LIONE (fr. Lyon; A. T., 35-36)
Città della Francia, capoluogo del dipartimento del Rodano, sede di arcivescovato (l'arcivescovo di Lione è primate dei Galli), di corte d'appello, di università e di comando militare. È la terza città della Francia uno dei suoi più grandi centri di attività economica, e al tempo stesso città antichissima. La sua importanza storica è dovuta anzitutto alla posizione geografica, una delle più originali del continente europeo. Lione è situata presso la confluenza della Saona col Rodano. Il territorio che la circonda è costituito da un insieme di altipiani: a O. l'altipiano cristallino lionese (300-350 m. s. m.) intagliato nell'orlo orientale del Massiccio Centrale; tra la Saona e il Rodano l'estremità meridionale dell'altipiano di Dombes (250-300 m. s. m.), ricoperto d'uno spesso strato di depositi glaciali; a E. gli altipiani del Basso Delfinato (250-400 m. s. m.), formati di calcari secondarî e di arenarie terziarie tenere. Tutta questa regione, nella quale la Saona e il Rodano hanno scavato le loro valli, stretta e incassata la prima, allargata in pianura sulla riva sinistra la seconda, costituisce un paesaggio variato di altipiani, di vallate, di côteaux e di pianure. Le pianure, nebbiose e fredde in inverno e spazzate dal vento del nord (la bise), calde e secche in estate, non sono adatte a piante delicate; gli altipiani, il cui aspetto varia secondo la natura del suolo, sono pure mediocremente fertili; i côteaux invece costituiscono regioni privilegiate; riparati dai venti del nord, aperti in estate a correnti d'aria fresca, essi sono il rifugio dei frutteti e dei vigneti e hanno favorito il sorgere di villaggi.
Una regione così frammentata e generalmente povera non poteva fornire a Lione i prodotti che necessitano al vettovagliamento d'una grande città; si spiega perciò come Lione abbia vissuto per gran tempo senza diretti legami con la regione circostante, dalla quale però appunto per la povertà del paese rurale, poteva avere, a buon mercato e abbondante, la mano d'opera occorrente alle sue industrie. Le vallate che il Rodano e la Saona hanno aperto negli altipiani, e le pianure che essi hanno creato, determinarono la posizione della città, e coi passaggi che hanno predisposto, hanno costituito l'incrocio di strade che assicurarono il suo sviluppo.
La topografia della località dove sorse Lione comprende tre elementi: due altipiani che si elevano con versanti assai ripidi ai due lati della Saona, quello di Fourvières, estremità orientale dell'altipiano lionese, e quello della Croix-Rousse, estremità meridionale di quello di Dombes; un piano allungato tra i due fiumi in forma di penisola, per lungo tempo coperto di boscaglia e inondato in tempo di piena; infine la grande pianura che si stende a E. del Rodano nel Delfinato.
Verso questo territorio converge un grande fascio di strade internazionali: una serie di strade N.-S., tracciate lungo le valli della Saona e del Rodano. La valle della Saona apre una doppia strada verso il N.: quella della riva destra che si dirige verso la Borgogna e Parigi; quella della riva sinistra verso la Franca Contea e, per Besançon e la vallata del Doubs, verso l'Alsazia; la valle del Rodano ha dato luogo a due strade che scendono verso il S.: quella di Provenza e d'Italia sulla riva sinistra, quella di Linguadoca e di Spagna sulla riva destra. Su questo fascio principale s'innestano delle vie trasversali non meno importanti: a E. la strada dell'Europa centrale per Ginevra e la strada d'Italia per Chambéry, la valle di Moriana e il colle del Moncenisio; a O. l'antica "strada francese", cioè la strada di Parigi per Tarare e Roanne, attraverso i monti del Beauiolais, e la strada d'Aquitania per i monti del Lionese, le pianure del Forez e della Limagne e Limoges.
L'esistenza di questo intreccio di strade ha permesso a Lione di essere a più riprese città internazionale di prim'ordine.
I periodi più prosperi per la città sono stati quelli in cui i paesi situati sul fascio di strade da essa dominato conobbero un intenso sviluppo emnomico. All'epoca gallo-romana Lione divenne la capitale della Gallia perché, grazie alla rete stradale, era la città transalpina meglio collocata per sorvegliare e dominare i territorî recentemente conquistati nell'Europa di NO. Durante la maggior parte del Medioevo essa costituì la principale tappa sulla strada per Roma; ma il periodo più florido fu quello dal sec. XV al XVI, quando, per le felici trasformazioni politiche avvenute nel bacino parigino e per il rinnovamento economico e intellettuale manifestatosi in Germania, in Italia e nella Spagna, Lione divenne il centro naturale degli scambî fra quei paesi. Le fiere internazionali eclissano allora tutte le altre fiere dell'Europa occidentale e Lione diventa non soltanto un gran centro di commercio, ma una delle maggiori piazze finanziarie, e vive di una vita quasi unicamente internazionale.
Durante questi secoli la città si sviluppò sui due lati della Saona, via navigabile, con caratteristica di piccola città facile da fortificare e di centro commerciale. La città gallo-romana occupava la collina di Fourvières, che domina la riva destra della Saona. Nel Medioevo discende lungo il côteau accostandosi al fiume, e qui si trovano la cattedrale, le vecchie case medievali, il quartiere dei cambî. Nei secoli XVI-XVIII l'estensione urbana annette dall'altra parte del fiume il côteau della Croix-Rousse e la penisola tra Saona e Rodano.
