Abstract
La liquidazione coatta amministrativa è una procedura concorsuale prevista per particolari categorie di imprese pubbliche o private ma esercenti attività di rilevante interesse pubblico. Nella presente voce se ne illustra la disciplina generale (contenuta nel titolo V, artt. 194-215 della l.fall.), relativa ai presupposti soggettivi e oggettivi, ai rapporti con il fallimento, al ruolo dell’accertamento giudiziario dell’eventuale stato di insolvenza, agli organi ed al procedimento di attuazione, nonché alla possibile chiusura attraverso lo speciale concordato di liquidazione.
La liquidazione coatta amministrativa (di seguito anche l.c.a.) è una procedura concorsuale, applicabile nei casi previsti da leggi speciali a particolari categorie ivi indicate di imprese pubbliche, inclusi enti pubblici economici, o anche private ma esercenti attività di rilevante interesse pubblico. Vige in materia la riserva di legge sancita dall’art. 2 l. fall., secondo cui «La legge determina le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, i casi per le quali la liquidazione coatta amministrativa può essere disposta e l'autorità competente a disporla».
La rilevanza pubblicistica delle imprese oggetto della disciplina in esame spiega il ruolo preponderante che qui esplica l’autorità amministrativa, rispetto a quello dell’autorità giudiziaria nelle altre procedure concorsuali a partire dal fallimento. E ciò per ragioni storiche variamente individuate: per lo Stato liberale, nella avvertita esigenza di salvaguardia dall’ingerenza dell’autorità giudiziaria – in ossequio al principio di separazione dei poteri – di settori ritenuti di competenza dell’autorità amministrativa; per il regime corporativo, nella conformazione di uno strumento (essenzialmente sanzionatorio) di intervento dello Stato nell’economia, al fine di escludere dal mercato l’imprenditore riottoso alla politica economica statale; nel vigente assetto costituzionale, nell’interesse pubblico alla spedita ed efficace liquidazione ed estinzione dell’impresa, il cui esercizio coinvolga interessi generali e socialmente rilevanti ma risulti ormai con questi per qualche aspetto contrastante.
La l.c.a. forma oggetto di una disciplina di carattere generale, contenuta nel titolo V, artt. 194-215 della l. fall., con ampi richiami della disciplina del fallimento; e di discipline settoriali contenute in ciascuna legge speciale che, nel sancirne l’applicazione alla categoria di imprese cui la stessa legge di volta in volta si riferisce, ne individua i presupposti soggettivi ed oggettivi, nonché regole procedimentali ulteriori a quelle di cui all’anzidetta disciplina generale.
Il rapporto fra i due livelli di disciplina è così delineato dalla legge: l’art. 194 l .fall., al co. 1, assegna in via generale valenza suppletiva alle norme del titolo V della legge fallimentare, disponendo che la liquidazione coatta amministrativa è regolata dalle disposizioni ivi dettate «salvo che le leggi speciali dispongano diversamente». Al co. 2, lo stesso art. 194 stabilisce d’altra parte che «sono abrogate le disposizioni delle leggi speciali, incompatibili con quelle degli artt. 195, 196, 200, 201, 202, 203, 209, 211, 213» della legge fallimentare; con il che è sancita la prevalenza – dubbio restando peraltro se ciò valga solo rispetto alle disposizioni preesistenti all’entrata in vigore della stessa regola (secondo gli ordinari criteri sull’applicazione della legge, di cui agli artt. 10 ss. disp. prel. c.c.), o rispetto invece (intendendo l’art. 194, co. 2, in discorso quale “norma quadro di ordine pubblico”) alle disposizioni in ogni tempo emanate, sia preesistenti che successive – di parte cospicua della disciplina generale consegnata ai predetti articoli del r.d. 16.3.1942, n. 267 (l. fall.) nel testo pro tempore vigente, con l’obbiettivo di assicurare un nucleo di uniformità delle diverse discipline speciali, regolatrici della l.c.a. con riguardo alle singole tipologie di imprese, quantomeno rispetto alle indicate norme della disciplina generale, attinenti alla connotazione della procedura in senso concorsuale ed alla regolazione dell’intervento giudiziale a salvaguardia dei diritti di creditori e terzi.
In questa sede, è pertanto sulle disposizioni generali contenute nella legge fallimentare, in larga misura, come visto, prevalenti su ogni diversa disposizione di legge speciale, che converrà prioritariamente soffermarsi per una trattazione sintetica, salvo richiamare talora profili della legislazione speciale idonei a convivere con quelle disposizioni, integrandole e specificandole.
