle vie di comunicazione, dotando il paese di nuove strade asfaltate (per un totale di 8700 km nel 1986), di scali portuali più moderni e di una rete ferroviaria che dovrebbe in breve tempo raggiungere i 3000 km. In tanto fervore di realizzazioni sono coinvolte numerose imprese straniere, tra le quali è particolarmente rilevante la presenza turca. Dopo la drastica flessione delle esportazioni verso gli Stati Uniti causata dalle gravi tensioni politiche, il principale partner commerciale della L. resta l'Italia, che rappresenta anche il principale fornitore di beni strumentali e di prodotti di consumo.
Bibl.: K. Schliephake, Tendenzen und Standorte der industriellen Entwicklung in Algerien und Lybien, in Würzburger geographische Arbeiten, Würzburg 1979; Istituto Affari Internazionali, Politica di sviluppo e di industrializzazione in Egitto e Libia, Roma 1981; Libya since independence. Economic and social development, a cura di J.A. Allan, Londra 1982; The economic development of Libya, a cura di B. Khader e B. El-Wifati, ivi 1987; A glance of the Libyan economy, in Syrie et monde arabe, Parigi 1988; Libya's new oil era, in OPEC Bulletin, Vienna 1988; H. J. Deel, Libya's foreign policy in North Africa, Boulder 1991; A. Martel, La Libye 1885-1990. Essai de géopolitique historique, Parigi 1991.
Storia. - La creazione della Ǧamāhīriyya Araba Libica Socialista Popolare, in base alla costituzione del 2 marzo 1977, mutò sostanzialmente l'assetto ideologico e gli ordinamenti statali della Libia. Il congresso generale del popolo (organo costituito nel 1975, apice di una struttura piramidale di comitati popolari presenti presso tutti gli organismi pubblici e le aziende del paese) elesse un Comitato generale del popolo di 26 membri, che sostituì il Consiglio dei ministri, e una Segreteria generale del Congresso, presieduta da Gheddafi (al-Qadhdhāfī), che sostituì ai vertici dello stato il Consiglio del comando della rivoluzione; le ambasciate libiche lasciarono il posto ai cosiddetti ''uffici del popolo'', con radicale trasformazione delle vecchie strutture diplomatiche. Nel marzo 1979 lo stesso Gheddafi si dimise dalla carica di segretario generale del Congresso del popolo (capo dello stato) e rimasto ''capo della rivoluzione'' si dedicò all'applicazione dei principi enunciati nel suo ''Libro Verde'' (pubblicato in tre volumi fra il 1976 e il 1979). Il consolidamento istituzionale del regime fu accompagnato dall'irrigidimento nella lotta contro le opposizioni, soprattutto a partire dal 1980 quando prese il via una violenta campagna contro gli elementi anti-rivoluzionari, in patria e all'estero, che doveva continuare anche negli anni successivi.
Le opposizioni interne non cessarono tuttavia le loro attività, culminate il 17 maggio 1984 nel fallito tentativo di espugnare la residenza fortificata di Gheddafi, nei dintorni di Tripoli. Anche se il governo riuscì sempre a mantenere il controllo della situazione, i movimenti di dissenso interno e un certo isolamento politico sul piano internazionale portarono gradualmente Gheddafi ad assumere un atteggiamento più moderato. Il 1988 fu segnato dall'avvio di varie riforme miranti a un maggiore rispetto dei diritti umani in politica e a una prudente riapertura verso l'iniziativa privata in economia.
In politica estera, la L. si distinse per l'atteggiamento intransigente nei riguardi della questione palestinese e per il rifiuto di ogni compromesso con Israele (con conseguente condanna delle iniziative di pace egiziane). Parallelamente, si andarono sempre più deteriorando i rapporti con gli Stati Uniti, in un crescendo di tensioni che culminarono nel bombardamento di Tripoli e di Bengasi a opera dell'aviazione statunitense, avvenuto il 15 aprile 1986.
