RICCI, Lorenzo
RICCI, Lorenzo (de’). – Nacque il 1° agosto 1703 a Firenze da Guido e da Elisabetta Gianni. Suo fratello maggiore era Corso, canonico della cattedrale di Firenze, mentre il minore, Roberto, ricoprì la carica di soprintendente del granduca di Toscana Francesco I. Aveva anche due sorelle.
Compì i suoi primi studi nel collegio Cicognini di Prato. Secondo la biografia di Louis Antoine de Caraccioli egli avrebbe potuto intraprendere ogni tipo di carriera provenendo, oltretutto, da una delle famiglie più prestigiose di Firenze, ma proprio i suoi natali illustri fecero sì che «tosto fossero da quei Religiosi sopra di Lui gettate le mire, ed oggetto di formarne un utile individuo della Società» ([1775], p. 6). Entrò quindi nel noviziato gesuitico di S. Andrea al Quirinale a Roma il 16 novembre 1718. Di forze «mediocres», di buon giudizio e prudenza, atto agli studi ma di complessione «melancolica» (catalogus del 1720 in Archivum Romanorum Societatis Iesu ARSI, Rom., 69, pp. 203, 262 bis), Ricci intraprese gli studi di filosofia al Collegio romano (1722-25); quindi insegnò umanità e retorica al collegio Tolomei di Siena per poi seguire il corso di teologia a Roma (1729-34) insieme al futuro storico della Compagnia Giulio Cesare Cordara. Tra il 1735 e il 1737 insegnò filosofia a Siena, dove fece anche professione dei quattro voti (15 agosto 1736; ibid., Ital., 28, cc. 161 s., copia in Hist. Soc., 248, cc. 431 e 435). Rientrò poi al Collegio romano dove fu lettore di teologia logica (1738), teologia fisica (1739), metafisica (1740) (cfr. ibid., Rom., 152a, c. 38). Ebbe tra i suoi allievi Tommaso Termanini, suo biografo. La provincia romana lo elesse suo rappresentante alla congregazione generale del 1755 dove il nuovo eletto, Luigi Centurioni, nel dicembre lo chiamò come segretario della Compagnia. Fu quindi eletto generale nella XIX congregazione generale (21 maggio 1758) con 63 voti favorevoli su 87, dunque un’elezione non unanime e anche inconsueta poiché Ricci non aveva mai ricoperto incarichi di governo né nelle province, né nei collegi.
Di «indole mite, e piacevole, […] semplice, e schietto» (ibid., Vitae, 92, c. 4), Ricci non corrispondeva all’immagine del gesuita intrigante costruita dai nemici della Compagnia, ma si trovò a gestire proprio le conseguenze di quel clima di opposizione montante verso gli ignaziani. Interessante fu la vicenda che riguardò il Memoriale presentato dal Reverendissimo Padre Generale dei Gesuiti alla Santità di N. S. Papa Clemente XIII (copia ibid., Hist. Soc., 248, cc. 322-329) scritto per protestare contro la decisione di inviare come visitatore della provincia portoghese il cardinal Francisco Saldanha che aveva trattato i gesuiti come «rei di negoziazione universalmente» (c. 322) avendo detto che collegi e case erano come «magazzini di negozio, ed abitazioni di mercatanti» (cfr. Editto monitoriale del cardinal Saldanha circa la visita e riforma dei gesuiti, 25 maggio 1758, copia, ibid., Hist. Soc., 248, cc. 310-319v) e contro il patriarca di Lisbona José Manuel da Câmara che per questi motivi aveva levato loro la facoltà di confessare (cfr. copia dell’editto del 7 giugno 1758, ibid., Hist. Soc., 248, c. 320). Ricci si era rivolto al papa difendendo l’operato dei padri portoghesi, ma il Memoriale era stato poi arbitrariamente dato alle stampe (Lucca 1759) con una serie di postille antigesuitiche assieme a un voto del cardinale Domenico Passionei molto duro nei confronti dell’Ordine e del suo generale. Questo testo produsse un ricco filone di testi antigesuitici, fra cui le Riflessioni di un Portoghese (Lisbona 1758, Madrid 1768 con Appendice), editi in più lingue, o i Gesuiti mercanti, dedicati a Ricci, nella cui prefazione l’autore diceva di voler mettere «sotto l’occhio» del generale i difetti dell’Ordine «acciò non siate indolente a porvi pronto, ed efficace rimedio» (1768, p. VI).
