LITOGRAFIA (dal greco λίϑος "pietra" e γραϕία "scrittura")
Si chiama così quel procedimento per cui qualunque scritto o disegno o incisione, fatto su pietra con inchiostri grassi, può da questa essere trasportato, per azione chimica o meccanica, su carta, metallo o altro supporto, in quel numero di copie che si desidera.
La litografia si fonda sui seguenti principî: alcune pietre (le cosiddette pietre litografiche) assorbono l'acqua con molta facilità; i corpi grassi e resinosi hanno la proprietà di aderire fortemente alla pietra litografica, da cui non possono essere tolti che per l'azione di un acido assai forte, o per forte strofinamento con sabbia umida; i corpi grassi e resinosi hanno repulsione per l'acqua.
Di conseguenza, se su di una pietra litografica si passa una spugna imbevuta di acqua, e poi si tenta d'inchiostrare la pietra stessa con un rullo carico d'inchiostro da stampa, la pietra, finché è umida, non prende l'inchiostro. Se, prima d'inumidire la pietra, si tracciano su di essa dei disegni con sostanze grasse o resinose, vi si passa sopra la spugna umida e s'inchiostrano col rullo, l'inchiostro non attaccherà nelle parti bagnate, mentre quelle non bagnate (cioè quelle corrispondenti al disegno) se ne caricheranno. Di qui la necessità di preparare degli inchiostri o delle matite, composti di cera, sego, sapone, resine, sostanze tutte che hanno la proprietà di aderire fortemente alla pietra e di rifiutare l'acqua. La purezza del disegno, la stabilità del lavoro e l'eliminazione delle impurità che si sono potute depositare sulla pietra durante il lavoro, sono assicurate passando sulla pietra una soluzione di acido nitrico, che serve nel medesimo tempo a dare un certo rilievo al disegno, necessario per ottenere delle copie vigorose. Il procedimento litografico però ha bisogno ancora di un altro importantissimo prodotto, la gomma arabica. Infatti quando una soluzione di gomma arabica sia passata sulla pietra, essa penetra nei suoi pori e vi mantiene una specie di umidità che aumenta la forza di repulsione dell'inchiostro nelle parti non coperte dal disegno. La gomma quindi ha la proprietà di rendere refrattarie ai corpi grassi quelle parti della pietra che vengano umettate con una soluzione di essa. Se, approfittando della proprietà della soluzione di acido nitrico e di quella della gomma, si fa una mescolanza di queste due soluzioni, e, dopo averla agitata bene, si prepara il disegno, vi si lascia seccare su per qualche ora la preparazione, si sgomma e si lava all'essenza, il disegno, nella stampa, verrà perfettamente netto, e rimarrà netto anche stampando un numero considerevole di copie. Un risultato press'a poco simile si otterrebbe se, dopo aver preparato la pietra con l'acido, si stendesse sulla pietra stessa portante il disegno uno strato di soluzione di gomma.
La pietra usata in litografia è un calcare speciale che si estrae dalle cave di Solenhofen presso Monaco di Baviera e che trovò G. A. Senefelder (v. più oltre). Questo calcare, noto col nome di calcare litografico di Solenhofen è costituito quasi esclusivamente da carbonato di calcio; è resistente, poco dilatabile per effetto del calore, dolce al tatto, di grana finissima, di colore bianco-giallino o grigio-azzurro omogeneo, per modo che, tracciando su di esso dei tratti a nero o colorati, questi rimangono sempre ben distinti in tutti i loro particolari; assorbe con molta facilità gli acidi grassi. Per lo scopo della litografia viene adoperato in pietre compatte, senza venature, tagliate in determinati formati e di uno spessore di circa 10 centimetri, ma variabile in relazione ai formati.
Procedimenti litografici. - Si distinguono in: 1. litografia artistica e commerciale; 2. autografia; 3. incisione su pietra; 4. cromolitografia; 5. riporti diversi.
