BILLIA, Lorenzo Michelangelo
Nato a Cuneo il 1º dic. 1860 da Giandomenico, farmacista, e da Marianna Fiacchetti, era nipote del consigliere di stato Michelangelo Tonello; al liceo Cavour di Torino ebbe come insegnante Carlo Michele Buscalioni, che lo iniziò al rosminianesimo: quella parentela e questa formazione culturale collegavano direttamente il B. alla tradizione risorgimentale moderata e conciliatorista, della quale sarebbe stato, pur in mutate condizioni storicopolitiche, convinto difensore. Laureatosi in filosofia all'università di Torino nel 1882, nel 1883 iniziò, come professore incaricato al ginnasio di Cuneo, la carriera dell'insegnamento e un'attività di studioso e pubblicista, che, pur prendendo corpo solo in poche opere di effettivo peso culturale, rivela le incontestabili doti filosofiche del B. e le sue aperture ai problemi del pensiero europeo contemporaneo, nel quadro di una rigida fedeltà allo spiritualismo cristiano di origine platonico-agostiniana e alla tradizione rosminiana e giobertiana. Sì che la sua esperienza intellettuale costituisce un episodio di un certo rilievo nelle vicende della filosofia italiana post-risorgimentale.
Il B. entrò presto in contatto con l'ambiente cattolico-liberale lombardo, attraverso l'amicizia con il figliastro del Manzoni, S. Stampa, alla cui opera sul Numero infinito egli dedicò uno dei primi scritti (Saggio di osservazioni su di una nuova confutazione del materialismo, Cuneo 1883), e intrecciando relazioni epistolari con C. Cantù, delle cui idee politico-sociali non tardò a divenire convinto assertore. Al 1883 risale anche il suo esordio nel campo della pedagogia, con il Saggio intorno alla legge suprema dell'educazione. Studi sul Rosmini e sul Rayneri con alcune osservazioni (Cuneo 1883), in cui mostrava di propendere per il "principio della convenienza" teorizzato dal Rayneri, piuttosto che per la rosminiana "legge della gradazione". Ma, in realtà, la successiva speculazione del B. si sarebbe prevalentemente manifestata come un ripensamento, non privo di spunti originali, del pensiero rosminiano, inserito in un'ininterrotta tradizione di "idealismo oggettivistico", e come tale non discordante, nel fondo, dal giobertismo. In questi stessi anni iniziava la sua collaborazione alla rivista rosminiana La Sapienza, al Baretti e alla Rassegna nazionale.
Era intanto incominciata la sua peregrinazione per i ginnasi e i licei d'Italia, peregrinazione nella quale il B. denunciò un'intenzione persecutoria da parte del ministero della Pubblica Istruzione, come risposta alle proprie violente critiche, manifestate in varie occasioni, ai metodi, ai programmi, ai regolamenti, ai testi di filosofia predominanti nelle scuole statali., in quanto improntati alle teorie positiviste, di cui era accanito oppugnatore. Nominato professore al ginnasio inferiore di Chieri nell'ottobre 1884, con un incarico di filosofia nel liceo della stessa città, fu trasferito nel 1886 al liceo di Senigallia. Da qui partecipò attivamente alla nascita del nuovo periodico rosminiano Il Rosmini, pubblicato a Milano a partire dal 1887, e di cui il B. divenne assiduo collaboratore. Entrò così in rapporti con A. Stoppani; per incarico di questo e dello Stampa, iniziò, dopo la condanna delle quaranta proposizioni rosniániane sancita dal decreto post obitum del S. Uffizio reso noto nel 1888, quella vasta opera di ricostruzione del pensiero rosminiano, estesa a tutto il complesso dell'opera del filosofo di Rovereto, che diede luogo al volumeQuaranta proposizioni attribuite ad A. Rosmini, coi testi completi dell'autore e con altri testi dello stesso che ne compiono il senso (Milano 1889): scopo del B. era quello di dimostrare che le proposizioni condannate o non rispondevano all'originario testo rosminiano o risultavano incomprensibili fuori dal loro contesto. Facendo appello alla sua vena polemica, partecipò attivamente ai successivi dibattiti sul rosminianesimo con altri articoli pubblicati fra il 1888 e 1889 su La Perseveranza e sulla Rivista italiana di filosofia, alcuno dei quali raccolti nel volume Intorno a un fatto contemporaneo (Padova 1889). Il seguito della controversia vide tuttavia un progressivo distacco del B. da Il Rosmini, da lui giudicato "troppo noioso", e ancor più dalle posizioni esasperatamente polemiche di un G. B. Bulgarini o di un A. M. Cornelio, quali si espressero nel Nuovo Rosmini, risorto nel 1889 dalle ceneri della precedente rivista: "Quel periodico", scriveva il B., "col suo esclusivismo e la sua intolleranza fa molto danno alla causa". Egli, dal canto suo, continuò a indagare i vari aspetti del pensiero rosminiano in una serie di contributi, tra cui A. Rosmini nei suoi frammenti della filosofia del diritto (Rovereto 1890) e La figura morale di A. Rosmini (in Per A. Rosmini nel I centenario della sua nascita, Milano 1897, I, pp. 99-117).