Nel 1759 il generale si recò a Napoli per perorare – senza successo – la causa del suo Ordine con il nuovo re di Spagna Carlo III di Borbone. Da allora la sua biografia si intrecciò strettamente con quella della Compagnia nei suoi ultimi anni di vita. Sempre nel 1759 si dovette infatti occupare dei portoghesi esuli in Italia, turbato anche da «quel si gran numero di quelli venuti o dall’America, o dall’Indie Orientali» (ARSI, Vitae, 92, c. 10v). Anche allora il suo impegno fu però soprattutto spirituale, inviando una serie di lettere circolari ai padri per spronarli alla preghiera e alla sopportazione. Dopo il Portogallo fu la volta della Francia. Nel 1762, alla richiesta del re di staccare quella provincia da Roma attraverso la nomina di un vicario indipendente, Ricci rispose che non ne aveva il diritto e di rivolgersi al papa. Si dice che allora il papa avesse risposto: «aut sint, ut sunt, aut non sint»; la replica si considerò come suggerita da Ricci ed esacerbò ancor di più il partito antigesuita francese. Il generale ritenne che suo compito prioritario fosse mantenere inalterato l’istituto della Compagnia e si sentì inoltre costretto a impedire la partenza dei gesuiti di Francia per l’Italia poiché l’arrivo dei portoghesi aveva già dissanguato le finanze dell’Ordine. Questa strategia peraltro – come ha mostrato Niccolò Guasti – si ripeté in seguito anche con i gesuiti spagnoli. Ricci, sebbene tentasse di mantenere una posizione di basso profilo, fu «constantly seen as the foreign despot whose power over French subjects constitued a direct threat of the security of the French state» (Thompson, 1986, p. 439). Dalla Istoria composta dal generale si evince come egli fosse consapevole di una crisi morale dell’Ordine. Scriveva, infatti, di aver accordato con maggiore facilità la dimissione ai giovani che la chiedevano per non suscitare cause presso i tribunali francesi e anche perché, forse, «il Signore volle in questa guisa purgare la Compagnia di Francia da molte persone poco religiose, anzi viziose e nocive alla medesima, siccome aveva nella stessa maniera purgate le provincie di Portogallo» (ARSI, Hist. Soc., 273, c. 65).
Nonostante la stima rinnovata di Clemente XIII con la costituzione Apostolicum pascendi (7 gennaio 1765) le cose non andarono migliorando. In occasione del cosiddetto motín de Esquillace circolò in Spagna una falsa lettera del generale Ricci che chiedeva venisse riconosciuto come sovrano legittimo il principe don Luigi al posto di Carlo III. Nel 1767 si decise quindi l’espulsione dei gesuiti dalla Spagna, ma il generale sembrò appunto restio ad accogliere a Roma i padri spagnoli.
Dopo l’elezione del nuovo pontefice Clemente XIV Ricci, ricevuto da quello una sola volta, comprese di non avere più un appoggio nel papa, ma fino all’ultimo non volle credere che quello avrebbe osato spingersi fino ad abolire la Compagnia. Caraccioli scrive che Ricci era stato invitato dai suoi parenti a fuggire segretamente da Roma, ma aveva opposto un netto rifiuto.
La soppressione con il breve Dominus ac Redemptor seguì il 21 luglio 1773. Il 16 agosto tutte le case furono circondate: il generale si trovava al Gesù e lì gli fu letto il breve; il giorno seguente passò al Collegio inglese dove per otto giorni fu libero di muoversi e quindi recluso. Il 23 settembre fu imprigionato a Castel S. Angelo (dove la prigionia fu dura secondo Termanini e dolce secondo Caraccioli).
Ricci fu più volte interrogato senza però che gli venissero formalizzate accuse ben precise (i costituti riportati dal padre Luigi Sequi Sardo gli furono inviati da dentro il castello dallo stesso Ricci circa un anno dopo: Processo fatto al P. Lorenzo Ricci Generale, ch’era della Compagnia di Gesù ricopiato dall’originale scritto dallo stesso, ARSI, Vitae, 92, cc. 45-50). Le domande sembravano in molti casi voler accertare alcune delle più trite accuse contro la Compagnia, come quella di aver nascosto grandi quantità di denaro. Fu soprattutto monsignor Onofrio Alfani, responsabile della congregazione per la liquidazione del patrimonio ex gesuitico, a essere considerato il responsabile della sua dura condizione carceraria. Morto Clemente XIV e asceso al soglio pontificio Pio VI, si riunì la congregazione che avrebbe dovuto terminare il processo e alla quale il papa si era appellato al fine di far scarcerare gli ex gesuiti. Fu allora che Ricci produsse un altro memoriale in cui protestava la sua innocenza e l’ingiustizia della sua prigionia. Scrisse quindi la sua famosa Protesta in tre copie, chiedendo però che venisse pubblicata solo dopo la sua morte. Ammalatosi il 15 novembre, il 19 si fece dare il viatico. In quell’occasione ripeté a memoria a voce alta e davanti a testimoni la sua protesta in cui dichiarava: «l’estinta Compagnia di Gesù non ha dato motivo alcuno alla sua soppressione […] [e io stesso] non ho dato motivo alcuno neppure leggerissimo alla mia carcerazione» (ibid., cc. 57v-58, e Hist. Soc., 248, cc. 26 s.). Il testo fu più volte pubblicato, per esempio nella Memoria cattolica dell’ex gesuita Carlo Borgo (1780, cfr. pp. 154-156).
