LIGURIA (XXI, p. 122; App. II, 11, p. 205; III, 1, p. 993)
Popolazione. - Nell'ultimo decennio intercensuario la popolazione ligure si è accresciuta del 6,5%, passando da 1.735.349 a 1.867.383 abitanti. In valore assoluto l'incremento maggiore si è avuto nella provincia di Genova, mentre in termini relativi sono risultate più cospicue le variazioni delle province di Savona (+ 12,6%) e Imperia (+ 11,1%). Poco dinamica, invece, appare la situazione demografica della provincia di La Spezia (+ 2,2%).
L'aumento della popolazione regionale è dovuto in massima parte al contributo dell'immigrazione, giacché l'incremento naturale è stato assai modesto e anzi negli ultimi anni ha registrato saldi negativi: solo nella provincia di La Spezia esso si è mantenuto sul 2-3‰ all'anno. Nel ventennio 1952-71 il totale degl'immigrati ammonta a 1.114.000 unità, cui si sono contrapposti, però, 835.000 emigrati. Ne è derivato, quindi, un notevolissimo ricambio demografico, al quale si sono affiancati consistenti spostamenti interni: rispetto agli abitanti del 1971, circa il 60% della popolazione si è reso protagonista di movimenti immigratori e il 47% di movimenti emigratori.
Le correnti emigratorie più intense si sono originate dalle zone occidentali della regione, mentre l'immigrazione, proveniente in massima parte dalle aree agricole del Mezzogiorno, in un primo momento si è diretta soprattutto a Genova e nella Riviera di Ponente, trovando impiego nelle attività edilizie e nella coltura dei fiori, e negli anni più recenti, invece, si è rivolta per lo più ai comuni della Riviera di Levante e in qualche valle dell'Appennino, dove è stata attratta dallo sviluppo di attività industriali. In tutte le province la preminenza numerica spetta ai calabresi, cui seguono i campani nelle province di Genova, Savona e La Spezia, gli abruzzesi nel territorio imperiese. Numerosi sono anche i siciliani nel Savonese e in altre località della Riviera di Ponente, dove si dedicano per lo più alla pesca, e i sardi, tra cui parecchi pastori, nel Genovesato.
Gli spostamenti territoriali interni sono risultati più vivaci nelle province di Savona e La Spezia; ma, comunque, in tutta la regione la popolazione ha abbandonato le plaghe agricole dell'entroterra, specie quelle prossime alla displuviale, per insediarsi nelle zone costiere, dove si è formata una compatta fascia di insediamenti urbani o di tipo urbano, interrotta soltanto, per le caratteristiche geomorfologiche della costa, al di là di Sestri Levante. Nel 1971 i comuni litoranei ospitavano l'84% della popolazione complessiva (79,5% nel 1951 e 82,6% nel 1961), con una densità di 1184 ab./km2, contro 381 per l'intera regione. Lo sviluppo dei centri costieri ha fatto innalzare l'aliquota di popolazione urbana dal 63,4% nel 1951 al 69% nel 1961 e al 75% nel 1971 e ha fortemente alterato o distrutto le caratteristiche ambientali e paesaggistiche di lunghi tratti della costa.
Condizioni economiche. - Nonostante l'immissione di forze giovani dovute all'immigrazione, la popolazione attiva ha subìto una sensibile contrazione (solo in parte giustificata dall'estensione della scuola dell'obbligo fino ai quattordici anni) passando dal 38,4% al 33,4% di quella totale tra il 1961 e il 1971. Le perdite maggiori sono state accusate dal settore primario, i cui addetti sono scesi da 81.922 a 47.709 unità, con un calo pari al 41,7%, a causa della crisi delle attività agricolo-forestali nella zona montana. Decrementi inferiori alla media si sono avuti, però, nella provincia di Savona e soprattutto in quella di Imperia, dove si è verificata una vistosa espansione della floricoltura (per lo più garofani e rose), che dalla fascia costiera ha risalito i versanti collinari fino a 400-500 m d'altezza (Vallebona, San Biagio della Cima, Soldano), richiedendo impegnativi lavori di scasso e di sistemazione del terreno e sostituendo una magra policoltura di sussistenza: nell'intera provincia si contano circa 9000 aziende floricole, per lo più inferiori a mezzo ettaro, in cui sono occupate circa 24.000 unità.