Dopo il sec. XVII, Lione non tiene più il porto di città internazionale: le fiere cadono in una irreparabile decadenza dovuta alle mutate condizioni politiche e soprattutto alle nuove condizioni economiche, di cui la principale fu evidentemente lo spostarsi delle grandi vie di commercio europee in seguito allo sviluppo delle relazioni transoceaniche. Ma le fiere avevano lasciato nella città dei capitali, avevano altresì allacciato relazioni commerciali e resi noti varî prodotti, come il cotone e la seta. Lione, utilizzando questi vantaggi, poté trasformare la sua attività commerciale in, attività industriale e conservare così la sua fama di grande centro economico. L'industria della seta vi si sviluppa infatti rapidamente: dapprima installata nel quartiere della Croix-Rousse (il quartiere dei canuts, operai in seteria) essa non tarda a espandersi dopo l'inizio del sec. XIX nei sobborghi, e specialmente nelle vicine campagne dove la mano d'opera è abbondante e a buon mercato; inoltre una vera politica coloniale e abili relazioni tenute con l'Estremo oriente contribuiscono a fare di Lione uno dei più grandi centri mondiali, non solo per la tessitura, ma anche per il commercio delle sete. A sua volta l'industria della seta ha provocato lo sviluppo di altre industrie, p. es. quella chimica, taluni prodotti della quale sono la base della tintura e dell'apparecchio dei tessuti: acido solforico, glicerina, materie coloranti. A queste bisogna aggiungere la fabbricazione dei profumi e di prodotti farmaceutici. Anche l'industria della seta artificiale ha fatto nel dopoguerra considerevoli progressi nella regione di Lione, la quale è oggi il maggior centro dell'industria chimica francese. Lione è pure divenuta importante centro d'industria metallurgica: vi sono sorte fabbriche di macchine a vapore, di macchine tessili, di apparecchi elettrici, di automobili, ecc. Le industrie del tannino e dei mobili sono pure sviluppate in rapporto alla vicinanza di regioni montuose, il Giura, le Alpi, il Massiccio Centrale, che abbondano di foreste. Infine un'altra industria tessile (lanificio) vi si è impiantata di recente, venuta dal nord durante la guerra.
Questo sviluppo industriale ha provocato un considerevole aumento di popolazione. Da 120.000 ab. al principio del sec. XIX, questa si è elevata a 177.000 nel 1850, a più di 400.000 nel 1900, e raggiunge nel 1931 i 579.763 ab. (570.840 nel 1926). Se a questa popolazione propriamente urbana si aggiunge quella dei centri degli immediati dintorni, Oullins, Villeurbanne, Venissieux, Saint-Fons, Caluire, Cuire, ecc., si ha un'agglomerazione di circa 800.000 ab.
Con lo sviluppo industriale la città si è estesa: le costruzioni serrate nella penisola (quartieri di Perrache e Bellecour) e sui côteaux (quartieri della Croix-Rousse, di Saint-Jean e di Fourvières) hanno trovato sbocco sulla riva sinistra del Rodano nella grande pianura del Delfinato. I nuovi quartieri (quartiere dei Brotteaux e quartiere della Guillotière) contrastano per le scacchiere regolari delle vie, la scarsità dei monumenti, le numerose case operaie, con i quartieri della città medievale e moderna, pittorescamente aggrappati ai côteaux della Croix-Rousse e di Fourvières o schierati sulla penisola. Il Rodano con dodici ponti, tra mirabili lungofiumi, è il magnifico centro della vita e del paesaggio lionese.
La recente funzione industriale di Lione ha avuto pure ripercussioni d'ordine regionale. Essa ha raggruppato attorno alla poderosa città le molteplici regioni che la circondano per un raggio che è andato aumentando. Le regioni che sentirono per prime l'attrazione della città sono state quelle montuose, monti del Lionese, del Beaujolais, altipiano del Vivarais, che offrono alle fabbriche di seterie la forza motrice dei loro corsi d'acqua e l'abbondante mano d'opera delle loro popolazioni. Le pianure sono state conquistate più tardi, quando la lavorazione delle seterie ha avuto bisogno della costruzione di grandi stabilimenti moderni e quando la città è diventata un importante mercato di consumo per i prodotti dell'agricoltura. Lione è oggi una capitale regionale e la sua regione va dalle Alpi e dal Giura al Massiccio Centrale, da una parte, dalle pianure della Saona alle medie pianure del Rodano dall'altra.
Gli anni del dopoguerra hanno segnato anche la ripresa della importanza internazionale; la fiera di Lione attira ogni anno in primavera molte migliaia di partecipanti, in maggior parte dall'Europa centrale, dalla Svizzera e dai paesi mediterranei.
Monumenti. - Pochi sono gli avanzi romani. La collina di Fourvières, circondata di bastioni di quasi 5 km. di perimetro, racchiudeva tutti i consueti edifici pubblici. Gli scavi praticati a più riprese hanno però dato solo magri risultati; nella campagna, invece, sussistono importanti resti dell'acquedotto che alimentava l'antica Lugdunum. Il foro era in cima alla collina, dinnanzi all'attuale basilica. Forse bisogna situare colà il tempio di Cibele, la cui esistenza è attestata da un'epigrafe che ricorda un taurobolio nel 160 d. C. Un palazzo imperiale pare s'innalzasse dove è ora il convento dell'Antiquaille.
