Imperatore romano (forse Salona 243 circa - ivi 313) dal 284 al 305. Ebbe un altissimo senso dello Stato e lottò per difendere istituzioni e strutture sociali dell'impero romano ormai in crisi. Operò un'importante trasformazione politica e amministrativa dell'impero: instaurò il sistema tetrarchico, divise l'impero in 12 diocesi, riordinò i gradi dell'amministrazione e promosse una riforma finanziaria.
Dopo una notevole carriera militare fu proclamato imperatore dagli ufficiali, a Nicomedia, allorché l'imperatore Numeriano fu ucciso dal suocero Arrio Apro (284). D. giustiziò Apro; fu quindi attaccato e vinto dall'imperatore Carino, il quale fu però ucciso dai suoi. Divise allora il comando con un suo fedele generale, Massimiano, nominandolo Cesare e poi Augusto (286). Mentre questi batteva gli Alamanni e gli Eruli e liberava dai pirati franchi e sassoni le coste della Britannia per mezzo di Carausio (che però successivamente usurpò il potere in Britannia), D. combatté con successo contro i Sarmati (289) e domò una ribellione in Siria e in Egitto (290). Volle quindi risolvere il problema della successione per impedire le usurpazioni: scelse due dei migliori generali, Costanzo (che fu da lui adottato) e Galerio (che fu adottato da Massimiano), e li creò Cesari. D. tenne l'Oriente, Massimiano l'Italia, la Rezia, la Spagna e l'Africa, Galerio l'Illirico, Costanzo la Gallia e la Britannia. Mentre Roma rimaneva la capitale morale dell'impero, D. stabilì la sua sede a Nicomedia, Massimiano a Milano, Galerio a Sirmio, Costanzo a Treviri, ma D. conservava l'autorità suprema, assicurando così l'unità dell'impero. Mentre Galerio e Massimiano combattevano con successo contro Goti, Sarmati e Carpi (294-95), D. domò una sommossa in Egitto e giustiziò l'usurpatore Achilleo (296). I Persiani invasero la Siria e vinsero Galerio presso Carre, ma furono in seguito da lui nettamente battuti (298) e riconobbero il dominio romano sulla Mesopotamia. Nel 297 la Britannia era riconquistata dall'esercito di Costanzo con la vittoria sull'usurpatore Alletto (succeduto a Carausio). Nel 298 Massimiano domò la ribellione dei Quinquegentani nella Mauretania. Nel 303 D. celebrò a Roma uno splendido trionfo. Di enorme importanza fu la trasformazione politica e amministrativa operata da D.: instaurò definitivamente l'assolutismo imperiale, sciolto da ogni controllo del senato, fu accentuato il carattere divino del sovrano a imitazione (anche per quel che riguarda il costume del diadema e del nimbo) delle monarchie orientali. Oltre all'instaurazione del sistema tetrarchico, procedette a una completa riforma della struttura dell'impero dividendolo in 12 diocesi, e queste in province, e riordinando i gradi dell'amministrazione: nelle province di confine fu diviso il potere civile da quello militare, che fu affidato a duci (duces). L'esercito fu aumentato di un terzo, arrivando a circa 450.000 soldati, e fu creato un esercito di manovra al seguito dell'imperatore; le linee di fortificazione furono rafforzate, la disciplina dei soldati rinsaldata. Per tentare di sanare la crisi economica, D. operò una riforma finanziaria introducendo un nuovo sistema di tassazione basato sul catasto, abolendo l'esenzione di cui godeva l'Italia, cercando di rivalutare la moneta e di stabilizzare il costo della vita con l'editto de pretiis, che stabiliva i prezzi di calmiere sia delle merci sia delle mercedi: questa politica antinflazionistica però fallì completamente. D. abbellì di edifici Treviri, Milano, Nicomedia, Roma (dove rimangono le grandiose terme), Antiochia, Cartagine, Sirmio, Tessalonica, Salona (a 5 km dalla quale era il grande palazzo che è all'origine di Spalato); fu attivo nel campo legislativo; favorì gli studî giuridici. Considerando il cristianesimo pericoloso per lo stato, lo combatté aspramente a partire dal 303 (editto di Nicomedia): la persecuzione infierì soprattutto in Oriente e fece innumerevoli martiri. Nel 305, D. depose la porpora, nominò successore Galerio, mentre Massimiano cedeva il trono a Costanzo, e si ritirò a Salona. Partecipò nel 308 al convegno con Massimiano e Galerio, in cui fu nominato imperatore Licinio, ma non si lasciò indurre a riprendere il potere.