VALERIO, Lorenzo
VALERIO, Lorenzo. – Nacque a Torino il 23 novembre 1810 da Gioachino, possidente, e da Giovanna Camilla.
Separatisi i genitori, Valerio crebbe con la madre, la sorella Marianna e i fratelli Gioachino, Cesare e Giuseppe, in difficili condizioni economiche. Lasciò presto gli studi per lavorare presso varie case di commercio nel settore serico. Accanito lettore, frequentò un gabinetto di lettura e la Conversazione letteraria, un’accademia creata dal canonico Clemente Pino. Si formò così una vasta cultura di respiro europeo in campo letterario, politico, economico e sociale. Melchiorre Gioia, Jeremy Bentham e Gian Domenico Romagnosi furono i suoi principali riferimenti.
Un urto con il padre lo spinse nel 1834 a raggiungere uno zio, commerciante a Vienna, per il quale percorse gran parte dell’Europa e, specialmente, le terre rumene e magiare asburgiche, osservandone e studiandone con passione la situazione politica, sociale e culturale.
Rientrato a Torino nel 1836 e assunta la direzione di un grande setificio ad Agliè (che dotò di asilo, scuole domenicali e cassa di risparmio), Valerio creò, con i fratelli e Pino, le Letture popolari (1836-1841), giornaletto educativo rivolto ai ceti sociali più umili, ricco di racconti e poesie moraleggianti ma anche di notizie su opere benefiche, sul nascente movimento per gli asili d’infanzia e l’associazionismo, oltre che di consigli utili, specialmente in campo igienico-sanitario. Vi contribuirono liberali moderati, come Cesare Balbo, Carlo Ilarione Petitti di Roreto, Carlo Boncompagni, Carlo Ignazio Giulio; democratici, come Giuseppe Elia Benza o Giuseppe Cornero, e molti intellettuali di vari Stati italiani, tra cui Giuseppe Montanelli, Pietro Thouar, Enrico Mayer, Michele Sartorio, Giuseppe e Defendente Sacchi, Cesare Cantù, Samuele Biava. Ascoltati consiglieri furono Niccolò Tommaseo, Giovan Pietro Vieusseux e Raffaele Lambruschini.
Vi confluirono anche vari collaboratori del Subalpino (1836-1840), rivista fondata da Massimo Cordero di Montezemolo sul modello della fiorentina Antologia. Valerio vi collaborò sin dal suo ritorno a Torino (importante un suo profilo di Ludwig Uhland) e ne assunse la conduzione nel 1839, intenzionato a far sì che «in una sfera più alta la sua azione fosse pari a quella delle ‘Letture popolari’» (a Pietro Contrucci, 29 febbraio 1839, in L. Valerio, Carteggio..., I, a cura di L. Firpo - A. Viarengo, 1991, p. 222). Dopo i fallimenti mazziniani del 1833-34, in quegli ambienti era infatti maturato un disegno politico – definibile come liberale democratico – di unire all’iniziativa patriottica popolare la forza di Casa Savoia, purché divenisse riformatrice e promotrice dell’emancipazione della penisola dal predominio asburgico. A Giuseppe Mazzini parve impossibile voler «fare una rivoluzione Italiana con un re» (lettera a Giuseppe E. Benza, maggio 1840, in G. Mazzini, Epistolario, IX, Imola 1914, p. 122). Ne furono invece attratti molti giovani, piemontesi e liguri, provenienti sia dal liberalismo radicale (come Valerio) sia dal democratismo mazziniano (Cornero, Benza): fu la radice della futura Sinistra subalpina. Già nel 1840, però, il Subalpino venne soppresso e così, nel 1841, le Letture, vittime delle tensioni innescate nel governo dalla crisi internazionale del 1840. Breve parentesi, però: tornato Carlo Alberto alle riforme, fu proprio il ministro più rappresentativo di tale intento, Stefano Gallina, ad autorizzare nel 1842 la ripresa del giornaletto con il titolo di Letture di famiglia.
Esse divennero presto l’organo delle forze progressiste del Regno sardo, ospitando anche articoli trasparentemente politici: sulle gesta sudamericane di Giuseppe Garibaldi o le riforme di Pio IX, insieme con una forte promozione dell’associazionismo e dell’educazione popolare. La rete dei collaboratori assunse dimensioni non solo italiane ma europee (scrissero, per esempio, Karl Joseph Anton Mittermaier e Louis-René Villermé).