Per l'esecuzione della litografia artistica e commerciale, dopo aver fatto sulla pietra un disegno con inchiostro grasso o con matita grassa, che tra i varî loro ingredienti contengono anche sapone, vi si versa sopra una soluzione di gomma arabica acidificata con acido nitrico, che decompone il sapone liberandone l'acido grasso. Questo ottura i pori della pietra, rendendola in quei punti completamente impermeabile, e decompone pure la gomma liberandone l'acido sotto forma solubile. L'acido liberato penetra là dove la pietra non è ricoperta dall'inchiostro grasso, e, seccandosi, s'insolubilizza, pur rimanendo capace di gonfiarsi con l'acqua, senza però essere da questa eliminato. Inumidendo la pietra, l'acqua verrà trattenuta dall'acido libero della gomma, che riempie i pori della pietra nei punti corrispondenti ai bianchi dell'immagine, e verrà rifiutata nelle parti dove l'acido grasso è penetrato nella pietra, anche quando l'acido grasso sia stato superficialmente eliminato da un solvente. Inchiostrando la pietra umida con inchiostro litografico, questo sarà rifiutato da tutte le parti che trattengono acqua, e si depositerà esclusivamente nei punti dove esiste la primitiva immagine.
L'autografia si pratica disegnando con inchiostro grasso assai diluito sopra delle carte speciali (pelure) che hanno una leggiera patina di gomma adragante. Si pressa la carta che porta il disegno su una pietra ben levigata e pomiciata, si dà alla carta stessa una leggiera inumidita, aumentando gradatamente la pressione, e poi la si distacca dalla pietra, procurando che nessuna goccia di acqua cada sul disegno. Vi si passa sopra un esile strato di soluzione di gomma, e poi, con una spugnetta intrisa nell'inchiostro litografico assai diluito, la si carica dolcemente fino a che non apparisca l'immagine brillante e ben netta in tutti i suoi particolari. Si fa seccare rapidamente, si spolvera con colofonia in polvere impalpabile e poi con polvere di talco; si dà un'acidata con acqua, acido nitrico e gomma, e si lava; infine vi si passa sopra e si lascia seccare uno strato omogeneo di gomma arabica molto diluita. Questo sistema serve bene per lavori sia fini sia commerciali.
L'incisione su pietra è destinata ai lavori finissimi a tratto (carte valori, carte geografiche, piante, diciture su tavole). Con essa si ottengono quei purissimi caratteri inglesi e quei fregi, che formano l'ornamento di lavori di gran lusso. È ovvio che per questo occorrono artisti capaci e specializzati. Naturalmente l'incisione su pietra deve essere fatta alla rovescia. La pietra deve essere di qualità dura e a grana finissima. Eseguita l'incisione, se ne fa il trasporno e si procede alla stampa nei torchi litografici o nelle macchine litografiche.
La cromolitografia riproduce lavori colorati. In questo genere di lavoro ha grande importanza la fedele riproduzione del contorno del soggetto e dei contorni dei varî colori; e questo può essere ottenuto con un lucido fatto con la massima cura nei più minuti particolari sull'originale stesso. Per fare i lucidi si adoperano dei fogli di gelatina insolubilizzati, noti ai litografi col nome di fogli di talco. Si sovrappone uno di questi fogli sull'originale, e vi si incidono con una fine punta metallica i contorni e i dettagli dell'originale stesso; vi si passa sopra un rullo carico d'inchiostro litografico, che annerirà tutta la superficie di esso; dopo di che, con un morbido pannolino si ripulisce la superficie del foglio stesso, in maniera che l'inchiostro occuperà solo i punti corrispondenti all'incisione, e passerà sulla pietra quando il foglio venga posto a contatto con essa e su di essa fortemente premuto. La medesima operazione si farà per tutti i colori in cui si è diviso l'originale colorato da riprodursi; si verranno così ad avere tante pietre quanti sono i colori da stamparsi, e si potrà poi procedere alla tiratura di esse in macchina. Per ottenere una più esatta sovrapposizione dei diversi colori, occorrerà che su ogni pietra siano segnate le opportune crocette di riferimento.
