Vega, Lope de
In un autore come Lope de V. (Madrid 1562 - ivi 1635), di così sterminata produzione, non possono non trovarsi riferimenti all'opera di Dante. Il diretto contatto di Lope con la letteratura italiana è indubbio. E benché non sia possibile individuare nella sua produzione aspetti nati sotto l'immediata ispirazione dantesca, non si escludono citazioni o ricordi che, in qualche caso, potrebbero essere stati appresi tramite qualche commentatore.
Il carattere più significativo di queste citazioni è che ne venga espressa la fonte, cioè il nome di Dante. Così nel breve racconto Guzmán el Bravo (1624), che appartiene alle Novelas a Marcia Leonarda, Lope riassume l'episodio di Francesca, che dimostra di conoscere con precisione, e ne cita, tradotti invero assai liberamente, tre endecasillabi: " Dante scrive di quei due cognati che si amavano, senza osare dichiararsi, essendo l'incesto così enorme e il fratello (di Paolo) un così gran principe, e siccome stavano sempre insieme, leggendo un giorno degli amori di Lancillotto del Lago e della regina Ginevra, come fa raccontare nel suo Inferno, all'infelice dama ": segue la citazione dei versi danteschi (If V 127 ss.). Il famoso verso sulla forza dell'amore reciproco è pure ricordato per ben tre volte almeno e sempre con l'autorità del modello: " come dice Dante: / Amor a nessun amato / che non ami perdonò " (Las flores de Don Juan); " in pochi giorni lo amò molto, confermando l'infallibilità di quel verso di Dante, che Amor nessun amato amar perdona " (El peregrino en su patria); la terza citazione del solo endecasillabo è in italiano e si legge in una delle sue note alla Jerusalén conquistada. Pure in queste note al poema Lope si appoggia alla Commedia per la situazione di Gerusalemme (" Dante nel suo Inferno e Antonio Manetti nei suoi dialoghi "); ne trascrive in italiano due versi (Pg II 2-3) benché sbagli la cantica; della fortuna dice che è " cosa nascosta all'uomo, come sente Dante "; adduce ancora la conferma dell'autorità del commentatore, più che del poeta, per indicare che Gerusalemme sta nel quarto clima: " Ant. Manetti, su Dante ". Persino la stessa fonte gli serve per parlare della Commedia come genere nell'Arte nuevo de hacer comedias, dove è chiaramente precisato: " E così il suo Inferno, Purgatorio e Paradiso / del celebre poeta Dante Alighieri / chiamano ‛ Commedia ' tutti comunemente / e il Manetti nel suo prologo lo avverte ". Viene ancora ricordato il nome del poeta in una poesia intitolata El laurel de Baco, e nella dedica delle Rimas, dove accenna alle forme metriche, sonetti, ottave, stanze e " le terzine delle quali fu autore Dante ". Non mancano, benché isolate, reminiscenze di versi danteschi in veste castigliana. Sono per esempio indubbi quelli indicati dal Borghini nella Jerusalén conquistada: " quel santo Gioacchino monaco viveva / di spirito profetico dotato ", in cui traduce letteralmente da Pd XII 140-141, e che ancora ripeté nei Triunfos divinos.
L'opera e il pensiero dantesco quindi sono per il drammaturgo spagnolo elementi di mera cultura letteraria che gli servono d'appoggio autorevole, ma D. non è autore funzionalmente stimolante, al di fuori d'isolati elementi, nella creazione di Lope.
Bibl. - A.G. De Amezúa, Fases y caracteres de la influenticia del D. en España, in Opúsculos historico-literarios, I, Madrid 1951; V. Borghini, Poesia e letteratura nei poemi di Lope de V., Genova 1949; Ll. C. Viada Y Lluch, D.A. i Lope de V., in " El Correo Catalán " 17 nov. 1921; J. Arce, La acentuación de un verso de Lope (Notas sobre D. Alígero y el Manetti), in " Filologia Moderna " XLVIII (1973) 397-401.