Sul piano internazionale i rapporti con l'Egitto, già molto tesi a partire dal 1973, giunsero, in seguito alla pace separata fra Egitto e Israele (marzo 1979), alla rottura delle relazioni diplomatiche, mentre la L. costituiva, insieme ad Algeria, OLP, Siria e Yemen del Sud, il cosiddetto ''fronte del rifiuto''. La politica estera libica, improntata a un nazionalismo arabo fortemente antiisraeliano e antioccidentale, fu segnata nel corso degli anni Ottanta da ripetute tensioni anche con altri paesi arabi, come la Giordania, la Tunisia, il Marocco (escluso un periodo di riavvicinamento a quest'ultimo fra il 1984 e il 1986, durante il quale fu tentata un'unificazione politica), l'῾Irāq, il Sudān di Numeirī. Parallelamente si andarono sempre più deteriorando i rapporti con gli Stati Uniti, che insieme ad altri paesi, soprattutto del mondo occidentale, accusavano la L. di essere coinvolta in episodi di terrorismo internazionale. Dopo uno scontro militare nel golfo della Sirte (agosto 1981) la crescita della tensione fra i due stati portò al bombardamento di Tripoli e Bengasi a opera dell'aviazione statunitense, il 15 aprile 1986. Ancora nel 1989 aerei militari statunitensi colpirono due caccia libici in volo sopra acque internazionali nel Mediterraneo.
Un altro avvenimento di grande rilevanza sul piano internazionale fu il coinvolgimento militare della L. in Ciad. Avvalendosi di quanto stabilito in un trattato del 1935, mai ratificato, fra Francia e Italia, sin dall'inizio dal 1973 le truppe libiche avevano occupato la striscia di Ūzū, nel Ciad settentrionale, fornendo aiuti a formazioni ribelli contro il governo centrale. Negli anni seguenti più volte la L. si trovò ad appoggiare diversi movimenti di guerriglia, mentre il governo di N'djamena a partire dal 1983 riceveva aiuti dalla Francia. Nel 1989 Ciad e L. firmarono un accordo di pace, mentre la disputa sulla striscia di Ūzū veniva affidata, nell'agosto 1990, all'arbitrato della Corte internazionale di giustizia.
Il miglioramento delle relazioni interregionali, verificatosi a partire dal 1987, permise alla L. di partecipare alla creazione, nel febbraio 1989, dell'Unione del Maghreb arabo, sulla base di un trattato di integrazione politica ed economica al quale aderirono anche Algeria, Marocco, Mauritania e Tunisia. Le prime difficoltà a presentare una posizione comune dei paesi dell'Unione si mostrarono, tuttavia, nell'agosto 1990 di fronte alla crisi nata dall'invasione irachena del Kuwait, durante la quale la L. adottò una posizione di aperto sostegno all'῾Irāq. Un'ulteriore fase di tensione si è aperta nel novembre 1991 con Stati Uniti e Gran Bretagna che hanno accusato due cittadini libici di essere responsabili dell'esplosione, nel dicembre 1988, di un aereo di linea statunitense sopra la cittadina scozzese di Lockerbie. La richiesta di estradizione dei due accusati, avanzata da Stati Uniti e Gran Bretagna, è stata respinta dalla L. (che si è rivolta alla Corte internazionale di giustizia dell'Aia), ma ha ricevuto l'appoggio del Consiglio di Sicurezza dell'ONU che nel 1992 ha varato sanzioni economiche contro la Libia.
Bibl.: R. First, Libya. The elusive revolution, Londra 1974; J. Wright, Libya: a modern history, ivi 1982; M. Brondino, Il Grande Maghreb: mito e realtà, Milano 1988.
Letteratura. - La poesia, per molti secoli affidata a una tradizione orale, è il genere letterario più frequentato. Durante l'ultimo periodo della dominazione turca (1835-1911), accanto a poeti appartenenti all'Ordine dei Senussi, come ῾Abd al-Raḥīm al-Maġbūb e Aḥmad al-Faqīh Ḥasan (m. 1887), troviamo Muṣṭafa Ibn Zikrī (1853-1918), che ha introdotto importanti innovazioni nella poesia d'amore; Muḥammad ῾Abd Allāh al-Sunnī (1860-1929) e Sulaymān al-Bārūnī (1870-1940) che, oltre a forme e contenuti della poesia araba classica, tratta temi contemporanei, quali il nazionalismo, la liberazione dagli stranieri e la rinascita del mondo arabo.