Come anticipato, il presupposto soggettivo della liquidazione coatta amministrativa è di volta in volta individuato dalle leggi speciali che la prevedono in specifiche categorie di imprese, tutte accomunate da una connotazione in vario senso pubblicistica, poi ulteriormente specificata nel trattarsi di imprese esercitate da soggetti pubblici, o di imprese private sottoposte a controllo pubblico, o ancora di imprese comunque di pubblico interesse, stante il rilievo dell’attività esercitata rispetto a valori economici e sociali generali. Si tratta, in particolare e per citare le ipotesi più rilevanti, di: società cooperative e consorzi di cooperative (artt. 2545 terdecies, 2545 septiesdecies c.c.; l. 17.7.1975, n. 400 e disposizioni ivi richiamate); società fiduciarie e di revisione (art. 1, d.l. 5.6.1986, n. 233, conv. in l. 1.8.1986, n. 430); imprese bancarie (art. 80 ss., t.u.b.), capogruppo (art. 99 t.u.b.) o componenti di un gruppo bancario (art. 101 t.u.b.); società di intermediazione mobiliare (Sim), società di gestione del risparmio (Sgr), società di investimento a capitale variabile (Sicav) e a capitale fisso (Sicaf), ex artt. 57-59, 60-bis, co. 4., t.u.f.; depositari centrali (art. 79 decies t.u.f.); società di gestione accentrata di strumenti finanziari (art. 83, co. 2, t.u.f.); imprese assicurative (d.lgs. 7.9.2005, n. 209, art. 245 ss.); imprese sociali (d.lgs. 3.7.2017, n. 112, art. 14).
Gran parte delle predette tipologie di imprese – come quelle bancarie, assicurative e operanti nel mercato degli strumenti finanziari – sono soggette soltanto a liquidazione coatta amministrativa, con esclusione del fallimento ancorché di questo ricorra il presupposto oggettivo, cioè lo stato di insolvenza (cfr. art. 5 l. fall.); altre, come le società cooperative (cfr. art. 2545 terdecies, co. 1, c.c.), possono essere assoggettate, in caso di insolvenza, sia a l.c.a. che a fallimento, disciplinandosi l’alternativa in base alla regola di prevenzione temporale stabilita dall’art. 196 l. fall., secondo cui l’apertura anteriore dell’una procedura preclude l’avvio dell’altra (v. anche il co. 2 dell’art. 2545 terdecies c.c.).
Come evidente, il tema di una alternatività fra l.c.a. e fallimento, da risolvere in base al criterio di priorità temporale di applicazione dell’una anziché dell’altra procedura, si pone in concreto allorché anche del fallimento ricorra il presupposto non solo soggettivo, il trattarsi cioè di un’impresa commerciale non piccola, bensì pure quello oggettivo, cioè l’insolvenza di cui all’art. 5 l. fall.
L’applicazione della l.c.a. è tuttavia di volta in volta disposta, dalle leggi speciali che la contemplano, non soltanto per il caso di insolvenza, quest’ultima come regolata quale presupposto del fallimento dal citato art. 5 l. fall., o talora anche ridefinita dalla singola normativa speciale (cfr. ad esempio l’art. 248, co. 3, d.lgs. n. 209/2005 (c. assicurazioni), secondo cui «[n]el caso dell'impresa di assicurazione o di riassicurazione lo stato d'insolvenza si manifesta, oltre che nei modi indicati nell'articolo 5, secondo comma, della legge fallimentare, anche nella situazione di notevole, evidente e non transitoria insufficienza delle attività patrimoniali necessarie per far fronte agli impegni relativi ai crediti di assicurazione o di riassicurazione»); bensì anche al ricorrere di una varietà di altri presupposti di natura eterogenea: non solo attinenti – similmente all’insolvenza – alla situazione economica, patrimoniale e finanziaria dell’impresa, com’è il caso, ad esempio, del grave squilibrio patrimoniale legato all’eccedenza delle passività sulle attività (cfr. per le banche l’art. 80, co. 1, t.u.b., in combinato disposto con l’art. 17, co. 2, lett. b), d.lgs. 16.11.2015, n. 180: «perdite patrimoniali di eccezionale gravità, tali da privare la banca dell'intero patrimonio o di un importo significativo del patrimonio»; per le Sim, le Sgr, le Sicav e e Sicaf, l’art. 57, co. 1, t.u.f.; per le imprese assicurative, l’art. 245, co. 1, d.lgs. n. 209/2005: «qualora […] le perdite previste siano di eccezionale gravità»); ma anche a fatti di natura diversa, quali le gravi irregolarità della gestione (cfr. di nuovo per le imprese bancarie l’art. 17, co. 2, lett. a), d.lgs. n. 180/2015: «irregolarità nell'amministrazione o violazioni di disposizioni legislative, regolamentari o statutarie che regolano l'attività della banca di gravità tale che giustificherebbero la revoca dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività»; per le Sim, le Sgr le Sicav e e Sicaf, l’art. 57, co. 1, t.u.f.; per le assicurazioni, l’art. 245, co. 1, d.lgs. n. 209/2005: «qualora le irregolarità nell'amministrazione o le violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie […] siano di eccezionale gravità»); o talora, ancor più genericamente e ampiamente, alla sussistenza comunque di un interesse pubblico - come tale riconosciuto e valutato dall’autorità amministrativa di riferimento, preposta al controllo di vigilanza sull’attività in questione - alla soppressione ed eliminazione dal mercato dell’impresa, per via appunto della sua coatta liquidazione.