Sposatosi con Ada Colombo nel 1888, il B. ricevette ben presto da questa unione nuove amarezze, cui si aggiungevano i continui trasferimenti, da Senigallia a Sondrio (1889), poi ad Alessandria (1890), Parma (1893), Ferrara (1894); ciò non gli impedì di allargare progressivamente i propri interessi e le proprie attività. Già dagli anni di Chieri e di Senigallia aveva incominciato a occuparsi, sulle orme del Buscalioni, del problema balcanico, tenendosi in stretto contatto con C. Cantù e A. Conti, e con rappresentanti del nazionalismo ellenico, e facendosi promotore di una Lega balcanica, destinata a sostenere le rivendicazioni della Grecia nei riguardi della Turchia, ma non scevra da tendenze panelleniche, che finivano per diventare antislave.
Contemporaneamente il B. aderì ai progetti, fioriti soprattutto negli ambienti lombardi, per la creazione di un nuovo partito conservatore, conciliatorista nei rapporti con la Chiesa, di ispirazione antistatalista e antisocialista, liberista in politica economica, contrario alla "megalomania" crispina in politica estera, favorevole a una riduzione delle imposizioni fiscali e a una moralizzazione della vita pubblica e privata: a quest'ultimo aspetto si collegava la polemica del B. contro la progettata introduzione del divorzio, che culminò alcuni anni dopo con la pubblicazione dell'opera Difendiamo la famiglia. Saggio contro il divorzio (Torino 1893) e con la fondazione di una Società nazionale protettrice della famiglia, cui aderirono R. Bonghi e R. Cadorna. Il B. fu pure in rapporto con R. Stuart, al cui movimento per le associazioni costituzionali diede il proprio appoggio, e guardò con simpatia alla iniziata trasformazione del liberalismo lombardo per opera dei giovani dell'Idea liberale. Nel 1893 presentò la propria candidatura politica nel collegio di Savigliano, con un programma di "raccoglimento": candidatura peraltro rientrata in quanto gli venne assegnata la cattedra di filosofia al liceo di Ferrara.
Nell'ambito che più gli era congeniale, quello filosofico, gli studi del B. si volsero alla logica (Di tre regole inesatte che si danno comunemente del sillogismo, in Atti del R. Istituto Veneto, s. 7, I [1889-90], pp. 973-985), e specialmente alla psicologia. Lo traeva a questa disciplina il desiderio di provare, anche in un campo dominato dalle metodologie positive e sperimentali, la validità delle premesse idealistiche, mostrando la superiorità della tradizione platonica, malebranchiana e rosminiana sulle teorie di Th.-A. Ribot e dei contemporanei empiristi inglesi. Nel 1890 pubblicò a Milano, per interessamento dello Stampa,Max Müller e la scienza del pensiero, in cui, pur riscontrando nello studioso tedesco i riflessi del "soggettivismo kantiano", era largo di riconoscimenti per le teorie mülleriane relative al linguaggio.
Tutta questa vasta e disordinata produzione si riversò o si riflesse, tra il 1891 e il 1901, nel periodico da lui fondato e diretto, che fu forse la sua creatura prediletta e di certo la sua iniziativa meglio riuscita: Il Nuovo Risorgimento.