Anche per i lavori in cromo si possono fare i trasporti come per gli altri lavori litografici. Le cromo riproducenti quadri e pitture rientrano in quel genere di litografia che comunemente si chiama oleografia (v. oleotipia).
Nelle riproduzioni a colori in litografia di soggetti a mezza tinta si deve ricorrere alla pietra granita. La granitura si fa prendendo della sabbia dura di fiume, passandola a setaccio, spruzzandola con acqua sulla pietra da granire e sovrapponendo un'altra pietra a cui si imprime un regolare movimento rotatorio. Più prolungata è l'operazione e tanto più fine sarà la granitura. Esistono macchine speciali che compiono automaticamente questo lavoro.
I trasporti litografici, che certo hanno una grande influenza sulla qualità della produzione litografica, richiedono precisione e abilità in chi è ad essi adibito. I trasporti vengono fatti a torchio, e si adoperano pietre di qualità piuttosto dura (azzurre) e sprovviste di venature.
Innovazioni tecniche. Col progredire della litografia, si è cercato di sostituire materiale di maneggio più facile alla pietra litografica, pesante, specie nei grandi formati, e facilmente soggetta a rompersi. I metalli adoperati quali sostituti della pietra sono lo zinco e l'alluminio. Si chiama zincografia il procedimento litografico su zinco e algrafia quello su alluminio. Ambedue i metalli vengono usati graniti: per lavori a penna o per trasporti la grana deve essere finissima; per disegni a matita, media; per fondi o manifesti, grossa. La granitura ha il duplice scopo di trattenere maggiormente l'acqua e di fare meglio aderire le sostanze grasse e le preparazioni proprie alla litografia. Il procedimento tecnico di litografia su zinco e alluminio è presso a poco uguale a quello su pietra. Però il lavoro su pietra rimane sempre un lavoro più fine di quello su metallo.
Se la litografia, fino a una ventina di anni or sono, poteva essere considerata come un importante ritrovato nella tecnica delle riproduzioni meccaniche, oggi invece la sua applicazione si è ridotta sensibilmente, per l'imporsi di altri procedimenti più pratici, più economici, più rapidi e di ben più vasta applicazione, i quali, pur utilizzando i principî fondamentali su cui tale arte si basa, ne hanno profondamente sconvolto la tecnica. In essi ha parte preponderante la fotografia con le sue varie applicazioni ai procedimenti fotomeccanici e alla tecnica delle riproduzioni in nero e a colori (v. grafiche, arti e fotografia). Da qui il sorgere della fotolitografia, del processo Offset, e di altri recentissimi sistemi di riproduzione (sempre basati sul principio della litografia), verso i quali si sono oggi orientati e attrezzati vecchi e nuovi stabilimenti litografici.
Storia e arte. - L'inventore della litografia fu Giovanni Alois Senefelder (1771-1834). Il procedimento litografico differisce da tutti gli altri, per il supporto (pietra litografica, v. sopra) e perché la riproduzione dei disegni non è ottenuta mediante l'incisione meccanica o chimica.
