LITURGIA e ICONOGRAFIA
La l. giocò un ruolo di grande rilievo nella realtà medievale: essa fu al tempo stesso il modo privilegiato di incontro con il divino e uno dei fondamenti della vita e dell'organizzazione sociale (Gy, 1990). Per la maggior parte le immagini medievali decorano i luoghi della celebrazione dei riti cristiani o sono poste su oggetti aventi funzioni liturgiche: questa semplice constatazione invita a riconoscere l'esistenza di strette relazioni tra l. e immagini (Sinding-Larsen, 1984), anche se l'interdipendenza è meno diretta di quella che unisce l'architettura religiosa e i riti di cui essa costituisce la cornice (Heitz, 1963).Per precisare i legami tra l'iconografia e la l. è necessario porre l'immagine in rapporto non tanto con i testi liturgici, quanto con lo svolgersi delle cerimonie rituali, al fine di svelare i differenti tipi di funzione liturgica delle immagini. Per cogliere la misura del fenomeno è bene non considerare le immagini solo dal punto di vista iconografico, ma nella loro globalità, inclusi gli aspetti ornamentali e il carattere funzionale delle opere. Per contro, è opportuno limitare l'estensione del campo liturgico alle pratiche collettive della Chiesa, senza esaminare gli atteggiamenti devozionali che si collegano agli atti liturgici e spesso coinvolgono l'immagine, dal sec. 9° in ambiente monastico (Palazzo, 1993a), e in seguito in maniera assai più ampia (Belting, 1981; 1990; v. Figurazioni devozionali), e nemmeno i rituali non appartenenti alla l. della Chiesa (giustizia, cerimonie politiche), che pure possono aver dato luogo a impieghi pratici dell'immagine - effigi nel corso dei funerali regali a partire dal 1327 - o a forme comparabili di relazioni con l'immagine (Fonctions et usages des images, 1996). Non vengono trattati qui, inoltre, né la rappresentazione iconografica dei riti liturgici (v. Sacramenti) né i significati liturgici, in particolare eucaristici, che l'esegesi porta ad attribuire ad alcune scene narrative, come la Presentazione di Cristo al Tempio (Schorr, 1946) o la Discesa dalla croce, che poteva simboleggiare la comunione (Parker, 1974). Si allude solamente, infine, all'illustrazione dei libri liturgici (v.), ove il rapporto tra l. e iconografia è peraltro stretto, e all'illustrazione dei trattati liturgici (Rabel, 1992).
Sia che si tratti di orazioni, di canti o di gesti rituali, la l. possiede una dimensione assai più concreta e sensibile della teologia. Essa è sovente una teologia in atto e assicura sotto questo aspetto una mediazione tra gli sviluppi sapienti dell'esegesi e la realtà vissuta dai chierici e dai fedeli. Per il carattere spesso immaginifico delle sue formule, per la sua propensione allo slittamento di senso e alle associazioni di idee, la l. costituisce una riserva di visualità, spesso allo stesso livello con la creazione iconografica. Da questo punto di vista esistono affinità profonde tra la l. e il pensiero figurativo. Le interazioni tra questi due ambiti riguardano sia le orazioni fondamentali, come le preghiere eucaristiche, sia testi più specifici, come le letture liturgiche e le parti cantate (Palazzo, 1993b). Le preghiere del canone ebbero una forza d'ispirazione considerevole, sia per l'arte monumentale sia per l'illustrazione dei sacramentari. È probabile che esse abbiano giocato un ruolo decisivo nella creazione di formule iconografiche, come si può supporre per l'iconografia trinitaria del Trono di Grazia; oltre che da altri fattori, questa formula iconografica, messa a punto agli inizi del sec. 12°, potrebbe derivare da un'associazione delle immagini della Maestà e della Crocifissione, in rapporto con il Te igitur del canone (Boespflug, Załuska, 1994, pp. 202-207). In generale, lo sviluppo della l. della Trinità nei secc. 9°-11°, al pari di quello della l. di Maria e dei santi, non fu senza conseguenze in ambito iconografico.Tra le cerimonie più specifiche si può prendere come esempio la l. dei morti: numerose opere beneficiano della forza suggestiva della commendatio animae e in particolare delle figure veterotestamentarie della liberazione dei giusti (Lincoln, cattedrale, facciata, fregio romanico; Frugoni, 1989) o anche dell'adventus celeste dell'In paradisum (Maubck, 1987); allo stesso modo non si può comprendere l'importanza del Seno d'Abramo