divulgazione, linguaggio della
Derivato del verbo di origine latina divulgare, il nome divulgazione, attestato nell’italiano antico con il valore di «diffusione», «pubblicazione» di notizie, scritti, ecc., ha acquisito solo in epoca moderna (probabilmente nel corso dell’Ottocento; cfr. N. Tommaseo, Dizionario della lingua italiana, 1865, vol. 2°, p. 353) il significato oggi corrente di «esposizione in un linguaggio accessibile al grande pubblico di dottrine e nozioni specialistiche». Tale specializzazione semantica (riscontrabile anche in altre lingue europee, quali il francese e l’inglese) è sintomo e insieme prodotto del processo di definizione degli assetti organizzativi della scienza moderna e delle correlative modalità comunicative che veniva compiendosi appunto nel corso del XIX secolo (cfr. Crosland 1979: 151-189) e in seguito al quale si crearono le condizioni per attività comunicative di mediazione tra la comunità scientifica nelle sue diverse articolazioni e il sempre più ampio e articolato pubblico dei non specialisti.
In Italia, fino al Quattrocento il campo dell’elaborazione e della comunicazione scientifica risulta tenuto quasi solo da traduzioni in volgare (➔ volgarizzamenti, lingua dei) di opere latine, arabe e greche: tali versioni, però, se da una parte, allargando i confini di diffusione delle opere tradotte oltre la cerchia dei clerici, costituivano «un importante modello di medietas linguistica nella nascente prosa italiana» (Giovanardi 2006: 2198), dall’altra presentavano forti oscillazioni sia tra la terminologia latina e quella volgare, sia tra le voci specialistiche e il vocabolario comune. Così, lessici tecnici specifici per le varie discipline vennero formandosi tardi e con lentezza, solo dalla fine del Quattrocento e in ambiti disciplinari con sviluppi autonomi (come l’algebra) o con più larga presenza di opere di carattere pratico-divulgativo (come la medicina). Sicché ancora per tutto il Cinquecento (cfr. Dardano 1994: 504-531; Gualdo 2001; Giovanardi 2006: 2200-2201), le scritture d’ambito scientifico, costituite ancora in gran parte da volgarizzamenti di opere latine e greche nelle quali erano prevalenti il ricorso alla sinonimia e/o a termini polisemici, risultano ancora lontane dallo statuto del testo tecnico-scientifico moderno. La svolta si ebbe nel Seicento, quando la formazione di moderne terminologie tecnico-scientifiche differenziate nelle diverse discipline (Dardano 1994: 533) e la scelta di ➔ Galileo Galilei e della sua scuola di adottare l’italiano per la composizione di opere di ricerca scientifica contribuirono alla definizione di un linguaggio scientifico italiano (in particolare della fisica) stilisticamente caratterizzato, sorvegliato e ‘alto’ (Altieri Biagi 1984: 922 segg.).
All’articolarsi della comunicazione scientifica corrispose, anche cronologicamente, la formazione del giornalismo culturale, che tuttavia per decenni oscillò tra le due finalità che si intendevano perseguire con la fondazione del Journal des sçavans (il primo periodico scientifico d’Europa, 1665): l’informazione-aggiornamento della comunità internazionale dei dotti e la divulgazione delle più recenti opere, invenzioni e scoperte della scienza e della tecnica.
In Italia le prime opere di carattere e finalità specificamente e dichiaratamente divulgative cominciarono a comparire solo nei primi decenni del Settecento: dai Dialoghi sopra l’ottica neutoniana (1737) di Francesco Algarotti al successivo trattato Dell’elettricismo (1746) del medico veneziano Eusebio Sguario (fortemente influenzato dagli Entretiens sur la pluralité des mondes, 1686, di Bernard Le Bovier de Fontenelle). A partire dall’Ottocento la pubblicistica e la letteratura di divulgazione, divenute uno dei settori più vivaci e remunerativi della nascente industria editoriale, attraverso un contatto sempre più stretto con i mezzi e i canali messi a disposizione dallo sviluppo tecnologico (illustrazioni a colori, giornali e rotocalchi, diffusione radiotelevisiva e telematica), vennero progressivamente articolandosi in specifici tipi testuali, fino a diventare uno dei livelli (o modi) essenziali nell’attuale sistema della comunicazione e, in certi casi, un importante indice del grado di sviluppo socioculturale di un paese (cfr. le considerazioni sull’arretratezza italiana nella «letteratura di divulgazione» in Gramsci 1964: 106; e cfr. anche Govoni 2002).