Dell'evo carolingio restano le cripte di S. Ireneo, S. Giusto e S. Niziero, assai restaurate. Anche la chiesa romanica di S. Martino d'Ainay, consacrata nel 1106, ha subito grandi rimaneggiamenti (1830). All'incrocio delle navate col transetto la cupola è sostenuta da quattro colonne che si dicono provenire dall'altare di Roma e d'Augusto. Coro e abside (affresco di H. Flandrin, 1885) sono decorati da pilastri con bellissimi capitelli istoriati. A destra del coro la cappella di S. Blandina (sec. XI), restaurata, s'innalza sull'antica cripta, anch'essa restaurata. Nella cappella battesimale (1832) furono usate colonne e capitelli scolpiti romanici provenienti dall'Île-Barbe. I capitelli figurati e ornamentali dei pilastri e delle colonne, i fregi di animali e di fogliami ricordano la scultura lombarda. Del mosaico del sec. XII restano solo frammenti.
La cattedrale elevantesi ai piedi della collina di Fourvières, sulla piazza S. Giovanni, presenta un grande interesse per i varî periodi costruttivi, le sculture e le vetrate. Ricostruita nel sec. XI e al principio del XII, non rimane di quell'epoca che il muro occidentale del chiostro, la facciata della "Manécanterie" (scuola di canto liturgico nel Medioevo). L'attuale edificio, iniziato dal lato dell'abside sotto l'arcivescovo Guiscardo (1165-80), fu terminato solo alla fine del sec. XV. L'abside e il coro risalgono al primo periodo di costruzione, salvo le parti superiori, iniziate nel 1192 assieme al transetto. Le vòlte del transetto, le torri che le sormontano, le quattro prime campate della navata centrale e le collaterali sono degl'inizî del sec. XIII; le ultime due campate, la parte inferiore della facciata e il rosone di Jacques de Beaujeu sono del sec. XIV. Nel 1480 era terminata la facciata con il frontone e le due torri prive di guglie. Le differenze stilistiche, molto sensibili, non turbano tuttavia l'armonia generale. Notevole la decorazione dell'abside romanica e del coro: capitelli scolpiti di pilastri scannellati, colonnette, archi ciechi e una galleria che partecipa dell'arte borgognona e della provenzale, incrostazioni di stucco colorato in cornici e nei gradini dell'antica cattedra episcopale, con fogliami, con animali, ecc., con una tecnica proveniente da Bisanzio e dall'Italia. Le finestre inferiori sono decorate di mirabili e celebri vetrate del sec. XIII, opera di una scuola indipendente da Chartres, che contengono medaglioni incorniciati di una bordura (nel centro la Redenzione); le vetrate delle finestre superiori (apostoli e profeti) restaurate, sono contemporanee a quelle del rosone del transetto. La grande rosa della facciata fu decorata di vetrate nel 1393 da Henri de Nivelle. L'interno, nelle navate e nel transetto, è di forme gotiche sviluppate, elegantissime Tra le cappelle laterali va citata particolarmente quella dei Borboni (1486-inizî sec. XVI), di raffinato stile gotico fiorito. La facciata ebbe distrutte le sue statue, ma conserva ancora i 350 rilievi del basamento (secolo XIV), lievemente posteriori e affini a quelli di Rouen, complesso mirabile, prezioso per la leggiadria dell'esecuzione e per l'iconografia. Il tesoro ha molti oggetti preziosi, e tra i manoscritti il messale di Tommaso James miniato dall'Attavante (1483).
Non lungi dalla cattedrale, la chiesa di S. Paolo, riedificata nei secoli XI e XIII, malgrado i rifacimenti, conserva il tiburio romanico e altre parti gotiche. La chiesa di S. Niziero, di stile gotico fiorito, s'innalza nel centro della città, sul luogo della primitiva cattedrale di cui conserva una cripta restaurata. La sua facciata, rimaneggiata nei secoli XVIII e XIX, ha un porticato a emiciclo del sec. XVI; nel transetto vi è una berniniana Madonna di A. Coysevox.
La chiesa di S. Bonaventura, costruita tra il 1315 e il 1418, fu restaurata nel 1858; quella di S. Bruno dei Certosini, costruita nel sec. XVIII su progetto del Delamonce, ha un sontuoso baldacchino del Servandoni. Sulla riva sinistra del Rodano si trovano numerose chiese moderne di stile neo-gotico. La basilica di Fourvières, dedicata alla Madonna, domina enorme dalla collina la città; fu edificata dal 1872 al 1884 su progetto di Pierre Bossan, con reminiscenze greche, bizantine, gotiche. La facciata è decorata di numerose statue del Millefraud e del Dufraine.
Il rione della cattedrale è ricco di case e di memorie dei secoli XV e XVI. Vanno ricordati specialmente la casa gotica di via S. Giovanni (n. 11), il palazzo Gadagne (inizî del secolo XVI, di P. de la Vive), il palazzo dei Paturin e una delle poche opere lionesi di Ph. Delorme, la galleria su pennacchi del palazzo Bullioud. Il palazzo comunale, celebre edificio dovuto a S. Maupin (1646-1655), dopo un incendio fu rimaneggiato da J. H. Mansard e dal de Cotte (1792). Le due facciate, una sormontata da una torre, l'altra da una balaustra all'italiana, sono riunite da due cortili fiancheggiati da fabbricati (nel vestibolo statue del Rodano e della Saona, opera dei Coustou); la principale ha di fronte, sulla piazza, una fontana monumentale del Bartholdi. Il palazzo Saint- Pierre, ora sede del museo di belle arti, già abbazia benedettina delle Suore di S. Pietro, riedificata nel 1659-1685 dal de la Valfenière, forma un vasto complesso rettangolare di uno stile severo che palesa influenze italiane; la chiesa, sconsacrata, ha un bell'atrio romanico. L'ospedale ha una cappella del sec. XVII; la facciata, sormontata da una cupola lungo il Rodano, fu disegnata dal Soufflot (1741), al quale si deve anche la graziosa Loggia dei cambî e il teatro ricostruito dallo Chenavard, dopo un incendio, nel sec. XIX. Appartengono al sec. XIX il Palazzo di giustizia (Baltard, 1835), la Borsa (Dardel). Furono ultimamente edificati i macelli e lo stadio in cemento armato, opera di Tony Garnier, e il Palazzo della fiera.