Questi argomenti permangono, pur assumendo un colorito più moderno, nel periodo dell'occupazione italiana. Ricordiamo, fra gli altri, Muḥammad Aḥmad al-Šarīf (1864-1959), nelle cui opere appaiono anche contenuti mistici; Aḥmad Rafīq al-Mahdawī (1898-1961), poeta dell'esilio; Aḥmad Aḥmad Qanāba (1898-1968) e Ibrāhīm al-Usṭā ῾Umar (1908-1950), in cui si fondono simbolismo e realismo, disperazione e spinta alla lotta.
Nel 1943 venne fondata l'associazione culturale ῾Umar al-Muẖtār e nel 1955 l'università libica: fattori questi che, con il mutare della situazione politica, influirono sulla nuova e numerosa generazione di poeti, fra i quali ricordiamo ῾Alī Ṣidqī ῾Abd al-Qādir (n. 1924), che ha introdotto il verso libero, Muḥammad al-Mahdī (n. 1943) e ῾Alī Muḥammad al-Ruqay῾ī (1934-1966).
La narrativa si è diffusa, dopo la seconda guerra mondiale, sulla scia di traduzioni e adattamenti di opere letterarie occidentali. ῾Abd Allāh al-Quwayrī (n. 1930), Kāmil Ḥasan al-Maqhūr (n. 1935), ῾Alī Muṣṭafa al-Miṣratī (n. 1926), H̱alīfa al-Takbālī (1938-1966), Bašīr alHāšimī (n. 1936) e Yūsuf al-Šarīf (n. 1938) adottano canoni e stilemi del realismo per descrivere contraddizioni e problemi della situazione politica, dell'industrializzazione, del neocolonialismo e dei rapporti familiari. Realistico è anche il primo romanzo libico Bayna al-qalbayni ("Fra due cuori", 1967) di Muḥammad ῾Abd al-Kāfī. Scrittore, ma anche critico e italianista, è H̱alīfa al-Tillīsī (n. 1930).
Il teatro è apparso dalla fine degli anni Cinquanta con rappresentazioni, in arabo sia letterario che dialettale, che esaltano la lotta contro l'occupazione straniera, mentre opere non gradite al regime venivano e vengono censurate. Fra i commediografi vanno ricordati il già citato ῾Abd Allāh al-Quwayrī, ῾Abd al-Ḥamīd al-Maġribī e Muḥammad Ṣālih al-Qammūdi.
Con la rivoluzione del 1969 la produzione letteraria è aumentata, ma l'ideologizzazione ha uniformato i contenuti, limitando sensibilmente la molteplicità delle voci e la libertà culturale.
Bibl.: N. Sraieb, Introduction à la connaissance de la littérature libyenne contemporaine, in La Libye nouvelle. Rupture et continuité, Parigi 1975, pp. 231-58.
Archeologia. - Dagli ultimi anni Settanta numerose sono state le scoperte archeologiche, molte dovute a scavi regolari, moltissime al grande sviluppo che in ogni sua regione e in ogni settore il paese ha conosciuto. Sono anche stati realizzati numerosi musei: uno, imponente, dentro il Castello di Tripoli, ha preso il posto del precedente museo archeologico sistemato da G. Caputo ed E. Vergara Caffarelli.
Si tratta di un enorme edificio che occupa la sezione del castello che guarda il mare e contiene non solo una selezione dei materiali archeologici del vecchio museo, ma anche una sezione etnografica, una di storia naturale e una sulla storia della Repubblica socialista. Un altro importante museo archeologico è stato realizzato nel 1991 a Leptis Magna grazie al locale soprintendente, O. Majub, mentre un nuovo grande museo ha arricchito Bengasi nell'area di scavo di Sīdī H̱rībīš. Non è stato invece iniziato il museo di Cirene del quale, pure, da più di 25 anni è stato realizzato un progetto esecutivo a opera di V. Cabianca dell'università di Palermo.
Per le ricerche preistoriche, le scoperte più significative vengono ancora dal Fezzan, ove F. Mori ha continuato l'esplorazione del Tadrart Acacus, iniziata nel 1955. Dalle ricerche degli ultimi anni sono emerse evidenze fondamentali per l'impostazione del quadro relativo alla lenta insorgenza della neolitizzazione in quest'area sahariana: nuove datazioni, ceramica risalente al 9° millennio da oggi, ritrovamenti d'industria ateriana nei livelli più antichi, analisi polliniche, archeozoologiche e paleoclimatiche. Tutto questo consente oggi di proporre un'aggiornata sequenza degli stadi cronologici e culturali, e sintetizzando informazioni provenienti da territori diversi, costruisce un quadro a largo raggio dell'area sahariana: essa ha come esito un'economia di produzione a base pastorale, ovunque preceduta da una fascia di preadattamento a livello di caccia, pesca, raccolta.