come figurazione del paradiso (v.) senza considerare che le preghiere per i morti si ponevano l'obiettivo di favorire l'accesso delle anime in sinu Abrahae. Infine occorre sottolineare il ruolo dei drammi liturgici, rappresentati nel corso delle cerimonie pasquali (Deposizione, Quem quaeritis) o di altre feste, come l'Epifania, per es. la relazione tra l'Officium stellae dell'inizio del sec. 11° e il ciclo dipinto dell'abbazia di Lambach, della fine dello stesso secolo (Wibiral, 1975).Di conseguenza le specificità locali o regionali, come quelle del rito ambrosiano (Alfani, 1993), e le evoluzioni storiche della l. devono essere tenute presenti nello studio iconografico. È ugualmente il caso delle dispute teologiche relative agli atti liturgici, come dimostra l'esempio delle pitture murali di Vendôme (La Trinité, sala capitolare), ove la fractio panis e la sua elevazione nel corso della cena con i discepoli di Emmaus hanno potuto essere messe in relazione con il dibattito sull'Eucaristia (Toubert, 1990). Poco più tardi, le innovazioni liturgiche del sec. 13°, legate in particolare allo sviluppo del culto eucaristico, furono ricche di implicazioni iconografiche: per es., l'istituzione del Corpus Domini nel 1264 diede luogo a nuove formule, come quella del prete-Cristo che eleva l'ostia (Avril, 1990); più in generale, occorre considerare lo sviluppo delle tematiche eucaristiche (Rigaux, 1989). Va infine sottolineato che l'ispirazione liturgica non si traduce sempre nello stesso modo rispetto al mondo bizantino, come indica per es. l'assenza in Occidente di uno stretto equivalente dei cicli delle feste della vita di Cristo, calcati sulle principali celebrazioni liturgiche dell'anno (v. Feste liturgiche).
Tra le funzioni liturgiche dell'immagine vanno distinti gli usi diretti delle immagini durante i riti e le funzioni liturgiche indirette delle immagini: formal function e auxiliary function nella terminologia di SindingLarsen (1984, pp. 29-30). La diretta manipolazione delle immagini è relativamente rara nella l. cristiana. Il caso più frequente è quello degli usi processionali, che peraltro non hanno sempre un carattere propriamente liturgico (stendardi delle confraternite). Si può comunque citare il rituale esemplare dell'Assunzione a Roma: l'immagine acheropita di Cristo, conservata al Laterano, veniva portata in processione attraverso la città, quindi rendeva visita all'icona della Vergine di S. Maria Maggiore ove, si diceva, Cristo - vale a dire la sua immagine - avanzava per salutare sua madre (rito attestato dal sec. 10° e probabilmente più antico; Belting, 1990, pp. 78-86). Il rituale pasquale poteva ugualmente costituire l'occasione della manipolazione di un'immagine: la riproduzione della Deposizione del Venerdì Santo poteva essere eseguita con una semplice croce o talvolta, a partire dal sec. 13°, con l'impiego di sculture raffiguranti Cristo, distaccate dalla croce e poste nel sepolcro, prima di procedere, nella domenica di Pasqua, all'elevatio che simboleggiava la Risurrezione (Parker, 1974; Belting, 1981). Un rito simile poteva essere compiuto con un'ostia, deposta per tre giorni in un gruppo scolpito raffigurante Cristo nel sepolcro (Friburgo in Brisgovia, duomo; ca. 1330). Come più vicino al nucleo sacramentale della l., va segnalato l'uso di ostie che recano una decorazione o un motivo iconografico, elemento che conferisce all'immagine una presenza nel punto cruciale del rito. Anche le miniature dei libri liturgici contribuirono ad assicurare alle immagini un posto nello svolgimento dei riti: benché l'analisi del loro ruolo sia da questo punto di vista delicata (Bonne, 1983), la loro importanza è in qualche caso esplicitamente sottolineata dalla struttura stessa del documento (v. Exultet).Occorre infine menzionare i trattamenti rituali di cui le immagini stesse erano oggetto, a cominciare dalla loro benedizione (Pontificale di Guglielmo Durando; Roma, BAV, Vat. lat. 1145, c. 126r). Varie testimonianze indicano che i pannelli dipinti nelle chiese erano spesso associati alla presenza di tende o cortine, il che lascia intendere che tali immagini fossero rese visibili solo in circostanze rituali ben definite. Durante le più importanti occasioni festive, le immagini, in particolare il Crocifisso e le statue, potevano essere rivestite