Musei. - Nel Museo delle belle arti (palazzo Saint-Pierre) ricordiamo nel chiostro la più bella collezione d'iscrizioni romane di Francia, sculture del lionese Chinard (sec. XVIII) e del Rodin; sullo scalone i dipinti del Puvis de Chavannes (1883), nella galleria di pittura opere del Perugino, del Tintoretto, di P. Veronese, del Greco, dello Zurbaran, di Francesi del sec. XIX (Prudhon, David, Géricault, Delacroix, Courbet, Corot, Millet, Manet, Fantin-Latour, ecc.) e in particolare di pittori lionesi (Grobon, Berjon, Vollon, il preraffaellita Orsel, H. Flandrin, Puvis de Chavannes, Carrand, ecc.), stampe e disegni. Nel Gabinetto delle medaglie si conservano le Tavole Claudiane e un calendario celtico; collezioni di ceramiche e di mobili. Nel Museo dei tessuti (Palazzo della Borsa), fondato nel 1864, è una collezione unica al mondo: più di 400.000 campioni di tessuti e trine dai copti sino agli ultimi prodotti dell'industria lionese, tappeti orientali e tutto quanto interessa la storia della seta. Il Museo Guimet, oltre alla galleria egiziana e gallo-romana, ha interessanti collezioni cinesi e giapponesi. Nello stesso edificio il Museo di geologia e di storia naturale. Il Museo delle arti decorative contiene mobili e il tesoro della cattedrale. Il Musée du Vieux-Lyon, nel palazzo Gadagne, è consacrato ai documenti e ai ricordi riguardanti la storia della città. L'importante biblioteca civica (circa 650.000 volumi, 900 incunabuli, 9750 manoscritti) è sistemata nel vecchio vescovado.
V. tavv. XLI e XLII.
Istituti di cultura. - L'università (fondata nel 1808) comprende le facoltà di diritto, scienze, lettere, e mista di medicina e farmacia; ne dipendono anche numerosi istituti, tra cui l'istituto di diritto comparato, l'orto botanico, la biblioteca universitaria, la biblioteca Émile Bertaux (donata alla facoltà di lettere dalla marchesa Arconati Visconti nel 1917), ecc. Esistono inoltre le "Facoltà cattoliche", pure con biblioteche speciali; il laboratorio di polizia tecnica pubblica la Revue internationale de criminalistique. V'è un istituto universitario franco-cinese, creato dalla Association universitaire franco-chinoise; un Institut des études rhodaniennes, un osservatorio astronomico, un museo coloniale, un laboratorio di studi sulla seta, archivi del dipartimento, cittadini, ecc. Tra le accademie e società culturali: l'Académie des Sciences, Belles-Lettres et Arts de Lyon (fondata nel 1700); la Société d'Agriculture, Sciences et Industrie de Lyon (1761); la Société littéraire, historique et archeologique (1807); e la Société de médecine (1789).
Storia. - L'etimologia del nome celtico Lugdunum (forma primitiva Lugudunun, Lugudunum) è incerta: "città del cervo", "città chiara", "città del dio Lugus", "piccola città"? Al tempo di Giulio Cesare, un oppidum celtico con questo nome si levava sulla collina di Fourvières, dominando la riva destra della Saona, dipendente dal piccolo popolo dei Segusiavi, tributario degli Edui. In epoca anteriore, forse prima del 120 a. C., data della vittoria dei Romani sugli Arverni e gli Allobrogi, sembra che quivi sia stata una cittadella allobroga. D'altra parte, in una data imprecisata del sec. I a. C., dei commercianti italici cacciati da Vienna dagli Allobrogi vennero a stabilirsi tra il Rodano e la Saona. La posizione di Lione su una confluenza che segnava il limite fra Edui e Allobrogi sembra spiegare perché la città non si sia sviluppata prima dell'unificazione romana.
Toccava ai Romani di dare a Lione la funzione eminente assegnatale dalla sua posizione geografica. Nel 43 a. C. L. Munazio Planco fondava sulla collina di Fourvières una colonia che ebbe dapprima il nome di Copia, poi di Augusta, e da Claudio in poi si chiamò Colonia Copia Claudia Augusta Lugdunum. Questa colonia ebbe rapidamente straordinario sviluppo. Capitale della provincia della Gallia Lugdunensis, divenne, grazie alla sua posizione centrale, da cui come a ventaglio si irraggiavano le tre Gallie, centro economico, militare, politico e religioso della Gallia intera. Nel 12 a. C., Druso inaugurò ad confluentes Araris et Rhodani, sulle pendici della collina di Saint-Sébastien, un grande altare di Roma e Augusto, ove ogni anno, al 1° di agosto, si riuniva per feste nazionali l'assemblea dei delegati delle tre Gallie. Quivi erano un tempio, un anfiteatro, delle terme. Durante una di queste feste Caligola, nel 40 d. C., istituì un concorso di eloquenza.