Il Senefelder era nato a Praga il 6 novembre 1771 da un attore oriundo bavarese. L'invenzione del Senefelder ebbe subito un grande successo e nel 1802 a Londra alcuni pittori inglesi già facevano dei buoni lavori litografici, mentre a Roma la litografia veniva introdotta da Dall'Armi nel 1805. Fra il 1798 e il 1810 la nuova arte aveva già conquistato la Germania, l'Austria e la Francia. In Germania nel 1807 le opere di due artisti, Giovanni Strixner e Ferdinando Piloty, rappresentano già una gloria per la litografia di quella nazione, dove grande fu l'attività litografica fin dai primordî, ma essa si esplicò in gran parte in riproduzioni di pitture. Nel 1835, infatti, Francesco Hanfstängl iniziò il grande libro delle riproduzioni delle pitture della galleria di Dresda. Meno importante nei primi tempi fu la produzione originale. Ad essa contribuirono il Cornelius, l'Overbeck, il Koch, il Ramboux, lo Schnorr e altri. Fra i più importanti litografi tedeschi citiamo ancora: Francesco Krüger, Gustavo Feekert, Pietro Becker, Goffredo Schadow e Osvaldo Achenbach di cui è famoso il Dampfer im Sturm (1851). Ma il più famoso di tutti gli artisti che in Germania si dedicarono alla litografia è forse Adolfo Menzel, il quale nel 1833, '34 e '51 pubblicò grandi e importanti serie di fogli litografici. Quando il Senefelder nel 1806 lasciò Vienna, dopo un soggiorno di cinque anni, non aveva ottenuto nessun risultato artistico. Nel 1825, fra gli altri discreti artisti, si fece notare e subito eccelse Giuseppe Kriehuber (1800-1876), con una serie di ottimi ritratti di attori, di scienziati ed anche di membri della famiglia imperiale. Dopo lui l'arte della litografia a Vienna fu coltivata da numerosi e valenti artisti. Tra i paesisti citiamo Giovanni Schindler, il romantico Giacomo Alt (che pubblicò 140 fogli di vedute danubiane) e, più grande di tutti, suo figlio Rodolfo, che litografò vedute di Vienna e di altre città, collaborando inoltre anche al libro di viaggi sull'Egitto del Libay (1851). Un posto notevole occupano anche l'animalista Fritz Gauermann e il pittore di battaglie Augusto Pettenkofen, che illustrò le guerre del 1848 e '49. Anche celebri pittori come Fendi, Waldmüller, Danhauser dedicarono qualche attività alla litografia. A. Zampis e H. Canon furono buoni caricaturisti.
Il soggiorno del Senefelder a Londra non ebbe altro risultato che la fondazione di una stamperia li tografica. Nel 1801 Beniamino West pubblicava il primo foglio litografico datato inglese che si conosca, L'Angelo della Resurrezione. La cromolitografia faceva la sua prima comparsa in Inghilterra con un piccolo foglio di Giuseppe Irme, rappresentante un mendicante mutilato.
In Inghilterra la litografia non ebbe tanta importanza come arte indipendente, ma trovò molta diffusione come mezzo di illustrazione di vedute e di viaggi. Fra queste opere sono notevoli i Viaggi di Belzoni (1820); Britannia delineata (1822); Voyages ecc. en France del Barone Taylor (dal 1820 in poi); The Plans, Elevations and Details of the Alhambra di Owen Jone (1835-45). Fra gli artisti litografi inglesi si notano ancora Luigi Haghe, Giorgio Harding, Giacomo Duffield Harding, Giuseppe Mash, Andrea Picken, Samuele Prout, Giorgio Scharf, Guglielmo Simpson, ecc. Ma il più illustre dei litografi riproduttori fu Giacomo Lane (1800-1872). Cominciò con abbozzi da Gainsborough per poi litografare parecchie centinaia di fogli da artisti diversi; stampando in tutto, tra litografie ed incisioni, 1046 fogli. La litografia contemporanea inglese comincia con Whistler. Soltanto nel 1817 Carlo Senefelder, fratello dell'inventore, fondò la prima litografia a Bruxelles. Ma la nuova arte acquistò ben presto nel Belgio notevolissima importanza, perché quasi tutti i grandi artisti e fondatori di scuole vi si dedicarono almeno per qualche tempo, come Van Brie, Wappers, Navez, Wiest, ecc. Fra gli artisti litografi belgi sono da citare anche: Matteo Ignazio van Bree, che dal 1819 in poi pubblicò una serie di cento grandi fogli; Filippo Augusto Hennequin, che nel 1825 pubblicò una serie di 48 grandi tavole di sue composizioni classicheggianti; G. Battista Madou, che dal 1820 mise in luce a varie riprese diverse serie di grandi fogli, fra cui vedute di viaggi, scene storiche e di genere; Paolo Lanters, che disegnò nel Voyage pittoresque de la Grèce vedute degne di nota, e Fourmois, il più perfetto forse dei litografi belgi, che litografò (1852) il suo quadro Moulin à eau. Altri litografi valenti furono Francesco Stroobant, Guglielmo van der Hecht, Felicien Rops e Carlo de Groux.
