Lotta biologica
La l. b. in agricoltura impiega entità biologiche o molecole derivate da organismi viventi per controllare la crescita di organismi patogeni o parassiti e contenerne l'attività nociva. Si registra un rinnovato e crescente interesse verso questa pratica complessa e multidisciplinare utilizzata, inizialmente, per combattere insetti, acari ed erbe infestanti, e poi estesa anche ai microrganismi fitopatogeni e ad alcuni vertebrati (Cook 1993; Van Driesche, Bellows 1996; Lorito, Cervone 2004).
Si realizzano programmi di l. b. utilizzando virus, batteri, funghi, protozoi, nematodi, vertebrati (con l'esclusione dei vertebrati superiori) e sostanze da essi derivate che si ottengono per estrazione o anche per sintesi chimica. Si potrebbe semplicemente assumere che la l. b. rappresenti il metodo di controllo dei patogeni praticato in regime di agricoltura biologica. Tuttavia, la lotta genetica (v. oltre) e la lotta integrata, metodi da molti considerati ascrivibili alla l. b., risultano incompatibili con l'agricoltura biologica. D'altro canto, l'uso dello zolfo e del rame, una pratica antiparassitaria consentita in agricoltura biologica, non rientra nella lotta biologica. Le tecniche molecolari sviluppate a partire dagli anni Ottanta del 20° sec. hanno dato un forte impulso all'allargamento del concetto e della pratica di questo tipo di lotta alle fitopatie. Le conoscenze sui meccanismi d'interazione tra gli organismi patogeni/parassiti e i loro ospiti hanno permesso lo sviluppo di nuove biotecnologie per il controllo dei patogeni basate sull'uso di agenti vivi, e anche sui loro metaboliti, geni e prodotti genici.
Lotta a insetti e acari
Gli insetti sono i maggiori consumatori di piante tra gli organismi viventi. Per contenere gli insetti dannosi sono stati sviluppati diversi metodi di l. b., tra i quali l'introduzione di nemici naturali e piante resistenti, l'uso di maschi sterili, l'applicazione di feromoni e sostanze vegetali tossiche repellenti (fagodeterrenti) o attrattive (fagostimolanti). L'impiego di nemici naturali si basa su tre strategie: la ricostituzione e conservazione degli equilibri naturali; l'introduzione di nuove specie di nemici; l'applicazione del metodo 'inondativo'. Nel primo caso, si cerca di recuperare gli equilibri naturali alterati dalla pratica agricola, oppure da altre attività antropiche, e di ricostruire i rapporti tra fitofagi e i loro antagonisti che vivevano un tempo nello stesso areale. Con questa tecnica è possibile controllare cocciniglie e aleirodi degli agrumi, afidi del melo, cocciniglie del pesco e molte altre specie nocive. Tuttavia, per i fitofagi esotici o introdotti è difficile trovare nemici naturali efficaci nell'area interessata, e quindi si ricorre all'introduzione di nuove specie spesso derivate dalle stesse aree di origine delle specie nocive. Il metodo inondativo, invece, prevede la riproduzione massiva dell'agente di l. b. e il suo rilascio in quantità inversamente proporzionale alle sue capacità di riprodursi nell'habitat di applicazione. L'uso dei parassitoidi, artropodi che completano il loro ciclo su un solo ospite uccidendolo, è probabilmente il metodo più diffuso (Tremblay 1982, 19996). Gli ordini più utilizzati sono sostanzialmente quello degli Imenotteri e, in misura minore, quello dei Ditteri. Particolarmente utili sono i ragni anche se, per la loro mancanza di specificità, non si possono utilizzare in maniera mirata contro un singolo insetto. Anche uccelli insettivori, piccoli mammiferi, rettili, anfibi e pesci sono stati in alcuni casi utilizzati come predatori di insetti fitofagi. Vari batteri, funghi, protozoi, virus e nematodi sono stati utilizzati e commercializzati per combattere gli insetti, e un particolare successo hanno ottenuto, tra i batteri, Bacillus thuringiensis, B. papilliae e B. sphaericus. Il B. thuringiensis uccide non solo le larve di Lepidotteri ma anche larve di zanzare e Coleotteri grazie all'azione della tossina Bt a livello intestinale. L'applicazione diretta di varie forme della tossina Bt, e dei geni che la codificano trasferiti in microrganismi o piante, rappresenta un esempio classico di una biotecnologia applicata per la lotta biologica. Sono almeno una ventina le famiglie di virus che possono essere utilizzate