Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
L’esplorazione spaziale compie i primi passi in Europa all’inizio del Novecento grazie ad alcuni pionieri della propulsione a razzo. Il prepotente sviluppo della missilistica nella Germania nazista per fini bellici consente di formare, sotto la guida di von Braun, uno squadrone di specialisti che faranno parte del bottino di guerra dei vincitori. Nel 1975 le nazioni europee, vincendo un iniziale atavico individualismo, daranno vita a un’agenzia spaziale comune, l’ESA, che in trent’anni mieterà brillanti risultati.
L’Europa, culla dell’esplorazione spaziale
L’esplorazione dello spazio – e non ci si riferisce solo alle speculazioni fantascientifiche di Jules Verne – è nata nel Vecchio Continente. Tra i pionieri del volo spaziale infatti, oltre all’americano Robert Goddard, spiccano il russo Konstantin Tsiolkovskij e il tedesco Hermann Oberth. Oltre a intuire l’importanza dei combustibili liquidi, essi ispirano gruppi di appassionati che fondano associazioni di missilistica in tutta Europa. Particolarmente importanti sono la tedesca Verein für Raumschiffahrt (VFR) creata dallo stesso Oberth, e la sovietica GIRD dove nacquero i famigerati razzi Katyusha, che accreditano la propulsione a razzo presso politici e militari dei rispettivi Paesi, favorendo la formazione di alcuni padri dell’astronautica moderna.
Per aggirare il trattato di Versailles, che non prevedeva controlli sulla propulsione a razzo, l’aviazione tedesca avvia un vero e proprio programma di missilistica a Kummersdorf, vicino Berlino. Nel 1932 alcuni esperti dell’esercito tedesco visitano il poligono della VFR e, pur non essendo particolarmente colpiti da ciò che vedono, intuiscono il talento dell’allora ventenne Werner von Braun e lo arruolano. Solo cinque anni dopo von Braun viene nominato direttore tecnico dei nuovi laboratori di Peenemunde, sul mar Baltico, dove nel 1942 è realizzata la bomba volante A4, poi V2, che già al primo lancio raggiunge quota 80 chilometri, coprendo una distanza di 190 chilometri. Nel 1945 von Braun, alla testa di un folto gruppo di scienziati del programma missilistico tedesco, si arrende alle truppe americane. Insieme ai documenti di oltre un decennio di ricerche e a numerosi prototipi di V2, essi vengono trasferiti negli Stati Uniti dove, a Fort Bliss nel Texas e poi all’Arsenale Redstone in Alabama, contribuiscono a porre le fondamenta dell’esplorazione spaziale americana. Altri scienziati del Reich vengono estradati in Russia e in alcune nazioni europee, dove giocano un ruolo cruciale nell’avvio dei programmi spaziali inglese e francese.
Per comprendere ciò che accade nei frenetici anni del dopoguerra occorre ricordare che, in Europa, più che altrove, lo sviluppo spaziale deve conciliare esigenze contrastanti. Da un lato ci sono i militari e i governi che gestiscono le risorse economiche necessarie, che vedono nei razzi potenzialità offensive senza precedenti. Dall’altro ci sono invece le comunità dei fisici e degli ingegneri che controllano il know-how, che ambiscono a un programma finalizzato alla ricerca scientifica e tecnologica.
Nel primo dopoguerra, in Inghilterra si effettuano lanci di V2 catturate ai Tedeschi, e nel 1952 viene realizzato, insieme agli Australiani, il poligono di lancio di Woomera. È anche avviato, con gli Americani, il progetto Blue Streak di un missile balistico di portata intermedia. Nel 1962 gli Inglesi sono anche i primi a produrre un satellite, Ariel 1, che viene lanciato da Cape Canaveral con il vettore statunitense Thor-Delta con il compito di studiare l’emissione solare in UV e X.
In Francia, circa 40 scienziati dell’originaria squadra di von Braun, arruolati nel Laboratoire de Recherches Balistiques et Aérodynamiques di Vernon, in Normandia, producono un clone della V2, il vettore Véronique, collaudato in Algeria nel 1954. Nel 1957 il Comité d’Action Scientifique de la Défense Nationale finanzia l’avvio di un programma missilistico (15 lanci) per lo studio dell’alta atmosfera. L’anno seguente, appena eletto presidente, Charles de Gaulle rilancia il programma spaziale francese a fini bellici. Nel 1959 vengono costituiti la Société pour l’Étude et la Réalisation d’Engins Ballistiques (SEREB) e il Comité de Recherches Spatiales (CRS), e nel 1961 il Centre National d’Études Spatiales (CNES) che già nel 1965 produce il vettore Diamant e i primi satelliti francesi, Astérix e FR-1. Nel biennio 1966-1967 i Francesi lanciano altri tre piccoli satelliti, D-1A (Diapason), D-1C e D-1D (Diadème).
