LOTTA BIOLOGICA
(App. IV, II, p. 360)
Il concetto che meglio esprime ciò che oggi s'intende per l. b. (sarebbe meglio dire ''controllo biologico'' o ''biocontrollo'') è quello che emerge via via dal progressivo ampliamento e approfondimento delle conoscenze sui meccanismi naturali che regolano (''controllano'') l'equilibrio biologico degli ecosistemi, rendendo così possibile a questi ultimi una lunga continuità di vita. Nelle varie parti della Terra, in relazione alle cndizioni fisiche ambientali (specialmente climatiche) tipiche delle diverse latitudini e altitudini, s'incontrano paesaggi naturali caratteristici, con una propria specifica vegetazione e una fauna altrettanto tipica, i quali si ripetono con somiglianza impressionante dovunque si presentino condizioni climatiche simili.
Così, per es., per la lussureggiante foresta equatoriale (la giungla) con la sua miriade di specie di uccelli, scimmie, serpenti, felini, ecc.; la savana, con zebre, gnu, gazzelle, leoni, iene, avvoltoi, ecc.; i boschi delle regioni temperate, di latifoglie in pianura e in collina e di conifere in montagna, con cervi, cinghiali, volpi, scoiattoli, ecc. Detti paesaggi sono altrettanti esempi di ecosistemi naturali destinati a vivere quasi perennemente, se non vengono disturbati, grazie ai meccanismi naturali sopra accennati (meccanismi omeostatici).
La conservazione (stabilità) degli ecosistemi è affidata a una serie di automatismi operanti all'interno dei singoli livelli trofici (''competizioni'' intra e interspecifiche), ma ancor più fra i diversi livelli trofici. Infatti, all'interno di ciascun livello trofico si realizza un certo (insufficiente) controllo demografico naturale delle specie biotiche presenti in seguito a interazioni di vario genere (allelopatie e/o territorialità in senso lato), mentre ogni livello trofico fa da regolatore demografico, necessario e diretto, del livello sottostante (per es. i fitofagi nei confronti delle piante) e indiretto (col variare della propria biomassa e dunque della disponibilità di alimento) di quello superiore (nell'esempio precedente, i medesimi fitofagi verso i loro carnivori).
Così, per es., in un ecosistema inizialmente in equilibrio biologico, l'aumento accidentale della biomassa vegetale (primo livello trofico) provoca una crescita delle popolazioni dei fitofagi (secondo livello) e, conseguentemente, un aumento dei carnivori (terzo livello trofico). La crescita demografica dei fitofagi ha come conseguenza diretta una riduzione della biomassa vegetale presente, cui segue a catena (per riduzione della disponibilità di cibo) il ridimensionamento dei fitofagi e quindi anche dei carnivori; e così via, secondo oscillazioni demografiche pendolari che infine riconducono all'equilibrio iniziale dell'ecosistema. I meccanismi automatici (omeostatici) qui ricordati (in forma molto semplificata, ovviamente) costituiscono il cosiddetto ''controllo biologico naturale'', ossia la base naturale dell'equilibrio biologico degli ecosistemi. Quest'ultimo, infine, risulta tanto più stabile quanto più complesso (ricco e diversificato nei singoli livelli trofici) è l'ecosistema e, viceversa, tanto più instabile e precario, quanto più questo è semplice.
Quanto detto per gli ecosistemi naturali è fondamentalmente valido anche per gli ecosistemi agrari e le foreste antropizzate: questi, in sostanza, sono ecosistemi naturali modificati e pertanto con equilibrio biologico più o meno precario. Inoltre, nel controllo biologico naturale degli ecosistemi agrari e forestali (antropizzati), molto più importanti degli animali superiori sopra citati risultano essere gli animali cosiddetti inferiori, ossia gli invertebrati, e tra questi principalmente gli insetti (che come numero di specie rappresentano i 5/6 del regno animale). L'argomento verrà perciò sviluppato con particolare riferimento a questi ultimi, anche perché le conoscenze finora acquisite, e i relativi casi di applicazione, riguardano quasi esclusivamente gli insetti.