In effetti i fiori sono l'unico elemento veramente dinamico del quadro colturale ligure. Essi coprono oltre 4100 ettari in sole piantagioni specializzate e procurano un reddito di 70-80 miliardi di lire. Anche la vite specializzata, tuttavia, mostra un certo incremento (6380 ha nel 1960, 10.884 nel 1976), mentre tutte le altre colture, in superficie sia specializzata che promiscua, rivelano forti contrazioni: nel complesso i seminativi (29.157 ha nel 1976) si sono ridotti del 60%, le foraggere permanenti (70.989 ha) del 28% e le colture legnose (42.937 ha) del 20,5%, a favore dei boschi, che a ogni modo hanno guadagnato poco più del 3%, e dell'incolto pascolativo, ampliatosi di circa 50.000 ettari, senza che però la zootecnia ne abbia tratto giovamento. Anch'essa, infatti, accusa decrementi di circa il 50% per i bovini (42.400 capi nel 1976) e del 38% per gli ovini e i caprini (29.200 capi). All'abbandono piuttosto massiccio dei campi nelle aree interne si aggiunge, inoltre, una certa diminuzione della superficie agraria e forestale, pari al 4,2%, che è imputabile soprattutto all'espansione edilizia della zona costiera e all'ampliamento della rete stradale della regione (da 4178 a 8354 km tra il 1960 e il 1975).
Per quanto riguarda il settore primario, infine, c'è da segnalare una leggera flessione degli addetti alla pesca, che ora viene esercitata per gran parte (42%) da immigrati meridionali (calabresi, siciliani, campani), e una sostanziale stazionarietà della quantità di pesce sbarcato nei porti liguri (104.190 q, di cui oltre 42.800 q di pesce azzurro, nel 1976).
In complesso nel 1971 il settore primario impiegava il 7,3% della popolazione attiva, contro il 12,4% del 1961, per cui il suo peso nell'economia ligure, sia per occupazione di mano d'opera che per reddito prodotto, appare sempre più marginale rispetto a quello dei settori secondario e terziario, cui il censimento demografico del 1971 attribuiva il 38,3% e il 54,4% degli attivi (rispettivamente 242.775 e 341.981 persone). Ma di fronte a un ristagno dell'occupazione industriale - che anzi risulta leggermente contratta rispetto al decennio precedente (− 2,7%) - imputabile soprattutto alla crisi intervenuta in campo edilizio e nei rami ad esso connessi nel corso degli ultimi anni, si nota una notevole espansione del settore terziario (+ 7,4%), ascrivibile in gran parte allo sviluppo del turismo. Nel 1975 nei principali centri della riviera ligure sono stati registrati circa 1,9 milioni di arrivi (di cui un terzo stranieri) e oltre 10 milioni di presenze, senza peraltro considerare il fenomeno della villeggiatura, il quale è diventato così massiccio che in molti comuni le residenze secondarie si presentano più numerose di quelle occupate stabilmente dalla popolazione locale e hanno una complessiva capacità ricettiva di oltre 500.000 posti letto. La maggior parte dei centri turistici si è anche attrezzata per la nautica da diporto: nel periodo estivo le imbarcazioni da diporto presenti lungo l'intera riviera si aggirano sulle 30-40.000, cioè 1000 per ogni 11-12 km di litorale.
L'accentuato processo di terziarizzazione dell'economia ligure, tuttavia, solo in parte dipende dall'accresciuta domanda di servizi turistici, la quale nei centri piccoli e medi della fascia costiera si riflette in evidenti fenomeni di urbanistica commerciale e in processi di rinnovamento dei vecchi nuclei abitati; per il resto esso è attribuibile, oltre che a una tendenza comune a tutte le economie in sviluppo, all'incremento delle attività marittime e portuarie in funzione extra-regionale, dato che l'approvvigionamento di materie prime industriali della pianura padana avviene prevalentemente attraverso i porti di Genova, Savona e La Spezia, il cui movimento commerciale tra il 1960 e il 1974 è passato complessivamente da 29.516.000 a 70.172.000 t, con un aumento del 150%. Questa tendenza spontanea d'integrazione delle attività portuarie liguri con quelle della zona industrializzata subalpina trova attuale riscontro in un preciso disegno di organizzazione territoriale interregionale, il quale prefigura la formazione di un sistema urbano "litoraneo-padano" assimilabile a una regione portuale, in cui grande importanza si annette alla completa realizzazione delle infrastrutture stradali e autostradali progettate o in fase di esecuzione: e a tal riguardo l'autostrada dei trafori (Genova Voltri-Sempione; completato il tronco Voltri-Santhià nel luglio 1978) assume particolare rilievo per il rafforzamento dei legami coi mercati dell'Europa centro-occidentale.
