Catilina, Lucio Sergio
Un patrizio di Roma contro il Senato
"Nato da nobile stirpe, fu di grande forza d'animo e di corpo, ma l'ingegno suo era malvagio e vizioso": con queste parole lo storico romano Sallustio ci presenta in breve la complessità del personaggio. Lucio Sergio Catilina, uomo politico romano, è noto soprattutto per la congiura che, nel 63 a.C., lo vide sfidare in armi il Senato e lo Stato
Discendente da una delle famiglie patrizie di Roma (i Sergii), Catilina fece le sue prime esperienze militari e politiche con Silla. Tornato dall'Africa dopo un breve periodo di governo, gli venne negata nel 65 a.C. la candidatura al consolato perché accusato di malversazione, cioè di avere amministrato in proprio favore il territorio a lui affidato. A causa di tali accuse, che molto lo amareggiarono, dovette presto subire anche l'allontanamento dal partito democratico di Crasso e di Cesare, al quale si era in precedenza accostato e che lo aveva prontamente accolto.
Comunque siano andate le cose, fu probabilmente proprio in quel momento che decise di trovare un seguito politico particolare e di crearsi un partito personale che facesse leva sullo scontento delle masse, dei cittadini ai quali era stata confiscata la terra durante le guerre civili tra Mario e Silla, dei nobili caduti in disgrazia e dei contadini-veterani (ex soldati).
Ma quali furono i motivi che spinsero Catilina a crearsi un partito personale? E in che modo questo partito si era legato a lui? Quali erano le speranze che in lui si riponevano? Per capirlo bisogna intendere le cause del grande fermento allora in atto e soprattutto lo stato di grande confusione e turbolenza politica che attraversava Roma dopo la morte dell'ex dittatore Silla, nel 78 a.C. Turbolenza e confusione erano state scatenate dallo scontro tra il partito dei senatori e quello dei popolari (sino a quel momento tenuti a freno dalla personalità e dalla minaccia delle truppe del dittatore presenti nella capitale) e avrebbero portato, dopo gravi crisi, all'ascesa al potere di un altro grande comandante del tempo: Pompeo, impegnato di lì a pochi anni a operare per la pacificazione del Mediterraneo e dell'Asia Minore.
A ciò va aggiunta, in un'epoca di rivolgimenti sociali e di ridistribuzione di ricchezze e terreni espropriati ai nemici vinti, la crisi della piccola e media proprietà terriera, compressa tra i grandi poderi dei vecchi e dei nuovi ricchi e costretta, per sopravvivere, a indebitarsi pesantemente per fare fronte alle spese di manutenzione dei campi.
Furono, dunque, il vuoto di governo, la lontananza di Pompeo in Oriente, il caos e lo scontro tra partiti e la conseguente trasformazione di beni e proprietà private le motivazioni più importanti che indussero i nuovi poveri e gli emarginati a riporre le proprie speranze in un personaggio lontano dai due schieramenti al potere e che agiva spinto soprattutto da motivazioni personali.
Lo scontro frontale tra le forze di Catilina e il Senato della Repubblica romana avvenne nel 63 a.C., anno in cui Catilina, dopo essersi presentato per la seconda volta al consolato, sconfitto dal candidato Cicerone, fu da questi accusato pubblicamente nel corso di quattro orazioni, note col nome di Catilinarie, di attentare in gran segreto alla salute dello Stato. Prima però che l'accusa potesse leggere per intero i capi di imputazione, Catilina fuggì da Roma e si nascose in Toscana, il covo presunto dei suoi congiurati.
La fuga venne interpretata come una prova schiacciante ai danni dell'accusato. Nel giro di pochi giorni il console Cicerone fece sospendere le garanzie costituzionali, normalmente spettanti a ogni cittadino di Roma, convincendo il Senato a dichiarare lo stato di calamità e a considerare Catilina un fuorilegge.
L'ultimo capitolo di questa vicenda si sarebbe consumato sui campi nei pressi di Pistoia il 5 gennaio del 62 a.C., quando Catilina, stretto dagli eserciti consolari, morì combattendo valorosamente al fianco dei suoi fuoriusciti, in un ultimo disperato tentativo di resistenza.