Le numerose iscrizioni trovate a Lione c'informano sulla vita della città. Attivissimo era il commercio, sia per la via fluviale del Rodano e della Saona, ove imperava una potente corporazione di battellieri, i Nautae Rhodanici et Ararici, sia per le vie di terra; via di Agrippa, dal Mediterraneo alla Manica, da Arles a Lione e da Lione a Boulogne per Chalon-sur-Saône, Autun, Auxerre, Reims, Amiens: vie del Reno, per Langres, Toul e Metz, Treviri e Colonia (altra via di Agrippa), e per Besançon e Kembs; via da Lione all'imboccatura della Senna, per Auxerre, Parigi, Rouen e Harfleur; via da Lione all'Armorica, per la valle della Loira; via da Lione in Italia, per Briançon. Attraverso queste vie salivano al nord tutti i prodotti dell'Oriente mediterraneo, e scendevano a sud l'ambra dei paesi baltici e lo stagno della Britannia. Sin dal 64 Lione era tanto prospera da poter mandare a Roma, dopo il grande incendio che aveva devastato l'Urbe, 4 milioni di sesterzî; l'anno seguente era a sua volta vittima del fuoco, ma fu ricostruita più bella.
Fino alla fine del sec. II Lugdunum fu la città più importante di tutta la Gallia. Le sue scuole e la sua zecca erano famose. Alla fine del sec. II una catastrofe si abbatté su Lugdunum. I soldati di Settimio Severo, vittoriosi di Albino il 19 febbraio 197, saccheggiarono e incendiarono la città, che non si riebbe più da quel colpo. Nel sec. IV è eclissata dalla sua antica rivale Vienna, e da città più lontane, Arles e Treviri; tuttavia la zecca conservò la sua attività sino alla fine dell'Impero.
Le relazioni commerciali di Lione con l'Oriente mediterraneo contribuirono alla penetrazione in questa città di religioni orientali, e specialmente del cristianesimo. La chiesa di Lione compare già pienamente costituita nel 177 nella lettera (Eusebio, Hist. Eccles., V, 1) dei fedeli di Lione e di Vienna ai loro fratelli di Asia e di Frigia, la quale narra il martirio di 48 fedeli con a capo il vecchio vescovo Fotino, discepolo di S. Policarpo. Dalla lettera (v. gallia, XVI, p. 319) si deduce che la comunità è di origine asiatica. È dubbio se Lione fosse allora la sola comunità della Gallia retta da vescovo, da cui sarebbero dipesi tutti i fedeli dispersi nelle tre Gallie; ovvero se, al contrario, già esistessero altre chiese pienamente organizzate e con vescovo proprio, specialmente nella valle del Rodano. A Fotino successe come vescovo S. Ireneo, anch'egli asiatico. A metà del sec. III compare il vescovo Faustino, il quale scrive a Stefano I e a S. Cipriano per denunciare le tendenze novaziane di Marciano vescovo di Arles. Da quell'epoca in poi viene costituito un certo numero di vescovi nella Gallia; ma Lione, pur vedendo diminuire la sua importanza con la riforma amministrativa di Diocleziano, conserva la sua autorità sulle chiese della Gallia, nonostante i privilegi ottenuti dai vescovi di Arles quali vicarî della sede apostolica: alla fine del secolo VI il primato viene fissato definitivamente a Lione.
Nel periodo del disgregamento dell'Impero la città fu occupata prima dagli Unni, poi dai Burgundî, la dominazione dei quali venne infranta nel 534 per opera dei figli del re franco Clodoveo, dopo di che i destini di Lione si trovarono collegati alla vita del regno dei Franchi. Nel 725 Lione fu invasa, e fors'anche distrutta, dagli Arabi; ma dopo la battaglia di Poitiers fu di nuovo riconquistata al regno franco e rimase sotto il potere della dinastia carolingia fino all'anno 879. Però nel corso del secolo IX il potere dei re e poi degl'imperatori franchi subì una diminuzione assai notevole a favore degli arcivescovi. Politicamente, in base alla divisione di Verdun, la città venne assegnata, dall'843, all'imperatore Lotario. Nell'879 Lione divenne capitale del nuovo regno di Provenza, proclamato da Bosone, genero dell'imperatore carolingio Carlo il Calvo. Nel 933 il dominio della città passò nelle mani del re di Borgogna Rodolfo II. Nel 935 Lione fu invasa dai Magiari. Intanto si accrebbe sempre più l'autorità degli arcivescovi, in modo che, passata Lione insieme con tutto il regno di Borgogna nel 1032 nelle mani dell'imperatore Corrado II, questi non poté esercitarvi alcun potere effettivo. Nella Bolla d'Oro del 1157, rilasciata all'arcivescovo Eraclio dall'imperatore Federico I Barbarossa, questa situazione di fatto ottenne una sanzione formale, essendo stata accordata all'arcivescovo la sovranità effettiva sopra Lione e sopra tutta la regione lionese, sotto la riserva puramente teorica degli alti diritti dell'impero. Però l'arcivescovo divide il suo potere coi canonici del capitolo, il che nel seguito provocherà attriti fra queste due istituzioni ecclesiastiche, attriti di cui si valsero più tardi i cittadini di Lione nei loro tentativi d'emancipazione. Nel 1269 essi, approfittando della vacanza della sede arcivescovile, si rivoltano contro i canonici e rimangono in guerra aperta con essi fino all'intervento del re di Francia. Questi s'impadronisce del potere giudiziario a Lione togliendolo definitivamente ai canonici e mantenendolo solo in parte nelle mani dell'arcivescovo. Un tentativo dei canonici di riprendere la giurisdizione provoca una nuova rivolta dei cittadini e un nuovo intervento del re. Tali interventi sboccano finalmente in un'annessione vera e propria della città al regno di Francia (1307). Dopo un tentativo di resistenza da parte dell'arcivescovo, questi, vinto e imprigionato dai figli di Filippo il Bello, si trovò costretto a concludere col re una pace definitiva, che sanzionò l'annessione del 1307 e stabilì a Lione la sovranità dei re di Francia. Quanto ai cittadini, essi ottennero nel 1320 il diritto di costituirsi in comune, di eleggere consoli, d'imporre taglie, ecc. L'organizzazione comunale di Lione assunse ben presto, come in tutte le città di Francia, un carattere nettamente aristocratico, e fu di fatto concentrata nelle mani di un gruppo di poche famiglie della ricca borghesia. Ma il consolato di Lione fu validamente sostenuto dal potere regio, tanto contro l'arcivescovo quanto contro i ceti democratici della popolazione. Nel 1495 Carlo VIII conferì la dignità nobiliare ai consoli e ai loro discendenti.