Segretario della Associazione agraria, autorizzata nel 1842, Valerio vi esercitò un ruolo di grande rilievo. La considerava un potenziale motore dello sviluppo economico (non solo agricolo) del Regno capace di attrarre anche la borghesia imprenditoriale provinciale. Di qui lo scontro assai vivo tra il «parti populaire» da lui capeggiato e il «parti agricole» (leader Camillo Benso di Cavour), arrivato sino al re dopo la denuncia di Valerio e dei suoi aderenti come pericolosi rivoluzionari da parte del marchese Michele Benso di Cavour. Carlo Alberto sostenne però Valerio e mantenne poi contatti con lui attraverso il conte Cesare Trabucco di Castagnetto. Questo coinvolgimento nella politica regia condusse le Letture a subirne anche le oscillazioni, che nel 1847 portarono alla loro soppressione.
Valerio fu pure promotore di asili d’infanzia, di indagini sulla condizione operaia, di sale di ricovero invernali per i meno abbienti e di progetti ferroviari. Sia i toni antiaristocratici delle Letture sia la sua azione sociale e nell’Agraria, ne fecero, nei mesi che precedettero e seguirono le riforme albertine dell’ottobre 1847, il leader dell’ala più radicale del movimento liberale subalpino. Non a caso, Goffredo Mameli inviò a lui il testo del suo celebre inno.
Nel 1848-49, Valerio, oratore assai focoso, ma assiduo e preparato, fu il leader della Sinistra nella Camera dei deputati (eletto dalla I alla VI legislatura nel collegio di Casteggio) e direttore dell’influente quotidiano La Concordia (1848-50) da lui fondato. In entrambe le sedi spronò l’azione dei governi moderati e del sovrano, interpretando anche le istanze degli ambienti democratici extraparlamentari (da quelli genovesi a quelli lombardi, toscani e romani). Fautore della guerra all’Austria e contrario all’armistizio Salasco, sostenne Vincenzo Gioberti, ma rifiutò la sua offerta di un ministero «della Beneficenza». Ne combatté poi l’intento di restaurare il granduca in Toscana, determinandone la caduta. Dal successivo gabinetto Chiodo-Rattazzi fu inviato a Firenze e Roma per averne sostegno nella ripresa della guerra, missione vanificata dalla sconfitta dell’esercito sardo a Novara nel marzo del 1849.
Valerio collocava la questione italiana nel generale movimento europeo di affermazione delle nazionalità ed era molto attento alla situazione dei popoli dell’Europa centrorientale, intuendone le potenzialità antiasburgiche, tanto che diede vita nel corso del 1849 a una Società per l’alleanza italo-slava, aperta anche ai magiari.
Per evitare le tensioni sociali, fu sostenitore della solidarietà tra lavoratori e imprenditori, puntando soprattutto sull’associazionismo e sul mutuo soccorso, pur seguendo con attenzione gli esperimenti sociali della Francia della Seconda Repubblica e pubblicando corrispondenze con venature socialiste, anche se le sue simpatie politiche andavano al radicalismo di Alexandre-Auguste Ledru-Rollin. Avverso al regime di Napoleone III, fu legato a molti esuli antibonapartisti (da Edgard Quinet agli Arago, a Victor Hugo), ma corrispose pure con il principe Jêrome Napoléon. Così fu un referente importante per l’emigrazione polacca, quella russa (in particolare per Aleksandr Herzen e Ivan Golovin) e ungherese (Lajos Kossuth). Analogamente, nel Piemonte post 1848, il suo giornale e la sua casa divennero un punto di riferimento per moltissimi esuli politici italiani, soprattutto di parte radicale o democratica.
Impossibile, dopo Novara, la creazione di un governo della Sinistra, pur maggioritaria nella Camera subalpina sino alle elezioni del dicembre 1849 (precedute dal noto Proclama di Moncalieri) che portarono a una maggioranza moderata, Valerio – sgradito a Vittorio Emanuele II – fu quindi all’opposizione dei governi De Launay e d’Azeglio. Ostile anche al ‘connubio’ Cavour-Rattazzi del 1852, alla ‘diplomatizzazione’ cavouriana della questione italiana e in altalenanti rapporti con Urbano Rattazzi, negli anni Cinquanta si batté nella Camera per una politica più finanziariamente oculata, socialmente attenta e più audacemente ‘italiana’. La divisione della Sinistra portò però alla fine della Concordia, ridimensionando il peso politico di Valerio, contrario anche all’alleanza di Crimea, a differenza di Garibaldi, del quale era peraltro il mentore politico.