Bibl.: G. Ferro, Contributi alla geografia urbana di Genova, Genova 1969; Autori vari, Studi geografici sul Genovesato, ivi 1970; G. Ferro, Movimenti di popolazione nella regione ligure (1951-1971), ivi 1973; E. Leardi, Momenti geografici della navigazione da diporto: i porticcioli turistici della Liguria, ivi 1973; C. Cavaco, Aspetti geografici del turismo nella Riviera di Ponente, ivi 1974; G. Ferro, Distribuzione degli esercizi commerciali e rinnovamento urbanistico nei centri turistici delle Riviere liguri, in Rivista geogrfica italiana, LXXXII (1975), n. 4; G. Ridolfi, Le strutture professionali della popolazione attiva ligure nel quadro evolutivo dell'economia regionale (1951-1971), in Savona Economica, VII (1975), n. 10-11.
Archeologia. - La L. attuale occupa soltanto una piccola parte della ben più vasta L. protostorica che si estendeva fra l'Arno, i Pirenei, le Alpi e le Cevenne; essendo stretta fra il mare e il crinale alpino-appenninico, essa non è tra le regioni italiane archeologicamente più ricche, ma si distingue per una serie di giacimenti chiave che interessano la preistoria e la storia dell'intera civiltà occidentale ed europea: i Balzi Rossi, sul confine di Ventimiglia, per l'età paleolitica; le Arene Candide (Finale Ligure), con le altre caverne della L. occidentale, per il Neolitico e l'età del Bronzo; Chiavari per la prima età del Ferro; Ventimiglia (Albintimilium), all'estremo ponente, Luni, all'estremo levante, e in misura diversa Albenga (Albingaunum), Vado-Savona e Genova per l'età preromana, romana e anche per la nascente archeologia medievale. Inoltre la nave romana di Albenga, scoperta nel 1950, è stata il punto di partenza dell'archeologia sottomarina nel Mediterraneo, ed è tuttora il relitto-tipo di maggiori dimensioni e in corso di graduale esplorazione.
Ai Balzi Rossi le ricerche preistoriche, che hanno oltre un secolo di storia, essendo state iniziate da studiosi francesi nel 1870, nei due ultimi decenni hanno avuto come principale oggetto, fra le varie caverne: il Riparo Mochi (scavi dell'istituto italiano di paleontologia umana, L. Cardini, 1961) per la nuova sistemazione cronologica del Paleolitico medio e superiore e la scoperta del Mesolitico (Epipaleolitico con microliti) in superficie, in relazione alle più recenti classificazioni francesi; l'area dell'ex Casinò, esplorata per intero fra il 1968 e il 1970 (istituto di studi liguri, G. Vicino) fino agli strati del Paleolitico medio e alla spiaggia tirreniana; la caverna del Principe, ove il Museo antropologico di Monaco ha ripreso con nuovi metodi le ricerche nel testimone lasciato dai precedenti scavi, scoprendo (scavi L. Barral e G. Simone, 1965-76) entro la breccia ossifera sottostante agli strati musteriani tracce delle più antiche industrie e di un bacino umano del Paleolitico inferiore. Sono state inoltre scoperte, sulle pareti di alcune caverne già scavate nel secolo scorso (Barma Grande, Grotta del Caviglione, Grotta di Florestano, Grotta dei Fanciulli) incisioni rupestri paleolitiche, rimaste inosservate ai precedenti esploratori (G. Vicino, 1971).
Nel territorio ricco di caverne, fra Albenga e Finale, la grotta di Toirano, scoperta nel 1950 e con successivi trafori fra il 1965 e il 1967, ha rivelato le più antiche impronte di piede umano, dell'uomo di Neanderthal. Alle Arene Candide invece non sono stati più raggiunti gli strati paleolitici, sondati per la prima volta nel 1941, ma sono state riprese a cura della Soprintendenza alle antichità della L. (scavi S. Tiné, 1971-76) le ricerche nei livelli neolitici, aprendo il terreno all'approfondimento dello scavo su una nuova più vasta area, che si presenta regolarmente stratificata secondo le suddivisioni base del Neolitico antico, medio e recente, ivi codificato negli scavi L. Bernabò Brea, 1941 e 1950-51. Nuovi importanti caposaldi cronologici sono stati pure fissati con varie datazioni al radiocarbonio (Neolitico antico, 6220 anni fa; medio, 5450 anni fa; recente, 3125 anni fa). Anche nella caverna Pollera sono state riprese le ricerche (Soprintendenza alle antichità, S. Tiné, 1971), e nell'Arma delle Manie (scavi del Gruppo ricerche della Sezione finalese dell'istituto di studi liguri, 1965-76) è stato impostato un rigoroso scavo che tocca soprattutto le varie fasi del Paleolitico medio.
