LICINIO (Valerius Licinianus Licinius) imperatore
Nacque da modestissima famiglia di agricoltori, nella provincia della Nuova Dacia, a sud del Danubio, probabilmente poco prima del 250. Entrò assai giovane nell'esercito imperiale e strinse cordialissima amicizia con Galerio; questi, divenuto Cesare, gli affidò importanti incarichi. Così L. partecipò alla guerra contro i Persiani (297), e, dieci anni più tardi, accompagnò Galerio in Italia nella campagna contro Massenzio (307). Dopo la morte di Severo, Galerio si recò con L. presso Diocleziano a Carnunto dove L. fu nominato Augusto (11 novembre 308). Nominalmente gli fu affidata la prefettura d'Italia; in realtà questa era tuttora in mano di Massenzio; cosicché per tre anni L. ebbe le mansioni di coadiutore di Galerio nella sezione orientale dell'Impero. Morto Galerio (311) le provincie asiatiche passarono a Massimino Daia, con cui L. stipulò un accordo in base al quale avrebbe governato la Penisola Balcanica. Desiderando, peraltro, d'impadronirsi di tutto l'Oriente, L. si alleò con Costantino, mentre Massimino cercava un appoggio in Massenzio. Costantino, in seguito alla vittoria di Ponte Milvio, eliminò Massenzio e divenne padrone dell'Occidente: L. s'incontrò con lui a Milano, dove sposò la di lui sorella Costanza (febbraio 313). Poi si volse contro Massimino, che aveva attraversato il Bosforo, e lo sconfisse a Camposereno presso Adrianopoli, lo inseguì in Asia ed entrò vincitore a Nicomedia, dove lo raggiunse la notizia che il suo rivale era morto di malattia a Tarso. Così tutta la sezione orientale dell'impero passò a L. (agosto 313), il quale fece massacrare familiari e seguaci di Massimino.
L'accordo tra Costantino e L. non durò a lungo. Ciascuno dei due, inorgoglito dei successi conseguiti, aspirava al dominio assoluto dell'impero. L. cospirò segretamente ai danni del collega, valendosi di Bassiano, cognato di entrambi, che Costantino aveva creato Cesare. La trama fu scoperta, Bassiano fu messo a morte e scoppiò così il primo conflitto armato tra i due Augusti (314). Nonostante la superiorità numerica del proprio esercito, L. fu sconfitto a Cibalis presso Sirmio in Pannonia (8 ottobre 314) e riparò in Tracia dove dichiarò deposto Costantino e diede il titolo di Augusto al dux limitis C. Aurelio Valente. Ma una nuova battaglia fu impegnata al Campus Mardiensis presso Adrianopoli: l'esito rimase incerto, ma L. si piegò ad accettare un accordo, in base al quale Costantino annetteva al suo territorio la Pannonia e la Macedonia, mentre Valente veniva destituito e ucciso. Per attestare solennemente la rinnovata unità dell'impero, Costantino e L. assunsero il consolato nel 315 e il 1° marzo 317 vennero proclamati Cesari Crispo e Costantino, figli di Costantino, e Liciniano, figlio illegittimo di L. Ma la pacificazione era solo transitoria: lo screzio sempre maggiore tra i due imperatori è dimostrato in modo evidente dall'esame dei fasti consolari degli anni 318-324 (v. costantino).
Una delle cause del dissidio si deve ricercare nel fatto che L. si era attribuito il diritto di emanare leggi, mentre, secondo l'ordinamento dioclezianeo, tale facoltà spettava soltanto a Costantino per la sua maggiore anzianità nella dignità di Augusto. Ma il contrasto si accentuò specialmente per motivi religiosi. L. si era dapprima dimostrato favorevole ai cristiani; aveva emanato, insieme a Costantino, l'editto di Milano: a Camposereno, prima d'impegnare battaglia contro Massimino in seguito a un sogno, insegnò ai soldati una preghiera d'intonazione cristiana. Divenuto padrone dell'Oriente, si affrettò ad abrogare le limitazioni imposte da Massimino al culto cristiano: poco dopo intervenne nello scisma ariano (v. arianesimo). Ma L. non si era convertito al cristianesimo, né era in cuor suo favorevole ai cristiani: verso il 320 passò gradatamente a una politica apertamente ostile ai seguaci della nuova religione, allontanandoli dalla corte, dagl'impieghi, dai reparti scelti dell'esercito, proibendo i concilî dei vescovi, ordinando la chiusura delle chiese. I cristiani furono indotti a rivolgersi con simpatia sempre maggiore a Costantino.
La nuova guerra cominciò nel 324: Costantino per respingere un'incursione di Goti nella Tracia, passò attraverso il territorio di L.: da questo derivò lo scoppio delle ostilità. Anche questa volta Costantino disponeva di forze inferiori, ma la vittoria gli arrise ugualmente. L. fu sconfitto ad Adrianopoli, resistette per qualche tempo a Bisanzio, poi a Calcedonia: passò in Asia dove nominò un nuovo Augusto, il suo magister officiorum Martiniano, mentre la sua flotta veniva distrutta da un temporale. Sconfitto nuovamente a Crisopoli, si arrese al suo rivale, che, grazie all'intercessione della sorella Costanza, gli risparmiò la vita e lo confinò a Tessalonica (ottobre 324). Ma l'anno successivo L. imbasti oscure trame coi Goti ai danni di Costantino. Giudicato colpevole di alto tradimento fu decapitato (325) "contra ius sacramenti" (Eutropio).
L. è descritto da fonti pagane e cristiane come uomo violento e crudele, di sfrenata lussuria, nemico di ogni forma di cultura e specialmente delle discipline giuridiche. Ciononostante ebbe non comuni qualità militari e politiche. Mantenne con grande energia la disciplina nell'esercito, protesse gli agricoltori, dimostrò una cura singolare per la prosperità delle città del suo territorio, non permise alcuna ingerenza negli affari dello stato a eunuchi e cortigiani, fu prudente amministratore del denaro pubblico. Fu travolto non dalla sua incapacità, ma dall'evidente superiorità del suo antagonista Costantino.
Bibl.: J. Burkhardt, Die Zeit Constantins des Grossen, 5ª ed., II, Berlino 1929; O. Seeck, Geschichte des Untergangs der antiken Welt, I, 3ª ed., Berlino 1910, e in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XIII, coll. 222-231; E. Stein, Geschichte des spätrömischen Reiches, I, Vienna 1928, pp. 130-159; L. Homo, Les Empereurs Romains et le Christianisme, Parigi 1931, pp. 179-182, 230-232 passim; v. anche costantino; galerio. Alla bibl. ivi citata aggiungere: N. H. Baynes, Constantine the Great and the Christian Church, in Proceedings of the British Academy, XV, 1929; A. Piganiol, L'empereur Constantin, Parigi 1932; cfr. anche la Rass. Costantiniana, in Byzantion, VII (1932), p. 645 segg.