come patogeni di insetti nocivi, tra cui quella dei Baculovirus ha attirato maggiormente l'attenzione per la sua selettività nell'attaccare Lepidotteri e Imenotteri. Tuttavia, la necessità di allevare questi agenti in presenza dell'ospite rappresenta un importante fattore limitante per il loro utilizzo. Più facili da coltivare sono invece i funghi entomopatogeni, di cui quelli appartenenti ai generi Verticillium, Beauveria o Zoophthora spp. sono usati da tempo contro gli afidi in Australia e Israele. Altri formulati fungini sono utili per il controllo di alcuni Coleotteri e Lepidotteri, specialmente in ambienti ad alta umidità relativa. Efficaci agenti di l. b. sono anche alcune specie di protozoi del genere Nosema, capaci di controllare cavallette e altri fitofagi di graminacee. Tra i nematodi ne sono stati trovati alcuni i quali si comportano quasi come parassitoidi, uccidendo gli insetti durante lo sviluppo. Le ricerche sulle interazioni tra insetticidi naturali e insetti nocivi hanno permesso di sviluppare nuovi principi attivi per la lotta biologica. L'uso del Bacillus thuringiensis come sorgente di tossine e geni insetticidi ha rivoluzionato sia i metodi sia le prospettive della l. b. agli insetti. Il gene che codifica la tossina Bt è conosciuto come gene cry e rappresenta, in realtà, una famiglia di geni che contiene almeno 130 membri. Questa δ-endotossina, con tutte le sue numerose varianti, viene microincapsulata e applicata in agricoltura per il controllo non soltanto di Lepidotteri, ma anche di una grande varietà di altri insetti, incluse le zanzare. Più recentemente sono state individuate molte altre molecole insetticide (Pennacchio, Tremblay, Tranfaglia et al. 2001). Per es., alcuni Streptomyces presenti nel terreno producono le avermectine che sono capaci di bloccare il sistema nervoso centrale dei fitomizi. La nereistossina, un veleno prodotto da un anellide, è utilizzata per alterare la trasmissione nervosa e paralizzare gli insetti. Una varietà di molecole di origine vegetale, tra cui gli inibitori di proteasi e di α-amilasi e alcune lectine, sono in grado di interferire con i processi digestivi e di assorbimento di nutrienti nei fitofagi. Altre fonti di molecole bioinsetticide sono scorpioni, ragni e parassitoidi, le cui secrezioni contengono composti che interferiscono con il metabolismo dell'insetto fino a causarne la morte. Tra l'altro, gli stessi insetti producono molecole quali le chitinasi e metalloproteasi, utili come bioinsetticidi o biofungicidi, e capaci di degradare la membrana peritrofica che riveste l'intestino e il tegumento di insetti e acari. L'uso dei cosiddetti feromoni (o ferormoni) contro gli insetti rappresenta una tecnica virtualmente priva di impatti ambientali negativi, ed è una delle pratiche più efficaci di l. b. (Tremblay 1982, 19996). Il metodo consiste sostanzialmente nell'utilizzare gli attrattori sessuali allo scopo di allestire trappole ed eliminare dal processo riproduttivo i maschi di specie nocive. Sono disponibili in commercio sostanze feromoniche per il controllo dei Lepidotteri e il cui uso è pienamente integrato nella pratica agricola comune. Anche sostanze ormonali, che alterano la crescita, la muta, la diapausa, la metamorfosi, l'assimilazione dei nutrienti (fagostatici) e la riproduzione, sono regolarmente utilizzate. Fra queste si citano l'ecdisone (ormone della crescita) e l'ormone giovanile, che regolano lo sviluppo e la riproduzione. La lotta genetica a insetti e acari si è sviluppata a livello di applicazioni pratiche solamente a partire dagli ultimi anni del Novecento, quando piante transgeniche che esprimono geni cry e producono la tossina Bt sono state introdotte su larga scala. Da allora l'estensione di coltivazioni di mais, di cotone, di tabacco, di pomodoro,di soia e di patata, protette biologicamente da questi geni batterici, ha raggiunto i 50 milioni di ettari. Altre strategie transgeniche adottate per ottenere piante resistenti agli insetti si basano su geni che codificano per molecole in grado di regolare la risposta di difesa della pianta. Un esempio è la sistemina, un peptide capace di segnalare a tutta la pianta l'attacco di un fitofago e di determinare l'accumulo di sostanze insetticide anche in tessuti non ancora attaccati.