Nel 1419 vennero istituite a Lione due fiere annuali che tosto furono portate a quattro. Le fiere erano libere da ogni imposta ed ai mercanti forestieri che vi partecipavano veniva garantita completa sicurezza per le persone e per i beni. Queste fiere trasformarono ben presto Lione in un centro importantissimo del commercio europeo, con l'intervento dinumerosi mercanti stranieri, quali tedeschi, italiani e spagnoli. In connessione con queste fiere si sviluppò a Lione l'esercizio del cambio, dapprima effettuato principalmente da Fiorentini, Lucchesi e Genovesi, ma presto passato anche nelle mani dei mercanti locali. Alle attività commerciale e bancaria si aggiunse fin dal sec. XV l'industria della seta, validamente protetta e favorita dal potere regio. Nel 1466 venne creata, in parte a spese della città, una fabbrica di seta la quale, con qualche interruzione temporanea, divenne nel secolo seguente una delle principali glorie e una delle principali fonti di ricchezza di Lione. Lione fu anche la prima città di Francia dove furono create imprese di stamperia, per opera di lavoratori tedeschi emigrati da Magonza. Le tipografie lionesi costituirono uno dei maggiori vanti della città. Occorre pure notare che nel sec. XVI Lione fu uno dei principali centri del Rinascimento francese.
I contrasti fra l'aristocrazia consolare e le masse del popolo favorivano gl'interventi del potere regio che a poco a poco portarono a una dipendenza quasi completa del governo comunale dal re. Questo processo, iniziatosi già ai tempi di Carlo VII e Luigi XI, e poi interrotto nel periodo delle guerre di religione nel sec. XVI, fu ripreso nuovamente dopo la fine di queste guerre e lo stabilirsi sul trono del re Enrico IV. Già Enrico II aveva progettato nel 1547 una riforma della costituzione comunale, in base alla quale il numero dei consoli veniva ridotto da 12 a 4, con a capo un prevosto dei mercanti (prévôt des marchands) di nomina regia. Ma l'attuazione di tale progetto non poté realizzarsi nei torbidi anni delle guerre di religione, e solo dopo l'avvento di Enrico IV, alla fine del secolo, la sottomissione del comune di Lione al re venne definitivamente compiuta. Il movimento di riforma religiosa ebbe a Lione delle manifestazioni notevoli, tanto che per un anno la città si trovò nelle mani dei protestanti (1562-1563). Più tardi Lione fu invece membro importante della lega cattolica e prese perfino un'atteggiamento piuttosto di opposizione contro la politica debole ed esitante di Enrico III. Il conflitto fra il re e la città di Lione fu superato solo dopo la conversione e l'avvento al trono di Enrico IV. Ma sotto questo re venne compiuta la sottomissione del comune al potere regio, con la ripresa del progetto di Enrico II e la modificazione dell'ordinamento comunale in tale senso (1595).
Da quel tempo in poi si accrebbe sempre più l'ingerenza dei re nella vita politica ed economica di Lione, e la nuova costituzione durò fino alla Rivoluzione francese. La città soffriva molto delle continue esigenze finanziarie del potere regio e dei suoi interventi nella vita economica. I tempi di Richelieu e di Mazzarino, come anche più tardi tutto il regno di Luigi XIV, furono particolarmente gravosi per Lione. Contemporaneamente si accentuano i contrasti fra le masse della cittadinanza, specialmente gli operai dell'industria della seta, e i padroni appoggiati dall'aristocrazia consolare. Nel 1744 ebbe luogo uno sciopero in grande stile terminato con repressioni violente. Altri conflitti si manifestarono nel corso del sec. XVIII, ma non ebbero risultati sensibili, fuorché quello di facilitare sempre più l'intervento del potere regio nella vita economica della città.