In Russia la litografia fu introdotta nel 1818, ma solo due stamperie private pubblicarono anche lavori artistici dei ritrattisti Borovikovskii e Kiprenskij. Negli anni seguenti si dedicarono alla litografia il polacco Alessandro Orlowski, rappresentando scene popolari e costumi, Galaktionov, incisore celebre, Venecianov, padre della pittura realista, e Brjullov.
Dal 1820 al '22 uscì una grande galleria di ritratti di personaggi russi, eseguita in collaborazione e intitolata Les contemporains, alla quale seguirono anche una Galleria di cavalli russi puro sangue del pittore Nicola Sverčkov e alcune serie di vedute. Le prime cromolitografie in Russia furono eseguite da Drâger e Bergmann, mentre W. Timm dal 1851 al 1862 stampò un giornale d'arte con un ricchissimo materiale iconografico riprodotto in litografia e cromolitografia. Anche la Svizzera ha una notevole importanza nella storia della litografia europea, non tanto per la quantità delle opere riprodotte, quanto per la celebrità di un suo artista e per l'enorme influenza da lui esercitata sui paesisti delle altre nazioni. Egli è Alessandro Calame (1810-1864), pittore romantico, che nelle sue famose litografie divulgò le vedute delle Alpi e dei paesi alpestri fino allora poco amati dai pittori di paesaggio del resto d'Europa.
In Francia la litografia occupò un posto preminente nell'arte della stampa. Molti artisti infatti le dedicarono qualche opera, mentre altri la scelsero come mezzo esclusivo di espressione. Perciò la litografia francese conta fin dal suo inizio nomi come Ingres, Prud'hon, Boilly, per arrivare poi a tutti quei maestri che per mezzo di essa produssero dei capolavori, come Géricault, Barye, Delacroix, Decamps, Eugenio Lami, Eugenio Isabey, Deveria. È da aggiungere poi tutta la falange dei caricaturisti politici dei periodici lo Charivari e la Caricature. Anche Charlet, Raffet e Gustavo Doré illustrarono del loro nome la nuova arte, ma le due figure più importanti della litografia francese sono Daumier, il più tragico dei caricaturisti del suo secolo, e Gavarni, che fu il più elegante e il più completo. Dopo una pausa di stanchezza, nel 1861, la litografia francese ebbe un altro slancio per opera di Bracquemond e Fantin, finché (1873) alcuni volenterosi fondarono una società degli artisti litografici francesi, che diede alla loro arte una nuova vita.
Italia. - L'industria litografica. - La prima ditta litografica fu fondata a Roma nel 1805 da Giovanni Dall'Armi, trentino, di professione fisico e chimico. Verso il 1825 il Dall'Armi si era già ritirato dalla professione, continuando però a dirigere con i suoi consigli gli stabilimenti da lui impiantati. Morì in Roma nel 1829.
I torchi direttamente gestiti dal Dall'Armi, e gli altri da lui diretti non furono molto fecondi di opere d'arte. In compenso, però, la pratica litografica dovette al fisico-chimico trentino parecchi perfezionamenti tecnici.