Per ciò che riguarda l'arte rupestre, si deve sottolineare che la fase più antica, detta ''della grande fauna selvaggia'' o ''del Bubalus (Homoioceras) antiquus'', sembra comprendere soltanto graffiti ed è oggi attribuibile al tardo Pleistocene, con un'età che può verosimilmente venir fissata, grazie a sofisticate analisi delle patine dei graffiti appartenenti a fasi diverse, anteriormente all'11°-12° millennio da oggi.
La successiva fase ''delle Teste Rotonde'' è costituita prevalentemente da pitture d'impressionante ieraticità e di grande bellezza; in esse si coglie, per la prima volta nella storia della specie, la documentazione di quella visione del mondo, sempre più antropomorfica e antropocentrica, che spinse l'uomo a concepire gli esseri superumani a sua immagine e somiglianza.
Nella fase ''Pastorale'' si descrivono con incredibile perizia le attività della vita quotidiana, fino a riprodurre con precisione le caratteristiche somatiche dei diversi gruppi. Appare infatti possibile identificarvi popolazioni di origine equatoriale così come un tipo umano di chiara impronta mediterraneide, con capelli lunghi e forse biondi, caratterizzato da un profilo decisamente ortognato. Ma l'evidenza di maggior rilievo riguarda la cronologia di tale lungo stadio: a esso infatti, in seguito a precise datazioni con il metodo del radiocarbonio, può essere assegnato un periodo di tempo compreso fra il 9° e il 4° millenio da oggi. Tutto quindi converge a indicare un notevole arretramento di quella cronologia che, fino a pochi anni fa, considerava tutta l'arte rupestre sahariana successiva al 7° millennio da oggi.
In Cirenaica l'attività sia del dipartimento libico alle antichità sia delle numerose missioni di scavo straniere non si è limitata alle città della Pentapoli (o Hexapoli, se vi si comprende Hadrianopolis), ma si è estesa alla totalità del territorio. Così oggi si ha un'idea vicina al vero per quanto riguarda la viabilità antica, assicurata sia dalle due grandi arterie che sulla costa e sul gradino intermedio del Ǧabal attraversavano tutta la Cirenaica, sia dai percorsi che, seguendo talora gli widyān, mettevano in comunicazione la costa alle città dell'entroterra. Inoltre, grazie alla fotografia aerea, si sono potute individuare tracce della centuriazione romana, mentre la scoperta di cippi di confine iscritti dell'età di Claudio, Nerone e Vespasiano ci hanno fatto conoscere l'ubicazione e alcuni limiti degli agri regii, il patrimonio reale dei Tolomei in Cirenaica, passati poi in possesso del ''popolo romano''. Infine lo studio del bacino di alcuni widyān- il Wādī Ṣanab, per es. − nonché di insediamenti minori, di nuclei trogloditici, di fattorie nel Ǧabal e sulla costa ci hanno fornito una miniera di informazioni sul rapporto con le popolazioni libie, sulle tecniche di sfruttamento del suolo, sul tipo di produzione nei vari periodi storici (e indagini mirate hanno permesso di riconoscere la famosa pianta del silfio, la cui produzione continuò, in realtà, almeno fino al 4° secolo d.C.).
In età tardo-romana e bizantina crebbe, nel Ǧabal, il numero delle fattorie fortificate, e una di queste, in località Sirat al-Ǧamal, è stata scavata e restaurata dal dipartimento libico e dalla missione archeologica italiana di Cirene. Il santuario ''degli aratri'' a Haqfa al-H̱asaliya e quello famoso ''dei cinghiali'' a Slonṭa, nonché le sculture di recente rinvenute in località Martūba, nel golfo di Bomba, con le loro immagini influenzate dalla cultura greca, ma ancora fortemente indigene, sono fra gli esempi più significativi di quella cultura mista, studiata dall'indagine archeologica più recente.