Quest’ultimo fine, a ben vedere, è del resto quel che accomuna, unitamente al rilievo dell’impresa in questione per l’interesse generale, le diverse ipotesi di applicazione della l.c.a.; nel senso del profilarsi e della conseguente attuazione coattiva dell’interesse pubblicistico alla estinzione dell’impresa, poiché reputata non più idonea (in quanto insolvente o non patrimonialmente adeguata o ancora perché irregolarmente gestita) o comunque non più coerente rispetto a quelle stesse istanze di natura generale e sistemica coinvolte dal suo perdurante esercizio; una estinzione in ordine alla quale l’applicazione di regole di concorsualità - quelle stesse dichiarate inderogabili dall’art. 194 l. fall., e che fanno della l.c.a una procedura a pieno titolo concorsuale – nel recepimento e soddisfacimento delle pretese dei terzi creditori, funge non già da obbiettivo, bensì da modalità inderogabile di attuazione della procedura, al fine estintivo che essenzialmente e funzionalmente la connota. Dal che il peculiare atteggiarsi qui della realizzazione della par condicio creditorum, con profili di officiosità che in larga misura prescindono dall’iniziativa e partecipazione dei creditori interessati.
Quale che sia il presupposto oggettivo – stante la suindicata varietà di previsioni al riguardo – sulla cui base la procedura di liquidazione coatta amministrativa risulta in concreto applicata, nei casi in cui l’impresa si trovi in stato di insolvenza è riservato dal legislatore uno spazio al suo accertamento da parte dell’autorità giudiziaria ordinaria, con modalità da precisare distinguendo a seconda che la procedura di l.c.a. non sia stata ancora avviata o sia già in corso.
L’accertamento giudiziario dello stato di insolvenza anteriore all’apertura della l.c.a., per le imprese (che non siano però enti pubblici, cfr. art. 195, ult. co., l. fall.) soggette solo a quest’ultima con esclusione del fallimento (per le imprese soggette sia a l.c.a. che a fallimento, l’insolvenza costituirà semmai presupposto oggettivo dell’istanza di fallimento, secondo la menzionata regola di prevenzione), è demandato al Tribunale del luogo ove l’impresa ha la sede principale (senza che rilevi l’eventuale trasferimento della stessa sede nell’anno antecedente l’accertamento), che vi provvede con sentenza “su richiesta di uno o più creditori, ovvero dell’autorità che ha la vigilanza sull’impresa o di questa stessa” (art. 195, co. 1, l. fall.), nonché su istanza del commissario giudiziale nominato in seno alla procedura di concordato preventivo di un’impresa soggetta solo a l.c.a. (a norma dell’art. 3 l. fall., infatti, anche tali imprese sono ammesse alla procedura di concordato preventivo), allorché cessi la procedura concordataria e sussista lo stato di insolvenza (art. 195, co. 7, l. fall.). Con la stessa sentenza o con successivo decreto il tribunale adotta gli eventuali provvedimenti conservativi, ritenuti opportuni per la salvaguardia dei valori di impresa a tutela dei creditori fino all’effettivo inizio – che lo stesso accertamento rende necessitato, come subito si dirà – della liquidazione coatta (art. 195, co. 1, l. fall.).
Il procedimento prevede l’obbligatoria audizione preventiva del debitore, con le modalità di cui all’art. 15 l. fall., nonché dell’autorità che vigila sull’impresa. Esso può concludersi con la sentenza di accertamento dell’insolvenza, soggetta a notificazione, affissione e pubblicazione nei modi previsti dalla legge per la sentenza di fallimento, oltre che a comunicazione entro tre giorni, a norma dell’art. 136 c.p.c., all’autorità competente perché disponga – in tal senso, il previo accertamento giudiziario in discorso rende obbligatorio l’avvio della procedura amministrativa – la liquidazione coatta o in alternativa, nei casi di impresa bancaria e ricorrendone i presupposti, la risoluzione ai sensi della disciplina di recepimento (d.lgs. 16.11.2015, n. 180 e n. 181) della direttiva 2014/59/Ue; ed impugnabile con reclamo a norma degli artt. 18 e 19 l. fall., al pari della sentenza di fallimento. In caso di rigetto del ricorso, il tribunale provvede invece con decreto motivato, reclamabile ai sensi dell’art. 22 l. fall., analogamente al decreto che respinge l’istanza di fallimento.