Mentre rimane finora quasi vuoto e immobile il quadro per il secondo millennio a. C. (Eneolitico e prima età del Bronzo) se si eccettua la scoperta del vaso campaniforme trovato presso Triora (scavi M. Ricci, 1964) e nell'Arma du Stefanin in val Pennavaira presso Albenga (scavi M. Leale Anfossi, 1952-62), la prima età del Ferro ha ricevuto almeno nel Levante una luce inattesa con la scoperta e l'esplorazione sistematica della necropoli di Chiavari (Soprintendenza alle antichità e istituto di studi liguri, 5 campagne di scavi dal 1959 al 1967), che ha rivelato la facies autentica della civiltà ligure costiera intorno al 700 a. C., contemporanea alle prime colonizzazioni e anteriore all'espansione etrusca. Il litorale ligure appare già in tale epoca precocemente aperto alle relazioni marittime con la penisola iberica e col Medio Oriente, possiede una propria industria del bronzo e del ferro e una facies peculiare, che si distingue nettamente dall'area villanoviana più a oriente, anche per una grande varietà e ricchezza di prodotti indigeni e importati. Sono state finora esplorate 125 tombe, racchiuse entro recinti o sistemi di recinti in ardesia, che delineano una vera e propria architettura tombale primitiva, di tradizione sub-megalitica.
Per il 5°-3° secolo hanno soprattutto progredito, fra il 1960 e il 1975, gli scavi di Genova (oppido preromano presso San Silvestro e altre scoperte casuali in città), approfittando dello stato di distruzione postbellica del quartiere antico. Sono stati riconosciuti livelli preromani che sembra datino le origini della città non più addietro del 5° secolo, con una facies da vero emporio marittimo, quale poi rimarrà sempre Genova nei secoli: è stata identificata per un tratto la cinta muraria preromana dell'oppido, sottostante alle fortificazioni dell'alto Medioevo (scavi della Soprintendenza alle antichità e dell'istituto di studi liguri 1952-54 e 1960-76).
Albintimilium (Ventimiglia) e parallelamente Albingaunum (Albenga) sono state teatro dei più importanti scavi volti a riconoscere, oltre alla topografia urbana delle due città, le vicende e la facies dei secoli della romanizzazione (dal 180 a. C. ad Augusto) e a distinguere cronologicamente la successione dei livelli stratigrafici e del corrispondente materiale. A Ventimiglia hanno così trovato la loro prima sistemazione e definizione talune fra le principali categorie della ceramica di età tardo-repubblicana, imperiale e tardo-romana, e lo scavo stratigrafico della città si svolge ininterrottamente dal 1938 (salvo la parentesi della guerra), con lo scopo preminente di perfezionare tali distinzioni ai fini più generali e di dar fondamento e tecnica al sistema di scavo stratigrafico nei giacimenti di età classica, che in Italia si è affermato in tempi relativamente recenti. Sono stati scoperti importanti monumenti come il teatro, una parte delle terme, mosaici, le mura e il reticolato delle insulae urbane, che risalgono alla fine del 2° secolo a. C. e conservano un modulo allungato di tipo ellenistico, assai dissimile da quello delle città di fondazione puramente romana. La stessa pianta della città, in un nodo stradale che chiudeva il passaggio litoraneo fra la collina e il mare, sembra la risultante, nel 1° secolo a. C., della fusione dell'oppidum indigeno con un castrum romano. Analogamente ad Albenga gli scavi 1955-56 e altri successivi in vari punti della città e del suburbio hanno consentito importanti progressi sulla conoscemza della topografia urbana, confermando un'assoluta continuità di tracciato fra le mura tardo-repubblicane, quelle ricostruite al principio del 5° secolo e quelle medievali: la stratigrafia quivi si riconosce su ben sei metri di altezza, dal 1° secolo a. C. fino all'età medievale e moderna, senza soluzione di continuità. Anche a Vada Sabatia (Vado Ligure) gli scavi dal 1954 al 1961 hanno fatto notevolmente progredire la conoscenza della topografia urbana e hanno consentito di distinguere una precisa stratigrafia dell'età tardo-repubblicana fino alla fine dell'Impero. In località minori come Diano Marina (antica Lucus Bormani) e Finale è stata riconosciuta, in scavi meno sistematici, una notevole precocità dell'occupazione romana del litorale, percorso e organizzato a partire dal 2° secolo a. C. come principale itinerario fra l'Italia, la Provenza e la Spagna.