Il concetto moderno di l. b. nasce e si fonda sul modello del controllo biologico naturale; pertanto, piuttosto che l. b., dovrebbe più correttamente chiamarsi ''controllo biologico artificiale'' o, più semplicemente, ''controllo biologico'' (biological control o biocontrol), che è il termine comunemente adottato in campo internazionale, e che verrà usato qui appresso. Il controllo biologico consiste dunque nella manipolazione (diretta e/o indiretta) dei meccanismi naturali sopra menzionati, al fine di ottenere o di mantenere negli ecosistemi antropizzati (agrari e forestali) un equilibrio biologico. Questo equilibrio dev'essere favorevole non tanto alla stabilità dell'ecosistema (come avviene in natura), quanto piuttosto alla produzione (agraria e forestale) programmata e attesa dall'uomo. Secondo le modalità e i mezzi (organismi viventi normali e/o modificati e relativi prodotti biologici) con cui l'uomo attua il controllo biologico, l'intero argomento viene oggi ripartito, per comodità di studio, nei capitoli e sottocapitoli di cui si riporta qui una breve rassegna critica.
Controllo biologico classico. − Detto anche ''tradizionale'' o ''convenzionale'', consiste nel ridimensionare la biomassa accidentalmente cresciuta troppo in uno dei livelli trofici (più spesso il secondo, talora il primo), ricorrendo artificialmente e opportunamente a organismi del livello trofico immediatamente superiore, per riportare l'equilibrio biologico nell'ecosistema. In genere si tratta di riportare a proporzioni tollerabili le popolazioni di un insetto fitofago (o di una pianta) di solito proveniente da altra regione e divenuto nella nuova regione troppo numeroso (e per questo dannoso o infestante), ricorrendo all'impiego di insetti entomofagi, predatori e/o parassitoidi (nel caso della pianta, fitofagi specializzati) importati dallo stesso paese di origine. Questi rappresentano i regolatori demografici biologici ordinari di detto fitofago (o di detta pianta), e vengono di solito aiutati a inserirsi permanentemente (per quanto è possibile) nel nuovo ecosistema.
Esempi classici di questo tipo, coronati da successo, sono per l'Italia: la cocciniglia cotonosa degli agrumi (Peryceria purchasi Mask.) e la sua coccinella predatrice (Rodolia cardinalis Muls.), arrivate dall'Australia; il pidocchio sanguigno del melo (Eriosoma lanigerum Haus.) e un suo parassitoide specifico (Aphelinus mali Hal.), dal Nord America; la cocciniglia del gelso (Pseudaulacaspis pentagona Targ.) e un suo parassitoide specifico (Encarsia berlesei How.), dalla Cina. Tra i successi più importanti ottenuti nel controllo di piante esotiche divenute infestanti, mediante fitofagi specifici importati dalle regioni di origine delle stesse piante, sono da segnalare: una verbenacea ornamentale (Lantana camara), importata dal Messico nelle Hawaii dove è divenuta terribilmente infestante dei campi coltivati, e poi controllata biologicamente con l'importazione dal Messico di 8 specie di insetti fitofagi specifici; alcune cactacee del genere Opuntia, giunte dal Sud America in Australia e diffusesi a macchia d'olio fino a sottrarre ai pratipascoli circa 25 milioni di ha; queste piante sono state ricondotte entro limiti tollerabili di vegetazione mediante importazione di vari insetti fitofagi e specialmente di un bruco piralide (Cactoblastis cactorum) dall'Uruguay.
Lo stesso metodo di controllo biologico si pratica spesso anche nei confronti di specie indigene di insetti fitofagi dannosi e di piante infestanti. In questi casi però cambiano strategia e soprattutto esito finale dell'intervento, nel senso che i regolatori demografici biologici (entomofagi, nel primo caso; fitofagi specifici, nel secondo) vengono protetti in vario modo e/o potenziati in loco anche mediante allevamento e moltiplicazione in cattività e successiva liberazione in campo al momento opportuno. L'esito di questo intervento, di norma, non è duraturo, per cui la liberazione (''inoculativa'' o ''inondativa'') va ripetuta a ogni occorrenza (anche più volte all'anno).
Controllo biologico con tecniche moderne. − Consiste in varie strategie d'intervento per il controllo demografico di insetti fitofagi potenzialmente dannosi, mediante impiego dei medesimi fitofagi e/o delle relative piante nutrici opportunamente manipolati, e/o di loro prodotti biologicamente attivi.