La Rivoluzione pose fine al consolato e in genere ai vecchi ordinamenti di Lione. Durante la Rivoluzione la città ebbe di nuovo una parte importante nella storia di Francia. Essa in un certo momento divenne centro di un'opposizione al terrorismo della Convenzione. Proprio al momento in cui a Parigi erano distrutti gli elementi più moderati, e i girondini venivano perfino scacciati dalla Convenzione, a Lione ebbero il sopravvento appunto le tendenze più moderate. Lione entrò in conflitto con la Convenzione e rifiutò di seguirne la politica. Furono processati, condannati e in parte perfino giustiziati gli uomini della tendenza più radicale. In questi frangenti alzarono la testa i sostenitori dell'antico regime, in modo che gli uomini della Convenzione ebbero l'impressione di trovarsi di fronte a una controrivoluzione vera e propria. Il 29 maggio 1793 avvenne una rottura formale fra Lione e la Convenzione, in seguito alla quale la città si trovò in un aperto conflitto coi dittatori di Parigi. Lione fu assediata e conquistata dalle truppe di Dubois-Crancé e di Kellermann. L'autorità della Convenzione fu ristabilita e si iniziò la persecuzione contro i responsabili della rivolta e i presunti sostenitori della monarchia. Moltissime persone vennero condannate e giustiziate dai tribunali eccezionali. Il Comitato di salute pubblica decise perfino di distruggere Lione e di cancellare il suo nome dall'elenco delle città di Francia. Le poche case destinate a rimanere dovevano essere riunite sotto il nome di "città liberata" (Ville affranchie). Collot d'Herbois e Fouché vennero incaricati di compiere l'opera di distruzione e di effettuare la vendetta contro gli oppositori della politica della Convenzione. Ma la caduta del partito hébertista arrestò il terrore a Lione e costrinse Fouché ad abbandonare la città. Il terrore rivoluzionario fu però completamente abbandonato solo dopo la caduta di Robespierre. Allora si manifestò una reazione, un terrore bianco, tollerato di fatto dalle autorità del nuovo regime. L'ordine e la pace vennero ristabiliti solo dopo l'avvento di Bonaparte.
Nel Medioevo Lione ebbe una parte considerevole nelle vicende ecclesiastiche e religiose d'Europa. Furono convocati a Lione numerosissimi concilî, due dei quali ecumenici (v. appresso). Ma Lione fu anche (nel sec. XIII) centro di un movimento eretico sparsosi largamente nelle regioni alpine e nell'Italia settentrionale. Pietro Valdo fu mercante di Lione, e la setta da lui fondata (i Poveri di Lione) fu una delle sette eretiche più temibili per l'autorità del clero cattolico.
A Lione venne poi incoronato papa Clemente V, il primo papa del periodo della cosiddetta "cattività babilonese", e vi fu anche eletto il suo successore Giovanni XXII.
Concilî di Lione. - Prima della sua annessione al regno di Francia, Lione fu scelta spesso a sede di numerosi concilî, per la sua posizione preminente fra le chiese della Gallia e per la sua particolare situazione politica. Il primo concilio lionese del quale si ha certa notizia è quello tenuto fra il 475 e il 480 contro il predestinazionismo del prete Lucido. Tra i numerosi concilî successivi meritano speciale menzione quelli del 1245 (XIII concilio ecumenico) e del 1274 (XIV concilio ecumenico).
Il decimoterzo concilio ecumenico va posto nel quadro del contrasto fra Innocenzo IV e Federico II. Fu inaugurato il 25 giugno 1245, alla presenza del papa, di 140 prelati fra i quali i patriarchi di Antiochia, Aquileia e Costantinopoli, e di Baldovino II imperatore latino di Costantinopoli. Federico II era rappresentato da Taddeo di Suessa. Nonostante la difesa di Taddeo, Federico fu dichiarato scomunicato e deposto sotto l'imputazione di aver disprezzato i trattati conclusi con la Chiesa, di aver ripetutamente violato il suo giuramento, di essere incorso nel delitto di sacrilegio, di sospetta ortodossia e di aver ridotto alla miseria e in schiavitù chierici e laici nel regno di Sicilia tenuto da lui come feudatario della Santa Sede. Il concilio si occupò anche dell'invio di soccorsi a Costantinopoli e in Terrasanta; della riforma della Chiesa; dello scisma greco; dell'invasione tartara. Non emise decreti dogmatici, ma regole circa la procedura da osservarsi nei giudizî ecclesiastici. Si chiuse il 17 luglio 1245.
Il decimoquarto concilio ecumenico costituisce, insieme con quello di Ferrara-Firenze, uno dei due più imponenti tentativi per l'unione fra la Chiesa latina e la Chiesa greca. Costituitosi l'Impero latino d'Oriente Giovanni III Vatatze, imperatore greco di Nicea, aveva avanzato proposte a papa Innocenzo IV per comporre lo scisma sorto all'epoca di Michele Cerulario. I Greci avrebbero riconosciuto il primato di Roma e il papa avrebbe riconosciuto come solo legittimo il patriarca greco; avrebbe lasciato liberi i Greci di inserire l'inciso filioque nella formula di fede sulla Trinità e la processione dello Spirito Santo; avrebbe favorito il ritorno di un greco sul seggio imperiale di Costantinopoli. Le trattative, interrotte per la morte dell'imperatore (1254), furono riprese da Michele VIII Paleologo, il quale, dopo aver ritolto Costantinopoli ai Latini (1261), di fronte alla minaccia di una coalizione occidentale e alle mene di Carlo d'Angiò, suocero del figlio di Baldovino, aveva pensato di accordarsi col papa. Le trattative si svolsero durante i pontificati di Urbano IV, Clemente IV e Gregorio X. Il concilio s'inaugurò il 7 maggio 1274 alla presenza di Gregorio X, di Giacomo I d'Aragona e di circa 500 vescovi e di numerosissimi prelati, fra i quali Pantaleone, patriarca latino di Costantinopoli, e S. Bonaventura, S. Tommaso d'Aquino vi era stato invitato, ma morì durante il viaggio. L'accordo fu raggiunto. Il 24 giugno giunse la missione greca capeggiata dal patriarca Germano di Costantinopoli. Furono condannati coloro "qui negare praesumpserint aeternaliter Spiritum Sanctum ex Patre et Filio procedere". Fu riconosciuto dai Greci che la Chiesa romana "summum et plenum primatum et principatum super universam Ecclesiam catholicam obtinet", che in tutte le cause ecclesiastiche "ad ipsius potest iudicium recurri" e che "eidem omnes ecclesiae sunt subiectae". L'unione così ristabilita, più per volontà di Michele che per reale sentimento del popolo e del clero di Costantinopoli, non durò che otto anni, giacché, morto Michele, il figlio e successore Andronico II ristabilì lo scisma. Il concilio, che si chiuse il 17 luglio 1274, si occupò anche della crociata, e promulgò (il 1 novembre 1274) trentun canoni fra i quali Ubi periculum, per rendere più sollecita l'elezione pontificia: a tale costituzione risale l'istituzione del conclave (v.).