Se la procedura di l.c.a. è stata già avviata, quale che ne sia il presupposto oggettivo di applicazione (in particolare, anche per insufficienza dell’attivo, ma non solo), e risulta che l’impresa al tempo dell’apertura della stessa liquidazione era in stato di insolvenza, senza che questa fosse stata preventivamente accertata ai sensi del predetto art. 195 l. fall., all’accertamento giudiziario provvede pur sempre il tribunale del luogo ove l’impresa ha la sede principale, su ricorso del commissario liquidatore (organo della procedura di l.c.a. di cui subito si dirà) o istanza del pubblico ministero (art. 202 l. fall.), con le stesse modalità procedimentali previste, per l’accertamento anteriore alla l.c.a., dall’art. 195, co. 3-6, l. fall.
Gli effetti dell’accertamento giudiziario dell’insolvenza sono – salvo per ciò, che l’accertamento anteriore rende come visto obbligatorio, per l’autorità di vigilanza, l’avvio della procedura amministrativa – quanto al resto comuni alle due ipotesi: accertata giudizialmente l’insolvenza, si rendono applicabili le disposizioni della legge fallimentare in tema di effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori (artt. 64-70 l. fall.), anche nei riguardi dei soci a responsabilità limitata (art. 203, co. 1, l. fall.), spettando l’esercizio delle azioni di revoca al commissario liquidatore. Quest’ultimo è tenuto altresì a presentare al procuratore della Repubblica una relazione in conformità al disposto dell’art. 33, comma 1, l.fall.; e ciò con particolare rilievo dei contenuti di tale relazione in ordine a «quanto può interessare anche ai fini delle indagini preliminari in sede penale», tenuto conto che ulteriore effetto dell’accertamento giudiziario dello stato di insolvenza, sia anteriore che successivo all’avvio della l.c.a., è la sua equiparazione (art. 237 l. fall.) alla dichiarazione di fallimento, ai fini dell’applicazione delle disposizioni penali di cui a titolo VI l. fall.
Il provvedimento che ordina la liquidazione nomina – ma a ciò può provvedersi anche con altro atto successivo – un commissario liquidatore o, qualora lo consigli la particolare importanza dell’impresa, un collegio di tre commissari liquidatori, che deliberano a maggioranza ed esercitano la rappresentanza a firma congiunta di almeno due di essi.
Il commissario liquidatore è il vero motore della procedura, dotato dei più ampi poteri, ancorché soggetti nel loro esercizio alle direttive dell’autorità che vigila sulla liquidazione ed al controllo del comitato di sorveglianza. Egli subentra all’imprenditore nell’amministrazione e disponibilità dei suoi beni (cfr. art. 200, co. 1, che richiama l’art. 42, l. fall.), e ne assume la rappresentanza processuale attiva e passiva nelle controversie anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale dell’impresa (art. 200, co. 2, l. fall.).
Nell’esercizio delle sue funzioni, per le quali assume la veste di pubblico ufficiale (art. 199, co. 1, l. fall.), egli soggiace alla disciplina del curatore fallimentare quanto alle modalità di espletamento delle attribuzioni, alla revoca dalla carica ed al regime di responsabilità, di cui rispettivamente agli artt. 32, 37 e 38 l. fall., intendendosi sostituiti nei poteri del tribunale e del giudice delegato quelli dell'autorità che vigila sulla liquidazione. L’azione per far valere la responsabilità del precedente liquidatore revocato è proposta dal nuovo commissario su autorizzazione dell’autorità di vigilanza.
Riguardo ai poteri, come detto di per sé assai estesi, del commissario, è richiesta in particolare l’autorizzazione dell’autorità che vigila sulla liquidazione, che vi provvede sentito il comitato di sorveglianza, per il compimento degli atti di cui all’art. 35 l. fall. (cioè per quegli atti di cd. straordinaria amministrazione, per il quali il curatore fallimentare deve essere autorizzato dal comitato dei creditori), allorché siano di valore indeterminato o superiore a euro 1.032,91, nonché per la eventuale continuazione dell'esercizio dell'impresa. Su autorizzazione della stessa autorità di vigilanza è altresì attribuita al commissario la legittimazione ad esercitare l’azione di responsabilità contro gli amministratori e i componenti degli organi di controllo dell’impresa in liquidazione, ai sensi degli artt. 2393 e 2394 c.c.