Fra le stampe da lui pubblicate, egli in un suo articolo (in Biblioteca Italiana, Milano 1826) menziona con speciale compiacenza i disegni litografati dal pittore paesista E. Woogd; i disegni a penna del conte Ascanio di Brazzà, allievo del Woogd, e la grande opera I fatti della vita di N. S. Gesù Cristo, che il Camuccini aveva intrapreso a disegnare in pietra, in casa propria. Le date principali dei fogli usciti dalla stamperia del Dall'Armi sono le seguenti: 1813, Atleta vincitore di Ajes veneziano di N. Valentini; 1818, Le nozze Aldobrandine (fascicolo di 3 fogli), 1818, Serie di piccoli paesaggi, di Anonimo; 1820, Tentamina Lithographica, dodici paesaggi (taluni con l'indicazione saxo ap. I. A. A. in monogramma); 1822, dodici vedute pittoresche di Roma e suoi contorni disegnate dal Monti; 1824, vedute varie di Civitavecchia di Ascanio di Brazzà. Tali gl'incunaboli più importanti dovuti al fondatore della litografia in Italia.
A Roma, i primi stabilimenti litografici contemporanei del Dall'Armi ed immediati successori furono quelli del Rosi, del Battistelli, del Mandolini, di Luigi Valadier, delle Belle Arti, dell'Ape Romana e uno segnato P. P. Z. Il Rosi tenne la ditta dal 1830 almeno fino al 1834, nello stesso locale del Dall'Armi. Egli pubblicò 31 fogli di vedute di G. Fossati, datati dal 1829 al 1831; uno dei fogli (datato 1830) porta l'indicazione litografica Dall'Armi presso Settimio Rosi. La litografia di Battistelli è segnata sotto un foglio del 1818; nel 1838 egli pubblicava una serie di animali colorati a mano di Carlo Ruspi, nel 1835 un ritratto di R. Fidanza porta la segnatura: Roma presso De Sanctis al Corso 136 A, Lit. Battistelli.
Un po' dopo operavano le ditte Martellii (Via Frattina 139), la quasi omonima Martello (Via Due Macelli), Wieller (Corso 193), e Danesi (Via del Gambero). La litografia Danesi risale almeno al 1844. Nel 1864 una stampa a colori testimonia l'esistenza di una cromolitografia pontificia.
Dell'origine dell'arte litografica in Lombardia dà notizia lo stesso inventore del nuovo sistema di stampa, il celebre Alois Senefelder. Egli infatti lasciò scritto: Nel 1807 un signor Wertz, per mezzo di un certo Grünewald, già mio scolaro, fondò a Milano una litografia che non fece grandi progressi". La medesima origine, e in più la storia del successivo sviluppo della litografia lombarda, è narrata con ogni precisione da Giacinto Amati, il quale nelle sue Ricerche storico-critiche, scientifiche ecc. sulle origini ecc., pubblicate a Milano nel 1828, riferisce che il De Wertz produsse "col metodo litografico alcune opere disegnate dai celebratissimi Appiani, Bossi e Longhi". Il De Wertz lasciò presto Milano e la litografia decadde. Verso il 1820 Giovanni Ricordi tentò la riproduzione di alcuni disegni in-folio grande, lavorati da Hayez (rappresentanti Maria Stuarda e Francesca da Rimini), dal Paris, romano, e da altri artisti, con alcune vedute di paese e ritratti di maestri di musica, di danzatrici, di cantanti, e con le principali scene del Sanquirico. Giuseppe Vallardi fu veramente il primo che a Milano portò il processo litografico a tale avanzamento da dimostrare che cosa poteva essere la litografia; ma non continuò con eguale slancio. Contemporaneamente aprì un'altra litografia Giuseppe Elena, il quale pubblicò parecchie opere proprie e di altri artisti.
Ma la casa litografica milanese più illustre fu fondata dal Vassalli. Egli ne aveva affidato la direzione a G. Guioni di Lugano, che era andato a Parigi a perfezionarsi nell'arte sua presso l'Engelmann. Le opere principali uscite dai suoi torchi sono le vedute di Genova di G. Bisi.