Naturalmente dipartimento libico e missioni straniere sono stati molto attivi anche nei grandi centri di scavo tradizionali i quali, essendo in più casi aree demaniali già dai tempi dell'occupazione coloniale, hanno subito solo limitatamente l'assalto dell'edilizia moderna.
Ad Apollonia-Sozousa, il porto di Cirene, a partire dal 1976 è attiva una missione archeologica francese che ha condotto esplorazioni specie nelle grandi terme, lungo la cinta muraria e nei bacini portuali, in uno dei quali, quello mercantile, sono stati individuati due relitti di navi risalenti al 2° secolo a.C.
L'urbanistica regolare, divisa da plateiai, della città greca (frammenti di ceramica rodia e attica a fondo nero rappresentano il periodo arcaico) si è rivelata sotto la pesante coltre dell'impianto bizantino, predominante, giacché la città dalla metà del 5° secolo divenne la capitale della Libya superior. Un piccolo stadio è stato identificato a ovest della città, mentre il locale museo costruito da R. Goodchild negli anni Sessanta contiene interessanti sculture di recente edite da J.Ph. Mc Leer e ha accolto gli elementi architettonici provenienti dalle basiliche degli insediamenti vicini di Ra᾽s al-Hilāl e al-Aṯrūn.
A Cirene (v. in questa Appendice) la missione italiana diretta da S. Stucchi ha esplorato l'area dell'agorà fin negli strati più profondi, procedendo anche a non poche ricostruzioni come la ''base degli dei'' o il monumento equestre del proconsole C. Clodio Vestale.
La stessa missione ha ripreso inoltre in esame il teatro 3 a ovest dell'agorà (del 3° secolo d.C.) scoprendovi al di sotto un altare lungo ben 25 m, di età classica, e ha indagato ancora nel santuario di Apollo, studiando i vicini Iseo e Mitreo e numerosi monumenti minori; importantissima è la scoperta di frammenti di vasi e sigilli minoici che testimoniano l'esistenza di un rapporto con il mondo egeo già nel 14°-13° secolo a.C. Al tempio di Zeus è continuata l'opera di anastilosi. Il vasto santuario di Demetra, posto oltre il Wādī Ben Qadīr, fuori della città, è stato esplorato dalla missione statunitense diretta da D. White che ne ha prodotto già l'edizione definitiva.
Missioni inglesi hanno di recente proceduto a interessanti indagini stratigrafiche nell'area dell'antica Barce e a scavi nelle abitazioni di età romana del settore nord della via monumentale di Tolemaide, il cui porto è stato riconosciuto. Particolarmente importanti sono i risultati degli scavi di Sīdī H̱rībīš.
Sīdī H̱rībīš − in cui era un vecchio cimitero dismesso − fa oggi parte dell'odierna Bengasi, e lo scavo ci ha rivelato un quartiere periferico dell'antica Berenice, la città che, dalla metà del 3° secolo a.C., prese il posto della vicina e più antica Euesperides ed ebbe nome dalla moglie di Tolomeo iii. Dal 1971 al 1976 il dipartimento libico e una missione della Society for Libyan studies di Londra hanno messo in luce, oltre a un tratto delle mura ellenistiche, un'area soprattutto residenziale organizzata secondo uno schema ortogonale, che visse fino al 6° secolo d.C. L'edizione del curatissimo scavo stratigrafico praticato ha permesso di ricostruire in sequenza diacronica la vita commerciale della città e ha fornito agli archeologi un riferimento tipologico e cronologico per le produzioni ceramiche correnti nel bacino del Mediterraneo fra l'avanzata età ellenistica e quella tardo-romana.
Nella città più occidentale della Cirenaica, Tukra, opera il dipartimento libico alle antichità insieme a una missione dell'università di Bengasi; le ricerche hanno portato luce sull'impianto urbanistico della città, che fu utilizzata anche dagli Arabi, come risulta da un'iscrizione nell'edificio termale di età giustinianea e dalla ceramica raccolta nella ''fortezza'' costruita in tutta fretta nel tentativo di fermare l'invasione araba del 642.