Il commissario liquidatore è d’altra parte tenuto a stringenti doveri informativi, cadenzati nell’obbligatoria presentazione all’autorità vigilante sulla liquidazione – sulla premessa della contabilità preesistente e del conto della gestione per il tempo posteriore all’ultimo bilancio, che quanti hanno amministrato in precedenza l’impresa sono tenuti a fornirgli - di una relazione sulla situazione patrimoniale dell’impresa e sull’andamento della gestione alla fine di ogni semestre, accompagnata da un rapporto del comitato di sorveglianza; relazione che va trasmessa telematicamente in copia, insieme alle eventuali osservazioni scritte formulate dal comitato, al registro delle imprese nonché a mezzo pec ai creditori e titolari di diritti sui beni.
L’altro organo di rilievo, nominato con il provvedimento amministrativo di avvio della l.c.a. nomina, è il comitato di sorveglianza – facoltativo nella liquidazione delle cooperative – composto di tre o cinque membri scelti fra persone particolarmente esperte nel ramo di attività dell’impresa, possibilmente fra i creditori. Quest’ultima composizione preferenziale si spiega con ciò che il comitato tiene luogo, per una serie di funzioni di cui si dirà appresso, del comitato dei creditori nel fallimento (art. 201, co. 2, l. fall.).
Più ampiamente, al comitato di sorveglianza compete una generale funzione di controllo su tutte le operazioni della liquidazione (art. 204, co. 1, l. fall.); redige un rapporto semestrale sulla situazione patrimoniale dell’impresa e l’andamento della gestione, che accompagna la relazione di pari oggetto del commissario liquidatore, sulla quale il comitato può peraltro formulare osservazioni scritte (art. 205, co. 2, l. fall.); esprime pareri obbligatori, ancorché non vincolanti, in ordine a momenti e profili nevralgici della procedura, ed in particolare circa il compimento di atti del commissario soggetti ad autorizzazione dell’autorità di vigilanza, fra cui la continuazione dell’esercizio dell’impresa (art. 206, co. 2, l. fall.), sul compimento di operazioni liquidative consistenti nella vendita degli immobili e nella vendita dei mobili in blocco, sulla distribuzione di acconti parziali rispetto alla ripartizione dell’attivo (art. 212, co. 2, l. fall.), sulla autorizzazione da parte dell’autorità di vigilanza della proposta di concordato avanzata dall’impresa in liquidazione, da uno o più creditori o da un terzo; redige una relazione che deve accompagnare il bilancio finale di liquidazione con il conto della gestione ed il piano di riparto fra i creditori (art. 213, co. 1, l. fall.) e può presentare osservazioni rispetto alle eventuali contestazioni svolte dagli interessati (art. 213, co. 3, l. fall.); assiste il commissario liquidatore nella sorveglianza che gli compete sulla regolare esecuzione del concordato di liquidazione (art. 214, ult. co., l. fall.).
La procedura di l.c.a. si apre con il provvedimento dell’autorità amministrativa (prevista dalle disposizioni di legge nel caso applicabili) che ordina la liquidazione, soggetto entro dieci giorni a pubblicazione integrale nella Gazzetta ufficiale e comunicazione all’Ufficio del registro delle imprese per l’iscrizione.
Nei casi in cui – come di regola – l’impresa sia una società o una persona giuridica, cessano le funzioni di assemblee, organi amministrativi e di controllo, salvo che per le competenze relative alla proposizione del concordato di liquidazione, ex art. 214 l. fall., di cui appresso si dirà. Inoltre, quando specificamente si tratti di società con soci a responsabilità illimitata, il commissario liquidatore potrà chiedere che il presidente del tribunale ingiunga ai soci pregressi e attuali di eseguire i versamenti ancora dovuti in esecuzione dei conferimenti, anche se il relativo termine di pagamento non sia ancora scaduto (art. 201, co. 2, l. fall.).