L’Italia avvia un proprio programma spaziale solo nel 1959 per iniziativa delle forze armate, in collaborazione col CNR e sotto la direzione del colonnello Luigi Broglio. Un primo poligono di lancio viene realizzato a Salto di Quirra, in Sardegna. Nel 1962 Italia e Stati Uniti avviano congiuntamente il programma San Marco, che nel 1964 conduce al lancio del primo satellite italiano, il San Marco 1, a cui segue nel 1967 il San Marco 2.
In Germania, infine, le restrizioni imposte dagli Alleati e il trattato di Parigi del maggio 1955, che pone il limite di 70 chilometri di gittata massima a qualunque vettore costruito in Germania, rallentano molto la nascita di un vero e proprio programma spaziale. Non sorprende quindi che, sul finire del 1959, la Germania sia tra i Paesi più attivi nel promuovere l’avvio di un programma europeo.
Dall’European Space Research Organisation alla nascita dell’Agenzia Spaziale Europea
Il vero padre dell’iniziativa comunitaria è comunque l’italiano Edoardo Amaldi che, dopo essere stato tra gli ideatori e fondatori del CERN di Ginevra, già nel 1959 sostiene l’importanza scientifica, economica e sociale di un programma spaziale d’avanguardia e l’ineluttabilità di una collaborazione a livello internazionale nell’ambito di una European Space Research Organisation (ESRO). Insieme al francese Pierre Auger, Amaldi si adopera affinché ogni Stato del Vecchio Continente attivi organismi nazionali per la ricerca spaziale – presupposto indispensabile per giungere a una futura federazione – e convince l’allora presidente del CNR, Francesco Giordani, a creare una Commissione per le Ricerche Spaziali sotto la guida del colonnello Broglio. Nei primi mesi del 1960 è costituito il Groupe d’Études Européen pour la Collaboration dans le Domaine des Recherches Spatiales che a sua volta spiana la strada a un primo organismo intergovernativo, il Preparatory Commission to Study the Possibilities of European Collaboration in the Field of Space Research, che a sua volta istituisce due commissioni i cui lavori si concludono nel giugno del 1962 con la fondazione dell’ESRO.
Il nuovo organismo intereuropeo esclude la partecipazione a progetti militari ed è finalizzato alla realizzazione di satelliti per la sola ricerca scientifica. I primi anni d’attività dell’ente sono caratterizzati dalla realizzazione della complessa rete di infrastrutture – poligoni di lancio in vari luoghi, quartier generale a Parigi, centro di sviluppo tecnologico ESTEC a Noordwijk, in Olanda, laboratori di ricerca e sviluppo ESLAB a Noordwijk e ESRIN a Frascati, centro di acquisizione e analisi dati ESOC a Darmstadt, in Germania, e rete di antenne per il controllo dei satelliti ESTRACK in quattro continenti – e da un confronto continuo tra i partner in materia di bilancio e pianificazione: confronto che in alcune fasi diviene talmente aspro da interferire con il processo d’integrazione. Parallelamente, alcuni Stati europei, e in particolare Francia e Inghilterra, al fine di assicurare l’indipendenza del Vecchio Continente in un settore altamente strategico, avviano un’intensa serie di contatti per la produzione congiunta di un vettore multistadio interamente europeo. Questi sforzi portano alla costituzione, nel 1962, di un secondo ente, l’European Space Vehicle Launcher Development Organisation (ELDO), che dovrebbe trarre frutto dai programmi nazionali.
La costituzione di questi due organismi coincide con il lancio del satellite americano per telecomunicazioni Early Bird, che dimostra in modo inequivocabile le potenzialità economiche della tecnologia spaziale. Ormai in forte ritardo rispetto a quanto accade oltreoceano, l’Europa decide di avviare un proprio specifico programma, e nel 1963 crea la Conférence Européenne des Télécommunications par Satellites (CETS). Quest’ultima scelta determina il futuro della ricerca spaziale europea.
I tre enti sin qui costituiti in Europa rappresentano infatti aspetti diversi di una medesima realtà: per evitare duplicazioni, occorre una forte coordinazione. Passi in tale direzione si hanno nel 1971, quando gli scopi dell’ESRO vengono ridefiniti dando maggior peso ai programmi applicativi, e nel 1973, quando l’ESRO, assumendo la responsabilità del progetto per la realizzazione del razzo Ariane, assorbe di fatto l’ELDO. Il processo è completato nell’aprile del 1975 con la trasformazione dell’ESRO in Agenzia Spaziale Europea (ESA). Oggi all’ESA afferiscono 13 Stati europei: Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito e il Canada. Si tratta di una realtà consolidata che può vantare una lunga serie di risultati positivi, raggiunti sia in assoluta autonomia che attraverso collaborazioni con altre agenzie spaziali. Qui ci si limiterà a ricordare gli straordinari successi dei vettori della serie Ariane, la realizzazione del laboratorio spaziale SpaceLab e la partecipazione alla costruzione della Stazione Spaziale Internazionale.