Tovoli, Luciano
Direttore della fotografia, nato a Massa Marittima (Grosseto) il 30 ottobre 1936. Negli anni Settanta è stato un protagonista del rinnovamento dei canoni luministici del cinema italiano, importando nei film realizzati in studio il gusto per l'autenticità della fotografia di reportage. Occasionalmente regista, è stato fra i primi a incarnare in Italia un modello 'colto' di direttore della fotografia. Ha vinto due Nastri d'argento, nel 1976 per Professione: reporter (1975) di Michelangelo Antonioni e nel 1989 per Splendor (1989) di Ettore Scola, e un David di Donatello, per Il viaggio di capitan Fracassa (1990), sempre di Scola.
Diplomato nel 1958 al Centro sperimentale di cinematografia, entrò come assistente tuttofare nella troupe di Banditi a Orgosolo (1961) di Vittorio De Seta, film che dopo la defezione del direttore della fotografia Marcello Gatti firmò come operatore. Esordì come direttore della fotografia in Come l'amore (1968) di Enzo Muzii. De Seta lo scritturò ancora per L'invitée (1969; L'invitata) e per il televisivo Diario di un maestro (1973), nel quale emerge il gusto di T. per 'l'immagine rubata', già evidente nel film-inchiesta Chung Kuo ‒ Cina (1972) di Antonioni. Il suo ruolo di interprete di valori figurativi vicini a quelli della Nouvelle vague si ritrova in film a colori anticonvenzionali come I tulipani di Haarlem (1970) e Pane e cioccolata (1974) di Franco Brusati, illuminati survoltando lampade da reportage come le Par 64. Nello stesso periodo lavorò in Francia a Nous ne vieillirons pas ensemble (1972; L'amante giovane) di Maurice Pialat. Ma furono le immagini di Professione: reporter, antiretoriche e moderne, a far apprezzare il talento di T., scritturato anche da Marco Ferreri per L'ultima donna (1976) e Ciao maschio (1978) e da Valerio Zurlini per Il deserto dei Tartari (1976), dove il colore segue talvolta le vie del bianco e nero. Sperimentò poi il digitale in Il mistero di Oberwald (1980) di Antonioni.
Come regista aveva già fatto esperienze con documentari (Le voyage, 1970; Cameroun regard, 1973) e spot pubblicitari, e nel 1983 esordì nel campo del cinema a soggetto con il film franco-italiano Le général de l'armée morte (L'armata ritorna), dal romanzo di I. Kadaré Gjenerali i ushtrisë së vdekur, di cui fu anche sceneggiatore; ma in Italia questo raffinato film dalle atmosfere magiche e sospese ebbe una circolazione molto limitata a causa del fallimento della sua casa di distribuzione, la filiale della Gaumont. Si arenarono poi anche altri suoi progetti, tra i quali un adattamento del romanzo di G. Morselli Divertimento 1889.
In seguito T. si è indirizzato verso la Francia, dove gode di grande stima, e ha lavorato per Christian de Chalonge, Georges Lautner, Édouard Molinaro, Francis Veber, Pialat (Police, 1985). Ha poi stretto in patria un sodalizio artistico con Scola, che gli ha affidato la fotografia di film di taglio realista, Splendor, Che ora è? (1989), Mario, Maria e Mario (1993), ma anche quella del kolossal di gusto eminentemente teatrale Il viaggio di capitan Fracassa. Grazie a Barbet Schroeder, per il quale tra il 1990 e il 2002 ha fotografato sei film, T. è approdato al cinema americano: convincente è stata soprattutto la sua prova per il thriller Single white female (1992; Inserzione pericolosa). Ha poi alternato film girati in Italia, come il kolossal americano Titus (1999) di Julie Taymor, e in Francia, come tutte le commedie di Veber da Le jaguar (1996) a Tais-toi (2003; Stai zitto! Non rompere). Ha collaborato ancora con Dino Risi, Peter Fleischman, Dario Argento, Nanni Moretti, Andrej Tarkovskij, Luigi Comencini e Jacques Deray.
S. Masi, Storie della luce: i film, la vita, le avventure, le idee di 200 operatori italiani, Roma 1983, pp. 114-19; La bottega della luce: i direttori della fotografia, a cura di S. Consiglio, F. Ferzetti, Milano 1983, pp. 202-19.