La concorsualità della procedura in discorso, di cui si è dianzi richiamato il significato in rapporto alle finalità estintive della liquidazione, giustifica l’applicazione, fin dalla data del provvedimento: i) delle disposizioni in tema di effetti del fallimento per il fallito, di cui agli artt. 42 (circa la privazione del fallito dell’amministrazione e disponibilità dei suoi beni, nonché sull’acquisizione di beni pervenuti durante la procedura), 44 e 45 (sulla inefficacia rispetto ai creditori concorsuali, rispettivamente, degli atti compiuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento e delle formalità eseguite per rendere opponibili gli atti ai terzi), 46 (relativamente all’esclusione di alcune categorie di beni dal perimetro del fallimento), 47 (circa la concessione di alimenti al fallito ed alla sua famiglia ed al godimento dell’abitazione); ii) delle disposizioni del titolo II, capo III, sez. II e IV, della legge fallimentare, in tema di effetti del fallimento per i creditori e sui rapporti giuridici preesistenti (art. 201, co. 2, l. fall.), e dell’art. 66 l. fall., in ordine alla proponibilità dell’azione revocatoria ordinaria, di cui all’art. 2901 ss. c.c., avverso gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori (come prima ricordato, per rendere applicabili le ulteriori disposizioni in tema di effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori, di cui agli artt. 64-70 l. fall., occorre invece l’accertamento giudiziario dell’insolvenza, ai sensi dell’art. 203), intendendosi sostituiti nei poteri del tribunale e del giudice delegato l'autorità amministrativa che vigila sulla liquidazione, nei poteri del curatore il commissario liquidatore e in quelli del comitato dei creditori il comitato di sorveglianza (art. 201, co. 2, l. fall.).
Similmente al fallimento, anche la l.c.a. prevede lo snodarsi della procedura nelle fasi dell’accertamento del passivo, della liquidazione dell’attivo e della ripartizione dell’attivo, quali passaggi necessari all’obbiettivo finale dell’estinzione dell’ente.
La fase di accertamento del passivo prende avvio dalla comunicazione da parte del commissario, entro un mese dalla sua nomina, a mezzo pec, o (se quest’ultima non risulti dal registro delle imprese o dall’I.N.I.P.E.C. di imprese e professionisti) a mezzo raccomandata o telefax, a ciascun creditore e a coloro che possono far valere domande di rivendicazione, restituzione e separazione su cose mobili possedute dall'impresa, delle somme risultanti a credito di ciascuno secondo le scritture contabili e i documenti dell’impresa (art. 207, co. 1-2, l. fall.).
Entro quindici giorni dal ricevimento della suddetta comunicazione, i creditori e titolari di altri diritti sui beni posseduti dall’impresa possono far pervenire all’indirizzo pec del commissario le loro osservazioni o istanze (art. 207, co. 3, l. fall.); quanti fra loro non abbiano ricevuto la comunicazione del commissario, possono comunque chiedere il riconoscimento dei loro diritti con raccomandata inviata al Commissario entro sessanta giorni dalla pubblicazione in Gazzetta del provvedimento di liquidazione (art. 208 l. fall.).
Sulla base dei dati come sopra acquisiti, il commissario – entro novanta giorni dalla data del provvedimento di liquidazione – forma l’elenco dei crediti ammessi o respinti e delle domande relative a diritti sui beni accolte o respinte, lo trasmette a coloro la cui pretesa non sia stata in tutto o in parte ammessa e lo deposita nella cancelleria del tribunale del luogo ove l’impresa ha la sede principale, acquisendo così lo stato passivo – la cui formazione, quanto almeno ai crediti inseriti dal commissario sulla base delle scritture contabili e dei documenti dell’impresa, prescindendo dalla necessità di un’apposita insinuazione al passivo da parte del creditore a differenza che nel fallimento (cfr. art. 93 l. fall.), assume per ciò stesso carattere officioso - con tale deposito carattere esecutivo. È per il resto previsto ampio rinvio, segnatamente con riguardo alle impugnazioni, alle domande tardive di crediti e alle domande di rivendica e di restituzione, alle disposizioni dettate per il fallimento – di nuovo a conferma del condiviso carattere concorsuale della l.c.a. – dagli artt. 98, 99, 101 e 103, intendendosi sostituiti al giudice delegato il giudice istruttore ed al curatore il commissario liquidatore.