L'idea di una nuova rivista gli era nata dal tempo dei contrasti con i più accesi rosminiani. Scrivendo allo Stampa nel 1890 diceva di avere progettato un periodico simile alla Sapienza, "ma più energico e con maggiore riguardo alla vita pratica"; il suo programma: "studio e difesa della verità per compiere e ottenere la giustizia, quindi studio e difesa delle dottrine del Rosmini e applicazione di esse a tutte le questioni più vitali; difesa della giustizia nella vita pubblica, quindi intervento di tutti i cittadini alle urne; senza cercarla vi sarà dunque lotta contro i positivisti, i gesuiti, gli intransigenti, i massoni, la gente venduta, gli scrittori mercenari e corruttori e tutti insomma gli artefici del male".
La rivista già nel titolo richiamava la necessità di un rinnovamento della tradizione risorgimentale, considerata come sostanzialmente unitaria per la prevalenza della preoccupazione religiosa nei suoi maggiori rappresentanti, dal Gioberti al Mazzini, al Cavour; ospitò articoli di A. Fogazzaro, G. Grabinski, G. Prinetti, e dimostrò una certa apertura culturale; diede largo spazio ai dibattiti sull'evoluzionismo, e sulle sue possibili conciliazioni col cristianesimo, e alle discussioni intorno alle recenti tendenze della critica biblica, quali si riflettevano in Italia nelle opere di A. Stoppani, R. Mariano e S. Labanca; quest'ultimo pubblicò sulla rivista una cortese lettera aperta, proclamandosi ammiratore del metodo del Baur (V [1894-95], pp. 236-243). Un'altra figura di scrittore "anticonformista" cara al B., quella del "sociniano" P. Sbarbaro, fu rievocata in un lungo necrologio del B. medesimo (IV [1893-94], pp. 109 ss.), poi pubblicato in opuscolo,P. Sbarbaro e il suo tempo (Torino 1894).
Il B. impegnò anche una polemica contro l'idea di Stato etico, com'era intesa da R. Mariano; alle dottrine degli hegeliani di Napoli egli contrappose la tesi rosminiana dello Stato puro regolatore della "modalità dei diritti", come più genuinamente liberale. Tali articoli del B. furono, secondo il solito, raccolti in un volume, Lo Stato al suo posto,ossia delle opinioni di R. Mariano intorno all'economia politica e alla libertà (Milano 1896).
L'orizzonte del B. si allargava oltre i confini dell'Italia attraverso contatti con il pensatore ginevrino E. Naville, alla cui dottrina del libero arbitrio egli dedicò un saggio sul Nuovo Risorgimento del 1900, e con il matematico e filosofo francese E. Le Roy. Il B., che aveva intanto ottenuto nel 1896 l'agognato trasferimento al liceo d'Azeglio di Torino, pubblicò nel 1899 la sua opera di maggiore impegno,L'esiglio di S. Agostino. Note sulle contraddizioni di un sistema difilosofia per decreto (Torino 1899).
L'opera era concepita in polemica con gli indirizzi neotomisti dominanti nel pensiero filosofico d'ispirazione cattolica dopo la Aeterni Patris di Leone XIII, e visti prevalentemente rappresentati dalla scuola di Lovanio: il Mercier e i suoi seguaci erano accusati dal B. di avere troppo ceduto al positivismo imperante, di avere trattato la psicologia alla stregua di una scienza naturale, di avere sacrificato all'indagine sul mondo esterno la speculazione sul "lume della ragione", vero primum filosofico e psicologico, di avere infine trascurato o sottovalutato gli apporti dell'idealismo moderno, da Cartesio al Gerdil. Il lavoro del B. ebbe ciò nondimeno, alla sua seconda edizione (Torino 1912), una recensione assai moderata sulla Rivista di filosofia neoscolastica, ad opera di E. Chiocchetti (V [1913], pp. 227-231).