In Tripolitania − con il sostegno dell'UNESCO e con l'ausilio di missioni francesi e, soprattutto, inglesi − il dipartimento alle antichità ha lanciato una poderosa e metodica operazione di surveys del predeserto (24 le relazioni pubblicate fino al 1989 soltanto dagli Inglesi). Le ULVS (Unesco Libyan Valleys Surveys), rilevando sistematicamente le culture praticate nel predeserto nell'antichità, grazie all'acqua degli widyān trattenuta con i metodi più ingegnosi, potrebbero fornire utili indicazioni per una rimessa a coltura di queste aree. D'altronde le esplorazioni solitarie compiute da O. Brogan negli anni Cinquanta e Sessanta già avevano mostrato come fino a più di 200 km dalla costa (si ricordi che il ben noto complesso di Qirza si trova a 250 km a sud-est di Tripoli) in età romana si coltivassero l'ulivo, la vite e perfino, nel letto degli widyān, il cocomero, come confermano più recenti indagini botaniche. Non solo la ricostruzione dell'ambiente geomorfologico e climatico nonché della produzione in età antica è stata illuminata da queste ricerche, ma anche i rapporti fra transumanti e sedentari (numerose le clausurae individuate), fra città della costa e centri del Ǧabal e fattorie del predeserto, fra armata romana sul limes (la presenza romana fu di grande stimolo per lo sviluppo del predeserto) e tribù dell'interno, sono stati messi a fuoco come mai prima, proprio perché sono stati resi possibili da questo coordinato approccio multi- e interdisciplinare.
Per ciò che riguarda le città sulla costa, mentre poco è stato pubblicato che riguardi Oea (ma si veda A. Di Vita per la tomba dipinta di Zanzur e l'ipogeo di Adamo ed Eva a Qarqāriš), intensa è stata l'attività di ricerca e studio per Ṣabrāṯa e Leptis.
In entrambe le città missioni italiane hanno provveduto a riprendere e pubblicare vecchi scavi italiani interrotti dalla guerra. Fra i risultati più notevoli si ricordano anzitutto l'edizione del teatro di Leptis Magna, ultimo lavoro di G. Caputo, e dei materiali da esso provenienti; l'edizione, sempre a opera di Caputo e di F. Ghedini, del Tempio di Ercole a Ṣabrāṯa e ancora l'edizione del tempio a divinità ignota studiato da E. Joly e F. Tomasello. Anche le basiliche cristiane davanti al teatro e altri monumenti sabrathensi, terme, case private, instrumentum domesticum, sono stati editi da membri della missione dell'università di Palermo diretta da N. Bonacasa, mentre Di Vita è ritornato più volte sull'urbanistica di Ṣabrāṯa e sull'area funeraria di Sidrat al-Bālīk; di recente sono state pubblicate anche le stele del tophet da lui scavato negli anni Settanta subito a ovest di Ṣabrāṯa. P.M. Kenrick e altri hanno pubblicato, poi, gli scavi inglesi a Ṣabrāṯa degli anni 1948-51 e un primo volume riguardante la ceramica proveniente da quegli scavi.
A Leptis una missione italiana ha continuato lo scavo del tempio flavio al porto, nel quale opera anche una missione francese. Intanto S. Stucchi ha continuato fino alla morte (1991) l'anastilosi dell'arco dei Severi e O. Majub ha completato il restauro dell'anfiteatro e ha curato lo scavo della grande villa marittima di Silin a ovest di al-H̱ums, ricca di pitture e di mosaici e con uno splendido esempio di biblioteca privata. Numerosi scavi di emergenza si sono resi necessari per l'accresciuto inurbamento nelle aree sepolcrali che circondavano la città antica. Grazie a Majub e a una sottoscrizione di banche e privati libici Leptis ha ripreso il suo aspetto quasi normale dopo le spaventose alluvioni del dicembre 1987 e del dicembre 1988, che hanno sconvolto totalmente la via colonnata severiana, ma che hanno permesso di conoscere le strutture del porto-canale neroniano che stava al di sotto di essa e hanno fornito elementi fondamentali per la ricostruzione dell'impianto urbanistico di questa parte della città antica. Vedi tav. f.t.