Il primo livello di differenziazione nelle forme attuali di comunicazione divulgativa può essere considerato quello lessicale-terminologico, che varia sensibilmente in funzione degli ambiti o tipi di discorso tecnico-scientifico su cui esse si esercitano e del grado di semplificazione/chiarificazione di volta in volta perseguito. A parità di condizioni, infatti, i procedimenti di rielaborazione lessicale risultano di intensità e difficoltà decisamente diverse nel caso la trasposizione divulgativa si eserciti su testi appartenenti o meno all’ambito delle cosiddette scienze dure.
Così, la forte compattezza terminologica e l’alto grado di univocità della nomenclatura (Sobrero 1993: 239) che caratterizzano i linguaggi di tali scienze (indicati per questo come «lingue speciali» o «specialistiche»: Coluccia 2001: 8-9) devono essere insieme rispettati e chiarificati con il ricorso ad alcuni dei procedimenti caratteristici della lingua della divulgazione: la sostituzione dei tecnicismi con vocaboli d’uso comune (rinite → raffreddore); l’apposizione di glosse esplicative e/o di rinvii a termini dell’uso corrente (macrofagi → cellule-spazzino; nucleoni → i costituenti del nucleo atomico); lo scioglimento di composti nominali nei loro componenti e la loro resa in italiano comune (ipertermia → febbre alta).
Invece, nel caso di operazioni di divulgazione da scienze meno formalizzate, le cosiddette scienze molli, quali il diritto, l’economia o la linguistica, che intrattengono «rapporti più intensi con la lingua comune» (Dardano 1994: 500), l’attività di trasposizione terminologica è ovviamente assai più circoscritta, anche per la presenza, in quelle discipline, dei cosiddetti tecnicismi collaterali («particolari espressioni stereotipiche, non necessarie, a rigore, alle esigenze della denotatività scientifica, ma preferite per la loro connotazione tecnica»: Serianni 1989: 103), del tipo escussione di un teste, attingere a un capitolo di bilancio, di solito mantenuti nelle trasposizioni a scopo divulgativo. Peraltro, proprio l’osservazione del trattamento, nella comunicazione divulgativa, della compagine terminologica dei testi tecnico-scientifici, se per un verso ha dato impulso a studi sulle terminologie specialistiche (specie in prospettiva interlinguistica, cfr. Cortese 1996; Adamo & Della Valle 2003; Zanola 2007), per l’altro, concentrandosi sulle operazioni di trasposizione lessicale, le ha inquadrate e spiegate nel più vasto contesto delle strategie di parafrasi e riformulazione che sono risultate l’aspetto prevalente e caratteristico dei procedimenti di divulgazione (cfr. Dardano, Giovanardi & Pelo 1988: 153-156).
Si è passati, in questo modo (specialmente per iniziativa di studiosi francesi: Fuchs 1982; Mortureaux 1982; Jacobi 1986), da un punto di vista essenzialmente ‘lessicalista’ allo studio della divulgazione come discorso, del quale, in primis, si è tentato di delineare una tipologia (Loffler-Laurian 1983). In tale prospettiva è stato possibile individuare e descrivere i fenomeni testuali che caratterizzano la comunicazione divulgativa, e in particolare la scrittura, come discorso «mediamente vincolante» (secondo la tipologia proposta in Sabatini 1999) rispetto alla sicuramente maggiore rigidità-vincolatività del testo tecnico-scientifico: il ricorso a serie o catene sinonimiche; l’utilizzazione di modalità esemplificative e/o analogico-comparative; la riesposizione esplicativa; l’allocuzione al destinatario del testo divulgativo, ecc. Si sono potuti così analizzare (De Mauro 1992; Antonini 1997; Guidotti & Mauroni 2008) i caratteri assunti dalla comunicazione divulgativa negli spazi sempre più ampi offerti dai media, e in particolare da quelli radiotelevisivi e telematici.
Adamo, Giovanni & Della Valle, Valeria (a cura di) (2003), Innovazione lessicale e terminologie specialistiche. Atti del Convegno internazionale (Roma, 27-28 giugno 2002), Firenze, Olschki.
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Zanola, Maria Teresa (a cura di) (2007), Terminologie specialistiche e tipologie testuali. Prospettive interlinguistiche. Atti del Convegno (Milano, 26-27 maggio 2006), Milano, Università Cattolica del Sacro Cuore.