Le suddette strategie possono indicarsi come segue:
a) manipolazioni genetiche del fitofago, comprendenti la cosiddetta ''tecnica del maschio sterile'' o ''autocida'' (allevamento in cattività e sterilizzazione dei maschi del fitofago da liberare in campo in competizione con i maschi normali della stessa specie, fino a deprimere o anche sopprimere l'attività fecondatrice di questi), e l'introduzione nell'ecosistema di razze geografiche o di specie sorelle del fitofago dannoso capaci di mescolarsi e d'incrociarsi con esso per generare ibridi sterili;
b) manipolazioni genetiche delle piante coltivate, consistenti nel trasferimento in queste ultime (mediante incroci e selezioni o anche, recentemente, con interventi d'ingegneria genetica), da varietà e/o da specie vegetali dello stesso genere, di caratteri di resistenza non soltanto alle malattie ma anche all'attacco degli insetti, in particolare, caratteri fisici (presenza superficiale di peli, spine, ecc.) e chimici (presenza di sostanze tossiche per l'insetto, inibitori della digestione, disappetenti, repellenti, ecc.; assenza o carenza di sostanze attrattive, fago-stimolanti, ecc.); nel 1987 in Belgio e poi in America, con un intervento d'ingegneria genetica, da un microrganismo patogeno per molti insetti fitofagi (Bacillus thuringensis) è stata trasferita alle piante di tabacco e di pomodoro la capacità di produrre una tossina mortale per tali insetti, rendendo le piante (transgeniche) autoprotette nei confronti dei medesimi;
c) manipolazioni dell'ambiente, rappresentate da interferenze mirate nella rete di comunicazioni (specialmente olfattive, attuate dagli ''ecomoni'': v. entomologia, in questa Appendice) che coordina le interazioni biologiche tra gli organismi dei vari livelli trofici (e in ciascuno di questi) e da pratiche agricole e selvicolturali studiate ad hoc. Nel primo caso, è ormai entrato nell'uso comune l'impiego dei feromoni sessuali: innescati in speciali trappole vengono utilizzati per ottenere informazioni attendibili sulla presenza e sulla densità di popolazione del fitofago dannoso in campo (''monitoraggio''), o per effettuare catture in massa (mass trapping); a volte, invece, vengono diffusi al momento opportuno nell'ambiente per confondere le piste ''amorose'' del fitofago e prevenirne la riproduzione (metodo della ''confusione''). Tra le pratiche agricole, invece, si diffonde l'abbandono della monocoltura, sostituita dall'accostamento (per es., a strisce alterne) di due o più colture agricole diverse, opportunamente scelte al fine specifico di ostacolare lo sviluppo demografico e la diffusione di determinati fitofagi, e di favorire il richiamo e l'attività dei relativi entomofagi. Il controllo demografico del fitofago viene ulteriormente migliorato con un'oculata riduzione della pratica del diserbo, e con una reintroduzione di siepi opportunamente scelte in relazione alle colture dei campi da recintare.
Controllo microbiologico degli insetti fitofagi e delle piante infestanti. − Come concetto è piuttosto antico e si fonda, nel caso degli insetti, sull'impiego dei più diversi agenti di malattie in senso lato (funghi, batteri, virus, protozoi e perfino nematodi), opportunamente preparati e predisposti a essere usati a mo' di insetticidi (insetticidi microbiologici). Tuttavia, nell'uso corrente sono finora entrati solamente il Bacillus thuringensis, qualche virus e (ancora limitatamente alle serre) alcune specie fungine. Nel controllo microbiologico delle piante infestanti sembrano molto promettenti alcuni funghi patogeni.
Controllo biologico delle malattie delle piante. − Si basa sostanzialmente sugli stessi principi ecologici di quello degli insetti dannosi, ma con notevoli e ovvie differenze sul piano applicativo, tuttora ampiamente in fase di studio e di sperimentazione, e ancora relativamente lontano dall'ingresso nell'uso comune.
Bibl.: R.K.S. Wood, M.J. Way, Biological control of pests, phathogenes and weeds: developments and prospects, Londra 1988; M.J. Crawley, Insect herbivores and plant population dynamics, in Ann. Rev. Ent., 34 (1989), pp. 531-64; R.L. Meeusen, Insect control with genetically engineered crops, ibid., pp. 373-81; A.R. Jutsum, R.F.S. Gordon, Insect pheromones in plant protection, New York 1989.