In Piemonte il metodo litografico fu introdotto da Felice Festa, nato a Torino nel 1774 e morto nella stessa città nel 1828; il quale tenne il proprio stabilimento in Piazza Carignano. Al padre succedette il figlio Demetrio, il quale, appena assunta la nuova industria, si recò a Parigi in cerca di un abile litografo tornando a Torino sullo scorcio del 1829 con Michele Doyen. I primi saggi del Festa risalgono al 1818 e la fioritura della sua stamperia si aggira intorno al 1825, con pubblicazioni di vedute e di ritratti. Michele Doyen (Digione 1809-Torino 1871) dette un'impronta più scientifica allo stabilimento Festa. Ma verso il 1830 fondò una stamperia propria, che diresse fino alla morte. Nel 1846 stabilì anche una filiale a Genova, affidandola al fratello Leonardo; ma poco prima del 1850 le due case si fusero insieme col nome di Fratelli Doyen.
Un litografo tedesco della ditta, il Heinemann, aveva intanto aperto una stamperia propria, mentre nella stessa città erano sorte le litografie minori del Nicolosimo e la Giordana Salussolia.
A Venezia nel 1828 fioriva un istituto litografico di Giuseppe Deyé, e nel 1831 Carlo Galvani presentava il programma per la riproduzione di quaranta grandi quadri della scuola veneziana. Nello stesso tempo sorgeva anche la Premiata litografia veneta, mentre a Udine operava lo stabilimento Bertetti.
A Bologna fiorivano le litografie Bertinazzi, Angiolini e Zannoli.
A Firenze verso il 1810 sorgevano le stamperie litografiche Ridolfi e Salucci e circa il 1830 nella stessa città si affermava lo stabilimento Bellagny.
A Siena verso il 1820 esisteva una litografia Gagnoni. Nel 1839 la Società litografica di Lucca pubblicava una serie di ritratti.
A Napoli nel 1828 la litografia Cuciniello e Bianchi dava alla luce un vasto album in-folio grande di vedute e contemporaneamente operava anche la R. Litografia militare mentre verso il 1836 iniziava le sue pubblicazioni lo stabilimento Gatti e Dura (Via S. Spirito 49).
A Palermo ebbe vita una litografia Filippone e Gambino.
La litografia artistica. Fra i primi artisti che in Italia si dedicarono alla litografia sono Andrea Appiani (v.) e Giuseppe Longhi (v.). I loro tentativi litografici costituiscono i migliori incunabuli della litografia italiana e sono eseguiti come facsimili di disegni a colore, grigio o rossiccio.
Anche Vincenzo Camuccini (1775-1844) si dedicò alla litografia e pubblicò una voluminosa serie di fatti del Vangelo, che al suo tempo ebbe grande fama.
Bartolomeo Pinelli eseguì numerose litografie. Una sua serie illustra I promessi sposi. Ultimo, in ordine di tempo, è Francesco Hayez (v.), che dai contemporanei fu ritenuto, e rimane in verità anche per i posteri, il più illustre litografo italiano. Egli interpretò scene del poema del Grossi I Lombardi alla prima crociata, scene della vita di Maria Stuarda, e, in una serie di tavole, i fatti principali dell'Ivanhoe di Walter Scott. L'autoritratto del pittore, incluso nella serie dell'Ivanhoe, è il capolavoro dell'artista.
Accanto all'opera degli artisti citati, le pubblicazioni litografiche degli altri illustratori italiani appaiono molto inferiori. Basta citare per confronto le illustrazioni de I promessi sposi e del Marco Visconti di Alessandro Focosi (1839-1869), che pure al suo tempo fu molto noto.
I caricaturisti litografici italiani non arrivarono neppure all'altezza dei colleghi illustratori. Sul declinare della litografia ebbe fama Casimiro Teja torinese (1830-1897), nulla più che illustratore popolare di periodici umoristici. Le sue infinite pagine di giornali sono molto più importanti per le diciture che per le figure.
Il paesaggio in Italia ebbe scarsi e deboli litografi. È doveroso ricordare il Fontanesi, che nel 1854 eseguì alcune vedute della Svizzera.
Invece per la riproduzione di monumenti e rovine romane è noto G. Fossati, il quale, verso il 1830, ispirandosi alla gloriosa tradizione del Piranesi, eseguì una serie di tavole, alcune delle quali figurano tra le migliori litografie italiane.