Rimase però persona influente, tanto da assumere praticamente la direzione del giornale Il Diritto, fondato nel 1854 come organo della Sinistra parlamentare. Qui pubblicò le lettere direttegli da Daniele Manin e gli articoli di Giorgio Pallavicino Trivulzio, base della discussione che avrebbe portato all’adesione di Manin e dei suoi alla soluzione monarchica e sabauda del processo di emancipazione nazionale: ancora «una rivoluzione Italiana con un re». Dopo i fatti di Genova del 1857, dalle pagine del giornale avrebbe altresì attaccato Mazzini.
Dopo il Congresso di Parigi del 1856 e l’avvio di una politica ‘italiana’ di Cavour, Valerio si avvicinò al conte e, alla vigilia della guerra del 1859, ne favorì i contatti con l’emigrazione democratica italiana, con Garibaldi e con il mondo del nazionalismo antiasburgico slavo e magiaro. Dopo Villafranca, accettò da Rattazzi l’incarico di governatore della provincia di Como, pur avversandone l’azione anticavouriana, sostenuta da Angelo Brofferio, dal re e da Garibaldi. Confermato nell’incarico dal conte, tornato al potere nel gennaio del 1860, venne da lui proposto a Garibaldi come commissario regio in Sicilia, ma questi gli preferì Agostino Depretis (meno vicino a Cavour). Nominato nel settembre governatore delle Marche, Valerio ne organizzò l’amministrazione e il plebiscito, il cui esito comunicò solennemente al re, a Napoli, nel gennaio seguente.
Tornato prefetto a Como, senatore dal 1862, Valerio visse come un esilio la carriera prefettizia, resagli più difficile, morto Cavour, anche dai pessimi rapporti con Marco Minghetti, ministro dell’Interno con Bettino Ricasoli, e presidente del Consiglio nel 1862-64. Critico verso i governi della Destra e il modello centralistico sul quale strutturavano il nuovo Stato italiano, in Senato Valerio pronunciò un ampio discorso il 9 dicembre 1864 dopo i gravi fatti suscitati a Torino dalla Convenzione di settembre con il previsto spostamento a Firenze della capitale. Lamentò l’inadeguatezza della classe dirigente, incapace di armonizzare in una «completa, vera e sincera concordia degli animi» il concorso «delle forze disciplinate e di quelle che conducono l’entusiasmo», il cui emblema, Garibaldi, stava invece «solitario sulla rupe di Caprera» (Discorso pronunziato dal Senatore Valerio [...] 1864, p. 17). Era ormai deciso alle dimissioni.
Accettò tuttavia ancora un incarico prefettizio a Messina, minacciata dal colera, dove giunse nel luglio del 1865 e dove morì il 26 agosto di quell’anno.
Il fratello Cesare nacque a Carmagnola, nel Torinese, il 16 marzo 1820. Intraprese gli studi scientifici laureandosi in ingegneria nell’agosto del 1840. Partecipò a molte delle iniziative del fratello Lorenzo, specialmente alla redazione delle Letture. Approvato ripetitore di matematiche (1841), propose di istituire un corso teorico-pratico di geometria e agrimensura per gli alunni misuratori della Regia Università di Torino. Avviò poi un suo studio, che ebbe un buon successo e che egli avrebbe chiuso nel 1865 per potersi dedicare all’attività parlamentare a Firenze e a Roma.
Alla notizia dell’insurrezione milanese, nel marzo del 1848, fu, con Goffredo Mameli e Nino Bixio, tra i volontari che mossero in soccorso degli insorti, partecipando poi alla prima guerra d’indipendenza come ufficiale nel real corpo di artiglieria. Tornato alla professione, operò soprattutto nel campo delle opere pubbliche. Consigliere comunale di Torino dal 1852 al 1857, nel 1861 vi subentrò a Cavour. Tornato alle armi nella seconda guerra d’indipendenza, ne riportò seri danni alla salute. Dimissionò dopo Villafranca.