Lotta a microrganismi e altri organismi
Dalla metà degli anni Ottanta del 20° sec., la l. b. contro microrganismi fitopatogeni, nematodi e malerbe ha avuto un importante impulso, perché sono stati sviluppati nuovi biofitofarmaci e relativi metodi di applicazione. È stata inoltre individuata una gran varietà di funghi, batteri o virus utili come agenti di l. b., e sono state studiate in dettaglio le basi molecolari di molte interazioni. La l. b. a microrganismi si basa sui seguenti meccanismi e processi: 1) l'antibiosi, cioè la capacità di produrre metaboliti dotati di attività antimicrobica e inibitoria nei confronti di microrganismi fitopatogeni; 2) la competizione per il substrato, ossia la capacità di sottrarre nutrienti al patogeno riducendone lo sviluppo o la capacità di colonizzare l'habitat; 3) il parassitismo diretto, cioè la capacità di attaccare direttamente il patogeno, parassitizzandolo; 4) il trasferimento dell'ipovirulenza, cioè la capacità di modificare geneticamente la virulenza del fitopatogeno, riducendone la capacità patogenetica; 5) l'induzione dei meccanismi di resistenza nella pianta, ossia la capacità di interagire direttamente con la pianta attivandone i meccanismi di difesa e aumentandone la resistenza ai diversi patogeni (resistenza indotta); 6) l'alterazione della comunità microbica, cioè la capacità di intervenire sulla comunità microbica presente nel terreno, o sul filloplano, e instaurare condizioni ecologiche sfavorevoli per il patogeno (per es., soppressività del suolo); 7) la resistenza transgenica in pianta, ossia il trasferimento in pianta di geni utili ad aumentare la resistenza a malattie; 8) il miglioramento genetico dell'attività antagonistica, cioè il miglioramento genetico di microrganismi agenti di l. b. per esaltarne la capacità di contrastare i fitopatogeni (Lorito, Scala, Zoina et al. 2001). Sono disponibili sul mercato di Stati Uniti, Europa e Giappone biofitofarmaci a base di batteri come Agrobacterium radiobacter, Pseudomonas fluorescens, Pseudomonas syringae o varie specie di Bacillus, di streptomiceti (Streptomyces spp.) nonché di funghi quali Trichoderma e Ampelomyces quisqualis. Il ceppo australiano K84 di Agrobacterium radiobacter rappresenta un caso esemplare e può essere efficacemente usato come antagonista di Agrobacterium rhizogenes e altri agrobatteri che sono responsabili di tumori alle radici e pure al colletto di piante da frutto, in particolare drupacee. Tra i funghi i più diffusi sono i ceppi di Trichoderma spp., che vengono utilizzati contro quasi tutti i più importanti funghi fitopatogeni terricoli e fogliari, incluso Fusarium spp., Rhizoctonia spp., Sclerotinia spp., Sclerotium spp., Verticillium spp., Pythium spp., Armillaria spp., Botrytis spp. e Penicillium spp. Questi antagonisti, oltre a competere con i funghi patogeni, stimolano lo sviluppo dell'apparato radicale e la crescita delle piante, e inducono uno stato di resistenza sistemica a diversi patogeni (Harman, Howell, Viterbo et al. 2004). Per quanto riguarda l'applicazione di virus, si usano generalmente ceppi attenuati o modificati in laboratorio, capaci di persistere nella pianta in forma latente impedendo lo sviluppo di virus dannosi. Interessante appare il caso dell'uso dell'ipovirulenza al fine di controllare il cancro della corteccia del castagno. Un micovirus (vale a dire un virus persistente che infetta un fungo) presente in ceppi poco virulenti del patogeno Chryphonectria parasitica può essere trasferito naturalmente a un ceppo di fungo virulento e, quindi, se si trattano le lesioni degli alberi malati con funghi ipovirulenti, si ottiene un'attenuazione dell'aggressività dei ceppi infettanti. Per quanto concerne poi la lotta alle piante infestanti, si utilizzano microrganismi patogeni specifici delle stesse specie vegetali dannose applicando il metodo inoculativo oppure il metodo inondativo (Charudattan 2001). Il primo metodo consiste nell'introduzione di un patogeno specifico, non autoctono ma derivato dell'area di origine della pianta infestante, in un'area limitata rispetto a quella infestata in modo da ottenere un graduale sviluppo della malattia. La seconda strategia, l'inondativa, invece, consiste