Infine Luni, la più grandiosa e monumentale espressione della romanizzazione in Liguria (dalle Alpi Apuane e dal Portus Lunae a partire dall'età cesariana si diffuse il marmo lunense in tutto il Mediterraneo occidentale) è diventata nell'ultimo ventennio il principale cantiere di scavo per l'età imperiale romana - particolarmente curato dalla Soprintendenza alle antichità della Liguria e dal soprintendente A. Frova - sede di un Museo nazionale modernamente sistemato e inoltre oggetto di metodiche campagne di scavo annuali che mirano alla progressiva esplorazione dell'area urbana, e anzitutto dell'area centrale di essa, col foro, i templi, le strade lastricate di notevole ampiezza che dal centro della città portavano al mare. La vita della città, dal momento della fondazione (177 a. C.), abbraccia tutto l'arco del primo millennio sino all'abbandono della costa dovuto alle invasioni saraceniche del 9°-10° secolo, e offre un quadro d'inusitata ricchezza e di grande sviluppo civile per tutta la durata dell'Impero.
Particolare sviluppo ha assunto in L., nel dopoguerra, l'archeologia medievale, assunta al rango di scienza ausiliaria della storia non solo attraverso le costruzioni e gl'insediamenti che continuano o modificano quelli dell'antichità, ma anche attraverso numerosi scavi pure condotti con tecnica stratigrafica, e dai quali è scaturita una rivalutazione della ceramica, anche per il Medioevo, quale elemento base di datazione dei livelli archeologici. In tal senso i primi scavi di portata scientifica si sono svolti ad Albenga (1954-56), ove la stratigrafia non ha soluzioni di continuità dall'antichità ad oggi, a Finale (scavi della Pieve del Finale e dell'abitato attiguo, 1962), a Savona (scavi del Priamàr, tuttora in corso), ma soprattutto a Genova, dove sopra i livelli preromani e protoromani si è sviluppata metodicamente l'esplorazione di quelli medievali (scavi T. Mannoni e Gruppo ricerche, in corso).
Infine l'archeologia sottomarina, nata in L. nel 1950 con la scoperta del grande relitto di nave oneraria di Albenga, continua a costituire uno degli aspetti preminenti dell'archeologia ligure e ogni anno vi si svolgono regolari campagne (si è giunti ad Albenga alla 13ª), sostenute dal Centro sperimentale di archeologia sottomarina, che ha sede ad Albenga con ambito nazionale.
Promuovono di concerto le ricerche archeologiche in L. la Soprintendenza alle antichità della Liguria e l'istituto internazionale di studi liguri con le sue sezioni dislocate lungo la costa. I musei archeologici, a eccezione di quello di Luni, sono tutti comunali o di enti, e dopo la prima raccolta costituita a Genova nel Museo di archeologia ligure si sono specialmente sviluppati o rinnovati il Museo archeologico della Spezia a levante, a ponente quelli di Finale Ligure, Albenga (con l'unico Museo navale romano esistente), Sanremo, Ventimiglia, nonché quello minuscolo, ma significativo, dei Balzi Rossi, presso il confine, acquisito allo Stato. Vedi tav. f. t.