Bibl.: Riviste specifiche: Libya Antiqua (LA), voll. i-xvi (1964-79), Suppl. i-vi, di cui il vol. v, dedicato agli scavi di Sidi Krebish, in 4 tomi (dal vol. xv-xvi, 1978-79, edito nel 1987, rivista e supplementi sono purtroppo bloccati); Quaderni di Archeologia della Libya (QAL), 1-15 (1950-92); Monografie di Archeologia Libyca, i-xxiii (1948-89); Libyan Studies (LSt), 1-23 (1970-92). Fra le riviste in cui sono apparsi articoli riguardanti la L. si ricordano Antiquités Africaines, rivista del CNR francese, e L'Africa romana, 1-9 (1983-91), contenenti gli Atti dei Convegni annuali promossi dall'università di Sassari. LSt, 20 (1989) è dedicato al commento di 20 anni di studi e ricerche sulla L. dalla preistoria a oggi (Libya. Research in archaeology, environment, history and society 1969-89).
Fezzan. La bibl. è raccolta nel catalogo della mostra tenuta a Roma nel novembre-dicembre 1992, Arte e cultura del Sahara preistorico, a cura di M. Lupacciolo; inoltre: A. Muzzolini, Essai de classification et de chronologie relative des peintures ''têtes rondes'' du Tassili et de l'Acacus, in QAL, 14 (1991), pp. 5-26; per le incisioni preistoriche in Tripolitania, v. ULVS xvi, in LSt, 17 (1986), pp. 69-86.
Cirenaica. E. Alföldi-Rosenbaum, J. Ward-Perkins, Justinianic mosaic pavements in Cyrenaican churches, in Mon. Arch. Lib., xiv, 1980; Cyrenaica in antiquity, a cura di G. Barker, J. Lloyd, J. Reynolds (British Archaeolog. Reports, Int. Ser. 236), Oxford 1985; A. Laronde, Cyrène et la Libye hellénistique. Libykai Historiai, de l'époque républicaine au principat d'Auguste, Parigi 1987; Atti della giornata lincea sull'archeologia cirenaica, Roma 1987, Roma 1990.
Apollonia. Gli scavi dell'università del Michigan (1965-67) sono stati editi in Suppl.to LA, iv (1976); per gli scavi francesi e relativa bibl., v. Comptes Rendus Académie Inscriptions et Belles Lettres, 1985, pp. 93-116 e pp. 362-76; A. Laronde, in Atti giornata lincea, cit., pp. 75-81 (ricerche sottomarine); per le sculture: J.Ph. Mc Leer, A catalogue of sculpture from Apollonia, Suppl.to LA, vi, Tripoli 1987.
Cirene. Agorà: L. Bacchielli, A.L. Ermeti, S. Stucchi hanno curato rispettivamente i voll. xv (1981), xvi (1981), xvii (1983) delle Monografie di Archeologia Libica. Santuario di Demetra: The extramural sanctuary of Demetra and Persephone at Cyrene, Libya. Final Reports, a cura di D. White, i-iv, 1984-90. I voll. viii (1976) e xii (1987) dei Quaderni di Archeologia della Libia sono dedicati a Cirene e la Grecia e Cirene e i Libii.
Tolemaide. D. Roques, Synésios de Cyrène et la Cyrénaïque du Bas-Empire, Parigi 1987; J. Reynolds, Some inscriptions of Roman Ptolemaïs, in Atti giornata lincea, cit., pp. 65-74.
Berenice. Gli scavi a Sīdī H̱rībīš sono stati pubblicati nei 4 tomi del Suppl.to LA, v, Tripoli 1977-85 (voll. i-ii, a cura di J.A. Lloyd; iii 1, a cura di P.M. Kenrick; iii 2, a cura di D.M. Bailey).
Tripolitania. Per i risultati delle 24 campagne ULVS finora edite si vedano i rapporti annuali in LSt. Ampia bibl. sulla Tripolitania dall'età più antica all'odierna negli articoli raccolti in Town and country in Roman Tripolitania: Papers in honour of Olwen Hackett, a cura di D.J. Buck e D.J. Mattingly (British Archaeolog. Reports, Int. Ser. 274), Oxford 1985; e nel già ricordato volume 20 di LSt, a cura di D.J. Mattingly e J.A. Lloyd. Per Ghirza e i monumenti del predeserto; O. Brogan, D.J. Smith, Ghirza. A Libyan settlement in the Roman period, Tripoli 1984; sul predeserto, e sul campo di Bu-Ngem-Gholaia soprattutto, importanti gli studi di R. Rebuffat con bibl. aggiornata in LSt, 20 (1989), pp. 155-68. Numerose, infine, le riletture, non tutte accettabili, delle iscrizioni puniche, neopuniche e latino-libiche della Tripolitania, il cui numero si è notevolmente accresciuto negli ultimi anni: G. Levi della Vida, M.G. Amadasi Guzzo, Iscrizioni puniche della Tripolitania (1927-67), in Mon.Arch.Lib., xxii, Roma 1987; e per le latino-puniche, A.F. Elmayer, The reinterpretation of Latino-punic Inscriptions from Roman Tripolitania, in LSt, 15 (1984), pp. 93-105, con ampia bibliografia.