Morì a Roma in Castel S. Angelo alla mezzanotte del 24 novembre 1775 (una serie di biglietti inviati dal Castello consente di seguirne la malattia tra il 19 e il 24 novembre, in ARSI, Hist. Soc., 248, cc. 3-18). Il papa permise che il funerale si svolgesse a S. Giovanni dei Fiorentini (l’orazione funebre fu composta dal domenicano Giacinto Ignazio Pellegrini, poi pubblicata come Orazione funebre recitata in Breslavia) e che venisse seppellito nella chiesa del Gesù.
Pur essendo professore di teologia non diede alle stampe nessuna opera teologica. La sua produzione scritta è piuttosto legata alle storie delle espulsioni e alle lettere. Nella sua introduzione alle lettere José Maria Bergoglio sottolinea in Ricci il concetto di fedeltà al corpo della Compagnia e, soprattutto, la necessità di discutere e dare ai gesuiti elementi di «discernimento»: Ricci preferisce parlare di «confusione» dei gesuiti piuttosto che di errori e ignoranza del tempo.
Fonti e Bibl.: Archivum Romanum Societatis Iesu (ARSI), Ital., 28, cc. 161 s.; Rom., 69, pp. 184v, 203, 262 bis (1720); 152a, cc. 38, 40 s.; Vitae, 91, 92 ( Vita del generale L. R. scritta da T. Termanini ), 92bis (altra copia della Vita di Termanini, dattiloscritta nel 1927 dal p. A. Basile); Hist. Soc., 197/II, c. 91; 214/II, cc. 5v-6r, 97; 247 (f. I: autografo Historia expulsionis Societatis Galliæ; f. II: Historia expulsionis Societatis ex Hispania; f. III: Epistolæ variæ 1758-1773; f. IV: scritture al papa; f. V: scritti da Castel Sant’Angelo); 248, cc. 310-320; 273, cc. 1-188; Gall., 43, passim; Epp. NN., 20a, cc. 94-255; Aquit., 21, 22, 23; Opp. NN., 385, c. 7; Inst., 227, c. 3; Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. Lat., 1318; Roma, Biblioteca nazionale, ms. Ges. 22, Documenti autentici per servire ad una vera Istoria de Gesuiti imprigionati in Roma […], e particolarmente del loro generale L. R. […]; Riflessioni di un Portoghese sopra il Memoriale presentato dai PP. Gesuiti alla Santità di PP. Clemente XIII, Lisbona 1758; Messa della defonta Compagnia Lojolitica […] dedicata alla buona memoria dell’Imperador Monoclio P. L. R., s.l. né d. (testo satirico, contiene l’incisione: Prospetto della Macchina funebre esposta nella Casa Professa di Roma per la morte del P. Generale L. R.); Lettera d’un cavaliere amico fiorentino al Reverendissimo Padre L. R. Generale de’ Gesuiti esortandolo a una Riforma Universale del suo Ordine, Lugano 1762; I gesuiti mercanti […] opera indirizzata al reverendissimo padre R., Venezia 1768; [L.A. de Caraccioli], Vita dell’Abbate L. R. già Proposto Generale dell’estinta Compagnia di Gesù, s.l. [1775]; [H. Sauvage], Le Oui et le Non, ou Lettres sur la procedure faite contre les Jésuites au Château Saint-Ange, Paris 1777; [C. Borgo], Memoria cattolica da presentarsi a Sua Santità, opera postuma, Cosmopoli 1780, pp. 154-156; L. De Potter, Vie et mémoires de Scipion de Ricci, I, Paris 1826, pp. 198-246; Lettere, bolle e discorsi di fra Lorenzo Ganganelli (Clemente XIV), Firenze 1845, p. 481; Memorie di Scipione de’ Ricci, vescovo di Prato e Pistoia, I, Firenze 1865, pp. 11, 15, 19; Epistolae Praepositorum Generalium ad Patres et Fratres SI, II, Rollarii 1909, pp. 257-307; G. Cordara, De suppressione Societatis Jesu. Commentarii, Padova 1923, passim; L. Ricci S.J. - J. Roothaan S.J., Las cartas de la tribulación, trad. E. Dann Obregon S.J., intr. di J.M. Bergoglio, Buenos Aires 1988, pp. 15-64.
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