La Consulta di Lione. - Negli ultimi mesi del 1801 Bonaparte volse il pensiero a ordinare le terre d'Italia. Tre i punti di studio: costituzione politica della Cisalpina; sua organizzazione religiosa; nomina del personale di governo. Tracciato il testo costituzionale (avendo collaboratori Talleyrand, la Consulta di Milano, Melzi, Roederer) ne sottopose la redazione definitiva ai deputati italiani a Parigi e poi alla Consulta di Milano, che approvarono. Il 1° art. dichiarava la religione cattolica religione dello stato. Il resto s'ispirava a cautissimo moderatismo. Bonaparte, non pago della procedura seguita, richiese la sanzione di un'assemblea di notabili cisalpini, convocati a Lione, volendo salvare, di fronte all'Europa, le apparenze della legalità. Verso il 20 dicembre i deputati erano a Lione: uscivano da tre collegi elettorali, pari ai tre ordini, commercianti, scienziati, grandi proprietarî. Tra essi era il Volta, con la sua pila, per farla conoscere al Primo Console. Dei presenti (440) 128 erano Lombardi; 120 dello Stato Pontificio; 105 Veneziani; 45 Modenesi; 42 Piemontesi e Valtellinesi. Dovevano essere di più; ma 42 si dimisero prima di partire; Lattanzi giunse in ritardo; tre poi non fecero ritorno, colpiti dal freddo che scese a − 18°. I lavori occuparono il gennaio del 1802.
In un primo tempo i deputati, duce Talleyrand, adottano il testo costituzionale con modifiche di dettaglio. In un secondo designano i membri dei grandi corpi dello stato, duce Bonaparte. Egli arrivò a Lione l'II gennaio: per una settimana conferì con i varî delegati per conoscerne e disciplinarne gli umori, isolatamente. Poche e frettolose le sedute plenarie, e a partire dal 20. Fu norma di convocarle solo dopo che i varî problemi fossero stati risolti in sessioni separate, di più facile dominio. Quanto alla costituzione, i deputati, riuniti in assemblea plenaria, riconobbero il fatto compiuto e votarono in silenzio; quanto alle cariche presentarono liste di candidati assecondando i desiderî di Bonaparte, e primo fra tutti la sua nomina a presidente (25 genn.) in luogo del Melzi che, proposto, rifiutò, conscio dei proprî doveri. I comizî di Lione, presentati all'Europa come espressione della volontà popolare, ne furono la parodia. Tranne una voce discorde (F. Terzi di Lodi) che tosto si tacque perché sola, essi ratificarono docilmente l'opera elaborata dal Primo Console, che usò tutti gli artifici per precludere le vie a ogni libera manifestazione. La stessa costituzione riproduceva questo contrasto fra apparenza e realtà.
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Per i monumenti e i musei di Lione odierna v.: N. F. Cochard, Le guide du voyageur et de l'amateur à Lyon, Lione 1826; P. Martin, Recherches sur l'architecture, sculpture... dans les maisons du Moyen-Âge et de la Renaissance à Lyon, Parigi 1854; G. B. Montfalcon, Histoire monumentale de la ville de Lyon, Lione 1866; L. Bégule, Antiquités et richesses d'art du département du Rhône, Lione 1880; id., Les vitraux du Moyen-Âge et de la Renaissance dans la région lyonnaise, Lione 1911; id., La Cathédrale de Lyon, Parigi 1911; id., Les incrustations décoratives des cathédrales de Lyon et de Vienne, Parigi 1905; L. Bégule e C. Guigue, Monographie de la Cathédrale de Lyon, Lione 1880; E. Aynard, Les peintures décoratives de Puvis de Chavannes au Palais des Arts, Lione 1884; N. Rondot, Les sculpteurs de Lyon du XIVe au XVIIIe siècle, Lione 1884; id., L'art et les artistes à Lyon du XIVe au XVIIIe siècle, Lione 1902; A. Sainte-Marie-Perrin, La basilique de Fourvières, Lione 1912; R. Cox, Le Musée historique des Tissus de Lyon, Lione 1915; Forest, Saint-Bruno des Chartreux, Lione 1903; Dr. Birot, Les chapiteaux de l'église Saint-Martin d'Ainay, in Congrès archéol., 1907; H. Lechat, E. Vial, P. Dissard e Giraud, Le Musée de Lyon, Lione 1908; L. Martin, Histoire des églises et chapelles de Lyon, 5ª ed., Lione 1908; P. Rochex, L'Hôtel de Ville de Lyon, Lione 1911; H. D'Hennezel, Lyon (Villes d'art célèbres), Parigi 1914; M. Audin e E. Vial, Dict. des artistes et ouvriers d'art de la France, Parigi 1918; P. Astier, L'Hôtel- Dieu de Lyon, Lione 1919; E. Mâle, L'art religieux du XII siècle en France, Parigi 1923; H. Focillon, Le Musée de Lyon. Peintures, Parigi 1918.
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