ALAGNO, Lucrezia
Figlia di Cola e di Covella Toraldo, nacque probabilmente nel 1430. A diciott'anni innamorò perdutamente di sé il cinquantaquattrenne Alfonso d'Aragona, re di Napoli, che, per esserle vicino, trasferì la sua dimora a Torre del Greco, dove ella abitava.
Di grande bellezza, un'eco dell'ammirazione e dell'entusiasmo che suscitava rimane ancora, oltre che nel distico del Panormita ("Quantum Rex proceres, quantum sol sidera vincit, Tantum Campanas superat Lucretia nymphas"), nei molti versi, con cui i poeti italiani e spagnoli della corte aragonese la celebrarono; forse ritrae lei l'unica figura di donna sul bassorilievo dell'arco trionfale di Alfonso in Castelnuovo. ).
Approfittando dell'amore di Alfonso, ottenne, avida di ricchezze, ogni sorta di favori. Non poté invece realizzare il disegno di diventare regina, perché la sterile moglie di Alfonso, Maria di Castiglia, di cui si attendeva da un momento all'altro la fine, gli sopravvisse. Né il suo tentativo di far annullare il matrimonio da Callisto III, presso il quale si era recata con splendido corteo, nel 1457, ebbe alcun successo.
Morto Alfonso (27 giugno 1458) e successogli il figlio Ferrante, l'A. dovette temere che Ferrante avesse a darle molestia, perché "tra gioie e denari" possedeva "molte centinaia de migliaia de ducati". Nella sollevazione dei baroni che chiamarono Giovanni d'Angiò a tentare l'impresa del Regno, offrì al sovrano due volte denaro, confortandolo dopo la disfatta di Sarno (7 luglio 1460). Ma quando Ferrante, per tenersi amico Roberto Sanseverino, fu spinto a privarla della terra di Caiazzo e nel gennaio 1461 fece occupare da un suo presidio Somma, l'A. si vendicò consegnando il castello di Somma a lacopo Piccinino e si rifugiò prima a Nola, poi a Bari. Dopo la battaglia di Troia (18 ag. 1462), che segnò il definitivo trionfo di Ferrante, ella chiese che le venisse indicato dove dovesse risiedere; ma poi, diffidando, passò in Dalmazia con Gaspare Cossa, che, come prima il Piccinino, si disse fosse suo amante. Alla concessione di Ferrante, presso il quale aveva intercesso il duca di Milano, di abitare in terra di Bari o d'Otranto, con la provvisione di trecento ducati l'anno, rispose (30 marzo 1465) con uno sdegnoso rifiuto. Dopo il 1469 si trasferì a Roma, prendendo dimora nel rione dei Monti, dove visse confortata dalla nipote Camilla del Giudice, figliola della sorella Margherita, alla quale nel 1478 assegnava una cospicua dote.
Morì nel 1479 e fu sepolta nella chiesa della Minerva.
Fonti e Bibl.: Biblioteca della Soc. stor. napoletana, ms. XXX, B. 3, busta pp. 24; ms. XXVI, C. s, quad. 4, p. 24 v., lett. 20 marzo 1461 a Francesco Sforza; J. Mazzoleni, Regesto della Cancelleria Arag. di Napoli, Napoli 1951, pp. 10, 11, 12 17, 88; Diurnali detti del duca di Monteleone, a cura di N. F. Faraglia, Napoli 1895, pp. 136, 142; Regis Ferdinandi primi instructionum liber, a cura di L. Volpicella, Napoli 1916, pp. 258, 433; C. Minieri Riccio, Alcuni fatti di Alfonso I d'Aragona dal 15 aprile 1437 al 31 marzo 1458, in Arch. stor. per le prov. napol., VI (1881), pp. 257, 435, 443, 448, 458; G. Filangieri, Nuovi documenti intorno la famiglia, le case e le vicende di L. d'A., ibid., XI (1886), pp. 65-125, 330-399; E. Nunziante, I primi anni di Ferdinando d'Aragona e l'invasione di Giovanni d'Angiò, ibid., XVII (1892), pp. 312, 565; XX (1895), pp. 514-516; G. de Montemayor, Una giostra a Napoli ai tempi di Alfonso d'Aragona, in Napoli nobilissima, V (1896), pp. 106-111, 116-123; L. v. Pastor, Storia dei Papi, I, Roma 1910, p. 659; B. Croce, L. d'A., in Storie e leggende napol., Bari 1948, pp. 87-117 (con nota bibl. completa).