Deputato della Sinistra dalla VII alla XI legislatura (di Camerino e, dalla X, di Carmagnola), competente membro e relatore di varie commissioni tecniche, fu oppositore della legge di riordino della gestione ferroviaria (Discorsi di Cesare Valerio nella discussione del progetto di legge pel riordinamento ed ampliazione delle reti ferroviarie, Torino 1865) e, successivamente, partecipò intensamente alla elaborazione della legge di perequazione tributaria (1871).
All’inizio del 1873, aggravatesi le sue condizioni, tornò a Torino, dove morì il 16 marzo di quell’anno.
Opere di Lorenzo Valerio. Igiene e moralità degli operai di seterie, Torino 1840; Interrogazioni proposte a chi intende visitare le manifatture, Torino 1841; Sulla trattura delle sete e sulla condizione dell’industria serica in Piemonte, Torino 1845; Lettera agli elettori di Casteggio, Torino 1849; Relazione e discorso del deputato Lorenzo Valerio sul progetto di legge relativo alla cospirazione contro i Sovrani esteri, all’assassinio politico ed alla composizione del Giurì per la stampa. Camera dei deputati, Sessione Legislativa del 1858, tornate del 23 marzo e 22, 23 aprile, Torino 1858; Esposizione delle condizioni della provincia di Como. Discorso e documenti al Consiglio provinciale di Como del prefetto della Provincia Lorenzo Valerio, Como 1860; Raccolta ufficiale degli Atti del Regio Commissario Generale Straordinario nella Provincie delle Marche, Ancona 1860-1861; Le Marche dal 15 settembre 1860 al 18 gennajo 1861. Relazione al Ministro dell’Interno del Regio Commissario Generale Straordinario Lorenzo Valerio, Milano 1861; Discorso pronunziato dal Senatore Valerio nella seduta del 9 dicembre 1864 in occasione della discussione sul progetto di legge per il trasferimento della capitale a Firenze, s.n.t.
Fonti e Bibl.: Su Lorenzo: l’Archivio Valerio, depositato presso la Biblioteca di storia e cultura del Piemonte ‘Giuseppe Grosso’ della Città metropolitana di Torino, conserva, insieme con il carteggio, parte della sua biblioteca e altri documenti personali. Per le sue iniziative giornalistiche: Archivio di Stato di Torino, Corte, Segreteria di Stato per gli Affari Interni e Ministero dell’Interno, Gabinetto di Polizia, Giornali e scritti periodici, cart. 2 (Soppressi o non permessi). Per la sua esperienza nelle Marche: Archivio di Stato di Torino, Fondo Regio Commissario Generale straordinario nelle Province delle Marche; Archivio di Stato di Ancona, Archivio del Regio Commissario Generale (detto anche Fondo Valerio). Valerio redasse note autobiografiche e più ampie memorie, di queste ultime rimane però soltanto la sintesi in francese del fratello Cesare (Bari, Archivio privato), mentre l’originale non è stato reperito. Il carteggio di Lorenzo Valerio è in corso di pubblicazione: Carteggio (1825-1865), I, a cura di L. Firpo - A. Viarengo, Torino 1991, II-V, a cura di A. Viarengo, 1994-2010 (su questa fonte: M. Thom, “Neither fish nor fowl”? The correspondence of L. V., 1825-1849, in Modern Italy, XI (2006), 3, pp. 305-326). La bibliografia relativa a Valerio ante 2001 è in buona parte ricordata nella Bibliografia dell’età del Risorgimento in onore di A.M. Ghisalberti, I, Firenze 1971, p. 344, e nel suo aggiornamento fino al 2001, Bibliografia dell’età del Risorgimento, 1971-2001, I, Firenze 2003, p. 391. Per le opere comparse dopo il 2001, si rinvia alle indicazioni contenute in A. Viarengo, L. V. La terza via del Risorgimento, 1810-1865, Torino-Roma 2019. Sull’attività parlamentare: Camera dei deputati, Portale storico, https://storia.camera.it/deputato/lorenzo-valerio-18101123#nav.
Su Cesare: T. Sarti, I rappresentanti del Piemonte e d’Italia nelle tredici legislature del Regno, Roma 1880, pp. 855 s.; C. Valerio jr., Cenni biografici sull’ingegnere e deputato Cesare Valerio, Torino 1918; Camera dei deputati, Portale storico, https://storia.camera.it/deputati/faccette/all? q=valerio+cesare#nav.