di abiti preziosi oppure ornate di corone e di gioielli, come nel caso del Volto Santo nel duomo di Lucca.Per analizzare le funzioni liturgiche indirette delle immagini è opportuno considerare l'importanza delle corrispondenze tra l'iconografia e la funzione liturgica dell'oggetto o del luogo fisico dove essa compare. Lo spazio circostante l'altare è particolarmente propizio alla determinazione di tali relazioni. Vi si trovano spesso rappresentate le prefigurazioni veterotestamentarie del sacrificio di Cristo, in particolare le offerte di Abele, Abramo e Melchisedec, poste in relazione con l'Eucaristia nella preghiera Supra quae del canone, come nei mosaici absidali di S. Vitale e di S. Apollinare in Classe a Ravenna e in seguito, nei secc. 11°-13°, su numerosi altari portatili. La rappresentazione di questi temi richiede un'analisi dettagliata e adattata a ciascun caso, che permette per es. di mettere in rapporto la raffigurazione del Sacrificio di Abele e Caino nella basilica di S. Marco a Venezia con la partecipazione del doge e delle autorità politiche alla l. (Sinding-Larsen, 1996). Allo stesso modo, lo sviluppo della figurazione della croce nelle decorazioni absidali e, a partire dal sec. 12°, l'affermarsi delle croci dipinte sospese al di sopra dell'altare o presso la recinzione presbiteriale sono in diretto rapporto con la celebrazione della messa: la croce produce l'immagine del sacrificio di Cristo, di cui la messa è al tempo stesso la commemorazione e la riproduzione (Sinding-Larsen, 1978). Lo sviluppo delle pale d'altare a partire dal sec. 13° porta a sottolineare da un lato l'adattamento della struttura dell'oggetto alle trasformazioni della l. eucaristica - in particolare l'introduzione dell'elevazione dell'ostia -, dall'altro la relazione tra funzione liturgica e soggetto della rappresentazione, sia che si tratti di scene della Passione, legate al sacrificio di Cristo, sia di temi legati all'incarnazione, come la Vergine con il Bambino, che hanno anch'essi un loro spazio, tenendo conto della concezione dell'Eucaristia come ripetizione della venuta del Salvatore sulla terra (Van Os, 1984, pp. 7-20). Allo stesso modo, lo sviluppo dell'iconografia dei santi in relazione diretta con l'altare, su pannelli o su decorazioni parietali che lo circondino, risulta del tutto coerente con il culto loro reso in quello stesso luogo (Van Os, 1984; Palazzo, 1988). Ancora, la presenza eccezionale di un calendario liturgico dipinto sui muri che circondano l'altare nell'oratorio di S. Pellegrino a Bominaco (Aquila) rende particolarmente chiara la funzione stessa dell'altare (Baschet, 1991).Analoghe interferenze si possono notare spesso tra la l. battesimale e la decorazione che vi fa riferimento, si tratti di mosaici posti a decorare le vasche (Palazzo, 1992), di fonti scolpiti (Nordström, 1984) o delle decorazioni murali dei battisteri. Così, nel battistero di Parma, la funzione dell'edificio è uno degli elementi che permettono di spiegarne la decorazione, che associa precisamente le sculture di Benedetto Antelami e i cicli dipinti dedicati a s. Giovanni Battista e ad Abramo, il cui ruolo di padre di tutti i credenti (Rm. 4, 11) può giustificarne la presenza in tale contesto (Il Battistero di Parma, 1992). I rituali di penitenza forniscono un altro esempio probante, sia che riguardino la comunità monastica riunita nella sala capitolare (Stein, 1993) sia che riguardino i penitenti laici, espulsi dalla Chiesa al Venerdì delle ceneri, a immagine di Adamo ed Eva cacciati dal paradiso, e poi reintegrati nella comunità alla fine della Quaresima. Così la figura di Eva, un tempo sul portale settentrionale della cattedrale di Autun (Mus. Rolin), è stata messa in relazione con il rito che si svolgeva precisamente in quel luogo, soprattutto in ragione dell'atteggiamento della peccatrice, che richiama appunto quello dei penitenti, strisciante sulle ginocchia e sui gomiti (Werckmeister, 1972). In questo caso, l'immagine è al tempo stesso l'eco e il referente del rito che inquadra. Tuttavia, quale che sia la loro importanza, le relazioni tra funzioni liturgiche, forme e soggetti delle rappresentazioni sono sempre complesse e non si prestano a essere ricondotte a un adeguamento sistematico e meccanico (Belting, 1981; Fonctions et usages des images, 1996).