Scarna è la disciplina della liquidazione dell’attivo, contenuta all’art. 210 l. fall., in cui campeggia l’attribuzione ai liquidatore di “tutti i poteri necessari”, salve le limitazioni stabilite dall’autorità che nel caso specifico vigila sulla liquidazione. Al di là della previsione della necessaria autorizzazione dell’autorità di vigilanza e del parere del comitato di sorveglianza, onde poter procedere alla vendita degli immobili e alla vendita dei mobili in blocco (art. 210, co. 2, l. fall.), nulla è disposto dalla legge quanto alle modalità da seguire per le vendite, con conseguente piena libertà di forme e senza particolari vincoli, neppure di osservare le procedure competitive invece sancite dall’art. 107 l. fall., per gli atti di liquidazione compiuti dal curatore in seno al fallimento. Singolare è anche il distacco dell’art. 210, rimasto inalterato dal suo primigenio conio nel r.d. 16.3.1942, n. 267, rispetto al più moderno e duttile art. 105 l. fall., che – come novellato dal d.lgs. 1.9.206, n. 5– arricchisce ora il ventaglio delle vendite fallimentari con la previsione delle vendite (non solo di mobili, come nella disposizione de qua in tema di l.c.a., bensì anche) di azienda, di rami di azienda, di beni e rapporti giuridici in blocco, assegnando peraltro preferenza a queste ultime. Sono piuttosto le singole leggi speciali, di volta in volta conformative della l.c.a. di specifiche categorie di imprese, a integrare la laconica previsione generale dell’art. 210 l.fall. con disposizioni più puntuali e articolate, come quelle previste dall’art. 90 t.u.b., per la liquidazione coatta bancaria.
Di nuovo in ossequio al carattere concorsuale della procedura, per la ripartizione delle somme ricavate dalla liquidazione è prescritto il rispetto dell’ordine di distribuzione stabilito nell’art. 111 l. fall. per il riparto fallimentare. Possono essere distribuiti acconti parziali, anche prima del realizzo integrale delle attività e del completo accertamento del passivo, previo parere del comitato di sorveglianza e su autorizzazione dell’autorità che vigila sulla liquidazione, e con osservanza delle cautele e degli accantonamenti previsti per i riparti parziali nel fallimento dall’art. 113 l. fall.; e ciò sia a tutti i creditori, sia ad alcune categorie di essi, per i quali si ponga una giustificata esigenza di anticipazione dei tempi del soddisfo. Per le domande tardive di crediti, proposte ai sensi del combinato disposto degli artt. 209, co. 2, e 99 l. fall., le pretese dei relativi aventi diritto rispetto alle ripartizioni precedenti e successive sono regolate con richiamo all’art. 112 l. fall. in tema di domande di ammissione tardive nel fallimento.
La chiusura della procedura presuppone che, prima dell’ultima ripartizione ai creditori, il commissario liquidatore sottoponga all’autorità di vigilanza il bilancio finale di liquidazione con il conto della sua gestione ed il piano di riparto ai creditori, unitamente ad una relazione del comitato di sorveglianza. Spetta all’autorità che vigila sulla liquidazione autorizzare quindi il deposito di quanto precede presso la cancelleria del tribunale, e contestualmente liquidare il compenso del commissario.
Del deposito deve essere data comunicazione ai creditori ammessi e prededucibili, nelle modalità di cui all’art. 207, co. 4, l. fall., oltre che darsi notizia mediante inserzione in Gazzetta Ufficiale e sui giornali indicati dall’autorità di vigilanza. Nel termine di venti giorni, decorrenti dalla comunicazione per i creditori che ne siano stati destinatari e dalla inserzione in Gazzetta per tutti gli altri, gli interessati possono proporre contestazioni con ricorso al tribunale, comunicato a cura della cancelleria all’autorità di vigilanza, al commissario ed al comitato di sorveglianza, che nell’ulteriore termine di venti giorni possono presentare in cancelleria le loro osservazioni; la decisione del tribunale sulle contestazioni presentate è reclamabile a norma dell’art. 26 l. fall.
Nel caso invece di mancata proposizione di contestazioni entro il termine di legge, il bilancio, con il conto di gestione ed il piano di riparto, si intendono approvati; su tale presupposto, così come in ipotesi di definizione giudiziale delle eventuali contestazioni, può darsi luogo alle ripartizioni finali fra i creditori, in conformità alle disposizioni sul riparto finale nel fallimento, di cui all’art. 117 l. fall.
Trovano applicazione «se del caso» – così stabilisce l’ultima parte dell’art. 213 l. fall. – gli artt. 2495 e 2496 c.c., in tema rispettivamente di cancellazione delle società di capitali all’esito della loro liquidazione e di connesso deposito decennale dei libri sociali presso il registro delle imprese: nel senso che tale disciplina si applicherà ove, come di regola, l’impresa assoggettata a l.c.a. sia organizzata in forma di società di capitali e la sua liquidazione coatta, avendo come più volte ricordato una eminente finalità estintiva dell’impresa, ne abbia per ciò stesso esaurito, con la liquidazione e distribuzione di tutte le attività, ogni possibilità giuridica di ulteriore prosecuzione.