Nel 1900 il B. ottenne la libera docenza in filosofia teoretica: ma già dal 1896 teneva delle lezioni di filosofia morale nell'università di Torino. Nel 1901, in conseguenza degli ostacoli di carattere burocratico posti allo svolgimento del suo corso di filosofia morale, che doveva vertere sull'indissolubilità del matrimonio, e per altre vicende accademiche, si accesero intorno al suo insegnamento violente polemiche: la sua prolusione del 23 nov. 1901,La morale allegra all'Università di Torino, pubblicata in opuscolo a Torino nel 1902, e un suo scritto Né cattedre di morale,né morale di cattedre (Torino 1901), con altri articoli apparsi su giornali locali, contenenti aperti riferimenti a persone e fatti dell'università e poco riguardosi verso la facoltà di lettere, valsero al B. una prima sospensione dall'insegnamento per l'anno 1902-1903, e successivamente una nuova sospensione dalla libera docenza per due anni. Con l'animo esacerbato da queste vicende, il B. tenne in seguito vari corsi liberi di morale e di psicologia, preceduti solitamente da prolusioni a sfondo polemico (Carità e giustizia, Torino 1907; Contro la profanazione dello spirito, Torino 1911). In questi anni egli partecipò con relazioni e comunicazioni a diversi congressi filosofici nazionali e internazionali e collaborò a riviste italiane e straniere, tra cui la Revue de philosophie (L'idéalisme n'est-il pas chrétien?, 1907; L'objet de la philosophie, 1908),Il Rinnovamento, la Rivista rosminiana, la Rivista di filosofia (La percezione intellettiva, 1909; L'uno e i molti,l'illimitato e il limitato, 1916),La nuova Riforma di G. Avolio,La Voce di G. Prezzolini.
Accanito antigiolittiano, il B. venne sempre più accentuando le componenti nazionalistiche della propria ideologia, facendosi sostenitore della destra liberale di A. Salandra e più tardi del movimento fascista: collaborò, al suo sorgere, al Popolo d'Italia; fu esaltato interventista, presentandosi ben cinque volte come volontario allo scoppio della guerra, benché avesse ormai cinquantacinque anni. La sua avversione al mondo germanico, cui contribuivano reminiscenze risorgimentali, varie motivazioni culturali, passionalità politica, non aliena da spunti razziali, esplose al momento della violazione della neutralità belga nello scritto, che venne più volte ristampato,Le ceneri di Lovanio e la filosofia di Tamerlano, apparso nella Rivista di filosofia neoscolastica (VII[1915], pp. 142-158), quasi a sancire un avvicinamento agli antichi avversari filosofici in nome di una comune passione nazionale (ma una nota della redazione della rivista lasciava al B. la responsabilità delle incontrollate espressioni antitedesche).
Nel dopoguerra il B., trasferito nel 1917 da Pisa, dove insegnava dal 1915, al liceo Dante di Firenze, si schierò contro V. E. Orlando e il patto di Londra (È ora di finirla, Firenze 1919); prese le difese di L. Cadorna, cercando di addossare la responsabilità di Caporetto a Giolitti e all'impreparazione dell'Italia alla guerra conseguente al suo neutralismo (Per la storia vera della nostra guerra, in La vita italiana, novembre 1921, pp. 124-147); si fece sostenitore dell'impresa fiumana e delle rivendicazioni italiane sulla Dalmazia, proclamando la necessità che l'Italia attuasse una politica di appoggio alla Romania, in nome di un ideale panlatino, e alla cattolica Polonia, o, al più, di sostegno alla Serbia, "centro naturale e antiaustriaco degli Slavi contro la Croazia", e si battesse invece contro la costituzione di una "mitologica" Iugoslavia (L'Italia non rinunzia a Fiume, in La vita italiana, VI [1918], 12, pp. 423-437).
Libero docente nell'Istituto di studi superiori di Firenze, il B. pubblicò anche, negli Atti dell'Accademia dei Georgofili, una serie di contributi sulla scienza economica e sui suoi rapporti con la morale, rifacendosi alle tesi del Rosmini, che già erano piaciute a M. Minghetti, e respingendo una concezione normativa dell'economia politica (Sulle più riposte armonie tra l'economia e la morale, in Atti della R. Accademia dei Georgofili, s. 5, XIII [1916], pp. 104 ss.; Se le leggi economiche patiscano eccezioni,ibid., s. 5, XVI [1919], pp. 247 ss.). In questi anni del dopoguerra collaborò pure alle riviste Bilychnis e Riforma sociale.
Il B. morì a Firenze il 10 apr. 1924nella più completa miseria, dopo aver subito un ennesimo provvedimento disciplinare per un litigio con un collega, e quando ormai si erano affievolite anche le sue simpatie per il fascismo, rivelatoglisi non l'instauratore di una più sicura autorità della legge, ma nelle sue vesti di eversore dell'ordinamento costituito.
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