Bibl.: L. Bernabò Brea, Gli scavi nelle Arene Candide, in Collezione di Monografie preistoriche ed archeologiche, Bordighera 1946 e 1956; N. Lamboglia, Gli scavi di Albintimilium e la cronologia della ceramica romana, ibid., II, Bordighera 1950; id., Primi risultati cronologici e storico-topografici degli scavi di Albintimilium (1948-1956), in Rivista di studi liguri, XXII (1956), n. 2-4, pp. 91-152; Il Priamar, in Atti della Società Savonese di Storia Patria, 1959; Le vestigia umane nella grotta di Toirano (Premessa di N. Lamboglia; Le palline di argilla della Grotta della Bàsura, di A. C. Blanc; Les empreintes de pieds humains de la "Grotta della Bàsura", di L. Pales), in Rivista di studi liguri, XXVI (1960), pp. 5-90; N. Lamboglia, La necropoli di Chiavari - Studio preliminare, ibid., pp. 91-220; M. Leale Anfossi, Uno scavo negli strati inferiori dell'"Arma du Stefanin" (Val Pennavaira), in Rivista Ingauna e Intemelia, N. S. XVII (1962), n. 1-4, p. 53; N. Lamboglia, Prime conclusioni sugli scavi di Vada Sabatia, ibid. pp. 78-80; G. Isetti, H. De Lumley, Prima segnalazione di un giacimento musteriano nell'Arma delle Mànie, ibid., N.S. XVIII (1963), n. 1-4, pp. 44-49; E. Tongiorgi, N. Lamboglia, La grotta di Toirano, in Itinerari Liguri, n. 11, Bordighera 1963; N. Lamboglia, La nuova storia di Finale romana, in Rivista Ingauna e Intemelia, N. S. XVIII (1963), n. 1-4, pp. 1-9; M. Ricci, Un vaso campaniforme nell'alta valle Argentina (a Loreto presso Triora), ibid., N.S. XIX (1964), n. 1-4, pp. 56-59; N. Lamboglia, La seconda campagna di scavi nella necropoli ligure di Chiavari (1962-1963) - Studio preliminare, in Rivista di studi liguri, XXX (1964), n. 1-4, pp. 31-61; id., Ventimiglia Romana, in Itinerari Liguri, n. 7, Bordighera 1964; id., La terza campagna di scavo nella necropoli ligure di Chiavari (1966) - Relazione preliminare, in Rivista di studi liguri, XXXII (1966), n. 1-3, pp. 251-273; T. Mannoni, Le ricerche archeologiche nell'area urbana di Genova, 1964-1968, in Bollettino Ligustico, XIX (1967), n. 1-2, pp. 26-32; L. Barral, S. Simone, Nouvelles fouilles à la grotte du Prince (Grimaldi, Ligurie italienne). Découverte de Paléolithique inférieur, in Bulletin du Musée d'Anthropologie Préhistorique de Monaco, n. 14 (1968), pp. 5-23; id., Sur la présence à la grotte du Prince (Grimaldi, Ligurie italienne) de brèches à ossements et de formation attribuables à la mer du Mindel-Riss, in Comptes rendus de l'Académie des Sciences, S. D, vol. 268 (1969), pp. 637-40; N. Lamboglia, La topografia e la stratigrafia di Albingaunum dopo gli scavi 1955-1956, in Rivista di studi liguri, XXXVI (1970), n. 1-3, pp. 23-52; A. Lamberti, Ripresa degli scavi nella Caverna delle Arene Candide, in Rivista Ingauna e Intemelia, N. S. XXVI (1971), n. 1-4, pp. 59-60; S. Tiné, Nuovi scavi nella grotta Pollera, ibid., pp. 62-63; O. Giuggiola, La seconda fase di ricerca nell'Arma delle Mànie (Finale), ibid., n. 3-4, pp. 57-58; N. Lamboglia, Nuove scoperte nell'area Lucus Bormani (Diano Marina), ibid., n. 1-4, pp. 73-76; id., Lo scavo della Chiesa medioevale di San Domenico presso il Priamar (Savona), ibid., pp. 83-87; G. Vicino, Gli scavi preistorici nell'area dell'ex Casinò dei Balzi Rossi, ibid., N. S. XXVII (1972), n. 1-4, pp. 77-96; id., Scoperta di incisioni rupestri paleolitiche ai Balzi Rossi, in Rivista di studi liguri, XXXVIII (1972), n. 1, pp. 5-26; G. Vicino, S. Simone, Gravures rupestres paléolithiques des Balzi Rossi, in Bulletin de la Société Préhistorique de l'Ariège, XXVII (1972), pp. 39-59; S. Tiné, La campagna di scavi 1972 della caverna Pollera (Finale), in Rivista Ingauna e Intemelia, N. S. XXVII (1972), n. 1-4, pp. 106-107; A. Frova e altri, Scavi di Luni, Roma 1973; N. Lamboglia, Albenga romana e medioevale, in Itinerari Liguri, n. 1, Bordighera 1976.