Non è sufficiente constatare che l'immagine si adatta, dal punto di vista iconografico, alla funzione liturgica dell'oggetto o del luogo fisico che decora. Si può formulare anche l'ipotesi che essa giochi a sua volta un ruolo attivo, vale a dire che la decorazione contribuisca al funzionamento liturgico dell'oggetto o del luogo cui aderisce. Un tale processo può realizzarsi in molte maniere. Riconosciuta dagli stessi chierici, la funzione estetica della decorazione, anche indipendentemente dal suo contenuto iconografico, svolge un ruolo decisivo (v. Immagine). La bellezza degli oggetti conferisce loro prestigio e ne rafforza l'efficacia; lo splendore della decorazione di un edificio lo rende degno di ospitare il servizio divino. La chiesa, luogo di immagini, è anche luogo di colori e di luci, in cui l'effetto estetico opera una separazione rispetto al mondo profano e concorre a sacralizzare l'edificio di culto. Per alcuni chierici, a cominciare da Suger, si trattava di favorire un processo anagogico che si compie in maniera non dissociabile attraverso la partecipazione liturgica e l'effetto contemplativo indotto dalla ricchezza della decorazione (Bonne, 1994).D'altra parte, la distribuzione della decorazione monumentale può contribuire a rendere sensibile la struttura funzionale e simbolica dell'edificio: la dualità tra la parte destra e la parte sinistra; la graduazione tra le zone inferiori e le parti alte, in particolare le volte, spesso ornate di una decorazione che ne sottolinea la simbologia celeste; o ancora la polarità assiale dell'edificio, dalla porta occidentale, luogo di soglia spesso associato a tematiche di passaggio o di conflittualità, fino all'abside, luogo privilegiato della presenza teofanica, passando per l'area della recinzione presbiteriale, dove l'articolazione del corpo longitudinale e del santuario riproduce la separazione sociale tra chierici e laici (Baschet, 1991).Le affinità tra immagine e l. impongono di spostarsi a un livello ancora più generale. In realtà, un aspetto essenziale dei riti risiede nel fatto che essi commemorano e ripetono gli avvenimenti su cui si fonda la storia santa. Così l'immagine rappresenta, in un'altra forma, i fatti e le figure che la l. evoca, celebra o rende presenti. Ambedue stabiliscono un collegamento - parallelo, sebbene di natura differente - che mette l'uomo in contatto con una presenza divina o santa. L'immagine da questo punto di vista può costituire un raddoppiamento delle manifestazioni liturgiche delle istanze celesti, ma può anche essere intesa come una forma di sostituzione che va a compensare, per i laici, la loro esclusione da una piena partecipazione alla l., spesso anche sul piano visivo a causa della frequente presenza della recinzione presbiteriale o del jubé. Al di là del valore effettivo di questa differenziazione sociale, la decorazione contribuisce, facendo eco alla l., a un trasferimento di realtà, a uno scivolamento dalla sfera terrestre verso la sfera celeste, dall'ecclesia materialis verso l'ecclesia spiritualis.Nel punto centrale della messa, le preghiere del canone indicano che il sacrificio è portato sull'altare celeste, che esso si compie in presenza della maestà divina e con la partecipazione dei cori angelici. La messa realizza la fusione tra le liturgie celesti e quelle terrene, come mostra per es. una miniatura delle Decretali (Roma, BAV, Vat. lat. 1389, c. 4r). È in relazione con un tale processo che va percepita la decorazione delle chiese, che si tratti dell'effetto estetico globale o di scelte tematiche, come quella di una figurazione teofanica nell'abside o di una saturazione di figure angeliche, spesso dotate di strumenti liturgici o messe in relazione con il canto del Sanctus. Così l'immagine accompagna visivamente il compiersi della l.; essa ne amplifica forse gli effetti o almeno ne rende evidente il significato e ne prolunga la memoria. In questo punto nodale della l., le affinità tra immagine e rito sono profonde, ma, come si è visto, a seconda del tipo di immagini e delle situazioni rituali prese in considerazione, le forme delle relazioni tra di esse sono più o meno intense, variano anche in rapporto ai periodi e alle opere e sfuggono dunque a una definizione troppo sistematica.
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