Ma il campo in cui la litografia italiana più ampiamente e più nobilmente si esercitò fu il ritratto.
Oltre i ritratti dell'Hayez, già citati, sono degni di essere rammentati quelli di Paolo Guglielmi e di Raffaele Fdanza, romani; quelli di Luigi Rossi, veneto; di Giuseppe Cornienti, pavese, e del toscano Martini. Il più fecondo fu forse il Cornienti, che litografò circa cento ritratti.
La litografia di riproduzione, ossia la riproduzione litografica di opere pittoriche, ha avuto sugli altri generi litografici quella stessa superiorità numerica che, in Italia, aveva già avuto l'incisione riproduttiva sulla stampa originale.
Delle principali imprese riproduttive abbiamo già accennato a proposito degli editori; qui ci limitiamo a rammentare un solo autore e una sola stampa, che è forse il capolavoro italiano del genere, e cioè il foglio grande delle Willi dipinto da Augusto Gendrom e litografato da Michele Fanoli, edito dalla litografia Lemercier di Parigi.
V. tavv. LVII-LX.
Bibl.: 1. Generale: A. Senefeldser, Vollständiges Lehrbuch d. Steindruckerei, Monaco 1818; R. Graul e F. Dornhoffer, Die vervielfältigende Kunst d. Gegenwart, IV, Die Lithographie, Vienna 1903 (è l'opera generale più vasta); H. Bouchot, La lithographie, Parigi 1895; E. R. Pennel, Lithography and lithographers, Londra 1898; J. Hesse, Die Chromolithographie, 2ª ed., Halle 1901; G. Scamoni, Alois Senefelder e la sua opera, Pietroburgo 1896; G. Wagner, Alois Senefelder, Lipsia 1914; Die Einführung d. Lithographie in Frankreich, Heidelberg 1906; Le Lithographe, in Journal des Artistes, Parigi 1839 segg.
2. Particolare per l'Italia: G. Dall'Armi, Cenni sulla litografia, Roma 1826; id., in Biblioteca italiana, ossia Giornale di letteratura, scienze ed arti, XLIV (1826), pp. 295-366 (è la fonte unica sulle origini della litografia in Italia e più specialmente a Roma); Litografia milanese, ibidem, XLIX, p. 45; G. Amati, Ricerche storico-critiche, scientifiche sulle origini, scoperte, invenzioni, ecc., Milano 1828 (parla della litografia nel vol. I, pp. 263-281. L'autore riassume quasi alla lettera i due articoli precedenti della Biblioteca italiana); Distribuzione dei premi d'industria nazionale ecc. il 4 ottobre 1829 in Venezia, Venezia 1830, p. 35; L. Cicognara, Memorie spettanti alla calcografia, Prato 1831 (tratta specialmente della tecnica litografica; i cenni storici sono pochi, e anche questi pochi non desunti da indagini originali bensì copiati dagli autori precedenti); M. Missirini, Impresa litografica in Venezia, in Antologia, 1831, p. 153; F. S. Vallardi, Man. del raccoglitore ... di stampe, ecc., Milano 1843; P. Gaddi, Intorno all'arte della litografia in Modena, in Mem. della R. Accad. di sc., lett. ed arti, III, Modena 1859 (vi si afferma che Giuseppe Gaddi introdusse la litografia in Modena verso il. 1817); S. Landi, in L'arte della stampa, V (1874), p. 73; C. Doyen, Trattato di litografia, Torino 1877 (i più diffusi cenni storici sulla litografia italiana); D. W. Gräff, Die Einführung d. Lithographie in Italien, in Zeitschr. Für Bücherfreunde, 1913, pp. 324-334; H. Schwarz, Unbekannte französische u. italienische Lithographie, Inkunabeln, etc., in Die Graphischen Künste, 1921, fasc. 2° e 3°; L. Ozzola, La litografia italiana, Roma 1923 (la prima opera storica generale).