Anziché a seguito dell’esaurimento delle relative operazioni liquidatorie e distributive, la l.c.a. può essere chiusa anticipatamente per via della proposizione di un concordato di liquidazione, regolato dall’art. 214 l. fall. in termini del tutto peculiari, rispetto al modello più prossimo del concordato fallimentare di cui agli artt. 124 ss. l. fall., in coerenza con il carattere misto, amministrativo e giudiziario, e con la connotazione officiosa e coattiva della procedura concorsuale in esame.
L’iniziativa in tal senso, mediante proposta da presentarsi al tribunale, può essere assunta dalla stessa impresa in liquidazione (si è già visto al riguardo che, ove si tratti di società, cessano le funzioni di assemblee e organi amministrativi di controllo, con eccezione appunto delle competenze connesse alla proposizione del concordato ex art. 214 l. fall., salvo necessità di osservare le modalità decisorie prescritte dall’art. 152 l. fall.), da uno o più creditori o da un terzo; la presentazione della proposta deve però essere previamente autorizzata dall’autorità che vigila sulla liquidazione, che a sua volta vi provvede su parere del commissario liquidatore e sentito il comitato di sorveglianza.
Così debitamente autorizzata, la proposta – di cui, si noti, la legge non prevede alcun contenuto tipico, e che può dunque essere liberamente conformata, anche in punto di trattamento, e di possibile falcidia, dei creditori privilegiati – è depositata nella cancelleria del tribunale, corredata dei pareri suddetti del commissario e del comitato, e deve essere da parte del commissario comunicata a tutti i creditori ammessi, con le modalità di cui all’art. 207 l. fall., e pubblicata a mezzo di inserzione in Gazzetta ufficiale e deposito presso il registro delle imprese.
Tuttavia non è qui prevista alcuna approvazione da parte dei creditori, ai quali è piuttosto attribuita, così come ad altri possibili interessati, la facoltà di presentare opposizioni entro il termine perentorio di trenta giorni, decorrenti per i creditori ammessi dalla comunicazione agli stessi della proposta, e per gli altri interessati dalle anzidette formalità pubblicitarie in Gazzetta Ufficiale e presso il registro delle imprese.
Le opposizioni sono decise, sentito il parere dell’autorità che vigila sulla liquidazione, dal tribunale, il quale contestualmente decide altresì se approvare o no la proposta, con decreto in camera di consiglio, applicandosi – in quanto compatibili – le disposizioni in tema di contenuto, efficacia e reclamabilità del decreto giudiziale di omologazione del concordato fallimentare, di cui agli artt. 129-131 l. fall.: ma con la rilevante peculiarità per cui è qui il tribunale a procedere ad una sostanziale approvazione della proposta di concordato, indipendentemente ed a prescindere dalle posizioni al riguardo eventualmente assunte dai creditori concorsuali.
Quanto agli effetti della proposta, una volta come sopra giudizialmente approvata, è al riguardo integralmente richiamato il regime degli effetti del concordato fallimentare, di cui all’art. 135 l. fall., a partire dalla obbligatorietà del concordato per tutti creditori concorsuali, in quanto anteriori all’apertura della l.c.a. Con la precisazione per cui, analogamente a quanto disposto dall’art. 136, co. 1, l. fall. per il concordato fallimentare, è qui piuttosto il commissario liquidatore a dover sorvegliare, con l’assistenza del comitato di sorveglianza, l’esecuzione del concordato, sopravvivendo così a tale scopo parzialmente in funzione i due organi anzidetti alla chiusura della procedura di l.c.a., che dovrà essere dichiarata dalla autorità che vigila sulla liquidazione una volta divenuto definitivo il decreto giudiziale di approvazione (in virtù dell’art. 130, richiamato con il limite della compatibilità dall’art. 214, co. 4, l. fall.).
Al pari del concordato fallimentare, anche il concordato di liquidazione può andare incontro alla risoluzione per inadempimento o all’annullamento, su richiesta qui del commissario liquidatore, che come detto ne sorveglia l’esecuzione, o dei creditori; per il che sono rispettivamente richiamate dall’art. 215 l. fall. le disposizioni degli artt. 137 e 138 l. fall. In tali eventualità, la caducazione del concordato comporterà la riapertura della liquidazione coatta amministrativa, con ampia devoluzione all’autorità di vigilanza del potere di adottare i provvedimenti che ritenga necessari per la prosecuzione della procedura.
Fonti normative
Artt. 194-215, r.d. 16.3.1042, n. 267 (l. fall.); art. 80-95, d.lgs. 1.9.1993, n. 385 (t.u.b.); art. 57-59, 60 bis, art. 79 decies, 83, d.lgs. 24.2.1998, n. 58 (t.u.f.); artt. 245-265, d.lgs. 7.9.2005, n. 209 (c. assicurazioni).
Bibliografia essenziale
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