nell'applicazione di grandi dosi di inoculo per ottenere una rapida diffusione del patogeno. In questo modo è possibile passare da livelli endemici a livelli epidemici per una malattia che è causata da un patogeno autoctono, con risultati particolarmente efficaci negli agrosistemi intensivi. Esempi di bioerbicidi, o micoerbicidi se l'agente è un fungo, sono i seguenti: Colletotrichum gloeosporioides, Phytophthora palmivora, Cylindrobasidium laeve, Chondrostereum purpureum e Xanthomonas campestris. Anche alcune pratiche agronomiche che incidono sugli equilibri ecologici instaurati tra i microrganismi possono essere inquadrate nella lotta biologica. La pacciamatura riscaldante o solarizzazione, per es., è una tecnica che, mediante copertura del terreno con teli di plastica, utilizza il calore del sole per ridurre la carica microbica prima dell'inizio della coltivazione. Questa pratica viene applicata in molte aree della fascia temperata (in particolare in Israele e Spagna) e subtropicale, ed è utile soprattutto per il controllo di patogeni terricoli. La tecnica è semplice, economica e sicura, però richiede un'interruzione di alcune settimane del ciclo di coltivazione. La l. b. per via genetica fa uso di piante e microrganismi geneticamente selezionati e/o geneticamente manipolati. In generale, lo scopo è quello di aumentare la resistenza di una pianta o la capacità antagonista di un microrganismo benefico verso uno dannoso (Lorito, Del Sorbo, Scala 2002). Geni di resistenza alle malattie, anche modificati in laboratorio per ampliare le loro capacità di riconoscere o inibire il patogeno, sono stati utilizzati per ottenere piante resistenti a vari tipi di agenti fitopatogeni e/o fitofagi. Nuove varietà meno dipendenti dai trattamenti antiparassitari possono essere ottenute utilizzando, per es., direttamente geni di difesa attivati dal riconoscimento di un patogeno e che codificano per enzimi litici (chitinasi e glucanasi), proteine che rafforzano la parete cellulare o enzimi che catalizzano la sintesi di sostanze antimicrobiche (Lorito, Woo, Garcia Fernandez et al. 1998). Anche l'uso di geni e composti che regolano l'attivazione delle difese delle piante può migliorare la resistenza ai patogeni. Per es., il trattamento con acido salicilico, etilene, acido jasmonico o loro analoghi, fra cui anche l'aspirina, induce risposte di difesa efficaci contro diversi patogeni. Si applicano per lo stesso scopo e in forma più o meno purificata anche diverse molecole elicitrici, tra cui chitosani (polimeri dell'N-acetilglucosamina parzialmente deacetilati), arpine e altri derivati da batteri fitopatogeni, ed estratti di specie vegetali officinali contenenti diversi composti bioattivi.
Lotta a vertebrati
La l. b. in alcune aree geografiche contro ratti, maiali, conigli selvatici, capre, pecore e opossum, che possono degradare le coltivazioni e gli habitat naturali originali, deve essere principalmente selettiva e sicura per le specie domestiche che sono correlate a quelle nocive. Sono stati utilizzati con un buon successo predatori sia indigeni sia esotici, e virus come un ceppo di Mixoma manipolato geneticamente per aumentarne la specificità. Per la lotta ai roditori sono stati applicati agenti chemosterilizzanti, trappole attrattive e predatori naturali come, per es., gufi e civette.
Prospettive future
Un'effettiva sostituzione dell'uso dei pesticidi chimici, o di altre pratiche a elevato impatto ambientale, con prodotti fitosanitari biologici, richiederà molto probabilmente una sempre più ampia integrazione fra diversi metodi di lotta. Per l'immediato futuro è prevedibile l'integrazione di metodi chimici e biologici, e l'applicazione di nuovi fitofarmaci biointegrati, a base di prodotti di sintesi combinati con agenti biologici (biomolecole o agenti vivi). Fortunatamente, la disponibilità di geni, metaboliti e micro- o macro-organismi da utilizzare contro i parassiti, sta crescendo in maniera esponenziale grazie alle moderne tecniche di biologia e genetica molecolare e di analisi dei genomi di piante, patogeni e potenziali agenti di lotta biologica. Su queste conoscenze si baserà la l. b. di domani.
bibliografia
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