Leptis, Oea, Ṣabrāṯa. Sugli emporia nel loro insieme (e il commercio transahariano) v. A. Di Vita, Gli emporia di Tripolitania dall'età di Massinissa a Diocleziano: un profilo storico-istituzionale, in Aufstieg und Niedergang der römischen Welt, Principat, 10, 2 (1982), pp. 515-95; per l'età dei Severi, A.R. Birley, The African emperor. Septimius Severus, Londra 19882, e per il limes, E.W. B. Fentress, Limes. Africa, in Dizionario Epigrafico di Antichità Romane, iv, 43, 2-3, Roma 1985, pp. 21-47. Ricca la bibl. recente su monumenti delle tre città; molti i contributi dovuti all'équipe dell'università di Palermo e ad altri studiosi italiani, pubblicati soprattutto in QAL, 8-15 e in Mon. Arch. Lib. Per Ṣabrāṯa, da segnalare i volumi dedicati alla pubblicazione degli scavi condotti da K. Kenyon e J. Ward-Perkins quarant'anni fa: P.M. Kenrick e altri, Excavations at Sabratha 1948-1951, Londra 1986; J. Dore-N. Keay, Excavations at Sabratha 1948-1951, The Findes, ii, 1, ivi 1989. Dalla metà degli anni Settanta nelle Mon. di Arch. Lib. sono apparsi i seguenti volumi: G. Caputo, G. Traversari, Le sculture del teatro di Leptis Magna, xiii (1976); E. Joly, F. Tomasello, Il tempio di divinità ignota di Sabratha, xviii (1984); G. Caputo, F. Ghedini, Il tempio d'Ercole di Sabratha, xix (1984); G. Caputo e altri, Il teatro augusteo di Leptis Magna; scavo e restauro (1937-1951), iii (1987).
Per completezza si ricordano alcuni scritti che non compaiono nelle riviste o nelle bibl. sopra citate: O. Majoub, I mosaici della villa romana di Silin in Tripolitania, in 3° Coll. Int. sul mosaico antico. Ravenna 1980, Ravenna 1983, pp. 299-306; E. Joly, G. Barone, Quattro note di archeologia libica, Palermo 1983; A. Di Vita, Architettura e società nelle città di Tripolitania fra Massinissa e Augusto: qualche nota, in Architecture et société de l'archaïsme grec à la fin de la République Romaine (Rome 2-4 déc. 1980), Roma 1983, pp. 355-76; Id., Elementi alessandrini a Sabratha. A proposito di due nuove tombe dipinte d'età protoimperiale, in Alessandria e il mondo ellenistico-romano. Studi in onore di Achille Adriani, iii, ivi 1984, pp. 858-77; Id., Il tema del ''banquet couché'' dei rilievi attici di iv secolo in una nuova pittura di Sabratha (Libia), in Praktikà ton xii diethnous Synedriou Klass. Arch. Athina 1983, Atene 1988, pp. 72-76; Id., L'iscrizione sulla frontescena del teatro di Leptis Magna, in Annali Fac. Lett. e Filos., Macerata, xxii-xxiii (1989-90), pp. 827-32; Id., Sismi, urbanistica e cronologia assoluta, in L'Afrique dans l'Occident romain (Ier siècle av. J.C.-IVe ap. J.C.), Roma 1990, pp. 425-94; L. Musso, I mosaici della villa di Silin in Tripolitania (in corso di stampa).
Da consultare, infine, C. Lepelley, Les cités de l'Afrique Romaine au Bas-Empire, i-ii, Parigi 1979-81; H. Jouffroy, La construction publique en Italie et dans l'Afrique romaine, Strasburgo 1986; nonché, per le ceramiche tripolitane, Enciclopedia Arte Antica, Atlante delle forme ceramiche, i, Roma 1981, passim.